VS
di: Marco La Rosa
NOTIZIA
ANSA
Fmi:
cartellino rosso ad Argentina
Primo
passo di processo sanzioni che puo' portare all'espulsione
Il Fondo
Monetario Internazionale ha deciso oggi un' iniziativa senza precedenti storici
contro l'Argentina approvando una 'dichiarazione di censura' alle autorità di Buenos Aires a causa dei dati ufficiali forniti dal
paese sudamericano, ed esigendo un che siano corrette le loro
"inesattezze" entro la fine del 2013. Una procedura che, se portata
alle estreme conseguenze, potrebbe significare anche l'uscita del paese
dall'organizzazione. Il direttore del Fondo, Christine Lagarde, aveva avvertito
lo scorso 24 settembre che le autorità di Buenos Aires "hanno
tre mesi per evitare il cartellino rosso, ma se non si registrano progressi
allora lo tireremo fuori".
E oggi il
consiglio direttivo dell'Fmi ha proceduto. Nel mirino del fondo ci sono i dati
trasmessi dall'Istituto Nazionale di Statistiche e Censimenti (Indec) sul tasso
di inflazione dell'area di Buenos Aires (non esiste un dato a livello
nazionale) e l'evoluzione del Pil. L'organo esecutivo del Fondo ha dichiarato
che "il progresso dell'Argentina nell'implementazione di misure correttive
dallo scorso settembre non è stato sufficiente", per
cui si è resa necessaria una
"dichiarazione di censura", primo passo di un processo di sanzione di
un paese membro, che può portare alla sua espulsione
dall'organismo. L'Fmi si è detto aperto al dialogo ma ha
precisato che Buenos Aires deve agire "al più
presto, e in ogni caso entro il 29 settembre 2013".
E'
da due anni che il Fondo avverte le autorità
argentine sulle loro statistiche, giacché
le cifre dell'Indec sono considerate inaffidabili anche dentro al paese
sudamericano: secondo i dati ufficiali l'inflazione nel 2012 è stata del 10,8%, mentre per gli analisti privati supera di
poco il 25%. Finora non vi è stata alcuna reazione
ufficiale alla dura presa di posizione dell'Fmi, ma negli ultimi
mesi la presidente Cristina Fernandez de Kirchner si è
riferita varie volte alla disputa con l'Fmi per le statistiche dell'Indec: il
giorno seguente alle dichiarazioni di Lagarde sul "cartellino rosso",
Fernandez ha affermato, parlando all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite:
"Questa non è una partita di
calcio, questa è la crisi
economica più grave che si
ricordi dagli anni '30'' aggiungendo che "il mio paese non è
una squadra di calcio, è una nazione
sovrana che prende le sue decisioni e che non accetterà
minacce per le quali se non fa una certa cosa gli tireranno fuori il cartellino
rosso". Il 26 settembre, parlando con gli studenti all'Università
di Georgetown, la presidente argentina ha commentato che "l'Fmi ce l'ha
con l'Argentina" e che "se ci fosse un'inflazione del 25%, il paese
salterebbe in aria".
QUESTA NOTIZIA
ANSA DI STAMATTINA, MI HA RAMMENTATO UN POST DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI, CHE
MI HA AIUTATO PARECCHIO A DISTRICARMI IN VICENDE ECONOMICO FINANZIARIE CHE PER
NATURA, MI SONO MOLTO OSTICHE.
LO SCRISSE SUL
SUO BLOG NEL SETTEMBRE 2012, QUANDO SOLAMENTE ALCUNE FONTI DI STAMPA INTERNAZIONALE
ED ALTERNATIVA DEL WEB, RIPORTAVANO LE NOTIZIE RELATIVE AL BRACCIO DI FERRO,
TRA FMI E SUD AMERICA, ARGENTINA IN PRIMIS.
QUESTO CONTENZIOSO,
CHIAMIAMOLO COSI, ALL’INIZIO MI RISULTAVA FUMOSO. A
LEGGERE LE FONTI GIORNALISTICHE UFFICIALI, PER IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE (FMI), L’INFLAZIONE UFFICIALE DEI PAESI COME L’ARGENTINA, ERA “TAROCCATA” E PER TANTO, SENZA UN CORRETTIVO OBBLIGATORIO “UFFICIALIZZATO”, IL RISCHIO PER L’ECONOMIA E LA FINANZA MONDIALE SAREBBE STATO DISASTROSO.
