di: Marco La Rosa
1 - DALLA SETTA DEGLI ESSENI NASCONO I PROTO* - CRISTIANI
Nei suoi primi secoli di storia,
la Chiesa romana, aveva già metabolizzato nella sua teologia molte tradizioni
dei culti solari delle epoche precedenti, arrivando poi astutamente anche a
sovrapporre il suo calendario di “festività” religiose a quelle celebrate dai
popoli pagani ed altri culti che erano ancora vive nella memoria (Attis di
Frigia, Mitra ecc..), causandone conseguentemente nel breve tempo, l’oblio.
Anche per quanto concerne la figura del Messia giudaico Gesù, la Chiesa di Roma
ha evidentemente attinto alle vicende di una setta di ribelli anti-romani
realmente esistiti e che erano chiamati esseno-zeloti. Tutto questo si può
facilmente ricavare dai reperti archeologici del Mar Morto e precisamente da
una notevole quantità di originali manoscritti antichi, ovviamente precedenti
la nascita del cristianesimo e che ci conducono agevolmente ad identificare
nella setta gnostica israelita degli esseni, i primi “proto cristiani”.
*nota: pròto dal greco pròtos = primo, che sta innanzi a tutti, da pro=avanti.
*nota: pròto dal greco pròtos = primo, che sta innanzi a tutti, da pro=avanti.
Questa constatazione, corroborata
da evidenti dati di fatto, è oggi condivisa dalla maggior parte degli studiosi
laici confermando ciò che gli storici antichi hanno lasciato scritto e
che, nonostante gli innumerevoli tentativi
di insabbiamento, è arrivato fino a noi.
Epifanio di Salamina
(315-403) scrisse: “I seguaci di Cristo
che vivevano nella regione della Mareotide (regione del lago salmastro Maryut
nella parte occidentale del delta del Nilo nei pressi di Alessandria)
erano gli esseni d’Egitto, a cui era stato dato il nome di “Terapeuti”. Filone d’Alessandria (20 a.C. – 50 d.C.)
ebreo con cultura ellenista, scrive di una comunità di Terapeuti che aveva conosciuto e che stanziavano sulle rive del lago Maryut e li collegava direttamente agli Esseni con un'unica differenza sostanziale: “nessuna visione apocalittica, assenza di regole scritte e nessun maestro di giustizia”. Lo storico Eusebio di Cesarea (263 – 339) nella “Storia ecclesiastica” ai capitoli 263 e 339, dice che le origini del cristianesimo ad Alessandria provenivano proprio dai Terapeuti , descrivendoli come monaci cristiani che però osservavano completamente le tradizioni giudaiche. Nel “ De vita contemplativa” (cap. 75-89) Filone descrive le convocazioni quotidiane di preghiera della comunità dei terapeuti di Alessandria: alla sera si leggevano e commentavano brani biblici, dopo di che si celebrava una cena rituale (normalmente a base di pane e acqua). Era comunque omessa la Birkat Hamazon (= benedizione del nutrimento), perché dopo il pasto faceva subito seguito una veglia di preghiera: si cantavano inni (tratti dalla Bibbia o composti dai monaci stessi) e si eseguivano danze rituali. Il modello tipologico al quale Filone collega questi canti e danze è l'inno di Mosè e la danza di Miriam di cui parla il libro dell'Esodo, che ci ricollegano indubbiamente alla tradizione dei sacerdoti Yahùd del faraone Akhenaton, guarda caso vissuto contemporaneamente al biblico Mosè.
erano gli esseni d’Egitto, a cui era stato dato il nome di “Terapeuti”. Filone d’Alessandria (20 a.C. – 50 d.C.)
