IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

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Con questo libro Marco La Rosa ha vinto il
PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO
ALTIPIANI DI ARCINAZZO 2014
* MISTERI DELLA STORIA *

con il patrocinio di: • Associazione socio-culturale ITALIA MIA di Roma, • Regione Lazio, • Provincia di Roma, • Comune di Arcinazzo Romano, e in collaborazione con • Associazione Promedia • PerlawebTV, e con la partnership dei siti internet • www.luoghimisteriosi.it • www.ilpuntosulmistero.it

LA NUOVA CONOSCENZA

LA NUOVA CONOSCENZA

GdM

mercoledì 8 giugno 2016

CELLULE STAMINALI: LA SOLUZIONE DEFINITIVA ?


SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE COTELLESSA (ENEA)

“Le cellule staminali sono cellule primitive, non specializzate, dotate della capacità di trasformarsi in diversi altri tipi di cellule del corpo attraverso un processo denominato differenziamento cellulare. Sono oggetto di studio da parte dei ricercatori per curare determinate malattie, sfruttando la loro duttilità. Le cellule staminali possono essere prelevate da diverse fonti come il cordone ombelicale, il sacco amniotico, il sangue, il midollo osseo, la placenta, i tessuti adiposi”.

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“Lesioni nel midollo spinale dei ratti riparate con le staminali”.

Il risultato grazie a ricercatori dell’Università di San Diego. Le cellule hanno formato interazioni che hanno permesso di migliorare il controllo dei movimenti delle zampe anteriori dei roditori. Ancora lontana (per il momento ?) la sperimentazione sull’uomo.
Cellule staminali hanno permesso di riparare lesioni nel midollo spinale dei ratti, ripristinando per la prima volta il funzionamento di un particolare circuito nervoso che è presente anche nel corpo umano, dove costituisce la principale via deputata al controllo dei movimenti. Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature Medicine, è stato ottenuto da un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall’Università della California a San Diego.  Si tratta di una prima assoluta, spiegano gli autori dello studio, perché finora nessuna terapia volta a riparare le lesioni del midollo spinale era riuscita a rigenerare il cosiddetto fascio corticospinale, che nell’uomo va dalla corteccia cerebrale al midollo spinale e rappresenta il circuito nervoso più importante per il controllo dei movimenti volontari.  «La novità del nostro studio è che abbiamo usato per la prima volta cellule staminali neurali per verificare se potessero supportarne la rigenerazione e, con nostra grande sorpresa, ne sono state capaci», spiega il coordinatore della ricerca, Mark Tuszynski.  I ricercatori hanno impiantato queste cellule progenitrici a livello delle lesioni del midollo spinale dei topi: le staminali erano già «indirizzate» a specializzarsi in cellule del midollo e lo hanno fatto in maniera molto efficiente, formando delle interazioni (sinapsi) che hanno permesso di migliorare il controllo dei movimenti delle zampe anteriori dei roditori. Questi risultati hanno quindi abbattuto un vecchio pregiudizio, che voleva i neuroni corticospinali sprovvisti dei meccanismi interni necessari alla rigenerazione. Il potenziale delle cellule staminali si è dimostrato elevatissimo, spiegano i ricercatori, che però ammoniscono: «c’è ancora molto lavoro da fare prima di pensare ad una sperimentazione sull’uomo. Bisognerà verificare quali sono gli effetti a lungo termine negli animali, poi si dovranno studiare i metodi migliori per applicare questa tecnologia all’uomo e infine si dovranno identificare le cellule staminali umane più adatte per l’impiego clinico».
Da:

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“Sla, positivi i primi 18 trapianti di cellule staminali”

Malattia ancora misteriosa. Nel 90% dei casi non si conosce la causa. Ottimi risultati per la campagna fondi con la sfida dell’Ice Buket. Il 20 settembre Giornata Mondiale.
Di strada da percorrere ce n’è ancora tanta. La sclerosi laterale amiotrofica, che colpisce le cellule cerebrali responsabili del controllo dei movimenti (motoneuroni) e che porta alla progressiva paralisi della muscolatura volontaria, rappresenta una delle sfide tutte da giocare per ricercatori e medici. Della malattia, che in Italia tocca da vicino all’incirca seimila persone, resta quasi tutto da scoprire, se il 90% delle diagnosi non è accompagnato dal riconoscimento di una causa. Negli ultimi anni, però, l’attenzione nei suoi confronti è cresciuta. E i primi risultati non stanno tardando ad arrivare.  

STAMINALI, PRIMI RISCONTRI PROMETTENTI 
È di ieri la notizia che la sperimentazione (fase I) mirata a valutare l’efficacia del trapianto di cellule staminali cerebrali umane prelevate da feti abortiti spontaneamente s’è conclusa positivamente. I primi studi miravano a valutare la sicurezza del trapianto: nessun problema è stato riscontrato e in tre pazienti si è avuto anche un beneficio neurologico. Nel 2016 partirà la fase 2 su settanta pazienti, ma all’Ansa - in attesa della presentazione ufficiale dei risultati, prevista per il 29 settembre - Angelo Vescovi, professore di biologia cellulare all’università Bicocca di Milano e direttore scientifico dell’Istituto di Ricerca Casa Sollievo della Sofferenza di San Pio di San Giovanni Rotondo, ha fatto sapere che «si tratta di risultati eccellenti, anche se è ancora presto per parlare di una “cura” contro la Sla, per cui serviranno ulteriori conferme».

