LE ANTICHE CONOSCENZE. RITORNIAMO AL CONCETTO DELLA RISCOPERTA. LE "RISCOPERTE" DI DIEGO BARATONO, SONO FRUTTO DELLA SETE DI CONOSCENZA E DELLO STUDIO GRATUITO ED APPASSIONATO DI UN VERO RICERCATORE ED ESPLORATORE. SOLO CHI ARRIVA A COMPENETRARE PROFONDAMENTE LA SAGGEZZA E LO STILE DI VITA DELLE ANTICHE CULTURE COME QUELLA EGIZIA, ARRIVANDO SIN QUASI ALLA SIMBIOSI, PUO' DAVVERO RITROVARE E CAPIRE LA CONOSCENZA PERDUTA CHE TUTTI INDISTINTAMENTE AMMIRIAMO, NELLE ANTICHE VESTIGIA MAGICAMENTE IMMUNI ALLA CORROSIONE DEL TEMPO.
BUONA LETTURA
MLR
“GEOMETRIZZAZIONE INVERSA: NEL SEGNO DI MAAT..."
di Diego
Baratono
Maat: che
cos’è…
“ … Maat
è venuta per essere con te, ella si trova ovunque tu ti trovi… Munisciti di Maat
o Creatore di tutto ciò che esiste, Creatore di ciò che è… Tu sorgi con Maat,
tu vivi di Maat… Tu gioisci alla vista di tua figlia Maat… Ecco venire gli dei
e le dee che sono con te recando Maat: essi sanno che tu vivi d’essa… I due
emisferi terrestri giungono a te recando Maat per donarti tutta l’orbita del
disco solare… Maat si unisce al tuo disco solare… Thoth ti dona Maat… Tu esisti
poiché Maat esiste… Due volte stabile è Maat: ella è l’Unica e sei tu che l’hai
creata… Tu solo la possiedi per sempre, eternamente… ”.[1]
La commovente sequenza d’invocazioni alla dea Maat qui riportata, è utile per introdurre
forse uno tra i concetti più importanti per il mondo dell’Egitto Antico. Per
comprendere nell’essenza lo straordinario mondo che gli Egizi Antichi furono in
grado di crearsi cinquemila anni fa, è d’obbligo, infatti, prendere in debita
considerazione quanto è sotteso, quanto esprime e quanto circonda, alla lettera,
quest’antichissima entità divina. La chiara percezione da parte dei primi
pensatori dell’Egitto Antico dell’esistenza nel mondo in cui vivevano, di un assetto,
di un ordine preciso responsabile del fluire più o meno regolare e ciclico
degli eventi naturali cui assistevano ed erano soggetti, ha determinato la
definizione di questa divinità. Maat, in effetti, è tutto ciò che informa e
governa, anche qui alla lettera, la civiltà nilotica oltre che essere intesa
quale forza garante dell’ordine cosmico. Le sono proprie profonde valenze
simboliche e trascendenti certamente, ma al contempo s’intuisce possedere
anche, se non soprattutto, significati immanenti, pratici. In sostanza Maat è
sacra sì, ma è anche, più prosaicamente, ricca di prerogative volte al pratico,
all’uso quotidiano. Si vedrà in quali termini. Intorno a questo concetto “universale”
orbita tutta la vita del mondo faraonico. Maat è sinonimo di armonia,
giustizia, verità, bellezza, correttezza morale, regolarità, è in altri termini
tutto ciò che di buono la divinità suprema dona all’uomo egizio nel “Tep Zepi”,
nel mitico “Primo Tempo”. Da questo momento in poi, secondo le credenze
elaborate dagli intellettuali faraonici, sarà compito dell’unico legittimo
sacerdote, ossia del Faraone, mantenere inalterata Maat nella sua integrità
primigenia. L’impegnativo compito del Faraone era necessario poiché se non si
fosse rispettata l’inderogabile condizione, tutto sarebbe precipitato
nell’informe e terribile “Isfet”, l’opposto duale di Maat, ossia il Caos
primevo. Mantenere inalterati simili delicati equilibri di forze era, come si
può facilmente intuire, particolarmente faticoso per il monarca egizio. Era difficile
riuscire a bilanciare costantemente bene e male, verità e menzogna, armonia e
sproporzione, compensare Cosmo e Caos. La sensazione era che bastasse poco
perché venissero meno i delicati parametri calibrati come si è già detto dalla
