IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

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Con questo libro Marco La Rosa ha vinto il
PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO
ALTIPIANI DI ARCINAZZO 2014
* MISTERI DELLA STORIA *

con il patrocinio di: • Associazione socio-culturale ITALIA MIA di Roma, • Regione Lazio, • Provincia di Roma, • Comune di Arcinazzo Romano, e in collaborazione con • Associazione Promedia • PerlawebTV, e con la partnership dei siti internet • www.luoghimisteriosi.it • www.ilpuntosulmistero.it

LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

lunedì 28 maggio 2018

I MISTERI DEI ROTOLI DI QUMRAN



Rotoli del Mar Morto: scritte misteriose visibili solo con la tecnologia della Nasa

Nuove rivelazioni sugli antichi Rotoli del Mar Morto.

Una tecnologia sviluppata per la Nasa ha infatti rivelato lettere invisibili ad occhio nudo su frammenti di 2.000 anni, scoperti negli anni '50 nelle caverne vicino a Qumran, sulla riva occidentale del Mar Morto, che comprendono decine di migliaia di frammenti di pergamena e papiro da circa 1.000 diversi manoscritti. L'Autorità per le Antichità di Israele ha dichiarato che gli esami di alcuni frammenti che non erano stati precedentemente ordinati o decifrati a causa della loro «piccola dimensione e precario stato di conservazione» hanno indicato l'esistenza di un manoscritto sconosciuto. Il ricercatore Oren Ableman ha esaminato alcune decine di frammenti e ha scoperto «tracce di inchiostro su molti frammenti che apparivano vuoti ad occhio nudo», hanno sottolineato esponenti dell'ente israeliano. Uno di questi frammenti non può essere attribuito a nessun manoscritto conosciuto, aumentando la possibilità che appartenga a un testo ancora sconosciuto. Altri frammenti sono stati identificati come appartenenti ai libri di Deuteronomio, Levitico e Giubileo. Uno è della Pergamena del Tempio, mentre un altro è stato identificato come appartenente alla pergamena dei Grandi Salmi. L'Autorità ha detto che i frammenti "forniscono nuovi spunti" ai ricercatori che studiano i rotoli. Qumran, località sulla riva occidentale del Mar Morto, a 14 chilometri a sud di Gerico, in pieno deserto di Giudea, è legata indissolubilmente a una delle scoperte archeologiche più importanti del secolo scorso. Dopo la prima scoperta nell'aprile del 1947, altri rotoli vennero ritrovati e datati tra la metà del III secolo prima dell'era cristiana e I secolo dell'era cristiana. Sono testi che permettono di conoscere la Bibbia, l'ambiente religioso in cui è sorta, il giudaismo del Secondo Tempio e il periodo delle origini cristiane. Queste scoperte hanno già aperto un nuovo dibattito tra gli studiosi. Attendiamo fiduciosi i nuovi sviluppi.




