IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

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Con questo libro Marco La Rosa ha vinto il
PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO
ALTIPIANI DI ARCINAZZO 2014
* MISTERI DELLA STORIA *

con il patrocinio di: • Associazione socio-culturale ITALIA MIA di Roma, • Regione Lazio, • Provincia di Roma, • Comune di Arcinazzo Romano, e in collaborazione con • Associazione Promedia • PerlawebTV, e con la partnership dei siti internet • www.luoghimisteriosi.it • www.ilpuntosulmistero.it

LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

giovedì 26 febbraio 2009

LE ISOLE CANARIE E ATLANTIDE







Quello che segue, è un comunicato stampa in cui Google tenta di spiegare alcune "anomalie" rinvenute sui fondali marini al largo delle isole Canarie. Come molti di voi sapranno, queste isole non sono affatto nuove ai ritrovamenti archeologici piuttosto enigmatici (le piramidi scoperte da Thor Heyerdahl e la prima popolazione dei Guanchi, misterioso popolo ariano dai capelli rossi e dal cranio dolicocefalo). Qualche discrepanza geografica con il racconto di Platone, ma tutto sommato da approfondire, non certo da liquidare così banalmente.
(Marco La Rosa)


Si pensava alla scoperta archeologica più importante di sempre. Avvenuta grazie alla tecnologia, il programma Google Earth con la nuova estensione Ocean che permette di "navigare" lungo i fondali marini. Così ha fatto ieri Bernie Bamford, ingegnere aeronautico inglese di 38 anni. E alle coordinate 31° 15' 15.53"N e 24° 15' 30.53W ha trovato qualcosa che lui descrive come "quella che sembra la vista aerea di una città", un rettangolo quasi perfetto, con una griglia che sembra quella di un reticolo stradale di una città, appunto. Una struttura che sembra opera dell'uomo che si trova a circa 5,5 chilometri sul fondo di quella porzione d'oceano antistante le isole Canarie. A poco meno di mille chilometri dalla costa africana. Dove la posizionava Platone quando scriveva nel dialogo: "Innanzi a quella foce stretta che si chiama colonne d'Ercole, c'era un'isola. E quest'isola era più grande della Libia e dell'Asia insieme, e da essa si poteva passare ad altre isole e da queste alla terraferma di fronte".Le dimensioni della "scoperta" sono un po' diverse da quelle descritte dal filosofo greco - sarebbero di poco inferiori a quelle della Lombardia -, ma la suggestione ha colpito subito l'immaginario di Bamford, che ha chiamato il quotidiano Sun per avvertire i giornalisti della supposta scoperta. E il giornale l'ha subito pubblicata, sentendo in merito un esperto archeologo dell'università di New York, il professor Charles Oster. Che invece di gettare acqua sul fuoco, si è subito dimostrato interessato: "Questa scoperta merita immediatamente un'ispezione sul luogo. D'altronde la locazione dove la poneva Platone non può che lasciarci affascinati" (a sinistra una mappa di Atlantide disegnata da Bory de Saint-Vincent nel 1803).Alla fine si è rivelato un abbaglio. Ma qui a Corriere.it ne siamo rimasti affascinati e, Google Earth alla mano, siamo andati anche a noi a cercare l'isola mitologica. L'abbiamo trovata e abbiamo visto quelle schermate che potete vedere nell'animazione qui in pagina.Scriveva ancora Platone: "In tempi posteriori (...), essendo succeduti terremoti e cataclismi straordinari, nel volgere di un giorno e di una brutta notte (...) tutto in massa si sprofondò sotto terra, e l'isola Atlantide similmente ingoiata dal mare scomparve".Aggiornamento delle 14.30 - La società di Google ha smontato ogni possibile riferimento ad Atlantide: le immagini effettivamernte presenti in quella zona su Google Earth si riferiscono in realtà a tracce lasciate dai sonar delle barche per rilevare i fondali. Le stesse rilevazioni che appunto sono state usate per costuire le pagine di GE. Ecco lo statemente dell'azienda: "It's true that many amazing discoveries have been made in Google Earth - a pristine forest in Mozambique that is home to previously unknown species, a fringing coral reef off the coast of Australia, and the remains of an Ancient Roman villa, to name just a few.In this case, however, what users are seeing is an artifact of the data collection process. Bathymetric (or seafloor terrain) data is often collected from boats using sonar to take measurements of the seafloor. The lines reflect the path of the boat as it gathers the data. The fact that there are blank spots between each of these lines is a sign of how little we really know about the world's oceans"
Da: Il Corriere della Sera 25-02-2009
Da: Adriano Forgione

martedì 24 febbraio 2009

LA PIETRA DI PALERMO: QUALI SEGRETI RACCHIUDE ?