divinità suprema nel “Tep Zepi”, per il regolare funzionamento della vita,
intesa nel modo più estensivo possibile. Questo ingenerava una certa
inquietudine tra il popolo nilotico. E’ anche facile capirne il motivo. Le
genti che vivevano nella valle del Nilo per la loro sopravvivenza dipendevano
quasi totalmente dal fiume stesso, dalla regolarità delle sue piene. Una piena
mancata o un’esondazione eccessiva creavano, quindi, non pochi problemi. E’ di
nuovo facile capire, che nel tentativo d’evitare simili inconvenienti il
Faraone nella sua veste di sacerdote supremo, cercasse a tutti i costi di
mantenere Maat inalterata. L’ordine pubblico e di conseguenza la “legge”, ad
esempio, era una diretta conseguenza, misurabile, di tutto ciò. Era il
risultato della riuscita o meno del regolare ed efficace mantenimento di Maat.
Non è casuale, a proposito di “legge”, che sia proprio Maat ad intervenire,
insieme al suo sposo Thoth nume tutelare della scrittura,[2]
nella pratica della “psicostasia” o “Giudizio di Osiride”, ossia nella pesatura
del cuore del defunto. Sottoforma di “piuma” posta come contrappeso su uno dei
due piatti della bilancia divina, infatti, la dea consente di “misurare” la
rettitudine del trapassato. Il suo cuore, e per estensione il defunto stesso,
se più pesante della predetta piuma sarebbe stato annientato “per sempre”,
quindi senza alcuna possibilità di “rinascere”, stritolato dalle fauci
fameliche e terribili di Ammit, temuta divinità del castigo eterno.
Un’osservazione particolarmente acuta
dell’egittologo M. Pierret, come già rilevato anche dal de Rachewiltz, evidenzia
che: “… Chi dice verità, dice conformità dell’idea col suo oggetto, il cui contrario
è l’errore; conformità di ciò che si dice con ciò che si pensa, il cui
contrario è la menzogna… La conformità si prova con la comparazione, così il
vocabolo egiziano ha per determinativo e per ideogramma lo strumento tipo della
comparazione e della misura: il cubito o regolo…”.[3]
L’idea qui sviluppata introduce il concetto di “misurazione” legato a Maat e
per diretta conseguenza i concetti di “geometria” e di “matematica”. Maat è la
figlia prediletta di Ra, il Creatore supremo, che non può esistere senza di
essa. Il Dio supremo, dunque, è direttamente connesso con le leggi matematiche
e geometriche che consentono all’Universo di esistere. Del resto proprio le
leggi in discorso, tecnicamente “limitano” in una certa misura l’onnipotenza di
Ra. Anzi. Tutti gli dei rispettano rigorosamente queste leggi giacché proprio
tutti gli dei “vivono di Maat”. Simile pensiero è profondamente radicato nel
fertile (terreno culturale
dell’Egitto Antico. Rende anche ben chiara la mentalità estremamente pragmatica
delle genti che alimentavano queste riflessioni. Le forze della Natura,
identificabili per metonimia con le varie divinità che agiscono nel ricco
pantheon egizio, agiscono in conformità con l’armonia del Creato. Le divinità
agiscono e interagiscono nella vita dell’uomo. Ecco allora che l’ordine sociale
rispecchia, o deve rispecchiare, l’ordine cosmico ed ecco perché il Faraone è
il garante di tale condizione. Violare Maat era violare leggi matematiche
universali ed eterne. Su di una stele è scritto: “… io ho agito in Maat; io non
ho provocato Asfet… (Isfet, N.d.A.)”.[4]
Una “materializzazione” di queste idee inerenti a Maat, è identificabile in una
forma geometrica precisa: è il rettangolo. In questo articolo prenderò in esame
un particolare rettangolo. Si tratta di un rettangolo piuttosto allungato da
cui emerge il capo piumato della dea.
