SEGNALATO DAL DR.
GIUSEPPE COTELLESSA (ENEA)
Il procedimento del
brevetto RM2012A000637 potrà potenziare notevolmente il campo delle
applicazioni ed i risultati conseguibili nelle singole applicazioni del
microscopio brevettato dal pool congiunto di ricercatori del CNR e
dell’Università La Sapienza di Roma.
G.C.
È ITALIANO IL MICROSCOPIO CHE SCOPRE
I MELANOMI
Esame istologico addio, è ora di andare in pensione. Sembra
infatti che tra qualche tempo, in dermatologia, il caro vecchio prelievo di
tessuti non sarà più così necessario per la diagnosi precoce di melanomi e
altre affezioni cutanee. A sostituirlo, uno strumento rivoluzionario che
proprio nell’ultimo quinquennio è stato brevettato e messo a punto da un pool
congiunto di ricercatori del CNR e dell’Università La Sapienza di Roma. Si
tratta di un microscopio speciale, confocale, a laser bianco e ad ampio spettro,
capace di restituire, in modo non invasivo, immagini caratteristiche della
morfologia della pelle, anche di piccolissimi campioni. L’auspicio è quello di
arrivare a realizzare un’impronta completa di singole porzioni di epidermide
umana, correlando poi la risposta quadridimensionale dell’analisi allo stato
patologico connesso alla caratterizzazione spettroscopica.
Il prototipo, ancora in fase di sviluppo e in cerca di
finanziatori per un’applicazione clinica su larga scala, è dunque frutto di un
attento studio interamente made in Italy e può contare sul sostegno statale
nonchè sui finanziamenti della Commissione Europea nell’ambito del programma
Ideas 2007-2013, iniziativa finalizzata a promuovere la ricerca e a valorizzare
l’eccellenza e la creatività nel mondo. Fra i numerosi progetti presentati nel
corso degli anni dai vari Paesi, lo European Research Council ha scelto di
finanziarne tredici italiani. “E il nostro è uno di questi, l’unico legato alla
dermatologia. Gli altri, infatti, riguardano diverse branche della scienza,
dalla fisica all’ingegneria, dalla chimica alla biochimica” – spiega il
Professor Antonio Costanzo dell’Unità dermatologica del dipartimento NESMOS
dell’Università La Sapienza, il principale investigator del progetto.
Quando avete iniziato
concretamente a lavorare sul progetto del microscopio?
L’idea ci è venuta tra il 2005 e il 2006 ed è nata da una
disquisizione con alcuni ricercatori del CNR, appunto, che sostenevano che le
proprietà spettroscopiche fornissero maggiori informazioni rispetto
all’espressione genica. Paragonando le due cose, è emerso che entrambi gli
approcci possono rivelarsi utili per la diagnosi precoce delle malattie della
pelle. Già nel 2006, quindi, scrivemmo un progetto simile a quello attuale che
abbiamo poi rivisto e riproposto nell’ambito del programma ERC-IDEAS nel 2007.
E allora conosciamolo
meglio questo microscopio: di cosa si tratta esattamente?
Il nostro è un microscopio confocale ad ampio spettro a
laser bianco. Confocale significa che non vede le cose su un unico piano, ma è
come se facesse una TAC ad alta risoluzione dell’oggetto che sta analizzando,
ovvero la pelle. In sede diagnostica, questo consente di osservare dall’esterno
le alterazioni cellulari che l’epidermide subisce in caso di malattia, senza
dover necessariamente ricorrere al prelievo di tessuti. Non solo: si possono
anche desumere, a livello della singola cellula, parametri spettroscopici
particolari che a loro volta sono indici di stati funzionali specifici. Certo,
esistono diversi aspetti che ne condizionano l’utilizzo, ma il potenziale è
davvero enorme.
In che senso?
Nel senso che, ad esempio, se una cellula va incontro ad
apoptosi (processo di morte cellulare), tramite il microscopio sarà possibile
osservare delle alterazioni spettroscopiche, caratteristiche del fatto che la
cellula sta effettivamente morendo; e questo prima ancora che ciò sia evidente
a occhio nudo. In sostanza è un macchinario che, in maniera non invasiva,
consentirà di vedere di più e di ottenere un maggior numero di indicazioni
rispetto a quelle fornite dai comuni esami istologici. Un microscopio a laser
bianco, infatti, possiede fino a 2500 lunghezze d’onda, ognuna delle quali
restituisce uno spettro completo. Alcune penetrano in profondità, altre sono superficiali.
Pertanto, poiché parliamo del genoma, la quantità di dati a disposizione è
davvero enorme, nell’ordine di 30 milioni di informazioni: su ogni milionesimo
cubo di pelle, quindi, avremo ben 2500 spettri e saranno poi dei programmi
specifici a selezionare quelli rilevanti per la diagnosi.