La cosiddetta pietra di Palermo è il più grande e meglio conservato dei frammenti di una lastra rettangolare di basalto, conosciuta come gli annali reali dell'Antico Regno d'Egitto. La sua origine è sconosciuta, ma può provenire da un tempio o da un'altra costruzione importante.
Dal 1866 la pietra è a Palermo in Sicilia – città da cui prende il nome -- ed ora si trova nel Museo Archeologico. Altri frammenti della stessa lastra sono comparsi sul mercato fra il 1895 ed il 1963 e sono ora nel museo egiziano al Cairo e nel museo Petrie all'Università di Londra.
Estratta dagli annali reali, la "Lista dei Re" predinastici è nel registro superiore della pietra di Palermo. È seguita dagli annuali del regno dell'Egitto dal suo inizio fino ai re della quinta dinastia. Sotto ogni nome, sono indicati gli anni degli eventi importanti, la maggior parte di una natura rituale, e l'altezza dell'inondazione del Nilo è notata alla parte inferiore.
Circa 13 studi importanti sono stati intrapresi sui frammenti della pietra e, da quando i primi sono stati pubblicati da Heinrich Schöfer nel 1902, gli eruditi sono stati divisi quanto a come interpretare le implicazioni del testo. Alcuni hanno insistito che i re predinastici elencati sulla pietra effettivamente esistessero, anche se nessuna ulteriore prova ancora era emersa. Altri hanno mantenuto il parere che la loro inclusione su una lista di re era soltanto un espediente ideologico, per indicare che prima dell'unificazione delle due terre dell'Egitto superiore e inferiore, da parte di Narmer/Menes, c'era il caos. Disordine prima di ordine. Sconosciuta fuori della cerchia degli studiosi, la pietra non è abbastanza conosciuta dal pubblico, forse per il fatto che la pietra ha diversi frammenti e nessun valore artistico.
Ora, tuttavia, conosciamo la verità infine, perché gli archeologi hanno identificato 15 re predinastici tra quelli elencati sulla pietra di Palermo. Sono esistiti realmente. E la pietra di Palermo, con la relativa serie di notazioni apparentemente enigmatica, può essere stata il primo documento storico dell'Egitto.
La pietra rivela che i re più antichi, prima dell'inizio del periodo storico, hanno viaggiato ampiamente e con una certa regolarità. Inoltre registra che, nei primi periodi dinastici, fra il 2890 ed il 2686 a.C., si conosceva già la fusione del rame e si realizzavano statue. Inoltre che le campagne militari effettuate in Nubia portarono alla cattura di 7.000 schiavi e di 200.000 capi di bestiame. Si facevano spedizioni alle miniere di turchese del Sinai; e 80.000 misure di mirra, 6.000 unità di electrum, 2.900 unità di legno e 23.020 misure di unguenti erano importate da Punt, sul litorale della Somalia moderna. Non era quindi una società primitiva dedita alle lotte, ma una già stabilita che stava forgiando il proprio carattere e affermava la propria identità.
Quando Toby Wilkinson dell'università di Cambridge, autore del libro "Early Dynastic Egypt", ha presentato un documento sulla pietra di Palermo al congresso internazionale di Egittologia tenuto a Londra nel dicembre 2000, ha rianimato l'interesse sulla pietra. Infatti, è stupefacente che in quest'epoca di tecnologie informatiche egli fosse il primo erudito a riunire ed esaminare tutti e sette i frammenti della pietra insieme. Ha citato le discussioni iniziali pro e contro l'importanza del testo ed ha concluso che è stato intagliato, come la pietra di Rosetta, come corredo ad un culto degli antenati, un progetto di una sequenza continua della successione fino al regno del re Sneferu della quarta Dinastia, che raggiunse un gran picco di prosperità; nel periodo quando i grandi monumenti sono stati costruiti ed in cui non meno di 40 navi portarono legno da una regione sconosciuta fuori del paese.
Nella loro forma originale gli annali reali dovevano misurare più di due metri di lunghezza e la metà un metro di larghezza. È diviso in due registri, con il registro superiore suddiviso nelle parti che descrivono i nomi dei re predinastici con gli anni di regno e gli eventi importanti nei loro regni, seguiti dalle notazioni di tali eventi come l'inondazione del Nilo, il censimento biennale del bestiame, cerimonie di culto, tasse, la scultura, le costruzioni e la guerra. Sono elencati centinaia di regnanti. È il testo storico più vecchio sopravvissuto dell'Egitto antico ed è la base dei dati storici e delle cronologie successive.
Alcuni re hanno registrato esplicitamente che le divinità egiziane sono arrivate simultaneamente con il loro regno. Il dio Sheshat, per esempio, è stato associato con un'attività conosciuta come "allungamento della corda" (probabilmente riferendosi al fatto di misurare le zone per le costruzioni o i santuari sacri). Altri gettano le basi delle costruzioni che sono state denominate "trono degli Dei". Tali attività erano considerate sufficientemente importanti da servire da punti di riferimento e sono state espresse in tali termini specifici come la "nascita di Anubis", "la nascita di Min" e la "nascita" di altri dei associati con fertilità e la potenza del maschio quale Min di Coptos e Heryshef che è rappresentato solitamente sotto forma d'un ariete.
Finora, tali notazioni sembravano avere poco significato. Ma oggi gli eruditi conoscono tanto più circa il periodo di formazione della civiltà egiziana che possiamo riconsiderare almeno 21 delle 30 entrate dispari sulla pietra di Palermo, particolarmente quelle che si riferiscono al fatto di creare le immagini degli dei da quelle dei re, perché la prova archeologica sostiene l'idea dello sviluppo uniforme del centro di culto; cioè, gli scavi effettuati in alcuni dei luoghi di stabilimento più antichi ne rivelano l'uniformità. Una caratteristica comune, per esempio, è che tutti i recinti sacri erano sottratti agli occhi del pubblico e circondati da muri. Un altro sono i ritrovamenti delle offerte votive, oggetti grezzi o cotti d'argilla che a volte si contano a centinaia, probabilmente fatte dagli artigiani locali per la gente semplice che desiderava fare le offerti al dio. Effettivamente, l'uniformità può essere veduta chiaramente negli stessi dei. In forma umana, o in un corpo umano con testa d'animale, uccello, rettile, o d'insetto, sono rimaste uguali agli archetipi per tutte le generazioni successive.