Un rettangolo simile, ma senza la testa piumata
emergente, diventerà identificativo del cosiddetto “Lago della Verità” o “Lago
di Fuoco”(?).
Questo lago diventa una sorta di simbolico purgatorio per i defunti, che in esso troveranno appunto la purificazione dalle colpe e dai peccati commessi in vita. Il lago in discorso in genere è sorvegliato da quattro babbuini o cinocefali, animali sacri a Thoth. E’ a questi che l’anima del defunto si rivolge per impetrare la necessaria e dovuta catarsi. Sposo e “fecondatore” di Maat, come si è detto più sopra, è Thoth, ossia la suprema entità divina della misurazione e della scrittura. Nel papiro matematico conosciuto come “Papiro Rhind”,[5] dal nome del proprietario, in realtà si tratta di due frammenti papiracei ora al British Museum catalogati con i numeri “BM
Maat,
ovvero la “Geometria” in persona…
Per sommi capi questo è quanto si conosce di
Maat. Si è già detto che nella rappresentazione geroglifica del nome Maat
compare il segno caratteristico del “cubito”, ossia l’avambraccio umano piegato
ad angolo retto.[8]
Il cubito, o regolo, è cosa nota, era lo strumento utilizzato dagli Egizi
Antichi nelle loro misurazioni. La funzione misuratoria implicita nel concetto
di Maat è quindi ben evidenziata e certificata anche mediante la scrittura e
Thoth assume un senso ben preciso nello scenario così tratteggiato. Il valore
geometrico di Maat con le sue formidabili funzioni applicative pratiche quindi,
era nella disponibilità delle genti che all’epoca abitavano la valle del Nilo. A
differenza di altre divinità, nondimeno, Maat non possiede templi, non ha luoghi
specifici, dove poter essere adorata. E’ sintomatico, questo, dell’estrema e
pervasiva diffusione sia della dea sia di tutto ciò che rappresentava. Non
solo. Si deve ricordare che tutti gli dei vivono di Maat, ovvero delle regole
che la dea incarna. Adorando una divinità qualsiasi, invero per una semplice
regola commutativa, in automatico si adorava anche Maat. Non si deve poi
dimenticare che Maat, in ogni caso, aveva il suo culto quotidiano officiato dal
Faraone nella sua funzione primaria di sacerdote assoluto. Tutti i giorni,
infatti, il sovrano – sacerdote offre con il culto alla divinità suprema la
statua della dea ornata dalla tipica piuma sul capo. Il Faraone nella preghiera
quotidiana, dice: “… Io vengo a te, io
sono Thoth e reco Maat a mani giunte…Tu sorgi con Maat, tu vivi di Maat, tu
unisci le tue membra a Maat… Thoth ti dona Maat, con le sue mani poste sulle
sue bellezze innanzi al tuo volto… Tu esisti poiché Maat esiste e,
reciprocamente, ella penetra nella tua testa e si manifesta innanzi a te per
l’eternità…”.[9]
Si deve notare poi, che Maat intesa come semplice termine, come vocabolo
compare in diverse lingue, dal copto al babilonese passando per il greco
divenendo qui radice per vocaboli come “mathema” (mathema: scienza,
disciplina) e le sue derivazioni “mathematicos” (mathematikòs: matematica),
“mathesis”
(mathesis: imparare, disciplina), “metro” (metro: misuro), “metrema”
(metrema: la misura), “metrios” (metrios: misurato, di
giusta misura) e così via. Eco di un’affinità con la voce Maat, si riverbera
anche nel termine latino “materia”, inseribile
nello stesso milieu del termine
egizio. “Materia”, infatti, è ciò che
è fisicamente tangibile e quindi misurabile…
Maat
inversamente geometrizzata: una sorpresa… “misurabile”…
Ulteriore
conferma del potente valore geometrico sotteso, determinato e saldamente
fissato dai “savants” faraonici forse
da sempre al concetto di Maat si ritrova in questi pochi versi: “… I due emisferi terrestri giungono a te
recando Maat per donarti tutta l’orbita del disco solare… Maat si unisce al tuo
disco solare…”.[10]
Non ci sono dubbi che qui si parli di figure geometriche ben precise. Non ci
sono nemmeno dubbi sul fatto che si parli proprio del cerchio in relazione a
Maat. Ora viene da chiedersi: perché nelle diverse raffigurazioni Maat non
compare mai sottoforma di cerchio bensì spesso e volentieri di rettangolo o di
piuma? La strana domanda può trovare risposta certa in un semplice
ragionamento. Maat è stata creata dalla divinità suprema Ra che la considera la