GENETICA, LE ULTIME SCOPERTE 
La ricerca si sta concentrando sulla comprensione dei meccanismi alla base della malattia. Quanto alla sua componente genetica, il profilo non è ancora completo. La malattia emerge quasi sempre in maniera sporadica, ma esiste una quota (5-7%) di casi di malattia che sembra manifestarsi con chiara familiarità: da qui la definizione di sclerosi laterale amiotrofica familiare, tale nei casi in cui almeno due consanguinei ne risultano affetti e causata dalla mutazione del gene che codifica per l’enzima superossido dismutasi. Altro gene probabilmente interessato è il TBK1, anche se «l’esatto ruolo biologico della proteina da esso codificata non è pienamente compreso - spiega Vincenzo Silani, direttore dell’unità operativa di neurologia, stroke unit e laboratorio neuroscienze all’istituto Auxologico di Milano -. Potrebbe essere coinvolta nei processi di autofagia con cui i motoneuroni eliminano i componenti cellulari danneggiati.  Questo meccanismo determina un accumulo di proteine anomale nelle cellule, portandole alla morte». Nulla però che permetta di sdoganare l’impiego dei testi genetici, se non di fronte a casi di palese familiarità. Le implicazioni etiche e l’elevato numero di variabili irrisolte pongono un freno alla pratica, che rischierebbe di fornire risultati poco attendibili. 
Da:

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“Le staminali restituiscono la vista: via libera Ue al primo farmaco”

La tecnica è tutta made in Italy, ci sono voluti 30 anni di ricerche. Ora si pensa di poterla usare per curare anche altre malattie.

Grazie al nuovo farmaco con le staminali gli scienziati riescono a rigenerare il tessuto oculare lesionato.

Una storia iniziata negli Anni 80. Sono queste le tempistiche della vera scienza, quella fatta secondo le regole. Oggi, dopo anni di sperimentazioni, la Commissione Ue ha autorizzato il primo farmaco della storia a base di cellule staminali. Una cura capace di ricostruire le cornee danneggiate ridonando la vista ai malati. Accade a Modena, terra di eccellenze dove l’incontro tra Graziella Pellegrini, Michele De Luca dell’Università di Modena e Reggio Emilia e la lungimiranza della Chiesi Farmaceutici ha reso possibile questo successo.

Made in Italy, nata in Usa 

Tutto parte dagli Stati Uniti. Qui De Luca impara a coltivare cellule staminali epidermiche per la rigenerazione della pelle nei grandi ustionati. Tecnica che esporta in Europa incontrando la Pellegrini. I due scienziati si appassionano allo studio delle staminali della superficie oculare. «Abbiamo scoperto che le cellule che consentono la rigenerazione della cornea risiedono in una piccola area al confine tra cornea e congiuntiva chiamata limbus. Quando ustioni termiche o chimiche della superficie oculare danneggiano irreversibilmente la riserva di staminali la superficie corneale smette di rigenerarsi e la congiuntiva si opacizza rendendo impossibile la visione» spiega la Pellegrini. Partendo dall’evidenza che la cornea è in grado di rigenerarsi gli scienziati italiani hanno pensato di riparare il danno partendo proprio da queste cellule. «Basta solamente un millimetro di tessuto oculare integro per poter ricostruire in laboratorio l’intera superficie dell’epitelio che ricopre la cornea» spiega De Luca. Un lavoro di ingegneria tissutale che prende il nome di Holoclar, il primo farmaco a base di staminali. Una cura prodotta nei laboratori di Holostem Terapie Avanzate di Modena, spin off dell’università al Centro “Stefano Ferrari”. 

Come funziona:

Il primo passo è la biopsia. Ovunque si trovi il paziente le staminali prelevate, grazie ad un corriere specializzato, partono e arrivano entro 24 ore a Modena. A questo punto inizia il processo di sviluppo che richiede alcune settimane. Quando il paziente è pronto, il tessuto generato viene spedito per il trapianto. «Selezionati con cura i malati che presentano le caratteristiche per essere trattati, nel caso di lesioni superficiali il ripristino della visione avviene in circa l’80% dei casi» spiega l’esperto. Persone altrimenti destinate a rimanere senza vista. 

Gli sviluppi:

Oggi gli scienziati modenesi lavorano allo sviluppo di una cura per la sindrome dei bambini farfalla, grave malattia caratterizzata dalla formazione di ferite continue. «Prelevando e modificando con un approccio di terapia genica le staminali epidermiche siamo riusciti a trattare i primi due casi. La speranza è quella di ripetere con successo quanto ottenuto con gli occhi» conclude De Luca.
Da:

rif. Wikipedia

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LA VERA "GENESI" DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?

"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA"
" IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: LA VERA GENESI DELL'HOMO SAPIENS"
DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs






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sabato 4 giugno 2016

LA QUINTA FORZA (?)