NON SONO UN
ECONOMISTA ESPERTO, TUTT’ALTRO, MA LA COSA MI SUONAVA
MALE.
MOLTE ECONOMIE
SUD AMERICANE ERANO UNANIMEMENTE SEGNALATE IN FORTE RIPRESA, SOTTO TUTTI I
PARAMETRI DA PARECCHIO TEMPO ORMAI. QUINDI QUESTO STRANO “MONITO” DELL’ FMI, MI STONAVA, NON RIUSCIVO A CAPIRE BENE COSA CI FOSSE
SOTTO.
OGGI UNA BUONA
PARTE DELLA “PROFEZIA” (PASSATEMI IL TERMINE), DI CORI MODIGLIANI, SI E’ AVVERATA, QUINDI VI RIPROPONGO IL SUO POST INTEGRALMENTE,
VI GARANTISCO CHE VALE LA PENA LEGGERLO ATTENTAMENTE.
FATE COME ME,
QUANDO QUALCOSA “VI PUZZA” FIDATEVI DEL VOSTRO ISITNTO, NON IGNORATELA, MA
APPROFONDITELA.
ANCHE QUESTO E’ RISVEGLIO VERSO LA
PIENA CONSAPEVOLEZZA.
Marco La Rosa
28
settembre 2012
La
guerra tra le due Cristine e l'impatto sull'Europa. Sopratutto sull'Italia
In Gran
Bretagna gli hanno dato un nome preciso e ormai la seguono come se fosse una
telenovela nella sezione geo-politica: “The Christines at war”, la guerra delle Cristine, che sarebbe una fiction a
puntate davvero impossibile non seguire.
Ci siamo
anche noi, dentro, naturalmente, e il nostro ruolo in questa telenovela non è certo dalla parte dei buoni. La Storia ci ha messo nella
situazione di dover interpretare il ruolo di quei personaggi che quando entrano
in scena, dopo le prime due battute, ci spingono a dare una gomitata al nostro
compagno di poltrona per commentare “questo mi sa che fa una brutta
fine”. Non siamo certo gli eroi di
questa fiction iper-realista.
La nuova
puntata (vera chicca per gourmet) si è svolta in un sontuoso teatro
internazionale: la East Coast degli Usa, tre giorni fa uno scambio di battute
al fulmicotone tra la segretaria del Fondo Monetario Internazionale, Christine
Lagarde, dalla sede di Washington –reduce da un incontro
ufficiale con il ragionier vanesio- la quale, infantilmente ha minacciato l’Argentina usando di proposito una metafora calcistica “per il momento sto mostrando a quella nazione il cartellino
giallo; ma c’è una inderogabile scadenza che
è il 10 dicembre 2012. Superata
quella data scatterà automaticamente il cartellino
rosso e l’Argentina verrà espulsa dal Fondo Monetario Internazionale”. La presidente argentina si trovava in quel momento a un
tiro di schioppo, stava a New York, al palazzo dell’Onu. Da aggiungere che (gli sceneggiatori sono abili
professionisti di mestiere) nell’esatto momento in cui madame
Christine minacciava la senora Cristina, la presidente stava parlando all’assemblea dell’Onu a Manhattan perorando la
causa dell’indipendenza del Sud America e
chiarendo –con gravi toni minacciosi ben
coperti dalla consueta retorica diplomatica- che il teatro internazionale
geo-politico non è più quello degli anni’70 e che la grande stagione
dello schiavismo colonialista è tramontata. Finito il suo
intervento, i suoi segretari le hanno comunicato immediatamente l’esternazione della sua omonima francese. E la presidente
Kirchner ha dichiarato subito: “L’Argentina è una grande nazione. Ma prima
ancora è una nazione grande. Abbiamo
un vasto territorio baciato dalla fortuna naturale. Abbiamo risorse nostre, che
ci consentiranno la salvaguardia della nostra autonomia e della nostra
indipendenza. Ma soprattutto siamo un paese orgoglioso che ci tiene alla
propria dignità. Vorrà dire che staremo fuori”.
