UNA STRANA STORIA, CHE SCORRE SUL CONFINE E CHE SCATENA SEMPRE ASPRE POLEMICHE. SARA' UNA BUFALA CHE IL DNA MITOCONDRIALE (QUANDO SALTERA' FUORI IL BENEDETTO REFERTO) DIA UN RESPONSO TOTALMENTE ANOMALO ? UN RESPONSO CHE GIUSTIFICHEREBBE APPIENO, SECONDO IL RICERCATORE INDIPENDENTE BRIEN FOERSTER, UN'IPOTESI EVOLUTIVA ALTERNATIVA E/O "PALEOASTRONAUTICA". AL MOMENTO, PERSONALMENTE, SOSPENDO IL GIUDIZIO E NON AVENDO NESSUN PREGIUDIZIO SUI RICERCATORI INDIPENDENTI, CHE SEMPRE PIU' SPESSO CI "AZZECCANO" DIMOSTRANDOSI ARGUTI ED INTUITIVI, POICHE' LIBERI DA DOGMI ABLUBINANTI, DICO CHE VALE LA PENA APPROFONDIRE E NON LIQUIDARE SEMPLICISTICAMENTE COME "BUFALA". ANCHE SE SCOMODO, IL MISTERO ESISTE, COME ESISTONO LE ANTICHE CRONACHE SPARSE PER IL MONDO CHE NARRANO DI ALTRE CREATURE VENUTE DA LASSU'... DA MOLTO LONTANO NEL TEMPO E NELLO SPAZIO...
PER PAR CONDICIO, VI PRESENTO LA STORIA DEI TESCHI DI PARACAS COSI' COME DIVULGATA DA "ANCIENT ORIGINS" (TRADUZ. DA: "IL NAVIGATORE CURIOSO") E POI COME TRATTATA E LIQUIDATA SCETTICAMENTE DA "WIRED.IT" . BUONA LETTURA
MLR
A poche ore d’auto a sud di Lima, in Perù, si trova la
penisola di Paracas, di cui parte è diventata una riserva ecologica dove è
possibile vedere animali selvatici come i leoni marini, e una miriade di specie
di uccelli marini. La zona è incredibilmente ricca di frutti di mare e c’è
abbondante acqua fresca appena sotto la superficie delle sabbie del deserto,
aspetto che la rende particolarmente adatta per l’irrigazione agricola. Tutte
queste caratteristiche ne fanno un luogo molto vivibile per gli insediamenti
umani. Infatti, numerosi strumenti in pietra databili a circa 8 mila anni fa
sono stati rinvenuti nella zona. Uno dei più autorevoli archeologi peruviani
che ha studiato il sito è Julio Tello, che nel 1928 ha eseguito diversi scavi
nell’area settentrionale della penisola. Il suo lavoro consentì la scoperta di
un grande ed elaborato cimitero, nel quale ogni tomba conteneva intere famiglie
mummificate, ogni membro delle quali era avvolto in ricche stoffe di cotone finemente
lavorate. Tello portò alla luce anche i resti di diverse abitazioni
sotterranee, rivelatesi poi così numerose da estendere il villaggio per quasi 2
chilometri sulla costa.
Ma i reperti più interessanti furono i teschi, alcuni dei
quali enormemente allungati. Il nome scientifico di tale caratteristica è “dolicocefalia”.
La maggior parte dei crani che presenta questa condizione, riscontrabile in diverse altre culture antiche sparse per il
mondo, si otteneva attraverso la
compressione costante del cranio (in tenera età) con bendaggi molto stretti.
Esempi di questa tecnica, di cui si hanno notizie recenti
anche su bambini nel Congo e nell’Isola di Venatu, sono state osservati
nell’antico Egitto, in Sudan, Iraq, Siria, Russia, Isola di Malta, ma anche in
luoghi come il Perù e la Bolivia, e addirittura tra gli antichi Olmechi del
Messico.
Come spiega Brien Foerster nell’articolo pubblicato dal
Ancient Origins, la caratteristica di questa tecnica è quella di cambiare la
forma del cranio modificandone la struttura ossea, ma non il volume effettivo.
Tuttavia, Tello rinvenne circa 300 teschi che presentavano un volume cranico
maggiore rispetto al normale, fino al 25 per cento in più. Come è possibile?
E’ evidente che ci si trova di fronte a due tecniche di
allungamento differenti: una ottenuta per via meccanica, applicando un
condizionamento alla crescita del cranio duttile di un neonato, e una ottenuta
per via genetica. Come spiegare le dimensioni maggiorate dei teschi di Paracas?
Qualcuno ha ipotizzato che si tratti di idrocefalia, o di qualche altra
condizione clinica.
L’ipotesi è del tutto inaccettabile secondo Foerster, dato
che l’idrocefalia tende a espandere il cranio in maniera uniforme, rendendolo
più sferico che allungato. Inoltre, l’elevato numero di teschi sfida ogni
ragionevole statistica sulla frequenza di tale disturbo. Inoltre, i teschi di
Paracas, in media, pesano il 60 per cento in più dei teschi umani contemporanei
provenienti dalla stessa zona.