“figlia prediletta”. Ra è simbolicamente un cerchio. I testi espressamente
dicono che Ra non può esistere senza Maat. “Geometrizzando” questi concetti,
ossia trasformandoli in semplici figure geometriche, si può dire che Ra, ossia
il cerchio, senza Maat, ossia il rettangolo, è inesistente, quindi inutile. In
altri termini il cerchio da solo non basta per creare qualcosa. Occorre di più.
Già, ma cosa? Il rettangolo? Soprattutto, di quale rettangolo si tratta e
perché proprio quello e non altri? Gli Egizi Antichi oltre ad essere genti intensamente
attaccate alla vita erano anche molto vivaci intellettualmente. Diversi
studiosi, di questo “dettaglio” se ne sono accorti. Günter Dreyer ad esempio,
afferma che per risolvere problemi di ordine pratico quali ad esempio
l’organizzazione dei magazzini, l’elencazione dei beni offerti a qualche
personaggio altolocato, i prodotti consegnati da chi li produceva a chi li
richiedeva, si ricorreva a simboli che per associazione d’idee consentivano
loro d’identificare appunto i prodotti ricevuti o consegnati, il loro luogo
d’origine, il produttore e così via. Con il passare del tempo e l’aumentare
delle necessità logistiche, anche il sistema passò a richiedere un sempre
maggiore numero di termini diversi per le diverse necessità. Per soddisfare il
crescente fabbisogno di questo genere d’esigenze computazionali, molto presto
gli Egizi Antichi iniziarono ad utilizzare il concetto del “rebus”. Il principio consentiva di impiegare stessi segni per
definire parole con stesso suono fonetico. Le combinazioni erano pressoché
infinite. A questo proposito devo aggiungere un’osservazione personale che
ritengo importante. Si tratta di questo: per capire fino in fondo la storia
dell’Egitto Antico si deve più considerare quanto gli stessi Egizi hanno
soltanto “suggerito”, piuttosto che tutta quella parte nota visibile ed esplicitamente
mostrataci. Si badi che come al solito non parlo affatto di esoterismi o di
strani “misterismi”, come ormai chi mi segue ben sa. Ad ogni modo, quanto
interessa qui, è che il concetto di “rebus”
sarà esteso, come è facile intuire dal momento che come sistema “funzionava”,
anche ad altri ambiti. Non ultimo, è ovvio che il sistema si dilata
coinvolgendo anche l’orizzonte della religione. I popoli della valle del Nilo,
in ogni caso, ci hanno lasciato nel campo molto spesso fumoso della religione,
le indicazioni corrette per avere una piccola risposta a un grande mistero. Allora,
andiamo a scoprirla questa risposta. Le sorprese certo non mancheranno. Iniziamo
analizzando attentamente la rappresentazione rettangolare, straordinaria nella
sua semplicità estrema, che più sopra ho presentato. Partiamo ad esempio con l’osservare
che il rettangolo in esame oltre ad essere piuttosto allungato presenta sulle
spesse e irregolari linee di contorno che lo definiscono, strane macchiette
bianche, quasi fossero spazi di colore scivolato via. Si vedrà che si tratta
quasi di segnature, dei punti di “repere”, ossia di riferimento, per tracciare
correttamente il rettangolo stesso. Probabilmente lo scriba, per fissare questi
punti, ha utilizzato un colorante diverso rispetto a quello impiegato per
tracciare le larghe ed all’apparenza irregolari linee perimetrali. L’inchiostro
nero, evidentemente, non è riuscito a coprire le tracce di costruzione del
disegno. E’ una cosa voluta? Ripeto, mi piace credere di sì. Il motivo? Presto
detto, anzi, scritto… Lungo il lato maggiore di base si può notare, circa a
metà, una sorta di puntino in bella vista. A tutta prima potrebbe sembrare
un’involontaria macchia o gocciolatura d’inchiostro lasciata dall’incauto
scriba. Non è così. Non è così perché, come si avrà modo di apprezzare, questo
punto segna l’origine da cui incominciare per effettuare la “geometrizzazione inversa”
del disegno. Ecco perché credo che i vari segni presenti lungo il tracciato del
quadrilatero in discorso non siano affatto casuali. Ora però lasciamo parlare
la sequenza d’immagini. Le parole qui non servono molto. Si devono soltanto
seguire i tracciamenti delle linee guida… o provare personalmente a tracciarle.