SEGNALATO DA MARCO VECCHI (OmPhi Labs)

Un nuovo tipo di interazione oltre quelle gravitazionale, elettromagnetica, nucleare forte e debole sarebbe stata scoperta dai ricercatori dell'Istituto di fisica nucleare di Debrecen.  Naturalmente al Cern, sono scettici (visto che nonostante le potenzialità a loro disposizione questa cosa è “sfuggita”) e si trincerano dietro un laconico: "Esperimento da verificare".

Ma veniamo alla notizia:

da:

“ROMA. Che la forza, la quinta, sia con noi: ne avremo bisogno per riordinare la nostra idea di Universo se fosse confermata la scoperta annunciata da un piccolo laboratorio dell'Istituto di fisica nucleare dell'Accademia delle scienze ungherese. Finora il quadro sembrava completo: quark, elettroni,tauoni, muoni, e i relativi neutrini. A completarlo le quattro forze fondamentali che governano le interazioni tra questi minuscoli frammenti di materia: la forza gravitazionale, la forza elettromagnetica, la forza nucleare forte e la forza nucleare debole. E' il cosiddetto modello standard. Che ora Attila Krasznahorkay e suoi colleghi ricercatori di Debrecen rischiano di mandare in pezzi avanzando l'ipotesi dell'esistenza di una quinta forza fondamentale. Il team ungherese ha pubblicato nel dicembre scorso sul sito arXiv.org e poi a gennaio su Physical Review Letters il risultato di un esperimento condotto con un semplice spettrometro elettrone-positrone: osservando il decadimento del berillio 8 è stato osservato un fenomeno anomalo, spiegabile, secondo Krasznahorkay, con l'introduzione di un nuovo bosone leggero, avente una massa 34 volte quella dell'elettrone. Un bosone che sarebbe appunto il "portatore" di una nuova forza fondamentale finora sconosciuta. L'annuncio è stato inizialmente accolto con scetticismo dalla comunità scientifica internazionale. Finché a fine aprile un gruppo di fisici statunitensi guidati da Jonathan Feng ha rielaborato i dati ungheresi arrivando alla conclusione che non sono in conflitto con nessun esperimento precedente e che effettivamente potrebbe essere la prova di una quinta forza. La teoria ungherese è così uscita dal cono d'ombra in cui era precipitata e ora decine di fisici teorici cominciano a interrogarsi su come sia possibile confermarne o escluderne definitivamente l'esistenza. In realtà il Modello Standard spiega molto dell'Universo conosciuto, ma non tutto. Non spiega per esempio la materia oscura, a noi invisibile (se non per gli effetti gravitazionali) eppure maggioritaria nel cosmo, rappresentandone ben l'80%. Si è allora immaginato che esista un mondo parallelo, analogo al nostro ma "oscuro". Un mondo fatto di materia oscura, ma anche di fotoni oscuri, portatore dell'equivalente oscuro del nostro campo elettromagnetico. L'obiettivo dell'esperimento ungherese era proprio trovare tracce del fotone oscuro, anche se secondo Jonathan Feng hanno finito per trovare altro. L'esperimento è consistito nel bombardare con dei protoni un bersaglio di litio, la collisione ha prodotto un isotopo instabile del berillio. Nel decadimento di tale isotopo si sono generate coppie di elettroni e positroni (elettroni di carica positiva). Le traiettorie di queste coppie elettrone-positrone non sono state però quelle che ci si aspettava. Secondo Krasznahorkay e colleghi è la prova che parte dell'energia contenuta nel nucleo del berillio si è trasformata in una nuova particella dalla massa di 17 megaelettronvolt, che poi a sua volta, dopo un tempo brevissimo, si è trasformata in una coppia elettrone-positrone.


"Siamo sicuri dei nostri risultati" ha confermato a Nature Krasznahorkay. "Abbiamo ripetuto più volte l'esperimento per eliminare tutte le possibili cause d'errore: abbiamo ridotto una simile eventualità a una possibilità su 200 miliardi". Ora è aperta la caccia alla particella misteriosa. Secondo Feng e i suoi colleghi dell'Università della California a Irvine non si tratta di un "dark photon". Potrebbe invece trattarsi di un "bosone X protofobico", una particella portatrice una forza a raggio estremamente corto che agisce su distanze poco più grandi delle dimensioni del nucleo atomico. Questo nuovo bosone inoltre interagirebbe con elettroni e neutroni (anziché con elettroni e protoni come fanno i fotoni). "Se devo scommettere, punto sul fatto che il risultato non reggerà le verifiche. Tuttavia il risultato ungherese merita di essere controllato" dice Gian Giudice, direttore del Dipartimento di fisica teorica del Cern di Ginevra. "Ci sono due aspetti da considerare: la veridicità dell'interpretazione sperimentale e la plausibilità teorica della nuova ipotesi". Paradossalmente il test condotto in laboratorio da Attila Krasznahorkay è molto più difficile da controllare delle collisioni che avvengono tra particelle elementari nei 27 chilometri di tunnel del Cern. "Il nucleo atomico è un sistema complesso, la cui descrizione teorica è soggetta a incertezze non del tutto sotto controllo" spiega Giudice. "C'è spazio per effetti di cui i colleghi ungheresi potrebbero non aver tenuto conto. Apprezzo però la strategia di cercare nuovi fenomeni anche in territori già molto esplorati, come i decadimenti nucleari. L'inaspettato potrebbe trovarsi proprio sotto il naso, senza che nessuno se ne sia mai accorto". Certo, sarebbe clamoroso se una nuova forza fondamentale fosse stata scoperta in un piccolo laboratorio grazie a uno spettrometro. E in tal caso, incontrerebbe la resistenza dell'establishment scientifico a difesa del Modello Standard? "Assolutamente no" risponde Giudice. "Noi lavoriamo proprio per scoprire i punti deboli di teorie come il Modello Standard: sappiamo che non è perfetto ed è del tutto giustificato cercarne le falle. La chiave per scardinare il Modello Standard potrebbe trovarsi nei posti più imprevisti".