Tello riteneva che i Paracas fossero legati al popolo della
cultura Chavin, lo stesso che ha realizzato il famoso sito megalitico di Chavin
de Huantar, basando la sua supposizione sulle somiglianze nei disegni e nei
motivi decorativi della ceramica, in particolare nelle figure dei felini.
Tuttavia, Brien Foerster, che studia da anni queste antiche
popolazioni, presentando i suoi risultati sul sito hiddenincatours.com,
sottolinea che nessun cranio allungato è mai stato trovato nella zona in cui i
Chavin vivevano, a nord di Lima e che quindi i Paracas non possono essere con
essi imparentati. Ma dal momento che
Tello era considerato uno dei massimi esperti in Perù, datò la cultura Chavin collocando la sua
esistenza tra il 900 e il 200 a.C., e applicò la stessa cronologia alla cultura
Paracas ponendola tra il 700 a.C. e il 100 a.C, nessuno mai ha avuto
l’interesse e il coraggio di confutare la linea temporale proposta dal famoso
archeologo, almeno fino ad ora.
Il test del DNA eseguito nel 2010 da un team tedesco su alcuni teschi,
indica definitivamente che i Chavin e Paracas non erano geneticamente
correlati. Anzi, i Paracas non sembrano imparentati con nessun altra
popolazione passata esistita in Perù.
Dato che non sono stati ritrovati crani allungati nelle zone
occupate dalla cultura Chavin e che il test del DNA sembra confermare che
Paracas e Chavin non sono correlati geneticamente, Foerster ipotizza che i
Paracas siano i discendenti di una cultura precedente, molto più antica, dalla
quale avrebbero ereditato la tecnica di allungamento del cranio.
Come hanno rivelato alcuni ritrovamenti recenti, la
popolazione Paracas sembra aver occupato l’area di Nazca prima dell’arrivo
delle popolazioni tribali, e potrebbero essere stati i creatori dei famosi
geoglifi (Linee di Nazca) della pianura. A sostegno di questa tesi ci sarebbe
l’enigmatico Candelabro delle Ande (anche conosciuto come il Candelabro di
Paracas),
un gigantesco geroglifo (183 metri di altezza e più di 100 di
larghezza) realizzato sul pendio di una grande collina nella parte
settentrionale della penisola, ottenuto asportando lo strato più superficiale
del terreno per 50-60 centimetri.
Il mistero sull’origine e sullo scopo del manufatto è ancora
da svelare, non essendo chiara neanche la sua antichità. Sono in molti a
ritenere che il geoglifo sia da porre in relazione con le vicine Linee di
Nazca, spesso interpretate come segnali di antichissime “piste di atterraggio”
per misteriosi mezzi volanti di origine aliena. Se così fosse, il Candelabro,
orientato verso Nord-Ovest, avrebbe avuto la funzione di indicatore di
direzione per i mezzi volanti. (?)
Altri ricercatori, invece, lo considerano un antico simbolo
dei Cabeza Larga (Testa Larga), la misteriosa popolazione scoperta sulla
penisola di Paracas nel 1960 da Frédéric Engel e che risalirebbe al Periodo
Arcaico Andino, circa 3 mila a.C. In tal caso il Candelabro sarebbe la
testimonianza delle scomparse e poco conosciute culture sviluppatesi oltre 5
mila anni fa in America centrale.
Ad avvalorare l’antichità della cultura Paracas, ci sarebbe
lo sconcertante legame con le usanze dell’antico Egitto. Quando il faraone
Akhenaton salì al potere, intorno al 1350 a.C., numerose effige lo ritraggono
con un’evidente allungamento del teschio. La stessa consorte Nefertiti è
raffigurata con la stessa deformazione cranica.
In America Centrale ci sono racconti analoghi, secondo i
quali gli dèi discesi dal cielo comandarono questa pratica agli antenati dei
nativi americani. In Perù si tramanda che il dio Manco Capac ordinò di
praticare le deformazioni in modo che i figli potessero essere deboli,
sottomessi ed obbedienti. Comunque, sembra chiaro che questa curiosa tradizione
è stata molto importante per i nostri antenati, tanto da tramandarla fino
all’epoca moderna, perdendone, tuttavia, il significato originario.
http://www.ilnavigatorecurioso.it/2013/12/28/crani-umani-allungati-possibili-prove-di-una-perduta-stirpe-umana-oppure-di-qualcun-altro/
VIDEO INTERVISTA A BRIEN FOERSTER:
IL PUNTO DI VISTA SCETTICO:
da:
VIDEO INTERVISTA A BRIEN FOERSTER:
da:
"Gli strani crani ritrovati nella penisola peruviana
apparterrebbero a una specie di ominide sconosciuta. Peccato sia tutta una
montatura
di: Stefano Dalla Casa
Dopo il genoma del bigfoot, preparatevi al genoma degli
alieni di Paracas. … è partito dal sito Ancient Origins un fitto tam tam su
nuovi dati che proverebbero gli strani crani trovati nell’omonima penisola
peruviana come appartenenti a una specie di ominide sconosciuta. Forse la prova
di una razza aliena?