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sabato 26 maggio 2018

ALLOPATIA VS OMEOPATIA


L'Ordine dei medici boccia l'omeopatia

In Italia la prescrivono i medici, e addirittura qualche Asl la rimborsa, ma in realtà non ci sono prove scientifiche della sua efficacia e gli eventuali benefici sulle persone sono dovuti all’effetto placebo. Ad affermarlo è il massimo organo deontologico dei camici bianchi, la Federazione degli Ordini (Fnomceo), che ha dedicato al tema una scheda del proprio sito Dottoremaeveroche.it, dedicato a rispondere ai dubbi più comuni sulla salute. «Sebbene vi siano pubblicazioni di vari studi, allo stato attuale non ci sono prove scientifiche né plausibilità biologica che dimostrino la fondatezza delle teorie omeopatiche secondo i canoni classici della ricerca scientifica», si legge nella scheda preparata dal medico Salvo Di Grazia. «Infatti - prosegue - diversi studi condotti con una metodologia rigorosa hanno evidenziato che nessuna patologia ottiene miglioramenti o guarigioni grazie ai rimedi omeopatici. Nella migliore delle ipotesi gli effetti sono simili a quelli che si ottengono con un placebo (una sostanza inerte)». Di Grazia, che cura anche il sito Medbunker, precisa che «l'effetto placebo è conosciuto da tempo, ha una base neurofisiologica nota e funziona anche su animali e bambini, ma il suo uso in terapia è eticamente discutibile e oggetto di dibattito. L’uso dell’omeopatia è un’abitudine molto limitata e in continua diminuzione, rappresenta infatti meno dell’uno per cento dei prodotti venduti in farmacia in Italia». Nel documento si spiega anche perché sono proprio i medici a prescrivere i farmaci omeopatici. «In Italia - si legge - l'omeopatia può essere praticata solo da medici chirurghi abilitati alla professione.(? –ndr) Questa norma non intende attribuire una base scientifica a questa pratica, ma solo garantire da una parte il diritto alla libertà di scelta terapeutica da parte del cittadino e dall'altro un uso integrativo e limitato alla cura di disturbi poco gravi e autolimitanti, evitando il rischio di ritardare una diagnosi più seria o che il paziente stesso sia sottratto a cure di provata efficacia». D’altra parte, segnala Di Grazia, «i presunti meccanismi di funzionamento dell’omeopatia sono contrari alle leggi della fisica e della chimica. Anche l’annuncio di un ricercatore francese di aver scoperto una prova dell’esistenza della "memoria dell’acqua", nel 1988, venne smentito da un esperimento di controllo, mentre i suoi risultati non sono mai più stati riprodotti da altri laboratori. Lo studio, pubblicato su un’importante rivista scientifica, fu quindi ritirato». (? – ndr) In Italia secondo l’Istat dal 2005 al 2013 l’uso di rimedi omeopatici è sceso dal 7% al 4,1%, mentre Omeoimprese recentemente ha affermato che sono 9 milioni le persone che ricorrono almeno una volta all'anno all'omeopatia, vale a dire un italiano su cinque, mentre un calo del 7% registrato nei fatturati delle aziende sarebbe dovuto a motivi tecnici. La presa di posizione Fnomceo è stata molto apprezzata da molti esperti antibufale, a cominciare dal dal medico pro-vaccini Roberto Burioni secondo cui la scheda è «un parto laborioso ma felice», mentre il Cicap lo definisce «un risultato importante».


COMMENTO DI MARCO LA ROSA:

Già nel 2011 Il Nobel Montagnier confermò i principi dell'omeopatia


Il premio Nobel Luc Montagnier ha condotto numerose ricerche a conferma dei principi dell'omeopatia, in Italia ancora denigrata dalla medicina allopatica.
Da ricerche condotte dal premio Nobel Luc Montagnier  è emersa (fin dal 2011) la possibilità di "trasferire per via quantistica" il segnale del Dna e di rigenerarlo grazie all'imprinting quantistico (quantum imprinting) su acqua informata. Il concetto di base, poi ripreso da numerosi altri studiosi, ha constatato che il Dna può inviare un segnale elettromagnetico di sè stesso a distanza verso un fluido ricevente, che vale come imprinting. Gli enzimi scambierebbero l'imprinting nell'acqua così informata come una replica del DNA, permettendo il processo della generazione di un Dna reale. Secondo Giuseppe Vitiello, fisico teorico  dell'Università di Salerno, il risultato è attendibile ed è da escludersi la possibilità di contaminazione negli esperimenti di Montagnier. Vitiello è autore insieme a Emilio Del Giudice e ad Alberto Tedeschi dello studio dei meccanismi fisici che avvengono nell'esperimento alla luce dell’indubbia comparsa di fenomeni di coerenza nell'acqua informata.  Purtroppo, fino ad oggi gran parte della comunità medica allopatica è stata scettica ed addirittura contraria prima di tutto per una scarsa, o quasi nulla “preparazione” scientifica in campo quantistico. Vale la pena ricordare che:  allopatia In medicina,  è la terapia classica, che si fonda sul principio d’Ippocrate: contraria contrariis curantur («i contrari si curano con i contrari»); così denominata da S. Hahnemann, in contrapposizione all’omeopatia (similia similibus curantur). Fortunatamente, oggi molti medici si stanno avvicinando al concetto di “medicina quantistica”, aprendo la strada ad un difficile e lungo cammino per il vero cambio di paradigma. Ecco dunque che il documento dell’ordine dei medici“contro la medicina omeopatica” è stato energicamente contestato da molti degli stessi, ma naturalmente i media non ne hanno “veicolato” notizia al grande pubblico…perché la vera conoscenza è nemica delle bugie oscurantiste di una scienza vecchia, corrotta e malata.