Abbastanza interessante è il fatto che gli dei mantennero caratteri vaghi durante la storia egiziana, più tardi descritti nei termini quale " quello di Ombos" (Set), " quello di Edfu" (Horus), " quella di Sais" (Neith) e " quello di Qift" (Coptos). Nessuno di loro era più importante degli altri. Le preghiere e gli inni indirizzati loro differivano soltanto negli epiteti e negli attributi. Era chiaramente il posto, non il dio, che importava, il posto scelto per la sua posizione strategica.
Il centro di culto della dea dalla testa d'avvoltoio Nekhbet, per esempio, era sulla sponda orientale del Nilo a Nekheb (Al-Kab moderno), che dava accesso al deserto orientale ricco di minerali con giacimenti di rame, d'agata e di diaspro. Quello di Pe (Buto) nel delta del Nilo, era un punto di partenza per il commercio con il Medio Oriente. Coptos (Qift) era quasi di fronte alla bocca del wadi Hammamat, la via più breve verso il Mar Rosso e le vene aurifere del deserto orientale.
La creazione delle immagini e l'istituzione dei centri di culto accennati sulla pietra di Palermo si trova anche nei testi della piramide (iscritti sulle pareti dai re che hanno regnato verso la conclusione dell'Antico Regno) e nel cosiddetto Dramma di Memphis (un testo sopravvissuto in una copia tardiva, esplicito sulla creazione dei culti, sull'istituzione dei santuari e sulla fabbricazione delle statue divine con i loro segni distintivi raffiguranti una pianta, un uccello o un animale totemico della comunità, "fatti con ogni legno, ogni pietra, ogni pezzo di creta"). Oltre all'identificazione con il re, servivano al livello popolare. Gli antichi Egizi giunsero a credere che la statua nel santuario tenesse la chiave per un buon raccolto, salute e fertilità e compivano gesti pii che non erano molto differenti da oggi, con le offerte e preghiere ai santuari dei santi cristiani e degli sceicchi musulmani. I gesti di devozione sono una pratica consacrata che ha chiare radici nel passato più antico.
Questo è così affascinante negli studi di Wilkinson' sulla pietra di Palermo. I successi materiali di una condizione unificata dipendevano dalle risorse della terra e dal commercio e vi è ogni indicazione che la relativa gestione fosse stata tracciata sin dalla fase iniziale. La creazione dei centri di culto non solo ha neutralizzato le differenze fra i vari insediamenti dell'Egitto superiore e inferiore, ma ha generato un forte legame fra la gente di tutti gli strati della società. E, più importante, quando il re assisteva alle feste di "nascita" degli dei e faceva le dotazioni reali sotto forma di pane e torte, buoi ed altro bestiame, oche ed altri uccelli e vasi di birra e di vino, l'occasione della sua visita era accompagnata dalle celebrazioni annuali che comportavano il macello degli animali sacrificali in suo onore. Queste offerte, poste sull'altare del santuario e soddisfacenti una volta una funzione religiosa, erano prese dal "servi del dio", ossia i sacerdoti che curavano i santuari e le statue degli dei, in parte per trattenerle ed in parte per distribuirle alla gente.
La costruzione degli edifici per il culto reale sembra essere stato il progetto più importante del regno di ciascun re, ed assorbiva gran parte del reddito di corte. Il concetto che gli dei ed il re avessero richieste reciproche l'uno nei confronti dell'altro dovevano essere forti, ma c'era sempre il rischio della resistenza e quando questo accadeva il re, a quanto pare, negava la prestazione del culto. Nei testi della piramide (molti dei quali sono datati ai periodi predinastici, come quelli che comprendono le frasi che si riferiscono ad un periodo in cui i morti erano posti a riposare in semplici fosse nella sabbia ed in cui gli animali del deserto potevano profanare i corpi), sono le espressioni in cui il re enfatizza il fatto che ha potere sopra gli dei, e che è lui che "concede il potere e toglie il potere, cui nessuno sfugge".
L'effetto di una tal minaccia su una comunità che già aveva una forte identità e sui "servi del dio", che prestavano assistenza ai santuari, può essere immaginato bene. Arrivava alla minaccia di annientamento ed alla perdita di prestigio. Secondo Erodoto, sopravviveva una tradizione che sosteneva che Khufu, avesse chiuso nel Paese i templi. Fra le sue prescrizioni, ricordate sin dai tempi antichi, erano la "cacciata" di Horus;, la "cattura" di Horus; e la "decapitazione" di Horus;. In un cartiglio d'avorio trovato a Abydos che data al regno del re Den, della Prima Dinastia, il re è indicato in una posa che doveva diventare classica: mentre schiaccia un nemico con un randello levato.
Il re dell'Egitto, padrone degli accessi alle risorse naturali e alle terre vicine; e dei santuari costruiti agli dei, come è registrato sulla pietra di Palermo, possedeva e condivideva una caratteristica comune con i capi di molte antiche società? Era un signore della guerra?
La PROVA è che le immagini impresse in sigilli e terraglie del primo periodo dinastico rivelano le immagini dei Faraoni impegnati in varie attività rituali ed alcuni dei testi di accompagnamento si riferiscono alle statue fatte di oro e di rame. Questa immagine proviene dal quinto registro della pietra di Palermo e si riferisce ad una statua di rame fatta nel regno di Khesekhemwy, o del suo successore dello stesso nome. Qui è scritta la prova che il rame statuario è stato prodotto molto prima che delle immagini ben note di Pepi I e di Merende, trovate nel tempio di Hierakonpolis ed ora nel museo egiziano. I re a volte sono talvolta indicati con la corona rossa, a volte con quella bianca -- come qui rappresentato. Alcuni bassorilievi mostrano il re che cammina, o che accenna un passo in avanti.