da:




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mercoledì 1 giugno 2016

SUPERBATTERI E CHEMTRAILS: …E’ SCIENTIFICAMENTE PLAUSIBILE?


di Marco La Rosa & Giorgio Pattera

Negli Usa primo caso di batterio resistente a tutti gli antibiotici

“I medici americani hanno registrato il primo caso nel Paese di una donna con un'infezione urinaria resistente a tutti gli antibiotici conosciuti. A lanciare l'allarme sono i Centers for Disease Control and Prevention. Il caso è stato pubblicato sulla rivista 'Antimicrobial Agents and Chemotherapy' dell'American Society for Microbiology. Gli scienziati hanno sottolineato la forte preoccupazione per questa tipologia di superbatteri che potrebbero rappresentare un grave pericolo per combattere anche le infezioni di routine. Negli Usa la resistenza di molti agenti infettivi agli antibiotici causa 2 mln di malattie e 23mila decessi l'anno, secondo le stime. Per gli scienziati questo è il primo caso in Usa di un agente patogeno che ha un gene, chiamato Mcr-1, che permette ai batteri di diventare resistenti anche a una classe di antibiotici come la colistina. Il gene Mcr-1 è stato scoperto lo scorso anno in Cina e ha già sollevato l'allarme della comunità scientifica”.

Per capire meglio quello che si nasconde realmente dietro ai cosiddetti "superbatteri", rispolveriamo un po’ di Biologia:

I TRASPOSONI

Barbara McClintock (Hartford, 16 giugno 1902 – New York, 2 settembre 1992) è stata una biologa statunitense. Negli anni cinquanta, con esperimenti sulle pannocchie di granturco, ha rilevato l'esistenza dei trasposoni, ovverosia porzioni di DNA in grado di spostarsi da un cromosoma all'altro; questa scoperta le valse il Premio Nobel per la medicina nel 1983.

Si definiscono trasposoni alcuni elementi genetici presenti nei genomi di procarioti ed eucarioti, capaci di spostarsi da una posizione all'altra del genoma. In particolare, nei procarioti essi possono spostarsi in posizioni nuove nel medesimo cromosoma (perché unico), oppure su plasmidi o fagi (un batteriòfago o fago è un virus che sfrutta i batteri, e questi soltanto, come “macchinari” per la propria replicazione; la specificità dell'ospite è variabile. L'infezione virale causa la lisi del batterio stesso, ossia la lacerazione della membrana cellulare, per effetto dell'accumulo interno della neo-progenie e, di conseguenza, la morte dell’ospite). Negli eucarioti, invece, possono spostarsi sia in posizioni diverse sullo stesso cromosoma, sia su cromosomi differenti. Essi fanno parte degli elementi trasponibili, assieme alle sequenze di inserzione IS. Questo processo di trasferimento è noto come “trasposizione” e richiede la presenza di siti per la ricombinazione del DNA (posti sia sul trasposone che sul cromosoma bersaglio) e l'azione di specifici enzimi, detti trasposasi. In seguito alla trasposizione si può avere l'inattivazione funzionale di un gene, nel caso in cui il trasposone si inserisca in questo gene, o la modificazione dei livelli di espressione di un gene, nel caso in cui il trasposone si inserisca nel promotore del gene.

PLASMIDI

I plasmidi sono piccoli filamenti circolari di DNA superavvolto a doppia elica, presenti nel citoplasma (la porzione di una cellula contenuta all'interno della membrana cellulare presente sia nelle cellule eucariote sia in quelle procariote) e distinguibili dal cromosoma batterico per le loro dimensioni ridotte. Il materiale genetico che li contraddistingue permette all'organismo ospite di svolgere varie funzioni non essenziali, ma conferiscono alla cellula proprietà speciali (a volte proprietà metaboliche uniche). I plasmidi sono capaci di spostarsi tra le cellule (anche non uguali, ma filogeneticamente affini) influendo sulla variabilità genetica.

