Un
cambiamento epocale si sta compiendo negli Usa dove, a seguito dei 127
referendum svoltisi nell’Election Day, lo Stato del
Colorado e di Washington hanno detto “si” alla legalizzazione della marijuana: sarà così possibile acquistare e fumare
cannabis a Denver e a Seattle con la stessa tranquillità con cui lo si fa attualmente ad Amsterdam. Inoltre in
Massachussetts è stato approvato l’uso della cannabis terapeutica. Salgono così a diciannove,
incluso il District of Columbia della capitale Washington, gli Stati che
ammettono l’uso terapeutico della
marijuana.
Lo stesso
Brad Pitt, qualche giorno fa, facendo outing, aveva caldeggiato una definitiva
legalizzazione delle droghe.
Oggi,
Vincenzo Donvito, presidente Aduc, a seguito della rielezione di Obama, ha così commentato gli eventi: “I
risultati dei referendum Usa sulla legalizzazione della cannabis non sono un
fulmine a ciel sereno, ma un evento già annunciato da un trend che,
in questi ultimi anni, ha visto diversi Stati di quel Paese legalizzarne l’uso a fini terapeutici: una spallata al concetto stesso di
proibizionismo e a quella war on drugs che 40 anni fa fu lanciata dall’allora presidente Richard Nixon”. I risultati di questa guerra – continua il comunicato –
sono un aumento vertiginoso di morte, malavita,
strage di giustizia, carceri che esplodono, nonché milioni di consumatori considerati delinquenti o passibili
di sanzioni amministrative. La War on drugs “ha
consegnato interi Paesi nelle mani delle delinquenze organizzate (Afghanistan,
Nigeria, Messico, Colombia, Perù, ecc.) oltre che dare
alimento alla malavita organizzata come quella, per esempio, italiana e russa”.
“Ora il confermato presidente
Obama, che più volte si è dichiarato contrario alla legalizzazione pur dimostrando
disponibilità al confronto, dovrà fare i conti con tutti questi Stati della propria
federazione che la pensano in modo diverso.
Insomma,
qualcosa è cambiato -e non poco- proprio
lì dove ha origine la politica
proibizionista che vede quasi tutti gli Stati del mondo allineati e rispettosi.
E non
potremo far finta di nulla.
Il
presidente dell’Associazione dei consumatori
poi prosegue parlando dell’Italia. “Lo specchio dell’Italia -in questi giorni- sono
i programmi elettorali dei candidati alle primarie del centro-sinistra dove, a
parte le timide eccezioni di Matteo Renzi e Laura Puppato, gli altri tre
(Pierluigi Bersani, Nichi Vendola e Bruno Tabacci) ignorano l’esistenza del problema.
Ci sono
poi alcune Regioni che hanno aperto all’uso terapeutico della cannabis
(come laToscana e il Veneto, n.d.r.), ed altre che ne stanno parlando, ma lì dove ci sono le leggi per ora è solo teoria”.
Di
Temistocle Marasco
Sono le
Sezioni Unite della Cassazione a sdoganare, una volta per tutte, il commercio
dei semi di cannabis: la loro vendita, infatti, sia che avvenga attraverso
internet che in un normale negozio non integra il reato di istigazione e
induzione all’uso di stupefacenti e ciò anche se accompagnata dalle indicazioni operative su come
provvedere alla coltivazione e contestuale vendita di strumenti atti alla
coltivazione medesima. La massima autorità giudiziaria italiana ha così chiuso il famoso caso semitalia.it, che aveva visto i
gestori del noto portale finire dietro le sbarre.
Per
quanti vorranno leggere il testo della sentenza, rinviamo al sito stesso della
Cassazione: ecco il link http://www.cortedicassazione.it/Documenti/2012_25355.pdf
Invece,
per un maggior approfondimento del caso, rinviamo all’ottimo articolo scritto dall’Aduca
questo indirizzo [1].
Pietro
Yates Moretti, vicepresidente Aduc, ha così commentato la notizia: “Viene così smontata una volta per tutte
una politica del diritto penale sugli stupefacenti fondata sulla repressione
dei reati d’opinione, così come la vorrebbe la legge Fini-Giovanardi. Se la vendita
di semi di cannabis è di per sé legale e riconosciuta tale dalla Convenzione di New York
del 1967, diversi pubblici ministeri, su impulso del precedente Governo – di cui faceva parte lo stesso Giovanardi in qualità di sottosegretario con delega in materia di stupefacenti – hanno voluto proibirla indirettamente punendo i
commercianti non tanto per l’attività di vendita, ma per il reato di istigazione o induzione al
consumo di droghe che sottenderebbe l’attività commerciale. Una strada che si è oggi rivelata impercorribile perché in contrasto con i principi fondamentali del diritto”.
Da: nocensura.com
Nessun commento:
Posta un commento