(12 Febbraio 2009)

da: La Porta del Tempo.

lunedì 16 febbraio 2009

L' ENIGMA DELLA CROCE CELTICA











Un antico sestante, eternato nella pietra

Nel 1997 Crichton Miller fece una sorprendente scoperta che avrebbe cambiato per sempre le nostre concezioni del passato storico e religioso. La formazione e le esperienze di vita di Crichton svolgono un ruolo di fondamentale importanza in questa rivelazione, poiché si tratta di un qualificato velista e navigatore con un interesse per la storia antica e le religioni .
Attraverso i risultati di un'intensa attività di ricerca, Crichton propone che il nostro attuale sistema di credenze e la scienza sono stati ereditati dagli antichi marinai che navigavano per gli oceani del mondo nella preistoria. Egli pensa inoltre che la brusca fine dell'ultima glaciazione, 12.500 anni fa, fosse provocata da un cataclisma che distrusse gran parte della flora e della fauna della Terra. Gli uomini che avevano maggiori probabilità di sopravvivere alla catastrofe erano coloro che si trovavano in mare.
Crighton è convinto che l'evento producesse uno tsunami (una grande onda che viaggia molto veloce) e che ad un così grande tsunami fosse più facile sopravvivere per chi si fosse trovato in mare, dove i suoi effetti sarebbero stati limitati ad un grande rigonfiamento della superficie del mare. Gli effetti di una grande onda di marea sulle coste, invece, sarebbero stati terribili. Il gigantesco muro d'acqua si sarebbe trasformato in un'onda di rottura che sarebbe arrivata in profondità nell'entroterra, distruggendo tutto di fronte a sé al suo passaggio, e trasportandosi dietro dalla costa i rottami delle rovine.
Crichton suggerisce che il livello del mare in tutto il mondo è aumentato con lo scioglimento delle calotte di ghiaccio. È quasi impossibile trovare testimonianze archeologiche di civiltà anteriori in quanto si dovrebbero trovare ora sommerse da un centinaio di metri d'acqua di mare, che ha cambiato la topografia delle coste, dove le civiltà più avanzate si erano stabilite. Tuttavia Crichton pensa che esistano altre prove di precedenti civiltà e che questa prova sia stata lasciata intatta nella pietra e nel mito, che noi dobbiamo saper decifrare.
Crichton ritiene che tali civiltà, fiorite prima del cataclisma, fossero basate sul traffico marittimo. Quelle antiche genti marinare avevano sviluppato forme di geometria e di matematica legate all'astronomia e all'astrologia e sviluppate dai loro stili di vita marinari. Per poter viaggiare in tutti gli oceani e i mari del mondo, si deve essere in grado di conoscere la propria posizione e la direzione di movimento.
I navigatori sapevano che il sole si trovava a picco, direttamente sopra la loro testa, a metà giornata. Per trovare la longitudine (posizione Est e Ovest) quei navigatori dovevano conoscere il tempo approssimativo, sia locale sia relativo ad un primo meridiano (una linea arbitraria Nord-Sud a partire dalla quale la posizione sarebbe stata calcolata). Oggi il primo meridiano è quello di Greenwich (0° di longitudine), ma Crichton propone che l'originale primo meridiano potesse essere quello di Giza in Egitto, a partire dal quale erano calcolati tutti i tempi locali e le distanze.
Se questo è vero, la teoria potrebbe spiegare le somiglianze osservate in strutture e orientamenti astronomici in molte località in tutto il mondo. Crichton propone che tali luoghi fossero stazioni di osservazione. Questa rete di strutture allineate astronomicamente è stato a lungo studiato, ma a fronte a nessuna reale prova le analogie di questi siti a livello mondiale è considerata casuale.
Molti ricercatori e scrittori hanno commentato diversi indizi ed elementi di prova che non potevano essere spiegati. Gli esploratori hanno proposto volumi d'informazioni all'attenzione del pubblico. Questa informazione ha solo lasciato intravedere il senso del mistero e, in alcuni casi, ha convinto una gran parte della popolazione che gli alieni fossero coinvolti in questi siti. Crichton non crede che gli alieni siano stati coinvolti, invece, preferisce pensare che siamo noi gli alieni, perché non capiamo il modo in cui i nostri antenati hanno pensato e vissuto.