EPISOMI

Un episoma era originariamente un plasmide che si è potuto integrare nel DNA della cellula ospite e quindi non costituisce più DNA extra-cromosomale. Una volta integrato, l'episoma può replicarsi insieme a tutto il cromosoma della cellula che lo ospita. È ormai chiaro che una regione di omologia con il cromosoma, come un trasposone, trasforma il plasmide in un episoma. Nei mammiferi, il termine episoma si riferisce al DNA esogeno (come un genoma virale), che viene integrato nel cromosoma della cellula ospite.

Caratteristiche dei plasmidi:

Tra le caratteristiche funzionali che i plasmidi sono in grado di conferire, figura anche:
la produzione o la resistenza agli antibiotici o farmaci in generale (plasmide R), ai metalli pesanti e ai raggi UV;

Ruolo dei trasposoni nei plasmidi:

I plasmidi possono contenere numerosi e vari siti bersaglio dei trasposoni; di conseguenza, i trasposoni migrano frequentemente tra i plasmidi. Degno di nota è il fatto che molti trasposoni contengano geni che conferiscono, appunto, antibiotico-resistenza. Quando traslocano da un plasmide ad un altro, quindi, i geni implicati nella resistenza vengono introdotti nel plasmide bersaglio, generando un plasmide di resistenza (R). I plasmidi caratterizzati da multifarmaco-resistenza possono originarsi per accumulo di trasposoni in un plasmide. Molti plasmidi R sono in grado di migrare da una cellula a un'altra durante il processo di coniugazione, mediante il quale i geni di resistenza vengono dispersi all'interno della popolazione. Infine, dato che anche i trasposoni migrano tra plasmidi e cromosomi, i geni che contribuiscono alla farmaco-resistenza possono essere scambiati tra queste due molecole, favorendo un'ulteriore diffusione della resistenza antibiotica. Alcuni trasposoni sono provvisti di geni implicati nel trasferimento e possono migrare tra batteri attraverso un processo di coniugazione. Un esempio ben studiato di “trasposone coniugativo” è rappresentato dal Tn916 di Enterococcus faecalis. Anche se Tn916 non è in grado di replicarsi autonomamente, può trasferirsi da E. faecalis ad un gran numero di organismi riceventi ed integrarsi all'interno dei loro cromosomi. Essendo provvisto di un gene per la resistenza alla tetraciclina, anche questo trasposone coniugativo diffonde la farmaco-resistenza.

…per concludere possiamo asserire che i cosiddetti “superbatteri” sono un effetto “antropico” che si può trasmettere attraverso le precipitazioni  atmosferiche?

LA NOSTRA RISPOSTA E’, OVVIAMENTE,  SI’…!


Appendice n.1

ESPERIMENTI SULLA POPOLAZIONE: LE CONFESSIONI DEL GOVERNO INGLESE

Un documento ufficiale del governo britannico rivela l’uso di armi biologiche sulla popolazione, tra il  1940 e il 1979. Ci sono oltre 100 esperimenti sotto copertura dei servizi descritti in gran dettaglio nelle 60 pagine del report. Le armi vanno dei germi patogeni a quelle che potremmo definire “scie chimiche primordiali”. Come riporta il Guardian: “Tra il 1955 e 1963 aerei volarono da nord-est dell’Inghilterra alla Cornovaglia, lungo le coste sud e ovest, rilasciando grandi quantità di solfuro di zinco-cadmio sulla popolazione”. Il personale militare venne addestrato per rispondere che i test erano parte di un progetto di ricerca sul clima e l’inquinamento. In certe aree le famiglie con bambini deformi dalla nascita stanno chiedendo un’inchiesta pubblica.
Tra i microorganismi ci sono l’escherichia coli e il bacillo globigii che mima l’antrace, diffusi su più di un milione di persone, tra il 1961 e il 1968; nel 1956 dei batteri vennero anche rilasciati nella metropolitana di Londra, sulla Northern Line, tra Colliers Wood e Tooting Broadway.
Alla domanda se esperimenti di questo tipo sono ancora in corso, non si sono avute risposte ufficiali, se non un timido: “Non è nostra policy discutere della ricerca in corso” da parte di Sue Ellison, portavoce a Porton Down, dove sono state condotte le ricerche.
Chi ci dice allora che le scie chimiche di cui tanto si parla non siano un esperimento di massa sulla popolazione? Chi può dimostrare che non è così? Solo in Italia ci sono state otto interrogazioni parlamentari sull’argomento e gli indizi sono davvero molti. Ma forse l’oscura verità verrà a galla soltanto tra altri 40 anni.
Fonte:
http://www.guardian.co.uk/…

Appendice n.2

Affiora la prova forense che il superbatterio e.coli in Europa è stato ingegnerizzato per provocare decessi

di Mike Adams, the Health Ranger

NaturalNews.com

e-coli (NaturalNews) Anche se la gara per dare la colpa ai vegetali è attualmente in corso in tutta l'UE, dove un ceppo di E. Coli super resistente sta facendo ammalare pazienti e riempendo gli ospedali in Germania, praticamente nessuno sta parlando di come l'E.coli è magicamente diventato resistente a otto diverse classi di farmaci antibiotici e poi, improvvisamente, è apparso nella catena alimentare.  
Questa particolare variante dell'E.coli è un membro del ceppo O104, e i ceppi O104 non sono quasi mai (normalmente) resistenti agli antibiotici. Per acquisire tale resistenza, devono essere ripetutamente esposti agli antibiotici al fine di fornire la "pressione di mutazione" che li spinga verso l'immunità completa al farmaco. Quindi, se siete curiosi di conoscere le origini di tale ceppo, potete in sostanza  analizzare in dettaglio il codice genetico dell'E.coli e  determinare con sufficiente precisione a quali antibiotici è stato esposto durante il suo sviluppo. Questo passo è stato fatto, e quando si guarda la decodificazione genetica di questo ceppo O104 che ora minaccia i consumatori di prodotti alimentari in tutta l'UE, emerge un quadro affascinante di come è stato generato.

