IL MITO DI ATLANTIDE NON
MUORE MAI.
L’INCESSANTE RICERCA DI
POPOLI E TERRE PERDUTE E’ FEBBRILE, PORTA AD ENTUSIASMANTI SCOPERTE CHE SONO IL FRUTTO
DELLA PASSIONE DI UOMINI; MOLTO SPESSO
NON SONO NEPPURE ACCADEMICI , MA SEMPLICI APPASSIONATI CHE FANNO DEL “SAPERE
SENZA PROFITTO”, UNA RAGIONE DI VITA.
VI INVITO A LEGGERE
QUESTO ESTRATTO DEL NATIONAL GEOGRAPHIC, PER POI APPROFONDIRLO SUL SITO IN
LINGUA ITALIANA.
Marco La Rosa
“Alla ricerca di Doggerland,
l'Atlantide del Mare del Nord”
Da: http://www.nationalgeographic.it/dal-giornale/2012/12/05/foto/searching_for_doggerland-1387973/1/
Durante
l'ultima glaciazione, una parte del continente europeo collegava Inghilterra a
Germania e Danimarca. Poi, quando il livello del mare si alzò, scomparve sott'acqua per sempre.
Le prove
cominciarono ad apparire circa un secolo e mezzo fa, quando lungo la costa
olandese si cominciò a praticare su vasta scala la
tecnica della pesca a strascico. I pescatori trascinavano sul fondo marino reti
cui venivano applicati dei pesi, ritirandole piene di sogliole, platesse e
altro pesce di fondale. Ma a volte capitava che dalle reti, insieme al pesce,
si rovesciasse sul ponte delle imbarcazioni una grossa zanna, oppure i resti di
un uro, di un rinoceronte lanoso o di qualche altro animale estinto. I
pescatori erano sconvolti da questi ritrovamenti incomprensibili, e tutto
quello che non sapevano come spiegarsi lo ributtavano in mare.
A
distanza di qualche generazione, un intraprendente paleontologo dilettante,
Dick Mol, riuscì a convincere i pescatori a
portargli quello che trovavano e a prendere nota delle coordinate dei punti in
cui avvenivano i ritrovamenti. Nel 1985 un capitano portò a Mol una mandibola umana perfettamente conservata e
completa di molari consumati dall'uso. Con l'aiuto dell'amico Jan Glimmerveen,
anche lui appassionato di paleontologia, Mol fece sottoporre l'osso alla
datazione radiocarbonica. Venne fuori che era di 9.500 anni fa, e quindi che
l'individuo cui apparteneva era vissuto durante il Mesolitico, che in Nord
Europa ebbe inizio al termine dell'ultima glaciazione, all'incirca 12.000 anni
fa, e durò fino all'avvento
dell'agricoltura, 6.000 anni dopo. "Pensiamo che provenga da una sepoltura
che era rimasta indisturbata dal momento in cui quel mondo era scomparso sotto
le onde, più o meno 8.000 anni fa, "
dice Glimmerveen.
La storia
di questa terra scomparsa comincia con il ritiro dei ghiacci. Diciottomila anni
fa il livello dei mari intorno all'Europa del Nord era di circa 122 metri più basso di oggi. Allora la Gran Bretagna non era un'isola,
ma la propaggine nord-occidentale disabitata del continente europeo, e tra lei
e il resto del continente si stendeva una tundra ghiacciata. Man mano che la
Terra si riscaldava e i ghiacci si ritiravano, cervidi, uri e cinghiali si
dirigevano a nord o a ovest, seguiti dagli uomini che li cacciavano. Provenendo
dalle regioni montuose di quella che oggi è l'Europa continentale, si
ritrovavano in una vasta depressione pianeggiante.
Gli
archeologi chiamano questa depressione Doggerland, dal nome di una estesa secca
del Mare del Nord chiamata Dogger Bank, e che occasionalmente crea problemi
alla navigazione. Un tempo considerata una semplice striscia di terra in gran
parte disabitata che collegava l'Europa continentale e la Gran Bretagna odierne
- un luogo di passaggio verso altri luoghi - oggi si ritiene che il Doggerland
sia stato colonizzato, forse anche in misura consistente, dai popoli del
Mesolitico, fin quando, migliaia di anni dopo, l'inesorabile avanzare del mare
non li costrinse a spostarsi. Ne seguì un periodo di sconvolgimenti
climatici e sociali che sarebbe durato fino alla fine del Mesolitico, quando
ormai l'Europa aveva perduto una parte sostanziosa della sua massa territoriale
e appariva più o meno come è oggi.
Molti
studiosi sono giunti alla conclusione che Doggerland sia la chiave per
comprendere il Mesolitico nel Nord Europa, e che il Mesolitico a sua volta sia
un periodo da cui noi - che viviamo un'altra epoca di cambiamenti climatici -
abbiamo qualcosa da imparare. Se oggi sappiamo con una certa esattezza come era
fatto quel mondo, il merito va a un gruppo di esperti di archeologia del
paesaggio dell'Università di Birmingham, guidato da
Vince Gaffney. Basandosi sui dati delle prospezioni sismiche raccolti
soprattutto dalle società petrolifere che operano nel
Mare del Nord, Gaffney e colleghi hanno ricostruito in formato digitale quasi
46.620 chilometri quadrati del territorio sommerso - una superficie più vasta di quella dei Paesi Bassi. (...)
continua su...National Geographic Italia
http://www.nationalgeographic.it/
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