Nulla di più facile e divertente, seguitemi…
La
prima linea da tracciare come si è detto ha la sua origine vincolata nel “punto”
lasciato dallo scriba. Con quale verso però si deve tracciare questa linea?
Proviamo a considerare come indicazione direzionale l’elemento di spicco del
disegno, ossia la testa di Maat emergente dal rettangolo. Il capo in questione
non è certo stato sistemato in quel punto casualmente, di questo vi è la
certezza matematica, anzi, “geometrica” per dir così, già a priori. La
dimostrazione a conferma di ciò diventa ancor più evidente eseguendo il tracciamento.
La linea rossa tangente la crocchia dei capelli della dea interseca ovviamente
il lato maggiore superiore del rettangolo. Non solo. La retta disegnata,
infatti, curiosamente incrocia anche un punto ben contrassegnato della piuma.
“Tecnicamente” questa linea ha quindi tre punti di riferimento che la “guidano”.
Tracciamo ora una linea ortogonale al lato maggiore superiore partendo
dall’intersezione ottenuta, che nell’immagine è la linea blu. Questa linea dà
origine ad un altro rettangolo. Proporzionalmente più piccolo. Ora, banalmente
ripetiamo l’operazione di tracciamento, utilizzando come punti guida l’intersezione
superiore prima trovata, l’elemento discente dell’acconciatura dei capelli di
Maat e la base del calamo della piuma. Il tracciamento trova sul lato maggiore
di base del rettangolo un altro punto preciso.
In
sostanza con questi punti individuati si possono tracciare due linee di
costruzione. Nel disegno sono una rossa e l’altra nera. La linea blu segnala la
stessa suddivisione simmetrica alla precedente, del rettangolo di Maat. E poi?
Tracciamo fisicamente entrambe le suddivisioni
così ottenute. Il rettangolo di Maat assume ben altra fisionomia. Non è più
“solo” uno strano rettangolo allungato diventa, bensì, una singolare
composizione geometrica. Si tratta di due rettangoli in sezione aurea rispetto
al modulo quadrato centrale che incorniciano. Cos’è questa strana configurazione
di rettangoli e quadrato?
Una parte della risposta è ben nota. Si tratta
di quanto il tedesco Karl Lepsius, padre dell’egittologia, trovò tracciato su
pareti da affrescare solo in parte già intonacate, come linee guida per i
pittori. Si conosce ancora molto poco, tuttavia, sulla modalità per ottenere questa
spettacolare combinazione “a reticolo” tra rettangoli in sezione aurea e
quadrati modulari. Spero che la ricostruzione di cui tratto in quest’articolo,
consenta di definire finalmente la questione. Ad ogni modo, questo sistema reticolare
a modulo quadrato ha preso e mantenuto il nome proprio dallo scopritore,
appunto l’eminente egittologo alemanno dell’ottocento, diventando il cosiddetto
“Canone Lepsius”. Ne è rigoroso esempio a conferma, l’immagine qui riportata.