Nel suo libro The Golden Thread of Time [ISBN 0-9541639-0-7], Crichton mostra che, in confronto agli antichi, siamo diventati molto dualistici e abbiamo divorziato dalla natura e dal cosmo. Se non fosse così, saremmo in grado di vedere ciò che hanno lasciato dietro di loro, chiaramente, e la nostra civiltà non sarebbe sull'orlo del disastro attraverso il conflitto e la distruzione del nostro ambiente. Per dimostrare il suo punto di vista, ha avuto la fortuna di scoprire lo strumento che gli antichi utilizzavano per misurare le stelle e il pianeta su cui viviamo.
Lo strumento di navigazione
Questo strumento è in grado di dire il tempo, trovare la latitudine e la longitudine, misurare gli angoli delle stelle, predire i solstizi e gli equinozi e misurare la precessione degli equinozi. Lo strumento può anche trovare l'eclittica così come i poli Nord e Sud, può costruire le mappe e le carte, servire alla progettazione delle piramidi e dei cerchi di pietre e, quando viene utilizzato in combinazione con quei siti–osservatorio, è in grado di registrare e prevedere i cicli della natura.
Che cos'è questa antica icona che tutta l'umanità vede ogni giorno e non riconosce? È la croce.
Una forma di croce è su tutte le chiese cristiane e molte lapidi, è in letteratura e nella canzone e può essere visto appeso attorno al collo dei fedeli di tutto il mondo. I maestri della fede cristiana l'utilizzano, s'inginocchiano dinanzi ad esso, l'indossano come parte delle loro vesti e tuttavia non la riconoscono per quello che è.
La croce è un tesoro marittimo di sapienza e fu probabilmente uno strumento essenziale per la costruzione e la progettazione delle piramidi. Crichton ha scoperto i resti di una croce, nascosta dalla Casa di Amen nella Grande Piramide di Khufu a Giza. Questa sorprendente croce è in grado di misurare gli angoli con una precisione di tre minuti d'arco.
Crichton propone che la croce sia molto più antica delle piramidi poiché è anche responsabile per la costruzione dei cerchi di pietre del Neolitico in Europa, che precedono le piramidi di migliaia d'anni. Egli ha inoltre scoperto che questa conoscenza è stata riscoperta e tenuta segreta dai Templari e altre "società segrete" attraverso il Medioevo.
Questo grande segreto probabilmente condusse alla distruzione della civiltà amerindia da parte dei Conquistadores, quando essi scoprirono che essi misuravano le stelle con un oggetto a forma di croce, chiamato dai Maya lo Strumento del potere. Per mostrare il confronto di questa antica tecnica, si prega di guardare la fotografia di una croce celtica [nella foto] in una tomba del cimitero di Crichton, vicino alla Cappella Roslyn, presso la frontiera della Scozia.
Vedrete una croce verticale con barre fissate a 90 gradi le une alle altre. Al centro della croce c'è un oggetto che appare come il mozzo di una ruota.
Secondo Crichton, i nostri antenati non progettavano mai le cose senza una ragione e il primo scopo di utilizzare la pietra, come strumento, è quello di assicurarne la durata. La seconda considerazione che gli antichi avevano era quella di integrare e conservare le conoscenze importanti per i loro discendenti. In linea con il principio di non gettare le perle ai porci, si nascosero messaggi esoterici in alcune immagini, scolpite in modo che i posteri potessero trovare quello che effettivamente erano pronti a capire.
Nella presente scoperta, Crichton propone che i primi muratori raffigurassero un oggetto in particolare nell'antica croce che somiglia molto ad una ruota, un oggetto progettato per ruotare tra barre incrociate, su un mozzo. Se questo è il caso, come sembra confermare l'osservazione, dobbiamo allora chiederci: perché?
Crichton osserva che, in alcune delle croci più antiche, i primi muratori inserivano una serpentina disegnata intorno alla ruota e anche che le braccia della croce erano più ampio al bordo esterno che su quello interno. Perché?