ebreo con cultura ellenista, scrive di una comunità di Terapeuti che aveva conosciuto e che stanziavano sulle rive del lago Maryut e li collegava direttamente agli Esseni con un'unica differenza sostanziale: “nessuna visione apocalittica, assenza di regole scritte e nessun maestro di giustizia”. Lo storico Eusebio di Cesarea (263 – 339) nella “Storia ecclesiastica” ai capitoli 263 e 339, dice che le origini del cristianesimo ad Alessandria provenivano proprio dai Terapeuti , descrivendoli come monaci cristiani che però osservavano completamente le tradizioni giudaiche. Nel “ De vita contemplativa” (cap. 75-89) Filone descrive le convocazioni quotidiane di preghiera della comunità dei terapeuti di Alessandria: alla sera si leggevano e commentavano brani biblici, dopo di che si celebrava una cena rituale (normalmente a base di pane e acqua). Era comunque omessa la Birkat Hamazon (= benedizione del nutrimento), perché dopo il pasto faceva subito seguito una veglia di preghiera: si cantavano inni (tratti dalla Bibbia o composti dai monaci stessi) e si eseguivano danze rituali. Il modello tipologico al quale Filone collega questi canti e danze è l'inno di Mosè e la danza di Miriam di cui parla il libro dell'Esodo, che ci ricollegano indubbiamente alla tradizione dei sacerdoti Yahùd del faraone Akhenaton, guarda caso vissuto contemporaneamente al biblico Mosè.
Il mattino successivo i terapeuti
si mettevano a guardare verso oriente aspettando la prima luce del
sole. A questo punto recitavano le benedizioni mattutine (non si
dimentichi che questi ebrei erano comunque egiziani, e i miti
egiziani collegavano il momento dell'alba con la grande gioia per la
vittoria del sole contro i suoi nemici; nell'antico Egitto il momento
principale del culto era proprio il mattino). Il culto solare del “Sole
invitto”, ( guarda caso caratteristica del culto "Mitraico") era dunque segno della volontà dei primi cristiani di
conformarsi al preesistente culto solare, e per questo il Cristo viene paragonato
al “Sole
di giustizia” che vince sempre sulla morte (notte).
Anche l’imperatore Adriano a proposito del
cristianesimo disse: “il Dio dei
cristiani era Serapide ( il Sole) ed i suoi devoti erano i loro vescovi ”.
2 – EVIDENZE ARCHEOLOGICHE A SOSTEGNO DELLA TESI ESSENO-ZELOTA
Negli ultimi duemila anni di
storia, il cristianesimo ha subito una miriade di modificazioni ed adattamenti,
poiché i vari contesti culturali, a partire dall’origine, sono mutati
radicalmente e piuttosto repentinamente. Ecco perché la figura storica di Gesù
Cristo deve essere stata molto diversa rispetto a quella che viene descritta
oggi nei vangeli canonici. Prendendo quindi in esame il contesto culturale
della Giudea sotto la dominazione romana, non stupisce affatto constatare che i
concetti di schiavitù e ribellione armata erano considerati perfettamente
normali dai primi cristiani. Grazie agli ultimi (ma non solo quelli)
ritrovamenti archeologici, possiamo quindi agevolmente “scoprire” tutti i
rimaneggiamenti operati dalla Chiesa
Romana sui Vangeli per adattarli di volta in volta ai propri interessi
politici e sociali.
Nel 1958 lo studioso americano
della Columbia University, Morton Smith (1915 - 1991) scoprì nel Monastero di
Mar Saba nei pressi di Gerusalemme, un
antico manoscritto contenente le opere di S. Ignazio di Antiochia,
tra gli scritti era custodita una lettera “riservata” del Vescovo Clemente di Alessandria (150-215) indirizzata al discepolo Teodoro, in merito alla controversia in atto con i Carpocraziani ( setta gnostica che divulgava una dottrina platonico-cristica) i quali usavano una loro versione del Vangelo secondo Marco impregnata di dottrina squisitamente gnostica. Nella lettera di Clemente, si svelavano i metodi utilizzati dagli amanuensi della Chiesa per trascrivere ed epurare dai passi indesiderati i testi sacri. Nel documento in questione, Clemente ordina la soppressione di una parte del contenuto originale del Vangelo di Marco, che viene ritenuto “scandaloso” poiché non conforme ai precetti stabiliti: “Giacchè, anche se dicessero qualcosa di vero, chi ama la verità non dovrebbe ugualmente convenire con loro. Giacchè non tutte le cose vere sono la Verità; né quella verità che sembra vera secondo le opinioni umane dovrebbe essere preferita alla Verità vera: cioè quella secondo la fede”. Naturalmente molti teologi cristiani hanno tentato in ogni modo di screditare Morton Smith, attribuendogli addirittura la falsificazione della lettera di Mar Saba ma nel 2010 la grafologa greca Venetia Anastasopoulou ha redatto per conto della Biblical Archaeology Review, un studio grafologico di confronto tra la lettera di Mar Saba e la scrittura di Smith, scagionandolo completamente.