La
configurazione geometrica che compone il rettangolo di Maat inoltre, è senza
dubbio la conferma primaria della correttezza della paleo geometria che ho
individuato e ricostruito, anche in questo caso mediante una geometrizzazione
inversa dell’altipiano di el – Giza, già diversi anni fa. Da me denominato
“RA”, ossia “Reticolo Aureo”, questo straordinario sistema geometrico
“dimenticato”, è fondato su un doppio cerchio e da una coppia di Esagrammi anch’essi
isocentrici sebbene sfalsati di trenta gradi. La combinazione genera una
griglia modulare composta proprio da quadrati incorniciati su due lati da rettangoli
in “sezione aurea” rispetto ai quadrati stessi. Esattamente come nel “Canone
Lepsius”. Esattamente come nel caso del rettangolo di Maat in esame.[11]
Si tratta del sistema geometrico che Maat
genera in Ra, secondo quanto è suggerito dal testo che si è riportato più sopra.
Nella realtà, si combinano insieme un doppio cerchio isocentrico, simbolo
geroglifico di Ra appunto, e un doppio sistema di Esagrammi incrociati tra loro
con uno sfalsamento di trenta gradi. Vi è qui una totale, indiscutibile
consonanza, una conformità assoluta tra quanto ho sin qui scoperto, rettangolo
di Maat compreso, e quanto i testi noti riportano e “dicono”. C’è però ben di
più. Anzi. C’è di meno: il cerchio di cui si è parlato, infatti, dov’è finito?
Troviamolo, è di fondamentale importanza. Ripartiamo pertanto da quanto si ha a
disposizione, ossia dal nostro rettangolo di Maat, il che non è poco.
Innanzitutto è necessario trovare il centro del rettangolo stesso. L’impresa è
difficile se si ragiona con il filtro, per dir così, “euclideo”. E’ meno complicato
del previsto, invece, se utilizziamo come riferimenti le tracce lasciateci
volutamente (?) dallo scriba che ha tracciato questo rettangolo. Si ribadisce
che le regole geometriche fissate da Euclide non esistono ancora quando questo
rettangolo è stato concepito. L’idea fa scorrere i brividi lungo la schiena…
Per questioni di spazio e di tempo e per non
tediare oltre chi legge, salterò i passaggi che portano alla stupefacente
figura conclusiva derivata dalla geometrizzazione inversa del rettangolo di
Maat, ovvero, ma è la stessa cosa, dall’applicazione della paleo geometria “RA”
alla predetta figura geometrica sacra. Cosa si può inferire però, analizzando l’immagine
e la sua geometrizzazione inversa? In prima battuta si percepisce senza dubbio
la straordinarietà dell’insieme ottenuto. E’ poco? E’ molto? Lascio ad altri il
giudizio. In secondo luogo poi, fatte le dovute misurazioni si può rilevare che
la somma della misura del lato di un quadrato più la misura del lato minore di
un rettangolo corrisponde esattamente all’altezza, ossia al lato più corto del
rettangolo composito di Maat analizzato secondo il criterio applicativo di
“RA”. La bizzarra ancorché sacra figura geometrica analizzata non ha pertanto
assolutamente un dimensionamento “casuale”, esattamente come per gli altri
rettangoli rappresentati nelle opere degli Egizi Antichi. Si può inoltre
affermare con certezza “misurata”, che il rettangolo rappresentazione di Maat è
scomponibile in un modulo quadrato affiancato da due rettangoli in “sezione
aurea” rispetto a esso. In conclusione, con la geometrizzazione inversa della
figura simbolo di Maat qui presa in esame, si è potuto stabilire che gli Egizi
Antichi per tracciare le loro creazioni, dai templi alla statuaria, dagli
affreschi ai disegni su papiro, seguivano un criterio geometrico piuttosto
preciso e strettamente vincolante che corrisponde in parte al già noto “Canone
Lepsius” o “Teoria dei Quadrati”, completato però da un modulo rettangolare che
noi oggi definiamo in “sezione aurea”. Il sistema geometrico composito in
discorso, è derivabile unicamente dalla splendida geometria “RA”, un sistema
geometrico che nasce da Maat in Ra: “…
Maat si unisce al tuo disco solare…”. Si tratta di un sistema geometrico
che trova fondamento in Ra ovvero nel doppio cerchio isocentrico, il creatore
di tutte le cose. Ra, il creatore a cui si rivolge il Faraone invocando che: “…Maat si posi sul tuo capo erigendo sede
sulla tua fronte… penetra nella tua testa e si manifesta innanzi a te…”.