Continua…

Appendice n. 3

Adriana Poli Bortone e la Xylella causata dalle scie chimiche

Adriana Poli Bortone, ex ministro delle Politiche Agricole, ex sindaco di Lecce ed ex vicepresidente della Camera dei deputati (!), ha scritto sul suo profilo Facebook che la diffusione della Xylella potrebbe essere stata causata dalle «scie chimiche che gli USA usano sul suolo italiano»

continua…

Appendice n. 4

CITTADINI CHIAMANO IL 118 NAUSEA E VOMITO DOPO LA PIOGGIA


Sempre più persone sono affette da nausea,vomito e diarrea subito dopo la pioggia,specialmente nei giorni scorsi.Si tratta di un batterio che arriva dal cielo.Per capire di cosa si tratta basta un semplice ragionamento: se ogni giorno vengono diffuse in tutto il mondo nell’atmosfera tonnellate di elementi chimici e di agenti patogeni, è inevitabile che, con le precipitazioni nevose e piovose, questi veleni cadano, prima o poi, al suolo per diventare possibili focolai di patologie. Nel nostro caso, l’agente patogeno molto diffuso nell’atmosfera, soprattutto negli ultimi anni è l’ Escherichia coli. Questa particolare variante dell’E.coli è un membro del ceppo O104. I ceppi O104, in condizioni normali non sono pressoché mai resistenti agli antibiotici. Per acquisire tale resistenza, devono essere ripetutamente esposti agli antibiotici al fine di fornire la “pressione di mutazione” che li spinga verso l’immunità completa al farmaco. Analizzando il codice genetico dell’E.coli si è visto che esso resiste ad otto antibiotici, ai quali è stato intenzionalmente esposto, in fasi diverse, durante il suo sviluppo in laboratorio farmaceutico. Quando gli scienziati del Robert Koch Institute, in Germania, hanno decodificato la struttura genetica del ceppo O104, hanno accertato che esso è resistente a tutte le classi e combinazioni di antibiotici:

• penicilline
• tetraciclina
• acido nalidixico
• trimetoprim-sulfamethoxazol
• cefalosporine
• amoxicillina / acido clavulanico
• piperacillina-sulbactam
• piperacillina-tazobactam

Ma a che scopo si diffonde questo batterio nell’aria?
Come riferisce l’autorevole sito Naturalnews in questo articolo shock,
l’Escherichia coli è quindi un patogeno creato in laboratorio (modificato geneticamente), e poi successivamente liberato con il supporto della bioingegneria per danneggiare l’agricoltura, in primis quella biologica, per implementare il Codex alimentarius, il quale prevede il trattamento con raggi gamma di frutta e verdura e per convincere le persone a “premunirsi” di vaccini, visto che il batterio, come sopra descritto, è resistente a qualsiasi tipo di antibiotico. Esiste una sola espressione per definire questo crimine: bioterrorismo governativo!
Come si contrae l’ Escherichia coli?
Il virus presente nell’ atmosfera, molto spesso, come accade per molte altre sostanze, viene veicolato dalle goccioline di pioggia ed è molto contagioso e facile da prendere. Molte delle persone che lo hanno contratto, molto probabilmente si sono bagnate con la pioggia contaminata, o hanno consumato ortaggi bagnati con tale acqua, oppure hanno bevuto acqua contaminata.


Bibliografia:

Frederick Griffith; Jeffrey Miller; David Suzuki. Genetica. Principi di analisi formale. Bologna, Zanichelli, 1996. ISBN 88-08-09452-9
Peter J. Russel, Genetica, Napoli, Edises, 2002. ISBN 88-7959-284-X

M. Willey, M. Sherwood, J. Woolverton, Prescott 1, microbiologia generale, McGraw-Hill
Wikipedia


 PER APPROFONDIRE NON PERDERE:


...ANCHE IN EDIZIONE DIGITALE KINDLE !

sabato 28 maggio 2016

LE ORIGINI DELLA VITA E ...OLTRE



SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE COTELLESSA (ENEA)

Da:

Scoperto un eucariote senza mitocondri

Definiti come le centrali energetiche delle cellule, i mitocondri sono una componente imprescindibile per gli organismi eucarioti (organismi costituiti da una o più cellule che, per definizione e in contrapposizione con quelle procariotiche, hanno un nucleo ben differenziato che contiene la maggior parte del DNA cellulare, racchiuso da un involucro poroso formato da due membrane. Il DNA viene perciò trattenuto in un compartimento separato dal resto del contenuto della cellula, il citoplasma, nel quale si svolge la maggior parte delle reazioni del metabolismo cellulare. Due tipi di corpuscoli caratteristici degli eucarioti sono i mitocondri, presenti in tutti gli organismi eucarioti e i cloroplasti, presenti solo nelle piante verdi - ndr) come piante, funghi e animali. Tuttavia, nel corso dell'evoluzione, il protista Monocercomonoides ha rinunciato a questi organelli, sostituendoli con meccanismi di origine batterica.
I mitocondri sono considerati le "centrali energetiche" della cellula perché al loro interno avvengono i processi che alimentano il metabolismo cellulare, sono organelli caratteristici della cellula eucariote (cioè dotata di nucleo), tanto da essere ritenuti una componente indispensabile per la vita degli organismi complessi come funghi, piante e animali. Uno studio, pubblicato su Current Biology, mette ora in dubbio questo assioma. Insieme ai colleghi, la botanica Anna Karnkowska, al momento della ricerca all'Università Carolina di Praga e oggi alla Università della British Columbia di Vancouver, ha infatti annunciato la scoperta di un organismo eucariote - il protista Monocercomonoides - privo di mitocondri. Originariamente, i mitocondri erano batteri che furono inglobati da una primordiale cellula eucariote, trasferendo parte delle proprie informazioni genetiche nel suo nucleo ma mantenendo un proprio DNA circolare. Questo processo, detto endosimbiosi, avvenne in tempi remoti, prima della grande radiazione evolutiva che portò alla diversificazione di tutti gli organismi eucarioti.

Micrografia del protista flagellato Monocercomonoides sp. (Cortesia: Naoji Yubuki)
“I flagellati sono un gruppo polifiletico di protisti. Nel sistema linneano venivano considerati una classe di protozoi caratterizzati dalla presenza di uno o più prolungamenti a forma di frusta chiamati flagelli”.


Per decenni i microbiologi hanno esplorato i gruppi più semplici di eucarioti alla ricerca di organismi privi di mitocondri ma con il passare del tempo, la loro esistenza è stata progressivamente esclusa.  "Negli ambienti poveri di ossigeno — spiega Karnkowska — i mitocondri degli eucarioti sono spesso regrediti a forme rudimentali ma si pensava che alcune delle loro funzioni fossero così essenziali da renderli indispensabili per la vita". Imparentato con i più noti parassiti dell'intestino umano Giardia e Trichomonas, Monocercomonoides è un genere di protisti unicellulari la cui esistenza è nota da almeno ottant'anni, ma sul quale nessuno aveva condotto approfonditi studi cellulari o genetici. Il sequenziamento del suo genoma ha riservato ai ricercatori una sorpesa: Monocercomonoides è il primo organismo eucariote a essere sprovvisto di qualsiasi proteina mitocondriale. Secondo i ricercatori, una catena di eventi evolutivi unici avrebbe spinto questo organismo a sacrificare i mitocondri. L'acquisizione di un meccanismo, mutuato dai batteri, che permette la mobilizzazione dello zolfo a livello citosolico, cioè nel fluido intercellulare, assolve in Monocercomonoides le funzioni energetiche normalmente svolte dai mitocondri, che per questo motivo sarebbero andati perduti. "Monocercomonoides è l'esempio di una cellula che si rifiuta di aderire ai principi scritti nei manuali di biologia - prosegue Karnkowska - e riteniamo che tra i protisti potrebbe non essere nemmeno l'unico". Secondo i ricercatori, infatti, è plausibile che tutti gli appartenenti dell'ordine Oxymonadida siano privi di mitocondri. La caratterizzazione di Monocercomonoides sarà oggetto di ulteriori studi, nella speranza di inserirlo, insieme a eventuali organismi affini, in un contesto evolutivo più ampio. I ricercatori sperano di scoprire quando e in che modo questi organelli fondamentali siano andati perduti.

Precisazione sui “protisti”:

I Protisti rappresentano il primo e fondamentale stadio evolutivo degli organismi eucarioti, prodotto dall'endosimbiosi tra organismi procarioti autotrofi ed eterotrofi (Batteri e Cianobatteri).Essi sono alla base di ogni evoluzione biologica, stadio da cui si sono sviluppati tutti gli altri organismi viventi, sono di fondamentale importanza nella comprensione della biologia e dell'evoluzione. Essi, infatti, a differenza degli organismi pluricellulari, sono costituiti da singole cellule, ma con caratteristiche da organismi autonomi e autosufficienti, con abilità ignote alle cellule dei Metazoi (organismi pluricellulari). In un “ipotetico” contesto di “panspermia” guidata o diretta (vedi Francis Crick e Leslie Orgel), potrebbero fornire molte delle spiegazioni che oggi stiamo cercando soprattutto in contesto astrobiologico.