tra gli scritti era custodita una lettera “riservata” del Vescovo Clemente di Alessandria (150-215) indirizzata al discepolo Teodoro, in merito alla controversia in atto con i Carpocraziani ( setta gnostica che divulgava una dottrina platonico-cristica) i quali usavano una loro versione del Vangelo secondo Marco impregnata di dottrina squisitamente gnostica. Nella lettera di Clemente, si svelavano i metodi utilizzati dagli amanuensi della Chiesa per trascrivere ed epurare dai passi indesiderati i testi sacri. Nel documento in questione, Clemente ordina la soppressione di una parte del contenuto originale del Vangelo di Marco, che viene ritenuto “scandaloso” poiché non conforme ai precetti stabiliti: “Giacchè, anche se dicessero qualcosa di vero, chi ama la verità non dovrebbe ugualmente convenire con loro. Giacchè non tutte le cose vere sono la Verità; né quella verità che sembra vera secondo le opinioni umane dovrebbe essere preferita alla Verità vera: cioè quella secondo la fede”. Naturalmente molti teologi cristiani hanno tentato in ogni modo di screditare Morton Smith, attribuendogli addirittura la falsificazione della lettera di Mar Saba ma nel 2010 la grafologa greca Venetia Anastasopoulou ha redatto per conto della Biblical Archaeology Review, un studio grafologico di confronto tra la lettera di Mar Saba e la scrittura di Smith, scagionandolo completamente.
Duemila anni sono passati e nulla
o quasi è cambiato. La Verità ancora oggi, viene tenuta nascosta utilizzando
mezzi simili dai media controllati e guidati dalle lobby di potere che
indirizzano la conoscenza dove non può nuocere . La Chiesa, pensava ormai di
aver messo al sicuro la “Verità scomoda” in oltre mille anni
di cancellazioni, epurazioni e massacri, ma non aveva fatto bene i conti con i
soliti ignoti, ovvero gli esseni. Nel 1947 nel bel mezzo del deserto della
Cisgiordania vicino alle rovine di
Gerico
e precisamente nelle grotte di Qumran, dalle quali si vede in lontananza il Mar Morto, furono rinvenuti i famosi rotoli manoscritti degli Esseni. Datati con il carbonio 14 ad un’epoca anteriore alla stesura del nuovo testamento , gli scritti in questione contengono i principi etici che riecheggiano nei vangeli, dimostrando così come il nocciolo delle sacre scritture neotestamentarie derivi inequivocabilmente dall’originaria teologia essena nel contesto della storia dei messianici ribelli zeloti, di cui il “vero” Gesù fu un membro di spicco.
e precisamente nelle grotte di Qumran, dalle quali si vede in lontananza il Mar Morto, furono rinvenuti i famosi rotoli manoscritti degli Esseni. Datati con il carbonio 14 ad un’epoca anteriore alla stesura del nuovo testamento , gli scritti in questione contengono i principi etici che riecheggiano nei vangeli, dimostrando così come il nocciolo delle sacre scritture neotestamentarie derivi inequivocabilmente dall’originaria teologia essena nel contesto della storia dei messianici ribelli zeloti, di cui il “vero” Gesù fu un membro di spicco.