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giovedì 24 maggio 2018

I MISTERI DELL'UNIVERSO E L'AMBIZIONE UMANA...


Attivato SuperKEKB, l’acceleratore di particelle a più alta luminosità al mondo

Iniziate le collisioni tra elettroni e antielettroni: i fisici dell’Università di Pisa nella collaborazione internazionale che conduce l’esperimento che si svolge in Giappone

Partite le prime collisioni tra elettroni e antielettroni nell’acceleratore SuperKEKB, progettato per diventare l’acceleratore di particelle a più alta luminosità al mondo. Il 25 aprile nel Laboratorio KEK, a Tsukuba, in Giappone, è entrato nel vivo l’esperimento Belle II, frutto di una vasta collaborazione internazionale (750 fisici e ingegneri provenienti da 25 paesi), al quale partecipa anche l’Università di Pisa. L’obiettivo degli scienziati è chiarire alcuni misteri ancora aperti che riguardano ad esempio l’asimmetria tra materia e antimateria, la materia oscura o le onde gravitazionali esplorando i territori della fisica oltre il Modello Standard. La ricerca si baserà sulla misura di altissima precisione di decadimenti rari di particelle elementari, come i quark beauty, i quark charm e i leptoni tau. “Queste prime collisioni rappresentano una pietra miliare nello sviluppo dell’acceleratore e dell’esperimento – sottolinea Francesco Forti dell’Università di Pisa e dell’INFN, presidente del comitato esecutivo dell’esperimento – Per quanto siano il punto di arrivo del lavoro di costruzione, sono soltanto il punto di partenza della presa dati e delle analisi, che ci porteranno a esplorare nuovi territori della fisica”. “È emozionante osservare per la prima volta nel nostro rivelatore i segnali delle particelle prodotte nelle collisioni elettrone-positrone”, commenta Giuseppe Finocchiaro, ricercatore dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN, che coordina la partecipazione italiana all’esperimento. “Terminata la costruzione, inizia ora una nuova fase dell’esperimento, in cui raccoglieremo i primi dati e dovremo imparare a decodificare con precisione la risposta dei nostri complessi strumenti di misura.” A differenza del Large Hadron Collider (LHC) del CERN a Ginevra, che è l’acceleratore più potente del mondo dove vengono fatti scontrare protoni e ioni a energie record, SuperKEKB è stato progettato per essere l’acceleratore di elettroni e positroni a più alta luminosità. Nei prossimi 10 anni di attività di SuperKEKB si prevede che saranno generati circa 50 miliardi di eventi di produzione di coppie di mesoni B e anti-B: una quantità 50 volte superiore all’intero campione di dati del progetto KEKB/Belle. Oltre a Francesco Forti, il gruppo di ricerca dell’Università di Pisa che partecipa all’esperimento è composto da Giovanni Batignani, Stefano Bettarini, Eugenio Paoloni, Giuliana Rizzo, Giulia Casarosa, Thomas Lueck, Laura Zani, Luigi Corona, Michael De Nuccio, ed opera in stretta collaborazione con l’INFN.


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domenica 20 maggio 2018

SAN MARINO 2018: DUE EVENTI IN UNO...

