UN MISTERO DAL
PASSATO: LA PIETRA DI INGÁ RACCONTA LA DISTRUZIONE DI ATLANTIDE ?
La "Pedra do Ingá" è un monumento archeologico
nello stato nordorientale di Paraíba, in Brasile, posto nel mezzo del fiume
Ingá. Si tratta di una composizione di pietre di basalto che formano una
superficie di circa 250 m² completamente ricoperta di simboli non ancora
decifrati. La maggior parte dei glifi sembrano rappresentare animali, frutta,
esseri umani, costellazioni e galassie, mentre altri simboli sono del tutto
irriconoscibili. Chi ha inciso la Pietra di Ingá? Perchè? Ma, soprattutto, cosa
rappresentano quei simboli?
È un lungo masso orizzontale ricoperto di misteriosi simboli
e notevoli formazioni geometriche.
Gli indigeni Tupi che vivevano in questa zona la chiamavano
"Itacoatiara", che nella loro lingua significava semplicemente
"la pietra". È lunga 26 metri e alta 4 e si trova nel bel mezzo del
fiume Ingá, nei pressi dell'omonima cittadina a circa 96 km da João Pessoa,
nello stato di Paraíba, a nordest del Brasile.
Il monolite di Ingá è completamente inciso con simboli e
figure in bassorilievo che sembrano rappresentare animali, frutta, esseri umani
e costellazioni come Orione e galassie come la Via Lattea. Altri simboli,
invece, sono del tutto irriconoscibili.
Chi ha scolpito questo antico monolite? Cosa voleva
descrivere o significare? E' possibile che i glifi incisi sulla roccia
rappresentano un'antica lingua terrestre sconosciuta? Nonostante
l'interessamento degli archeologi, ad oggi la Pietra di Ingá rimane ancora un
enigma. Sono state avanzate molte teorie sull'origine e il significato dei
misteriosi simboli, ma finora nessuno studioso è stato in grado di risolvere il
mistero di Ingá.
Alcuni studiosi credono che si tratta di antichi simboli
sacri scolpiti da antiche culture sudamericane; altri hanno ipotizzato che
rappresenti la scrittura utilizzata da una antica civiltà sconosciuta che ha
abitato la regione; altri, infine, spingendosi in ipotesi più eretiche,
propongono addirittura che si tratti di un messaggio in codice lasciato da una
civiltà extraterrestre.
In totale, la roccia conta circa 450 glifi. La questione è
capire se quanto inciso sul monolite sia un'antica lingua. La maggior parte
delle figure, infatti, sembra a prima vista astratta, ma i ricercatori
ritengono che la Pietra di Ingá nasconda un antico messaggio cifrato. Il problema
principale è che mancano paralleli su cui operare un confronto ed eventualmente
tentare una traduzione. Il ricercatore italo-brasiliano Gabriele D'Annunzio
Baraldi, grande studioso di lingue antiche che ha trascorso buona parte della
sua vita allo studio della Pietra di Ingá, sostiene che i glifi sono simili in
forma e dimensione a quelli delle culture mesopotamiche primordiali.
Per di più, a suo parere, la lingua Tupi - Guarani, parlata
da molti gruppi etnici sudamericani, sembra avere una lontana origine comune
con la lingua ittita, antico popolo indoeuropeo fiorito in Anatolia 3800 anni
fa.
Come è possibile che due culture tanto lontane possano aver
condiviso la comune origine del linguaggio e della scrittura? Baraldi trova in
questa comunanza una prova dell'esistenza di una grande civiltà globale
esistita più di 10 mila anni fà, nota più comunemente con il nome di Atlantide.
D'Annunzio Baraldi, ricercatore indipendente ed esploratore,
è infatti considerato uno degli ultimi grandi atlantologi. Nella sua visione,
alcuni gruppi umani originari del mitico continente sarebbero sopravvissuti
alla catastrofico cataclisma avvenuto nel 9500 a.C., dirigendosi verso est, in
Europa, e verso sud-ovest, in Brasile. Baraldi sostiene che i glifi della
Pietra di Ingá raccontino proprio della grande catastrofe globale che causò la
distruzione della civiltà atlantidea.
Se la tesi di Baraldi è corretta, significa che la Pietra di
Ingá rappresenta un messaggio che gli antichi superstiti di Atlantide vollero
lasciare ai posteri, come memoria del passato e come monito per il futuro. E
ciò significa che non possono essere stati i nativi americani ad incidere i
glifi sul monolite.
La scrittura
dell'Isola di Pasqua:
A sostegno dell'ipotesi atlantidea ci sarebbe la somiglianza
dei glifi della Pietra di Ingá con la scrittura utilizzata dagli antichi
abitanti della remota Isola di Pasqua, il Rongorongo. L'Isola di Pasqua (in
lingua nativa Rapa Nui, letteralmente "grande isola/roccia") si trova
nell'Oceano Pacifico meridionale.
Si tratta di una scrittura con andamento bustrofedico (scrittura che procede in un senso fino al
margine scrittorio e prosegue poi a ritroso nel senso opposto – ndr) e che,
al momento, è stata solo parzialmente decifrata. L'isola di Pasqua è l'unica
nell'area del Sud Pacifico ad aver sviluppato una scrittura propria.
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare non si tratta di una scrittura
che utilizza geroglifici. La scrittura rongorongo non fu mai decifrata
completamente e per molti decenni rimase incompresa.
Fu quindi solo grazie agli studi condotti dal tedesco Thomas
Barthel e alla scoperta di una tavoletta che riportava un calendario lunare
(oggi conservata nell'archivio dei SS Cuori a Grottaferrata nei pressi di
Roma), la cosiddetta tavoletta Mamari, che si poté parzialmente decifrare
alcuni simboli. Al momento in tutto il mondo esistono soltanto 26 tavolette, in
buone condizioni ed autentiche al di là di ogni dubbio, scritte in rongorongo.
Alcuni intravedono una forte somiglianza tra l'alfabeto
rongorongo e i simboli della Pietra di Ingá. È possibile che questa somiglianza
avvalori l'ipotesi che gli abitanti primordiali del Brasile, della Mesopotamia
e dell'Isola di Rapa Nui discendessero tutti da un'unica cultura globale
spazzata via da un cataclisma?
La Pietra di Ingá rimane uno dei reperti archeologici più
importanti degli ultimi tempi e il suo studio, e la sua eventuale traduzione,
potrebbero svelare un passato molto diverso del nostro pianeta, raccontandoci
di un tempo in cui i nostri antenati vivevano in un grande villaggio globale
chiamato Atlantide.
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