Il Professor Robert Eisenman, è
stato ordinario di Religioni e Archeologia del Medio Oriente e
Direttore dell'Institute for the studies of Judeo-Christian Origins presso
la California State University, Long Beach (CSULB). È visiting senior member del Linacre College, Oxford University e membro del National Endowment
for the humanities e dell'Albright Institute of Archaelogical Research a Gerusalemme. È stato inoltre membro dell'Oxford
Centre per studi superiori sull'ebraismo. E’ uno dei principali
sostenitori della campagna mondiale per il diritto d'accesso ai rotoli del Mar
Morto, rimasti inaccessibili fin dalla loro scoperta nel 1947 ad
opera di un gruppo di studiosi cattolici guidati dal padre domenicano Roland de Vaux.
Nel 1991-92, come consulente della Huntington Library in San Marino (California), presso la quale era conservata la raccolta completa delle fotografie dei rotoli, decise di aprire i suoi archivi e rendere accessibili gratuitamente alla comunità internazionale degli studiosi i rotoli fino ad allora inediti.
Nel 1991-92, come consulente della Huntington Library in San Marino (California), presso la quale era conservata la raccolta completa delle fotografie dei rotoli, decise di aprire i suoi archivi e rendere accessibili gratuitamente alla comunità internazionale degli studiosi i rotoli fino ad allora inediti.
Eisenman contesta la tesi fornita
dal gruppo di studiosi, guidati dal domenicano Roland de Vaux, che per primi
studiarono i rotoli del Mar Morto, i quali, per le ovvie ragioni menzionate in
precedenza, rifiutano di ascrivere
l'origine dei rotoli stessi al I secolo, ma anzi li datano molto più avanti nel
tempo. Egli ritiene che i rotoli del Mar Morto siano documenti di ispirazione messianica redatti
dalla setta degli Esseno-Zeloti strenui sostenitori dell’indipendenza giudaica
dalla dominazione romana, da ottenere (se necessario) con la rivoluzione e le
armi e che, infine, si ritirarono a Qumran. Eisenman identifica in Giacomo il
Giusto, "fratello di Gesù", il "Maestro di Giustizia" a capo di questo movimento di
opposizione fino alla sua morte per ordine del grande sacerdote Anano Ben Anano nel 62. Egli sostiene che la
popolarità di Giacomo il Giusto ed i fatti che portarono alla sua morte possano
aver scatenato la prima rivolta ebraica contro l'Impero romano,
durata dal 66 al 73.
Eisenman, come altri studiosi, è
giunto quindi alla conclusione che Giacomo il Giusto ed il suo movimento, fossero
contrastati da un erodiano di nome Paolo di
Tarso e dai suoi seguaci. La versione della cristianità, che
più tardi ebbe la meglio nell'ambiente dei cristiani gentili (i non ebrei)
guidati da Paolo, trasformò l'insegnamento militante e di opposizione degli
esseno zeloti in una dottrina universale e pacifista denominata cristianesimo.
Le tesi di Eisenman si basano
dunque, sugli elementi proto-cristiani
identificati nei rotoli di Qumran, tra cui si evidenziano i palesi
contrasti tra i giudeo-cristiani e i seguaci di Paolo per arrivare poi alla
dottrina autentica di Gesù e Giacomo.
Eisenman ritiene inoltre che, la testimonianza fornita da Giuseppe
Flavio dell'assassinio da parte di Erode di
sua moglie Marianme (l'ultima rappresentante della stirpe dei Maccabei)
e dei suoi due figli (di sangue reale ebreo e quindi reali minacce al suo
potere), abbia ispirato il racconto della strage degli innocenti del Vangelo secondo Matteo (2:16-18).