Chi non
ha seguito tutte le puntate della telenovela (ci sono stati anche dei morti,
come il giovane economista Ivan, in una storia che ho raccontato mesi fa) forse
non può seguire in maniera palpitante
questo fronte bellico della Guerra Invisibile e potrebbe non capire di che cosa
si tratta. Ha a che vedere con la Gran Bretagna, l’Italia, la BCE e la loro relazionalità con il Sud America. Ma soprattutto ha a che vedere con lo
scontro tra l’interpretazione keynesiana e
friedmaniana dell’economia e con lo scontro
dichiarato tra l’interpretazione
social-progressista dell’esistenza quotidiana e quella
liberista conservatrice. Questo duello è stato riportato, dibattuto e
commentato in tutto l’occidente. Neanche a dirlo,
Italia esclusa. I servizi della, peraltro, brava Daniela Bottero, corrispondente
della Rai di New York, parlavano del nuovo ipad5, di come a New York si vive l’incipiente autunno, ammaliandoci con la descrizione
variopinta della scelta di Mario Monti relativa a quali ristoranti andare, a
quali club partecipare e a quali inviti aderire. In Gran Bretagna, invece, (il
vero cuore del problema) a questa puntata hanno dato un risalto talmente forte
che la BBC ha scelto di destinarle ben cinque piattaforme mediatiche diverse:
televisione di stato, radio, sito on line, diretta streaming, l’intera stampa cartacea mainstream. Per evitare di essere
subissato dai consueti commenti della serie “dacce
‘sto link”, in un post scriptum, in copia e incolla, trovate l’articolo preso dal sito on line della BBC, sintetico ma
esaustivo.
Qual è il contenzioso?
Eccolo
esposto in maniera molto semplice e sintetica:
Il Fondo
Monetario Internazionale sostiene che, sulla base dei propri dati a
disposizione, l’inflazione in Argentina ha
raggiunto la cifra del 30% in seguito alla irresponsabile azione di emissione
di carta moneta da parte del Banco de la Naciòn
perché in Argentina è stata scelta (il termine usato è “irresponsabile”) la strada degli investimenti in infrastrutture,
salvaguardia del territorio idro-geologico, salario minimo garantito, credito
agevolato alle imprese, protezionismo (con aliquote altissime praticate a tutte
le multinazionali che in Argentina producono ma non investono il loro profitto
in attività locali per favorire la
occupazione) e aumento del proprio disavanzo di bilancio al fine di potenziare
istruzione pubblica, ricerca scientifica e innovazione tecnologica. Un’inflazione così alta comporta il rischio di “implosione del sistema economico” e quindi il resto del mondo economico, per salvaguardarsi,
deve prendere le distanze da un modello economico così disastroso, definito “ormai fuori controllo” e quindi o l’ Argentina si adegua oppure
viene espulsa. Una volta fuori, immediatamente verrà chiesto il saldo di tutti i loro bonds, il pagamento di
tutte le transazioni internazionali di merci, e l’intero
sistema finanziario del pianeta dichiarerà “inagibile” ogni forma di finanziamento
all’Argentina, la quale, inoltre,
dovrà immediatamente abolire gli
investimenti e lanciarsi in una poderosa manovra di austerità, rigore e stretta creditizia, pena la cancellazione dei
contratti internazionali di import-export.
Il
governo della Repubblica Argentina, invece, sostiene che la propria inflazione è intorno al 9%. E dichiara che i dati forniti dal Fondo
Monetario Internazionale non sono dati veri, perché le aziende di rating che hanno fornito le informazioni
sono agenzie private finanziate –fatto questo noto- da
J.P.Morgan, Citibank e Societè Generale, che sono parte in
causa e vogliono destabilizzare l’intero Sud America per avere
la possibilità di poterci speculare sopra. L’Argentina, inoltre, ritiene che l’ FMI “ha lanciato un sistema di
punizione” nei confronti delle nazioni
dotate di un sistema finanziario economico centrale che vieta (come appunto nel
caso dell’Argentina) ogni attività finanziaria speculativa sui derivati, perché gli investimenti finanziari sono consentiti solamente su
titoli e aziende che producono merci reali. Come ultima considerazione, l’Argentina ritiene che il Fondo Monetario Internazionale
abbia come compito quello di monitorare la situazione economica delle nazioni
senza dover mai intervenire sulla qualità delle politiche economiche
nazionali e locali essendo il principio dell’autodeterminazione
dei popoli un valore riconosciuto dalla carta internazionale dell’Onu in data 1948.
Queste
sono le due posizioni.
