“Un lampo radio veloce
(dall'inglese fast radio burst, FRB) è un fenomeno astrofisico di alta energia
che si manifesta come un impulso radio transitorio, con durata di pochi
millisecondi. Si tratta di lampi molto luminosi nella banda radio, non risolti,
a banda larga, provenienti da regioni del cielo esterne alla Via Lattea. Le
componenti in frequenza di ciascun lampo presentano un ritardo, legato alla
lunghezza d'onda, che permette di esprimere una misura della dispersione. I
valori ottenuti per i lampi osservati sono tali da escludere che le loro
sorgenti appartengano alla Via Lattea; mentre sono coerenti con una
propagazione attraverso un plasma ionizzato. Sull'origine dei lampi radio
veloci, ancora sconosciuta, sono state suggerite spiegazioni sia naturali, sia
anche artificiali, che rimangono per lo più ipotesi speculative.
La denominazione di ciascun lampo
radio veloce è composta dalla sigla FRB seguita dalla data di rilevazione nella
forma "AAMMGG". Il primo lampo radio veloce (FRB 010724) è stato
scoperto nel 2007 in dati di archivio raccolti il 24 luglio 2001
dall'osservatorio di Parkes, con il radiotelescopio di 64 m di diametro. Da
Parkes sono stati rilevati ben 16 dei 18 FRB scoperti tra il 2001 e il 2016. FRB
121102, rilevato il 2 novembre 2012 con il radiotelescopio di Arecibo, è
l'unico del quale sono state rilevate delle ripetizioni.”
SEGNALATO DAL DR. GIORGIO PATTERA (BIOLOGO)
SEGNALATO DAL DR. GIORGIO PATTERA (BIOLOGO)
Lampi radio veloci: per due astrofisici, segnali alieni
da:
Sono considerati come uno dei
fenomeni più misteriosi dell’universo. Sono lampi radio che durano una manciata
di millisecondi e raramente si ripetono uguali a se stessi. Un fenomeno che
avrà certamente una spiegazione scientifica, anche se al momento la loro
origine è ignota. Ma è talmente suggestivo da far pensare, ad alcuni degli
astrofisici che li studiano, ad una origine extraterrestre.
Ipotesi suggestiva: “Ma i calcoli
sono precisi”
Ed è una teoria proposta da due
astrofisici teorici, Manasvi Lingam e Abraham Loeb, che lavorano presso il
celebre centro di ricerca americano Harvard-Smithsonian. Lo studio è stato poi
pubblicato sulla rivista scientifica Astrophysical Journal Letters: «I lampi
radio veloci sono molto misteriosi, il primo dei quali è stato scopeto dieci
anni fa, e sin dall’inizio la situazione è stata poco chiara: non si capiva se
provenissero dal cosmo o addirittura se fossero segnali terrestri» - ha
osservato l’astrofisica Marta Burgay, dell’osservatorio di Cagliari
dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Ma nel 2013, una collaborazione
internazionale fra Europa, Stati Uniti e Australia, della quale faceva parte la
stessa Burgay, ha scoperto altri lampi radio veloci la cui origine cosmica non
lasciava più spazio a nessun dubbio. Da allora è stato confermato che alcuni di
questi lampi arrivavano da galassie molto lontane. Da allora sono stati
descritti 17 di questi fenomeni e altri 10 sono in via di pubblicazione, «ma le
teorie per spiegarne l’origine sono più numerose» e chiamano in causa fenomeni
ricchi di energia, come i buchi neri o stelle molto massicce, come quelle di
neutroni. L’ultima arrivata e sicuramente la più originale (e resta ovviamente
nel campo delle ipotesi): i due astrofisici teorici dell’Harvard,
pensano che non ci sono elementi per escludere a priori che i lampi radio
veloci potrebbero essere prodotti da una civiltà extraterrestre, utilizzando
generatori grandi come pianeti allo scopo di spingere le vele di veicoli
spaziali alla volta di nuove galassie. “È una possibilità” - spiega Loeb - “che
vale la pena considerare e verificare». Naturalmente la reazione
del mondo della ricerca, per questa ipotesi fantascientifica è circondata da
forte perplessità a un pizzico di ironia sui social: «Dal punto di vista
formale l’ipotesi è ineccepibile - ha osservato Burgay - e tutti i calcoli sono
precisi, ma bisogna avere in mente un esperimento che permetta di verificare
l’ipotesi».
Stella, dimmi come ruoti e ti
dirò come sei nata
Nel frattempo, gli astrofisici
italiani dell’INAF hanno presentato un nuovo studio sul moto di rotazione delle
stelle, che aiuterà a capire meglio l’ambiente in cui si sono formate. Enrico
Corsaro, che dirige il programma AstroFIt2 presso l’INAF di Catania, ha guidato
un team internazionale di ricercatori per studiare il moto di rotazione di un
gruppo di giganti rosse, stelle con massa simile al nostro Sole ma in una fase
evolutiva più avanzata, appartenenti a due ammassi stellari aperti. L’analisi
delle loro oscillazioni ha permesso di ricavare che gli assi di rotazione delle
stelle di ciascun ammasso sono orientati prevalentemente in una specifica
direzione nel cielo. Questa condizione porta con sé informazioni su come gli
stessi ammassi stellari si sono formati, miliardi di anni fa. Il nuovo studio,
realizzato con la tecnica dell’asterosismologia, ovvero della scienza che
ricava le proprietà delle stelle dall’analisi delle loro pulsazioni, ha
interessato due ammassi stellari appartenenti alla nostra Galassia, NGC 6791 e
NGC 6819, rispettivamente a più di 13 mila e di 7 mila anni luce da noi.
Entrambi sono molto evoluti, e contengono una ricca popolazione di giganti
rosse. Il team ha analizzato 48 giganti rosse che mostrano oscillazioni,cioè
periodiche espansioni e contrazioni della loro struttura, osservate dal
satellite Kepler della NASA: “Grazie alle loro oscillazioni abbiamo misurato
l’angolo di inclinazione dell’asse di rotazione di ciascuna stella” - dice
Corsaro, primo autore dell’articolo sullo studio, pubblicato su Nature
Astronomy. Quanto osservato è che quasi tutte le stelle del campione hanno assi
di rotazione fortemente allineati fra loro, poiché puntano in una stessa
direzione nel cielo. L’evidenza di questo risultato non lascia spazio ad alcun
dubbio e ci fa dedurre che questo fenomeno deve essersi originato nella fase di
formazione degli stessi ammassi stellari, avvenuta miliardi di anni fa”.
fonte originale:
https://arxiv.org/abs/1701.01109
fonte originale:
https://arxiv.org/abs/1701.01109
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DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs
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