RA, il sistema geometrico che come credo si è ampiamente dimostrato, è dunque
esistente. E’ una procedura geometrica esecutiva, pratica, certamente applicata
in modo estensivo dagli Egizi Antichi nella realizzazione dei loro capolavori. Sono,
queste, realizzazioni senza tempo, opere straordinarie che rispettano quei
ferrei canoni, seguono quei dettami vincolanti, armonici ed eterni, forse
divini, certamente stabiliti per l’uomo da una dea, da Maat…
[1]
L’invocazione a Maat qui riportata è tratta dal testo: “Egitto magico
religioso” di Boris de Rachewiltz, La
Spezia , 1989, pp. 47 – 48.
[2] Thoth, signore della Luna
viene rappresentato quale ibis o uomo dalla testa di ibis o come babbuino. Era
considerato oltre che dio della magia (scienza applicata?) e patrono degli
scribi, anche dio della misurazione del tempo e guardiano del calendario,
signore della parola e del pensiero. Nel regno dei morti teneva il conto,
registrandoli, dei peccati dei trapassati.
[3] In Boris de Rachewiltz, op. cit.,
p. 46.
[4] A.
Varille, Dissertation sur une stele pharaonique, Cairo, 1946.
[5] I due
frammenti risalgono al “Secondo Periodo Intermedio”, intorno al 1650 – 1550 a .C. Lo scriba che lo
compilò di nome Ahmose, dichiara espressamente che il testo risale ad un
periodo molto più antico, inquadrabile verso la fine del Medio Regno, intorno
al 1994 – 1650 a .C.
[6] Alice
Cartocci, La matematica degli Egizi, 2007, Firenze, p.9.
[7] S’intende qui, ad esempio:
riuscire ad incanalare le acque del Nilo prevedendone le piene, conoscere il
momento migliore per la semina e la raccolta, conoscere il modo migliore per
mantenere prospere le varie greggi e così via.
[8]
Nell’Egitto Antico, curiosamente, esistevano diverse misure per il cubito. Vi
era il cubito “Meh”, che misurava circa 52.5 centimetri .
come il cubito reale “Meh nesu”, che però potrebbe avere avuto quale misura
effettiva, secondo i più che convincenti studi dell’architetto Marco Virginio
Fiorini, 52.36
centimetri (Marco Virginio Fiorini, Nel cantiere della
Grande Piramide. Gli architetti egizi svelati, 2012, Torino, p.52). Esisteva
poi un piccolo cubito “Meh netches”, che s’aggirava intorno ai nostri 45 centimetri come
registra il regolo rinvenuto nella tomba dell’architetto Kha, ora al Museo
Egizio di Torino.
[9] Boris
de Rachelwitz, op. cit., p. 47 – 48.
[10] Boris de Rachelwitz, op.
cit., p. 47.
[11] Per
avere maggiori informazioni circa la paleo geometria “RA” che ho ricostruito,
si rimanda al mio testo “Le Abbazie ed il segreto delle Piramidi. L’Esagramma,
ovvero le straordinarie geometrie dell’Acqua”, Genova, 2004.