La risposta a queste domande è venuta a Crichton, solo quando stava sperimentando i diversi metodi eventualmente utilizzati dagli egiziani per sorvegliare i lavori della Grande Piramide e allinearla con le stelle. Tutte le costruzioni richiedono una rilevazione preliminare. La Grande Piramide fu una gigantesca impresa d'ingegneria civile. Utilizzando il più semplice dei materiali e le tecniche riconosciute della matematica dell'epoca egizia, Crichton ha assemblato un teodolite, che potesse svolgere i compiti richiesti. Con l'aggiunta di un regolo e di un filo a piombo, lo strumento somigliava ad una croce e risultava estremamente preciso, soddisfacendo i requisiti richiesti e molto di più ancora.
Non molto tempo dopo la sua scoperta, mentre svolgeva ulteriori ricerche, Crichton esaminò la documentazione dei ritrovamenti Dixon, scoperti nel ramo nord della camera della Regina nella piramide, nel 1872. Crichton osservò che vi erano altri ritrovamenti ancora in luogo e che potevano essere visti molto chiaramente in fotografie scattate da Rudolph Gantenbrink (1994) con il suo famoso robot in miniatura Uphaut 2. Crichton raccolse gli oggetti in un modo logico e il sorprendente risultato fu una croce con un filo a piombo, di incredibile precisione.
Questo oggetto è in grado di misurare tutti i possibili angoli. Accoppiato con una sufficiente conoscenza astronomica, rivela come gli antichi misurassero il tempo tramite le posizioni delle stelle, del Sole, della luna, dei pianeti, e il modo in cui utilizzavano queste misurazioni per navigare gli oceani del mondo.
Crichton ha scoperto e pubblicato questa ricca fonte di comprensione nel suo libro The Golden Thread of Time [ISBN 0-9541639-0-7]. Molte di queste rivelazioni non sono mai state viste prima dal pubblico e costituiscono un elemento fondamentale per quelli che cercano la verità e la comprensione. Per rendere il suo punto di vista maggiormente sostenibile, Crichton Miller ha chiesto un brevetto sulla croce col filo a piombo e il brevetto è stato finalmente concesso nel novembre del 2000 come uno "strumento astronomico, geodetico e di navigazione" dall'Ufficio britannico per i Brevetti. Il risultato di questo brevetto è lo strumento che vedete qui sotto. Come potete vedere, è una fedele rappresentazione della croce celtica (Figura 1).
Questa versione risorta della croce è fatta in modo che le persone d'oggi possano capire e confrontarla con la croce (nella figura 1) o con qualsiasi croce celtica, in ogni parte del mondo. Lo strumento cruciforme è segnato in gradi intorno al bordo e la ruota gira liberamente su un perno. Le braccia incrociate sono perforate con fori passanti, per consentire ad un osservatore di leggere gli angoli. La parte inferiore della ruota è ponderata in modo che punti sempre al centro della terra. La scala attorno al bordo esterno della ruota va da 0° nella parte inferiore a 90° in senso orario e in senso antiorario, in modo che le misurazioni in orizzontale possano essere prese in qualsiasi direzione, tramite la visuale attraverso i fori.
Potete vedere i vantaggi di questo strumento immediatamente quando si guarda la foto qui sotto, di un osservatore che misura l'angolo del sole che sorge ad est all'alba. Mentre la Terra ruota, il sole sembra sorgere all'orizzonte e il suo angolo di salita può essere letto direttamente dalla scala. Quest'angolo cambia con il corso delle stagioni durante tutto l'anno, e l'ora e il luogo possono essere determinati dai risultati dell'osservazione di stelle, pianeti e costellazioni.
Crichton si considera fortunato per avere scoperto il dono della croce ed essere in grado di trasferire queste informazioni a un altro uomo. Secondo Crichton, "La croce dovrebbe essere completamente capita da quante più persone possibile, perché è il fondamento delle più antiche civiltà, di saggezza e di comprensione". Crichton ritiene che, in questi tempi pericolosi e confusi, faremmo bene a cercare una conoscenza più approfondita di ciò che i nostri antenati sapevano e cominciare a godere la speranza di guarigione che tale conoscenza porta.
Il sito internet di Crichton spiega molto di più sulle sue scoperte. I suoi editori hanno anche un sito web in cui si può leggere una sintesi del suo libro, The Golden Thread of Time.