Poiché non si tratta di Juventus-Roma (forza capitano) dove il
tifo è lecito, ciò che conta, in questo caso, è
comprendere di che si tratta. Ma soprattutto che cosa accade se vince una o l’altra delle due Cristine.
I
rapporti di forza non sono affatto come istintivamente si può credere, ovvero Davide contro Golia, perché c’è un piccolo paese, laggiù nel polo sud, che conta poco o nulla, e da solo si è messo contro i poteri forti. Questa è la retorica perdente terzomondista che vive di ideologia e
favole sentimentali.
Si tratta
di un poderoso braccio di ferro politico, che ci riguarda tutti. Italia in
prima fila.
(e vi
spiegherò più avanti il perché).
Chi
vincerà? Non lo so. Però so chi voglio che vinca. E so, con matematica certezza,
che cosa accadrà sia nell’uno che nell’altro caso.
Personalmente
parlando (qui è il mago che si esprime) penso
che abbia molte più chance l’Argentina che il Fondo ;Monetario Internazionale. Il bello è che lo pensano anche i britannici, altrimenti non
avrebbero dato un così ampio risalto alla vicenda.
Christine
Lagarde fa la voce grossa a Washington, insieme a Monti come partner, perché si sente sicura della vittoria, e a mio avviso sbaglia di
grosso. La sua vittoria ha queste tre tappe: il 7 ottobre a Caracas (elezioni
politiche in Venezuela, paese fondamentale per l’intero
occidente in questo momento); il 6 novembre in Usa (elezioni politiche
presidenziali); il 15 novembre, data in cui la troika consegnerà il proprio rapporto sullo stato impietoso della Grecia; a
quel punto la nazione ellenica verrà protestata, spinta fuori dall’euro e surprise! invece del contagio, non accadrà un bel nulla se non uno scossone della durata di 48 ore.
Si mostrerà e dimostrerà, pertanto, che l’euro funziona e regge ogni
urto, la Grecia sprofonderà nella miseria e nell’incertezza (dimostrando che senza l’euro non c’è salvezza) e l’euro sorretta dal petrolio scontato del Venezuela, sorretta
da Wall Street (che nei dieci giorni successivi alla vittoria di Romney sarà andata alle stelle con enormi guadagni di tutto il sistema
bancario europeo) finalmente si potrà assestare e dare ordini al
resto del mondo. Quantomeno alla parte occidentale. Questo è ciò che pensa la Lagarde.
Ma quali
armi ha l’Argentina? Enormi, gigantesche.
E le sta usando tutte.
Vi
racconto una delle armi usate nel recente passato (finito con successo venti
giorni fa) relativa a una precedente lontana puntata della telenovela dal
titolo “La guerra dei limoni tra le
due Crisitne” con una successiva puntata
dal titolo “Coke is the real thing, baby!”.
Veniamo
alla puntata dei limoni.
Quando
nel 2004 l’Argentina, reduce dal suo
fallimento, comincia a rimboccarsi le maniche per l’auspicata ripresa, si avvale di diverse forme di consulenza
economica, tra cui quella di un gruppo di scienziati tedeschi: per tradizione
storica, i tedeschi sono di casa laggiù. Arrivano gli agronomi verdi
dalla Germania, portandosi appresso la nuova tecnologia ecologica, evoluta nel
campo dell’agricoltura. I tedeschi
scoprono che i limoni argentini sono eccellenti. E varano un ingegnoso piano.
Grazie al fatto di avere uno sterminato territorio a disposizione, il governo
investe una massiccia quantità di denaro per lanciare un
sistema di cooperative agricole occupando circa 150.000 ettari per produrre il
più vasto limoneto del pianeta.