In cosa consiste il
valore reale del microscopio?
Il valore sta proprio nell’aver messo a punto un sistema che
permette di osservare lo spettro completo di ogni singolo frammento di pelle in
maniera confocale e tridimensionale e di ottenere molte più informazioni per la
diagnosi delle malattie, non solo a livello superficiale, ma anche del
citoplasma e del nucleo. Con le opportune modifiche, che lo renderanno fruibile
in un contesto clinico, il microscopio arriverà a fare anche la mappatura
completa dei nei. Ma non solo, c’è anche un interessante e fondamentale
risvolto umano.
Ovvero?
Questo progetto è un esempio perfetto di ricerca
multidisciplinare, la stessa che tanto piace alla Comunità Europea: non
ciascuno chiuso nel suo settore di competenza, ma una proficua cooperazione di
menti in grado di generare conoscenza. Ed è un ottimo modo per trattenere in
ambiente universitario risorse preziose e validissimi ricercatori che
altrimenti, in un periodo difficile come quello attuale, sarebbero costretti a
fare altro.
Concretamente come
funzionerà l’applicazione clinica del microscopio?
Il macchinario è molto grande e certo non potrà essere posto
su un tavolo come accade con i normali microscopi. Ad oggi lo stiamo testando
proprio in vista di una futura applicazione ospedaliera. Basterà avere un
braccio mobile a fibre ottiche che porterà l’obiettivo dello strumento
direttamente sopra la porzione di pelle interessata dall’analisi. In verità,
già esiste un prototipo di microscopio confocale utilizzato in ambito clinico,
ma sfrutta una sola lunghezza d’onda. Noi siamo in contatto con la ditta produttrice
che a sua volta ci sta aiutando a sviluppare il nostro.
A che punto siete con
la ricerca?
Il microscopio è stato brevettato ed è in fase di prototipo
industriale. L’abbiamo testato su diversi modelli e anche sulla pelle di
pazienti che avevano in precedenza subito dei prelievi cutanei. Il prossimo
step sarà quello di chiedere ulteriori finanziamenti alla Commissione Europea
per lo sviluppo clinico e scientifico.
E quanto tempo ci
vorrà per arrivare a un uso clinico diffuso?
È difficile fare una stima perché tutto dipende da chi
deciderà di comprare il brevetto e da chi ci aiuterà a svilupparlo. In una
parola, dalla volontà delle companies di commercializzarlo e costruirlo su
larga scala basandosi sulle nostre indicazioni. Per il resto, il know-how c’è e
il microscopio è scientificamente e tecnologicamente pronto. Il ruolo del
ricercatore è quello di arrivare fino al confine con il mercato. Il compito di
portare il progetto alla fruibilità clinica spetta invece all’industria.
Proprio per questo con il CNR ci stiamo attivando, nella speranza di trovare
quanto prima un acquirente.
E i costi?
Il costo di un normale microscopio confocale a uso clinico
oggi si aggira intorno ai 70-80mila euro. Questo, con ogni probabilità,
comporterà una spesa leggermente superiore, ma non essendo ancora arrivati alla
fase della commercializzazione vera e propria non abbiamo idea dell’importo
effettivo. Ci sono poi da considerare i costi di gestione che dipendono, ad
esempio, dall’affidabilità del laser. Ripeto: noi abbiamo fornito il modello,
sono poi le varie ditte a doversi ingegnare nella scelta e nell’utilizzo di
materiali buoni e resistenti.
Il microscopio è stato
studiato per un uso clinico, ma può avere anche altre applicazioni?
Certamente sì. Sarà molto utile, ad esempio, a tutte quelle
aziende che producono apparecchi elettronici di alta precisione e che pertanto
hanno bisogno di verificare ogni singolo componente in maniera ultrasensibile.
Potrà essere sfruttato per identificare micro-difetti dei chip dei computer e
per la cosiddetta failure analysis, l’analisi solitamente effettuata quando un
dispositivo si rompe. Si tratta di un business che solo in Europa vale 8
miliardi di euro. Basti pensare al mercato dei led che oggi è il più ampio che
ci sia nel mondo. Qualsiasi oggetto esca da una catena produttiva, infatti,
necessita di specifici controlli di qualità. Essi possono essere eseguiti
subito, oppure in sede di guasto. Trovare un modo per individuare ed eliminare
fin dal principio eventuali vizi di fabbricazione senza peraltro aprire i chip
dall’interno, consentirà alle imprese di migliorare la qualità della produzione
con tutte le conseguenze del caso.
FONTE:
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