di Crichton E.M. Miller
(10 Febbraio 2009)

da: La Porta del Tempo.




martedì 10 febbraio 2009

ATLANTIS.....L'IMPERO PERDUTO !
















RITROVATA DAL SATELLITE UNA NAVE DI ATLANTIDE?

Uno strano oggetto appare nelle foto satellitari di Google Earth, in un punto del Grand Erg orientale, nel profondo sud dell'Algeria, verso est, in direzione della Tunisia e di Ghadamès, dove secondo le mie ricerche c'era il gran lago che "affondò" Atlantide con la tracimazione delle proprie acque.
Le coordinate geografiche dell'oggetto semisepolto nelle sabbie sono: 31°01'25" N - 7°58'32" E.
La località si trova in prossimità dei campi petroliferi denominati Rhourde el Khrouf, in corso di sfruttamento, a non grande distanza da Rhourde El Baguel (un centinaio di km verso Sud-est, in direzione del confine tunisino). Rhourde El Baguel è per importanza il secondo giacimento petrolifero dell'Algeria, ragion per cui la presenza umana nella zona non è così rarefatta come si potrebbe pensare, quando si parla di "gran deserto di sabbia", ma è una zona con piste d'atterraggio e con un certo passaggio di auto fuoristrada.
Ecco perché nei dintorni si vedono piste, casupole e tracce di autoveicoli.
La misteriosa forma affusolata, molto simile ad una chiglia di nave rovesciata, è inserita quasi in diagonale all'interno di altre tracce (formate da due linee parallele) che formano un ampio rettangolo (dimensioni di circa 120 x 200 m) e s'interrompono verso Nord presso la cresta d'una duna. Dall'alto a destra di questa specie di "recinto" provengono altre due tracce parallele che scavalcano la cresta della duna, e sono con evidenza le tracce delle ruote d'un veicolo fuoristrada. Anche quello che sembra un "recinto rettangolare" potrebbe essere prodotto dalle tracce di fuoristrada che vanno dritto, anziché zigzagare... il passo tra le ruote è esattamente identico, come si può notare dall'esame dell'altra traccia che scavalca la duna.
L'oggetto appare in rilievo, in una leggera depressione scavata dal vento lungo i lati della punta.
Si direbbe trattarsi d'un lungo oggetto affusolato, affondato nella sabbia all'estremità in basso a sinistra e sollevato all'estremità verso l'alto a destra della foto (ossia N-E). Occorre infatti tener conto che l'illuminazione solare della foto proveniva da Sud-est, ossia da destra in basso. L'oggetto dev'essere costituito da materiali abbastanza robusti da averne impedito la deformazione, nonostante una prolungata esposizione agli agenti atmosferici ed alle azioni corrosive dei venti del deserto.
La foto satellitare risale al 20 gennaio 2005.
L'oggetto è segnalato sulla cartografia di Google Earth col seguente tag: "ancient alien spacecraft - I found this crazy thing in the desert of Algeria. I have no idea what this it but it looks great. found date: 19.07.2006 found by: minel72 forum-id: http://www.googleearthhacks.com/forums/showthread.php?t=7604".
Secondo la persona che l'ha segnalata (che si qualifica con lo pseudonimo "minel72"), la "matita", lunga circa un centinaio di metri, potrebbe essere un oggetto di provenienza aliena... non potrebbe invece essere un'antica nave?
Il manufatto appare chiaramente artificiale, ancorché l'ipotesi extraterrestre appaia azzardata. Il relitto non ha tuttavia per nulla l'aria di un manufatto "moderno".
Se fosse una struttura militare, avrebbero provveduto ad oscurarla su Google Earth, come altre... Sul fondo di quello che fu, sino al 1200 a. C., uno dei più grandi laghi che circondavano l'area del bacino Mediterraneo, possiamo supporre che si tratti proprio del relitto della carena d'una nave, e d'una nave dell'antico popolo dei Tjehenu che popolava quest'area e che le mie ricerche fanno identificare come "il popolo di Atlantide".
Il calcolo delle quote dà come risultato una lunghezza dell'oggetto misterioso, sepolto nelle sabbie, di 100 metri, da punta a punta.
Si tratterebbe quindi di una nave piuttosto lunga, ma ho altresì scoperto che delle navi "minoiche" (le più vicine alla cultura della nostra Atlantide, per l'epoca e per lo stile) non si conoscono misure precise, dato che nessun relitto è stato trovato in condizioni adeguate per misurarle.
La presenza d'un relitto di tali dimensioni nel gran lago interno si giustificherebbe non tanto con esigenze legate alla navigazione, quanto piuttosto con ragioni cerimoniali. Si veda a tale proposito il celebre dipinto rupestre di Jabbaren, con le offerte cerimoniali e la veduta della barca nel lago, del quale accludo la riproduzione.

di : Alberto Arecchi
Da: La Porta del Tempo

giovedì 5 febbraio 2009

LA "POLIDATTILIA"...DNA ALIENO ?