3 – NELLE CRONACHE ANTICHE LE PROVE DELLA MANIPOLAZIONE DA PARTE DELLA
CHIESA ROMANA
Tutte le fonti storiche indicate
dalla chiesa romana a favore della realtà storica del Cristo menzionato nei
vangeli canonici, sono arbitrariamente di parte e per nulla probanti. Come già
ricordato, dopo la caduta dell’Impero Romano, tutta la conoscenza documentata
finì nelle biblioteche della Chiesa, pertanto essa ha avuto modo di manipolare
ed epurare tutto ciò che non rifletteva le dottrine da essa propugnate. Tutto
ciò avvenne in modo rigoroso e sistematico a partire dal Concilio di Nicea del
325 d.C., epoca in cui l’Imperatore Costantino
volle creare una dottrina cristiana unitaria ed omogenea, insomma cattolica = “universale”. Tra le manipolazioni più celebri ed eclatanti, troviamo per esempio le “Decretali” di Isidoro Mercator del IX secolo, le quali vennero redatte allo scopo di accrescere il potere politico papale. Quindi, i documenti storici a cui si appella la Chiesa Romana quando intende sostenere l’autenticità dei propri vangeli poggiano su basi molto deboli come per esempio alcune affermazioni di Giuseppe Flavio, Tacito, Svetonio, Plinio il Giovane, Adriano, Trifone,Marco Aurelio,Epitteto e Publio Lentulo. Come esempio principe comunque si può citare il “Testimonium Flavianum”,
poiché Giuseppe Flavio di etnia Giudea e profondo conoscitore del movimento esseno-zelota, avendone fatto parte, fu un cronista storico attento e soprattutto grato all’Imperatore Vespasiano che lo graziò dopo la sconfitta dei ribelli di cui faceva parte. Aggregato a Roma presso la corte dell’Imperatore Tito potè godere di agio e libertà fino alla sua morte. Grazie alla politica romana di tolleranza nei confronti di tutte le religioni, Giuseppe Flavio continuò a praticare la fede ebraica è morì quindi nella convinzione assoluta che il Messia dovesse ancora venire, come testimoniato in numerosi brani da lui scritti. Pertanto oggi è unanimemente ritenuto un palese falso da tutti i più importanti studiosi laici (e non solo), il brano a lui ascritto in “Antichità Giudaiche” ( XVIII, 63,64) in cui menziona Pilato, Gesù, la sua crocifissione ed i cristiani che aderirono a lui. (vedi argomentazioni in: Scoperte Archeologiche non autorizzate – di Marco Pizzuti, pag. 14-15-16).
volle creare una dottrina cristiana unitaria ed omogenea, insomma cattolica = “universale”. Tra le manipolazioni più celebri ed eclatanti, troviamo per esempio le “Decretali” di Isidoro Mercator del IX secolo, le quali vennero redatte allo scopo di accrescere il potere politico papale. Quindi, i documenti storici a cui si appella la Chiesa Romana quando intende sostenere l’autenticità dei propri vangeli poggiano su basi molto deboli come per esempio alcune affermazioni di Giuseppe Flavio, Tacito, Svetonio, Plinio il Giovane, Adriano, Trifone,Marco Aurelio,Epitteto e Publio Lentulo. Come esempio principe comunque si può citare il “Testimonium Flavianum”,
poiché Giuseppe Flavio di etnia Giudea e profondo conoscitore del movimento esseno-zelota, avendone fatto parte, fu un cronista storico attento e soprattutto grato all’Imperatore Vespasiano che lo graziò dopo la sconfitta dei ribelli di cui faceva parte. Aggregato a Roma presso la corte dell’Imperatore Tito potè godere di agio e libertà fino alla sua morte. Grazie alla politica romana di tolleranza nei confronti di tutte le religioni, Giuseppe Flavio continuò a praticare la fede ebraica è morì quindi nella convinzione assoluta che il Messia dovesse ancora venire, come testimoniato in numerosi brani da lui scritti. Pertanto oggi è unanimemente ritenuto un palese falso da tutti i più importanti studiosi laici (e non solo), il brano a lui ascritto in “Antichità Giudaiche” ( XVIII, 63,64) in cui menziona Pilato, Gesù, la sua crocifissione ed i cristiani che aderirono a lui. (vedi argomentazioni in: Scoperte Archeologiche non autorizzate – di Marco Pizzuti, pag. 14-15-16).