Per avere il frutto ci vogliono anni, ma la tecnologia aiuta. Finalmente, alla
fine del 2009, ecco i succosi limoni. Vanno al mercato internazionale. La
frutta risulta seconda, per qualità, soltanto ai limoni italiani
(la più pregiata specie in assoluto)
con l’aggiunta del fatto che ha un
prezzo di mercato inferiore del 212% ai limoni siciliani, liguri, greci,
turchi, spagnoli, provenzali. I più grossi consumatori di limoni
in Europa sono tedeschi e britannici, per via della loro alimentazione. Ai
tedeschi servono per condire una loro insalata e i krauti di cui sono ghiotti e
agli inglesi servono per spruzzare il loro piatto unico quotidiano, i celebri “fish&chips”, cartoccio composto da
filetti di baccalà e patate fritte che ben si
accompagnano con la pinta di birra al pub, ogni sacro giorno alle ore 17.,30. I
tedeschi si avvalgono di forte sconto ma arriva anche la Coca Cola, il cui
amministratore delegato, in persona, vola a Buenos Aires e firma un accordo
commerciale della durata di 25 anni per avere i limoni con i quali compone la
ricetta di ben 22 delle sue 30 bibite sparse in tutto il mondo. L’amministratore dichiara che il 93% dei propri limoni li
prende in Argentina, il restante 7% dalla Florida. Poco tempo dopo, si passa
alla soia. E arriva la Cina: contratto commerciale della durata di 50 anni;
acquistano il 92% della produzione nazionale di soia (decine di migliaia di
ettari coltivati sempre dai tedeschi) e 10 milioni di vacche. I bovini vengono
allevati da produttori argentini nelle sterminate praterie d’altura, macellati, squartati come piace ai cinesi,
incartati, messi su giganteschi aerei frigoriferi e ogni giorno partono 50
giganteschi aerei da trasporto che portano a Pechino la carne necessaria per
sfamare circa 250 milioni di cinesi. Arrivano anche i giapponesi che si
prendono la produzione di acqua minerale di ben 122 ghiacciai del polo sud per
un totale di 20 milioni di ettolitri al mese per 50 anni. I giapponesi bevono l’acqua argentina ma non lo sanno. Tutto ciò contribuisce a un aumento del pil argentino dell’ordine di un +5% all’anno e sarà il trampolino di lancio della loro ripresa economica. Dai
cinesi, l’Argentina si fa pagare in
dollari e bpt italiani; dai giapponesi in dollari e bpt tedeschi. Dai tedeschi
e inglesi in euro. Ma nel 2010 la situazione geo-politica cambia
precipitosamente. Dall’Unione Europea partono chiare
indicazioni di andare all’attacco delle economie floride
keynesiane. Per un fatto politico. La Gran Bretagna è la prima ad adeguarsi. E’
il primo atto del neo-eletto David Cameron. Non appena insediatosi, scopre che
i limoni argentini –all’improvviso- non rispettano i parametri sanitari
internazionali. Di conseguenza, si rivolge per protesta all’Unione Europea e Van Rompuy in persona denuncia l’accordo chiedendo una penalizzazione per l’Argentina, oltre a chiuderle l’accesso alle esportazioni internazionali. Per un mese l’Argentina protesta, soffre e si preoccupa. Dopodichè si fanno venire in mente un’ottima
idea. La Kirchner personalmente scrive una lettera al quartier generale della
Coca Cola ad Atlanta dove spiega alla multinazionale che dal giorno dopo non
beccano più neppure un limone. Non solo.
Avvalendosi della denuncia dell’Unione Europea, confortata
dalle dichiarazioni di origine stampate sulle bibite della Coca Cola, si
appella all’OMS chiedendo che vengano
tolte dalla circolazione in tutto il continente europeo le 22 bibite che
contengono limoni argentini “perché prive dei dispositivi di salvaguardia sanitaria previsti
dalle convenzioni europee vigenti, visto che l’Europa
sostiene che i nostri limoni non vanno bene, si deduce che non possono andare
bene neppure bibite composte con i nostri limoni”.
Per la Coca Cola si tratta di un danno di circa 25 miliardi di euro. Inizia un
contenzioso durato ben 20 mesi, un braccio di ferro tra le due Cristine. Il
finale della puntata è noto. Il presidente della
Coca Cola tranquillizza la Kirchner dicendole “ghe
pensi mi”. E ci riesce. 1-0 per l’Argentina.
Fine
della precedente puntata.
Quella
prossima, datata 13 dicembre 2012, non si sa come andrà a finire. Ma si sa che cosa accadrà se vince la Christine francese: 48 ore dopo, l’Argentina, accettando l’espulsione,
protesterà il contratto con la Coca
Cola, dirà ai cinesi che staranno senza
carne e senza soia; dirà ai giapponesi che staranno
senz’acqua da bere; dirà ai tedeschi che non avranno più il petrolio con lo sconto. E tutta questa gente andrà a chiedere ragioni alla Christine a Parigi. L’Argentina, quindi, avrà come avvocati difensori la
Coca Cola, la Cina, il Giappone, l’industria agricola tedesca.
