di: Marco La Rosa
TANIT, Dea Lunare Fenicia e Punica (Cartaginese), secondo la
tradizione storica ortodossa è la Madre simbolo d’amore, fertilità e
fecondazione.
Iconograficamente, appare come un triangolo con barre
orizzontali che supportano un disco lunare (?):
Tuttavia, queste rappresentazioni mi hanno creato dubbi
quando ho accostato le incisioni attribuite al culto della Dea nell’area
mediterranea, con il pittogramma sumero-accadico (di chiara origine fenicia)
per il suono “RUA”:
Mauro Biglino, nel suo libro: “NON C’E’ CREAZIONE NELLA
BIBBIA” a pagina 34 scrive: “Nella lingua
ebraica antica …. (RUACH) indica “vento”, “soffio”, “respiro”, aria in
movimento, vento di tempesta. Nell’elaborazione teologica-spiritualista ha
assunto il significato di “spirito” nel senso che tutti conosciamo, un valore
che in origine probabilmente non gli apparteneva (1Re 18,11-12; 2Sam 22,11; Ez
8,3; Ez 43,5).”
QUINDI, assumendo che il suono “RU” identifichi l’oggetto dalla forma di
“disco lunare”, oppure di “occhio”, che si libra sulle acque (probabile suono:
“A”), il “concetto” – “idea” che
primariamente era all’origine, doveva riguardare qualcosa di “tecnologico” che
si spostava (orientava ?) e che per la
natura “esotica” o “magica”, non
concepibile per popoli primitivi, fu poi
“divinizzato” ed adorato, subendo nel tempo varie stilizzazioni.
Mario Pincherle prima e Roberto Volterri poi,
approfondiscono il concetto tecnologico:
“Nihil sub Scientia
Novum?”
“Nihil sub sole novum.,
nulla di nuovo sotto il sole, recita l.Ecclesiaste (I,10) e forse aveva
ragione.
La bussola-caduceo
Secondo l’amico
Ingegner Mario Pincherle, già dal III secolo a.C. esistevano tutte le premesse
scientifiche per far fronte a gran parte dei problemi della navigazione
marittima mediante ausili di natura tecnica, indipendentemente quindi da quelli
basati sulle conoscenze astronomiche, già affrontati da Eratostene.
Probabilmente tali
invenzioni, forse attribuibili in primis ai Fenici, erano emigrate verso
l’estremo oriente e non avevano influenzato affatto, almeno sul piano pratico,
la cultura greca che ne aveva serbato il ricordo solo sul piano iconografico.
In vasi attici, ma in moltissime altre raffigurazioni sia vascolari che
parietali ritroviamo, ad esempio, il cosiddetto Caduceo..
Vediamo come collegare
questo simbolo, emblema dell’armonia cosmica che nasce dall’equilibrio degli
opposti, con le antiche tecnologie e con le re-invenzioni e le riscoperte…
L’Alidada, sestante
fenicio
Per completare il
panorama delle (quasi) impossibili invenzioni fenicio-puniche non si può non
ricordare l’Alidada. Precursore dell’attuale sestante (una re-invenzione,
quindi ?) l’alidada (al-idada) è raffigurata nella cosiddetta Stele di Lilibeo.
(III secolo a.C.), conservata presso il Museo Nazionale di Palermo, ove è
raffigurata anche la bussola-caduceo..
Dall’archeologia,
l’alidada ( meglio, il suo simbolo) viene interpretata a volte come incensiere
(A.M. Bisi, La cultura artistica di Lilibeo, Oriens Antiquus 1968) o, più
spesso, come segno di Tanit e intesa come ....sviluppo del segno egiziano della
vita, l’ankh....
ma anche come ....combinazione del betilo o
pilastro sacro e del simbolo solare, divisi eventualmente da una falce....
(E.Acquaro, Cartagine: un impero nel Mediterraneo, 1979 ).
Visto con occhio più
tecnologico il simbolo ci ricondurrebbe ad uno strumento costituito da un cono
girevole, imperniato su un asse solidale con un disco fisso azimutale graduato:
Sul vertice del cono era imperniata un
asticciola orientabile a mano, munita, verosimilmente, di due fessure
traguardabili. Non ci sono, naturalmente, arrivate indicazioni su come veniva
esattamente utilizzato lo strumento, ma è probabile che l’impiego potesse
essere abbastanza simile a quello del moderno sestante. Basandomi su alcuni
disegni pubblicati da B.Frau del G.A.R. negli anni ’80, ho tentato di
ricostruire l’Alidada, che appare indubbiamente molto simile al simbolo di
Tanit, e ho rielaborato anche alcune interessanti ricostruzioni dell’amico
Pincherle. Dobbiamo quindi rileggere, con occhio più attento, più disincantato
e tecnologico molte raffigurazioni del passato, forse troppo spesso
interpretate in chiave unicamente artistica o religiosa. “
L’ipotesi è dunque intrigante.
“I popoli del mare”, erano depositari di conoscenze
tecnologiche di derivazione “esotica”? il tempo ha “diluito” in modo
sistematico ed inesorabile l’informazione “primordiale”, lasciando alle
generazioni successive fino alla nostra, la sola possibilità di “ipotizzare”.
Ma e’ anche vero, che la nostra presunzione e i preconcetti
mentali imposti, tante volte non ci fanno vedere ciò che abbiamo davanti agli
occhi, come non ci fanno “ascoltare” con l’attenzione dovuta le voci del
passato, che molte volte sono di una chiarezza disarmante.
Biblio:
Mauro Biglino - Non C'è creazione nella Bibbia - Uno Editori 2012
Roberto Volterri - Nihil sub Scientia Novum? - Antikitera.net
Biblio:
Mauro Biglino - Non C'è creazione nella Bibbia - Uno Editori 2012
Roberto Volterri - Nihil sub Scientia Novum? - Antikitera.net
1 commento:
bisogna aggiungere a queste ipotesi anche quella derivata dalla ricerca di Zecharia Sitchin, cioè, l'ankh è la rappresentazione grafica dell'utero di Ninti e del fallo di Enki, la seconda, l'ankh è strumento tecnologico medico con cui Enki resuscitò Inanna sua amica Annunaki......nel primo caso, è nel secondo è strumento di guarigione.Presumibilmente da questa lettura dei testi antichi sumeri operata da Sitchin, sia il cristianesimo che gli egizi antichi e i greci-romani ecc. derivarono i loro significati più o meno simili. Sull' Ankh divenuto croce, venivano immolate le vittime-capri espiatori, chiamato anche, Albero-pianta della vita.....è da notare che la coppa delle acque - placenta, contiene al suo interno una ramificazione venosa ad Albero, immolare la vittima sull'albero-pianta (placenta-utero) della vita, potrebbe significare fare promessa,forzata o non, di non procreazione, di Verginità, cosa molto gradita agli Dei Annunaki,i quali volevano che la loro creatura frutto di inseminazione e di manipolazione genetica, non procreasse almeno in un primo tempo, poi cambiarono idea in proposito. Il triangolo del simbolo grafico della Dea Tanit, potrebbe essere lo stesso in cui è inscritto l'occhio che vede tutto dai cieli, cioè Igigi, triangolo che diventa poi simbolo massonico e cattolico, cioè, Padre (ENKI) Figlio (THOT) e Spirito Santo ( D.N.A.) il quale procede dal Padre al figlio......il discorso potrebbe continuare ma mi fermo qui.
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