"Quello che dolosamente viene
omesso riguardo la storia di Gesù, riguarda le vicende dei suoi apostoli, che
guarda caso presentano incredibili analogie con la vicenda di Giuda il Galileo
e la famiglia reale asmonea. A rimarcare questa palese mancanza di trasparenza
possiamo citare gli studiosi italiani Marcello Craveri, David Donnini,
Giancarlo Tranfo, Emilio Salsi, Emilio Bossi, Mario Turone, Aldo Ficarra, Luigi
Cascioli, Piero Martinetti ecc…" (Scoperte Archeologiche non autorizzate – di Marco Pizzuti)
Tra i parenti di Giuda il Galileo
(i membri della cosiddetta banda dei “boanerghe” = figli del tuono) troviamo
infatti alcuni dei nomi e dei soprannomi usati anche da due degli apostoli più
vicini a Gesù. Si può quindi escludere un semplice caso di omonimia, perché è
evidente che la Chiesa nel passaggio dall’ebraico al greco, ha alterato
l’originario significato dei termini per nascondere ogni collegamento dei
Vangeli con Gamala, la roccaforte dei rivoltosi e la famiglia di Giuda il
Galileo. Non è un caso infatti che i ribelli zeloti vivessero negli stessi
posti dei discepoli di Gesù, nello stesso periodo e fossero tutti perseguitati
dai romani. I due figli di Giuda identificati con gli apostoli sono dunque
Giacomo barjona (che significa “latitante”
e non figlio di Jona) e Simone lo zelota
detto “Kefas” (roccia-pietra) per la
corporatura robusta e massiccia che divenne poi San Pietro per i cristiani. Essi erano quindi
ribelli zeloti che facevano proselitismo tra la popolazione israelita
promettendo l’avvento del regno di Dio ma poi vennero catturati e crocifissi
nel 46 sotto il procuratore Tiberio.
Il nome proprio di “Gesù” fece la sua prima comparsa nei
Vangeli dopo la traduzione greca del termine ebraico Joshua, un termine che originariamente significava semplicemente “colui che salva”. Con tale espediente è
stato possibile nascondere il vero nome proprio del Messia ebraico, oggi
universalmente conosciuto come Gesù. Ecco perché la maggior parte degli storici
oggi propende per cercare la soluzione all’interno della famiglia di Giuda il
Galileo e del clan reale asmoneo. In conclusione, poiché le manipolazioni
effettuate dagli ecclesiastici sui documento storici e sui Vangeli non hanno
consentito, per ora, conclusioni definitive possiamo aggiungere che il
soprannome “nazareno” attribuitogli dalla Chiesa non significa affatto che abitasse a Nazareth, ma
bensì “nazir esseno” e che allo
stesso modo quello di “Galileo” era
in realtà sinonimo di “ribelle”. La
Galilea infatti era la regione dei rivoluzionari controllata dai ribelli zeloti
di Giuda, il quale non a caso era detto appunto il Galileo al pari di Gesù.
Bibliografia:
Marco Pizzuti: Scoperte Archeologiche non autorizzate – Ed. Il Punto
d’Incontro 2014
Ugo Zanetti. Les lectionnaires coptes annuels:
Basse-Égypte. Louvain-la-Neuve: Publications de l'Institut Orientaliste de Louvain,
1985.
Enrico Mazza. La celebrazione eucaristica: Genesi del rito
e sviluppo dell'interpretazione. Cinisello
Balsamo: San Paolo, 1996.
Morton Smith: Clement
of Alexandria and a secret Gospel of Mark (1973)
Robert Eisenman: The
Dead SeaScrolls and the first Christians 1996 – Wikipedia…
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