E l’Italia?
Automaticamente
fallirà la Telecom, e due giorni dopo
la Enel annuncerà che la propria fattura viene
triplicata. Intesa San Paolo, Banco Popolare di Milano e Mediobanca subiranno
in borsa un crollo di almeno il 40% del loro valore. Perché?
Perché la Telecom è un’azienda decotta. Eppure i suoi bilanci sono buoni: è vero. Ma il profitto (che la tiene a galla) lo prende da
Telecom Brasile e da Telecom Argentina, nazioni nelle quali gestisce l’intero sistema di telecomunicazioni digitali, terrestri e
satellitari. Verranno subito nazionalizzate. Non solo. Verrà anche nazionalizzata subito anche l’Enel, che gestisce tutto il sistema dei servizi di
erogazione di energia elettrica a Buenos Aires, in Bolivia, a Rio de Janeiro e
che per la bilancia italiana è fondamentale. Inoltre,
verranno messi subito all’incasso bpt italiani per un
controvalore di 22 miliardi di euro, proprio alla vigilia di Natale. E se l’Italia non ha da pagare, si arrangi. Che vada a farseli
dare da Christine Lagarde.
Per
ridurla in sintesi, si tratta, in realtà, di una lotta squisitamente
politica.
La
telenovela sta tutta lì.
Non c’entra niente il business, né
il commercio, né gli scambi. Proprio no.
E
tantomeno l’economia.
Come ha
detto con molta chiarezza la sudamericana Cristina Kirchner “io pretendo che venga rispettata la mia dichiarazione
politica”. E si riferiva allo scontro
micidiale a Montevideo lo scorso novembre (quando il giovane economista morì impiccato), nel corso del quale Christine Lagarde la
minacciò di sanzioni e isolamento se
non cambiava politica economica. In quell’occasione la Kirchner disse: “Preferisco avere un’inflazione altissima e
spropositata se so che la disoccupazione dal 34% è
scesa al 3,5%; che la povertà è diminuita del 55%; che il pil viaggia di un +8% annuo; che
la produttività industriale è aumentata del 300%; che c’è
lavoro in Argentina, c’è mercato per tutti, e il mio
popolo è molto ma molto più felice di prima, piuttosto che avere un’inflazione del 3% come in Italia, dove c’è depressione, disperazione, avvilimento e l’esistenza delle persone non conta più. E questa è un’affermazione politica. Di principio e sostanziale. Non lo
ha ancora capito?”
Sembra
che non lo abbia capito.
Sembra
che non lo abbiano capito neppure gli italiani.
La crisi
economica è uno specchietto per le
allodole.
Si tratta
di uno scontro micidiale politico tra due diverse modalità, totalmente contrapposte, di interpretare l’esistenza. E in questo scontro, l’economia, lo spread, ecc, sono semplicemente uno strumento
di minaccia e ricatto per far passare un disegno politico di espoliazione,
espropriazione e schiavizzazione degli esseri umani in Europa.
Altrimenti
non si chiamerebbe Guerra Invisibile. Perché
non si vede.
Non è certo un caso che la cupola mediatica, in Italia, abbia
scelto di non acquistare i diritti per trasmettere le puntate della telenovela
delle Due Cristine. Meglio che nessuno la veda.
Ed è meglio anche che nessuno sappia nulla dei limoni, dei
verdi tedeschi, ma soprattutto che non venga né
detto, né spiegato, né tantomeno mostrato, come se la passano quelle nazioni che
hanno avuto l’ardire e l’ardore di dire no all’austerità, no alla sudditanza nei confronti dei colossi finanziari,
ma soprattutto no ai diktat delle banche centrali.
Mentre da
noi Monti & co. officiano continue messe da requiem dell’ingegno, della creatività,
del lavoro e della voglia e bisogno di imprendere della nazione, da qualche
altra parte del mondo si balla il tango e la milonga, e ci si sente vivi. Sono
molto più poveri di noi, hanno molto
meno di noi, sono molto meno ricchi di noi.
Eppure,
sono molto ma molto più felici.
Non è questo, dopotutto, che
conta nella vita dei popoli e delle nazioni?
SCRITTO DA: Sergio Di Cori Modigliani
Blog: Libero Pensiero, la casa degli italiani esuli in patria.
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