... ALCUNE IMMAGINI DAI CONVEGNI APPENA CONCLUSI:


                                 Intervento di Marco La Rosa - seduti G. Pattera V. Bibolotti

Comunicazione Interstellare: "dalle onde elettromagnetiche all I.S.A." (interconnessione degli spin accoppiati) di Marco La Rosa

per rivedere la presentazione accedi alla pagina: http://marcolarosa.blogspot.it/p/blog-page_21.html


  Intervento di Giorgio Pattera: da sinistra: R.Pinotti, G. Pattera, A. Magenta, V. Bibolotti

Intervento dell'Ing. Alfredo Magenta

Intervento di Jerry Douglas U.S. Air Force (in congedo)

                              Paolo Guizzardi traduce Robert Salas U.S. Air Force (in congedo)






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mercoledì 16 maggio 2018

I MIRACOLOSI GENI "IMMUNO-MIMETICI"




CNR: Distrofia di Duchenne, un gene artificiale apre la strada a nuove terapie

Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa (ENEA)

Progettati nuovi geni artificiali "immuno-mimetici" in grado di favorire il recupero muscolare. I risultati dello studio, condotto dal CNR (Istituti di biologia e patologia molecolare e di biologia cellulare e neurobiologia), sono stati pubblicati su BBA Molecular Basis of Disease.

Si chiama Jazz-Zif1 (JZif1) il nuovo gene artificiale capace di aumentare i livelli di utrofina, una proteina in grado di supplire parzialmente l’assenza o il mal funzionamento della distrofina, causa di una delle malattie genetiche più difficili da trattare, la Distrofia Muscolare di Duchenne (DMD). A descriverne l'azione terapeutica, uno studio condotto dagli Istituti di biologia e patologia molecolare (Ibpm) e di biologia cellulare e neurobiologia (Ibcn) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Roma, dal titolo Utrophin up-regulation by artificial transcription factors induces muscle rescue and impacts the neuromuscular junction in mdx mice. Il lavoro è stato pubblicato su BBA Molecular Basis of Disease.

“La Distrofia Muscolare di Duchenne (DMD) è una patologia genetica che colpisce un bambino maschio su 3.500 e provoca una degenerazione del tessuto muscolare in tessuto fibroso e adiposo, con progressiva perdita di forza muscolare e delle abilità motorie”, spiega Claudio Passananti ricercatore dell’Ibpm-Cnr, coordinatore della ricerca. “La DMD è dovuta alla mancanza di una proteina chiamata distrofina: è stato dimostrato che l’utrofina è in grado di vicariarne le funzioni, migliorando le condizioni dei topi mdx, modello murino della Distrofia Muscolare di Duchenne. L’obiettivo della ricerca è definire possibili strategie terapeutiche che vadano al di là dei trattamenti palliativi, disponibili al momento”. Da qui la realizzazione di un gene regolatore artificiale denominato Jazz che è in grado di riconoscere il gene dell’utrofina e di aumentare la produzione di proteina nel muscolo scheletrico. “Gli avanzamenti della ricerca si sono articolati, quindi, nella realizzazione di nuovi geni artificiali immuno-mimetici, a partire dal gene prototipo Jazz”, aggiunge il ricercatore. “In particolare, il gene artificiale di ultima generazione Jazz-Zif1 (JZif1) è estremamente simile a un gene normalmente presente ed espresso nel genoma umano. La forte somiglianza dei geni artificiali a quelli naturali sarebbe in grado di diminuire, se non azzerare, un’eventuale risposta immunitaria dell'ospite”. È stato, infatti, progettato e brevettato un vettore virale chiamato adeno-associato (AAV) per la terapia genica, in cui l'espressione dei geni artificiali è preferenzialmente diretta al distretto muscolare. “Questo nuovo vettore, chiamato muscle AAV (mAAV), con alto tropismo muscolare, garantisce un'ottima tessuto specificità, contribuendo ad abbassare l’eventuale risposta immunitaria diretta contro i geni artificiali immuno-mimetici”, prosegue Passananti. “Il recupero muscolare, indotto dal trattamento con i geni artificiali (Jazz e JZif1) nei topi distrofici mdx, è stato verificato nel muscolo adulto, in particolare studiando le giunzioni neuromuscolari in cui si concentra la presenza dell’utrofina. Sia in linee cellulari muscolari in coltura che in muscoli di modello murino sani e distrofici, il trattamento con Jazz e JZif1 incrementa quantità e qualità delle giunzioni neuromuscolari.  Questi dati, che nel lungo periodo potrebbero rappresentare una strategia terapeutica molto promettente per la DMD, hanno dato il via a numerosi brevetti internazionali a firma Cnr, concessi in licenza alla company Israeliana Zingenix Ltd”.