Prima un po’ di storia: alla fine degli anni ‘20 del secolo
scorso gli scavi dell’archeologo Julio Tello portarono alla luce i resti di una
società andina fiorita tra l’VII e il I secolo avanti Cristo. La cultura
Paracas, imparentata con quella di Nazca immediatamente successiva, è
interessante per diversi aspetti, per esempio per gli elaboratissimi tessuti,
ma il suo nome è ora indissolubilmente legato agli strani crani allungati
rinvenuti nella necropoli.
I crani, che oggi si trovano al Museo Regional de Ica
accanto agli altri reperti, sono effettivamente impressionanti da guardare, ma
la loro spiegazione è molto terrena: come tante culture mesomericane, tra cui
Maya, Inca e naturalmente Nazca, i Paracas oltre a praticarne regolarmente la
trapanazione si dilettavano a modificare artificialmente la forma dei crani,
intrappolando la testa ancora in crescita con elaborate fasciature.
La modifica deliberata del cranio, come di altre parti del
corpo, ha un valore simbolico-culturale ed è nota, a partire già dal neolitico,
anche in molte altre società sia del Vecchio che del Nuovo Mondo.
Nessun mistero quindi, ma come per i disegni di Nazca le
spiegazioni più prosaiche non hanno tanto appeal quanto quelle
pseudoscientifiche, e in particolare il ricercatore indipendente Brien Foerster
(privo naturalmente di qualunque qualifica accademica) si è fatto pubblicamente
portavoce della teoria secondo cui la deformazione cranica veniva praticata per
assomigliare ad antichi esseri superiori provenienti dalle stelle, mentre i
crani di Paracas in particolare sarebbero diversi da tutti gli altri in quanto con
un volume cranico sensibilmente maggiore: che si tratti forse di veri e propri
resti alieni, almeno in parte? Foerster, regolare esperto nella risibile serie
di History Channel Enigmi Alieni (quella da cui è nato questo spassosissimo
meme), nel 2012 ha anche dato alle stampe con una casa editrice altamente
specializzata il libro “The Enigma of Cranial Deformation: Elongated Skulls of
the Ancients”.
E pochi giorni fa Foerster ha sganciato un’altra bomba:
secondo quanto afferma “un genetista statunitense” (mai nominato) uno dei
teschi “ha il mtDna (dna mitocondriale) con mutazioni sconosciute in qualsiasi
uomo, primate o animale a noi noto” che ci metterebbero di fronte a “un nuovo
tipo di essere umano, molto distante da Homo sapiens, Neanderthal e Denisova”.
La blogger scettica Sharon Hill sul sito Doubtuful News ha
cercato di ricostruire i retroscena dell’annuncio, evidenziando come la
faccenda si stia evolvendo in modo del tutto simile a quella della
pubblicazione del genoma del bigfoot.
Prima di tutto, nessuna reale istituzione scientifica è
stata coinvolta: circa due anni fa il museo ha affidato i campioni (resti di
capelli, pelle, denti e osso) a Lloyd Pye, un altro celebre ricercatore
indipendente con idee simili a quelle di Foerster, convinto fino alla sua morte
nel 2013 che il teschio deforme (probabilmente di un individuo idrocefalo)
soprannominato Starchild (lo avrete senz’altro visto a Voyager, non negate)
fosse appartenuto a un ibrido umano-alieno, nonostante test genetici (veri)
avessero smentito ulteriormente la bislacca ipotesi.
Pye avrebbe poi affidato almeno qualche campione a Melba
Ketchum, la genetista che si è appunto auto-pubblicata il paper sul genoma del
bigfoot fondando una rivista ad hoc, anche se, sempre stando a Foerster, non sarebbe
lei la fonte degli entusiasmanti “risultati preliminari” e il misterioso
genetista è ancora senza nome.
Sarebbe insomma un nuovo caso da manuale di scienza per
conferenza stampa, dove deliberatamente ci si costruisce una credibilità coi
media scavalcando lo scomodo processo della revisione paritaria, e il tutto
reso ancor più paradossale dal fatto che la banda delle persone coinvolte è ben
nota.
Foerster in questa intervista per la radio The People Voice
è già sulla difensiva: “sfortunatamente gli scienziati convenzionali hanno un
sacco di difficoltà a confrontarsi con una varietà di cose… stiamo anche cominciando
a mettere in discussione tutta questa idea del paradigma dell’evoluzione
darwiniana…è una teoria così frammentaria… e credo ci siano troppe persone che
pensano che sia solida scienza, provata, cosa che io non penso nonostante sia
di formazione biologo”.
Rimaniamo nella fiduciosa attesa di uno speciale di Voyager
e Mistero sulle nozze tra creazionismo e ufologia: parafrasando le cronache di
un vecchio dibattito, saremo alieni per parte di madre o per parte di padre?
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