CHI E' DIEGO BARATONO:
Diego Baratono originario di Agliè nel Canavese, nasce il 5 Gennaio del 1961 a Torino. Da trent’anni è ricercatore indipendente e libero pensatore. Le sue esplorazioni archeologiche sono incentrate sullo studio delle paleo-geometrie e degli antichi sistemi geometrici applicati alla topografia e alle architetture dei luoghi sacri. Partecipa come relatore, ormai da diversi anni, ad importanti manifestazioni culturali nazionali ed internazionali ed a numerose conferenze. Collabora con importanti riviste del settore a larga diffusione, pubblicando numerosi articoli. Ha partecipato a diverse ed importanti trasmissioni televisive quali TgLeonardo, Stargate, Voyager, Rebus. Nel 1998, parte delle sue ricerche sono inserite nel libro "Il segreto di Cheope", edito da Newton & Compton. Nel 2004 pubblica per la casa editrice ECIG di Genova, il fondamentale testo "Le Abbazie ed il Segreto delle Piramidi. L’Esagramma, ovvero le straordinarie Geometrie dell’Acqua". È dell’anno 2011 la pubblicazione in collaborazione con Claudio Piani, del testo "I segreti delle antiche carte geografiche. Simbologie mariane e cartografie per il Nuovo Mondo", di quest'anno l'ultima opera sempre con Claudio Piani: A.M.E.R.I.C.A. 1507, la Genesi del Nuovo Mondo edito da Liberfaber. Da alcuni anni collabora con l’Istituto Geografico Militare di Firenze, il “Comitato Amerigo Vespucci a Casa Sua” il Politecnico di Torino, l’Università d’Alessandria ed il C.N.R. di Milano.
SARA' PRESENTE COME RELATORE AL PROSSIMO SIMPOSIO INTERNAZIONALE DI SAN MARINO IL 12-13 OTTOBRE 2013: "14° Simposio Mondiale sulle Origini Perdute della Civiltà e gli Anacronismi Storico-Archeologicisul tema “OUT OF PLACE ARTIFACTS (OOPArts): RISCRIVERE LA STORIA UMANA”
http://blog.libero.it/DiegoBaratono/commenti.php?msgid=12366331&id=166882
CHI E' DIEGO BARATONO:
Diego Baratono originario di Agliè nel Canavese, nasce il 5 Gennaio del 1961 a Torino. Da trent’anni è ricercatore indipendente e libero pensatore. Le sue esplorazioni archeologiche sono incentrate sullo studio delle paleo-geometrie e degli antichi sistemi geometrici applicati alla topografia e alle architetture dei luoghi sacri. Partecipa come relatore, ormai da diversi anni, ad importanti manifestazioni culturali nazionali ed internazionali ed a numerose conferenze. Collabora con importanti riviste del settore a larga diffusione, pubblicando numerosi articoli. Ha partecipato a diverse ed importanti trasmissioni televisive quali TgLeonardo, Stargate, Voyager, Rebus. Nel 1998, parte delle sue ricerche sono inserite nel libro "Il segreto di Cheope", edito da Newton & Compton. Nel 2004 pubblica per la casa editrice ECIG di Genova, il fondamentale testo "Le Abbazie ed il Segreto delle Piramidi. L’Esagramma, ovvero le straordinarie Geometrie dell’Acqua". È dell’anno 2011 la pubblicazione in collaborazione con Claudio Piani, del testo "I segreti delle antiche carte geografiche. Simbologie mariane e cartografie per il Nuovo Mondo", di quest'anno l'ultima opera sempre con Claudio Piani: A.M.E.R.I.C.A. 1507, la Genesi del Nuovo Mondo edito da Liberfaber. Da alcuni anni collabora con l’Istituto Geografico Militare di Firenze, il “Comitato Amerigo Vespucci a Casa Sua” il Politecnico di Torino, l’Università d’Alessandria ed il C.N.R. di Milano.
SARA' PRESENTE COME RELATORE AL PROSSIMO SIMPOSIO INTERNAZIONALE DI SAN MARINO IL 12-13 OTTOBRE 2013: "14° Simposio Mondiale sulle Origini Perdute della Civiltà e gli Anacronismi Storico-Archeologicisul tema “OUT OF PLACE ARTIFACTS (OOPArts): RISCRIVERE LA STORIA UMANA”
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