La regione di Barra do Garças e le sue storie leggendarie

Ataide Ferreira da Silva Neto, presidente dell'Associazione di ricerche ufologiche e psichiche del Mato Grosso (AMPU), cita antiche leggende degli indios locali che raccontano di tempi antichi, quando tra i loro antenati vivevano piccoli esseri alti un metro e venti centimetri, con teste enormi rispetto ai loro corpi, che avevano tre, quattro o anche sei dita in ogni piede. Quegli esseri vivevano in grotte e si dice che venissero dalle stelle.
Una storia simile è raccontata dagli indios Xingu dell'Amazzonia ed è conosciuta anche in altre regioni della zona. Si racconta d'un veicolo coperto di fuoco, che sarebbe sceso dal cielo e avrebbe trasportato esseri che insegnarono arti e conoscenze agli indios, per poi andarsene di nuovo verso lo spazio.
Nel Parco Nazionale della Montagna Blu, a Barra do Garças, si trova una grotta con le impronte fossili di piedi a quattro e a sei dita (v. foto).
Elder Monteiro Antunes, coordinatore dell'Unità di Conservazione della Segreteria di Stato per l'Ambiente (SEMA), dice di queste impronte: "Intendiamo prossimamente sviluppare uno studio archeologico, per riuscire a comprendere come si siano formate, se si tratti d'un fenomeno naturale o di qualche tribù aborigena che fece quei segni, migliaia d'anni fa. Ci potrebbero essere diverse spiegazioni, ma nessuna di queste è sicura".

(3 Febbraio 2009)
da: La Porta del Tempo.

SIMBOLISMO: DALL'EGITTO AL GIAPPONE







Originariamente in Giappone l'antica festa buddista di Obon, in celebrazione dei morti, si celebrava il 15° giorno del settimo mese. Obon oggi è un evento che dura tre giorni, caratterizzato dall'accensione di lanterne.
La prima foto mostra la festa di Obon, in agosto, a Kyoto, antica capitale del Giappone.
L'accensione dei fuochi segna l'inizio della celebrazione, durante la quale le famiglie visitano le tombe dei propri defunti e li invitiamo a ritornare a casa. Le montagne circostanti Kyoto s'illuminano di lanterne, che formano il disegno che si vede nella foto. Fuochi chiamati okuribi sono accesi anche presso le residenze delle famiglie, nello sforzo di indirizzare verso casa gli spiriti degli antenati. Alla fine dei tre giorni di Obon, di solito il 15 del mese, le famiglie portano le lanterne di carta di candela con lo Spirito dei loro morti a galleggiare liberamente nei fiumi e nei torrenti, in modo da disperdere i loro Toro-nagoshi con gli antenati e farli ritornare in cielo, sino al prossimo anno.
Nella seconda foto, la lanterne galleggianti sono inviate al mare... come al momento della dispersione delle ceneri, esse prendono ciascuna un distinto percorso di ritorno.
I simboli di Obon, i disegni formati sulle colline dell'antica Kyoto sono curiosi. Se percorrerete le tombe nella Valle dei Re, sulla riva sinistra del Nilo, troverete raffigurati lungo le pareti gli stessi simboli. Gli archeologi ritengono che quei graffiti rappresentino stelle e costellazioni.
Nella terza foto si vede un cartiglio, disegnato sulla parete della tomba di Ramses IV.
Se conoscete la tradizione della festa buddista dei morti (Ogon) nell'antica capitale giapponese, quei disegni lasciati dagli antichi Egizi nella Valle dei Re vi appariranno stranamente familiari. Si tratta veramente di stelle, o sono forse i simboli di una religione molto antica?
Quando gli studiosi di storia vedono le cose nella loro piccola, specifica cornice di riferimento, è facile commettere errori per cercare di definire o individuare i significati delle cose d'un altro tempo. Dopo essere stati in Giappone ed avere apprezzare l'antica città di Kyoto, con la celebrazione di riti millenari provenienti da un'altra cultura, è possibile però cercare d'interpretare le usanze religiose dell'antico Egitto con un occhio diverso; apprezzare come un'altra antica civiltà celebrasse la vita con la costruzione e la decorazione di tombe in onore dei loro antenati defunti. I simboli sono gli stessi... c'è forse una qualche connessione tra il Giappone e l'Egitto d'altri tempi? L'attenzione ai fatti dello Spirito insegna che non vi sono coincidenze... ma solo misteri, non chiariti.




(1 Febbraio 2009)
Da: LA PORTA DEL TEMPO.