Mamma macaco mangia il cucciolo
morto: l’osservazione al Parco Faunistico di Piano dell’Abatino
È la prima volta che il
comportamento viene osservato nei macachi di Tonkean, una specie vegetariana e
non cannibale. La madre ha portato con sé il piccolo mummificato per oltre 20
giorni.
SCOPERTE – Varie specie di
primati si nutrono dei resti di conspecifici, o mostrano comportamenti di lutto
di fronte alla morte di un compagno o un parente. Ma per la prima volta, in un
parco faunistico italiano, i ricercatori hanno osservato questi comportamenti
in una femmina di macaco di Tonkean: quando il suo primo cucciolo è morto, a
quattro giorni dalla nascita, Evalyne ne ha portato con sé il corpo per 25
giorni. Lo ha leccato, stretto al proprio corpo, gli ha praticato il grooming,
per poi mangiarlo fino a quando non ne rimanevano che pochi resti. Questi
macachi sono originari del Sulawesi e la colonia, di 42 animali, vive al Parco
Faunistico di Piano dell’Abatino (RT) da più di 15 anni. In questo periodo sono
nati 50 piccoli, 15 dei quali prematuri o morti poco dopo la nascita (un tasso
di sopravvivenza simile a quello in natura). In 12 casi le madri hanno portato
con sé i corpi dei cuccioli per qualche giorno, ma un comportamento come quello
di Evalyne non era mai stato osservato. “Probabilmente i giorni trascorsi con
il neonato in vita hanno permesso alla madre di stabilire un legame più
profondo con la piccola”, spiega a OggiScienza Arianna De Marco, biologa della
Fondazione Ethoikos e prima autrice dello studio pubblicato sulla rivista
Primates. “Alcune ricerche sui macachi del Giappone hanno infatti mostrato che
la madre tende a trasportare il corpo del figlio morto più a lungo se il
neonato è deceduto dopo qualche giorno, rispetto al caso di un piccolo nato già
morto. Il fatto poi che Evalyne fosse primipara, quindi inesperta di come un
neonato usualmente si comporta, può aver favorito il suo comportamento protettivo
verso il corpo”.
Due giorni dopo la morte della
piccola, Evalyne già mostrava comportamenti atipici: era molto agitata e
reagiva negativamente di fronte al riflesso della propria immagine su una
porta. Non era mai accaduto prima. Mentre gli altri membri del gruppo non
mostravano alcun interesse per il piccolo cadavere, lei continuava a portarlo
con sé: arrivati all’ottavo giorno era completamente mummificato, dopo due
settimane la testa si era ormai staccata. Al 22esimo giorno, quando non
rimanevano che pochi pezzi, ancora non se n’era separata e li portava in bocca
oppure li teneva stretti tra le mani. Poi, al 25esimo giorno, li ha mangiati. Secondo
De Marco e i colleghi, è possibile che Evalyne abbia consumato i resti della
piccola perché aveva ormai perso ogni chiara rappresentazione di cosa era in
realtà. Per De Marco e i colleghi, assistere a tutto questo è stato “commovente
e interessante allo stesso tempo”. Casi simili sono stati descritti nel macaco
del Giappone, prosegue la ricercatrice, ma “è difficile sapere se la madre non
associasse più i resti del corpo alla piccola. Il fatto però che il cadavere
con il passare dei giorni si fosse disarticolato in molti pezzi, diventando
completamente irriconoscibile, e che i comportamenti di cura della madre verso
il corpo fossero andati diminuendo, lascia ipotizzare che si sia attuato in lei
un processo di dissociazione”. In altre specie come i bonobo, gli scimpanzé, i
babbuini gialli e (appena pochi mesi fa) una sottospecie di macaco Rhesus, il
cannibalismo filiale era già stato osservato, ma nel caso dei macachi di
Tonkean è qualcosa di completamente nuovo. Descrivere tutte queste circostanze
è cruciale per capire il rapporto tra gli animali e la morte; se per la nostra
specie è una tappa inevitabile, spesso temuta e oggetto di dissertazioni
dall’alba dei tempi, resta in parte un segreto quale percezione ne abbiano gli
altri primati.
“L’interesse per ciò che
comprendono di fronte alla perdita di un conspecifico sta assumendo
un’importanza sempre maggiore”, conferma De Marco. “Anche il fatto che oggi,
rispetto al passato, la scienza sia più propensa a riconoscere che gli animali
abbiano delle emozioni e delle rappresentazioni mentali, costituisce un passo
avanti in questa direzione”.
A PROPOSITO DELLE EMOZIONI,
RAPPRESENTAZIONI MENTALI E SENSO DEL SACRO E DEL DIVINO NEI PRIMATI, CONSIGLIO
LA LETTURA DEL POST:
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DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs
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