Da:



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sabato 12 maggio 2018

IL CERVELLO E LA MORTE


Cervello vivo per 36 ore fuori dal corpo: morte messa in discussione?

Il cervello è l’organo principale del sistema nervoso centrale, presente nei vertebrati e in tutti gli animali a simmetria bilaterale, compreso l’uomo. Nei vertebrati il cervello è situato all’apice del nevrasse, all’interno del cranio. Nell’uomo l’attività del cervello, studiata dalle neuroscienze, dà vita alla mente con le sue funzioni cognitive superiori e più in generale alla psiche con le sue funzioni psichiche, studiate nell’ambito della psichiatria. Il cervello è tutt’oggi considerato l’organo più complesso e misterioso del nostro organismo, in grado di controllare molteplici funzioni molto diverse tra loro e alla base della vita di tutti noi, quali la memoria, il linguaggio, i movimenti di braccia e gambe e il funzionamento in genere di tutti gli organi presenti nel corpo con conseguente regolazione ad esempio del respiro e del battito cardiaco. Il cervello adulto è composto da miliardi di neuroni e le connessioni che sviluppano tra loro sono decine di migliaia. Il cervello è così complesso che da vent’anni, ogni anno, gli è dedicata una settimana a livello internazionale. Venne istituita nel 1996 dalla Dana Alliance for Brain Initiatives. Un evento di portata internazionale dove ogni anno, a marzo, sono coinvolti, oltre alle società scientifiche, neuropsichiatri, psicologi, psicoterapeuti, biologi, neuroscienziati e tutti i professionisti del settore. Una comunità che, per una settimana, si prodiga nello spiegare, a tutti quelli interessati, come funziona il cervello, i progressi raggiunti e quanto ancora rimane un mistero nel funzionamento del pensiero. E per svelare ancora qualcuno di questi misteri insondati gli scienziati si stanno spingendo sempre più oltre: dei ricercatori americani, per esempio, sono riusciti a ripristinare la circolazione e a mantenere in vita il cervello di decine di maiali decapitati, il tutto per 36 ore. Nello specifico, un gruppo di ricercatori dell’università di Yale negli Stati Uniti pare abbia tenuto in vita i cervelli di circa 200 maiali per almeno 36 ore fuori dal corpo degli animali, ottenuti da un Mattatoio questi organi sono stati rianimati con una nuova tecnica di irrorazione sanguigna. Le cellule nervose sono attive e soprattutto sane tanto da mettere in discussione lo stesso concetto di morte dell’organo. La tecnica, chiamata BrainEx, consiste nel collegare il cervello a un circuito di pompe e tubi nei quali circola sangue artificiale a una temperatura pari a quella corporea dell’animale, permettendo all’ossigeno di fluire nel cervello. Il dibattito è già acceso: mentre gli esperti di bioetica si chiedono se un cervello umano trattato allo stesso modo sarebbe da considerare vivo, gli esperti di neuroscienze vedono la possibilità di studiare malattie come Alzheimer e tumori del cervello. La scoperta è stata presentata in un convegno sulle neuroscienze organizzato dai National Institutes of Healt, ma per ora non è stata ancora pubblicata su alcuna rivista scientifica. «Anche se il cervello è danneggiato, le cellule sono vive, dunque si tratta di un organo vivente – le parole di Steve Hyman, uno degli specialistici che ha valutato la ricerca, al Mit Technology Review – si tratta di un risultato ad un livello estremo di conoscenza tecnica, ma non così diverso da quanto avviene nella conservazione di un rene». Non è comunque la prima volta che un cervello animale è stato tenuto in vita al di fuori del corpo. Precedentemente la stessa impresa fu raggiunta con l’uso di cavie. 

da:
http://va.newsrepublic.net/article/i6549485775002534410?user_id=6499149907327206410&language=it&region=it&app_id=1239&impr_id=6552035141307353353&gid=6549485775002534410&c=sys&language=it

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