MLR


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mercoledì 25 maggio 2016

"IL VELO MISTERIOSO TRA I MONDI: dalle Madonne del Velo ad Avalon"

(Le Nebbie di Avalon – Foto D. Fogar)

 di Daniela Fogar e Francesca Rebbelato

per gentile concessione di: ilpuntosulmistero


La “Madonna col Velo” che ci ha ispirato queste parole è un affresco all’interno della Cattedrale di Trani, nella regione della Puglia. Questo volto dolcissimo con il suo sacro Velo e le gestualità ci hanno davvero affascinato. La Madonna, con il gesto delle mani che sollevano il Velo sopra al Bambino, forma una particolare posizione delle dita chiamato “Mudra” nelle lingue orientali, molto conosciuto in Tibet o in India. L’affresco fa parte di una serie di Madonne dette col Velo e dipinte da artisti famosi come Raffaello, il Bergognone e molti altri, anche meno conosciuti dei primi. L’autore dell’affresco della Madonna della Cattedrale di Trani, non ci è noto, per questo non riportiamo il suo nome. Trani è una bella località pugliese, affacciata sul mare, e dal punto di vista storico è connessa alla storia dei Templari (come molte località pugliesi) che usufruivano del porto pugliese, per approdare nella Terra Santa e anche all’imperatore Federico II, il Re Illuminato- Stupor Mundi. La chiesa venne eretta a partire dal 1099, ed è considerata una delle più belle chiese della Puglia, nello stile architettonico estremamente particolare detto stile “romanico-pugliese”. Si trova nella piazza del Duomo, ed è dedicata a San Nicola Pellegrino. Edificata con il tufo bianco, possiamo assicurare che l’impatto visivo è notevole. La straordinaria bellezza di questi luoghi deve aver colpito anche l’imperatore Federico II, che non molto lontano da Trani costruì il palazzo di Castel del Monte, un luogo ricco di mistero e molto conosciuto. All’interno della chiesa di Trani, non meno bello delle facciate esterne, si trova l’altare dove primeggia l’affresco di questa Madonna del Velo.


 Altare con la Madonna del Velo

(Cattedrale di S Nicola Pellegrino a Trani; Madonna del Velo – Foto Daniela Fogar).

Il Velo bianco alzato delicatamente dalle sue mani, sembra nascondere o proteggere il Figlio Bambino dall’occhio profano e, con esso, il Mistero della sua nascita. Le interpretazioni, tuttavia, possono essere varie. 
Secondo molti ricercatori (tra cui lo scrittore Giancarlo Pavat), il Velo può ricordare anche la Sacra Sindone. E noi aggiungiamo anche il Velo della Veronica, il panno che la leggenda vuole di Santa Veronica su cui è impresso il viso del Cristo. Quindi, il Mistero della nascita come il Bambino ma al contempo quella della Morte come l’Uomo, il Cristo. La posizione delle dita della Madre, posizione che abbiamo trovato anche in altri dipinti è sicuramente un riferimento artistico ad un gesto sacro, molto simile al gesto sacro del Chin Mudra.


 Budda

(Il Budda con il gesto del Chin Mudra – Fonte Wikipedia)


 (Cattedrale di S Nicola Pellegrino a Trani; Madonna del Velo – Foto Daniela Fogar).

La dolcezza e la bellezza straordinaria dell’affresco vengono esaltate dal gesto delle mani. In alcune immagini la Madonna e altri Santi sono raffigurati mentre compiono uno di questi gesti sacri, che ritroviamo anche nelle raffigurazioni del Buddha, delle Dakini, e di altre divinità orientali, pensiamo soprattutto a quelle relative al ricchissimo e variegato pantheon induista. Ma cos’è un Mudra? Mudra, in sanscrito sta per “sigillo” e, significa creare un “gesto divino” per ottenere dei benefici, sia sul piano spirituale che su quello fisico. I Mudra vengono usati nello yoga, sia nelle varie posizioni (asana) che per varie forme di meditazione. Il Buddismo tibetano ne fa largo uso, si possono notare in varie iconografie e servono per pratiche che hanno come fine il raggiungimento dell’Illuminazione. Il Mudra, chiamato Chin Mudra, che è quello della nostra figura femminile, si realizza con un cerchio tra pollice ed indice. Questa particolare posizione rappresenta l’unione dell’uomo con la Natura, o meglio l’unione dello spirito dell’uomo ovvero il Sè individuale (rappresentato dal dito indice) con lo spirito universale (rappresentato dal dito pollice). Il Mudra si realizza con entrambe le mani: rivolgendo i palmi delle mani verso l’alto. Si uniscono le punte del pollice e dell’indice come a formare un cerchio, (nella nostra foto il cerchio è perfetto) mentre le altre tre dita sono unite ed allungate verso l’esterno della mano, con il medio adiacente alla parte non reclinata dell’indice ( esattamente come nel nostro caso).


Madonna del Velo, del Raffaello. fonte Wikipedia(Raffaello; Madonna del Velo o di Loreto – 1511/1512 – Musèe Condè, Chantilly Francia – Fonte Wikipedia).

Il pollice rappresenta il Sé profondo e l’indice il nostro ego: quando l’ego scompare e si fonde nel sé, l’essere è realizzato.


Quando i palmi sono rivolti verso l’alto nello Chin Mudra, l’area del torace si espande e il chakra del cuore si apre , ed è esattamente questa sensazione che si prova guardando la figura: una sensazione di pace e di profonda coscienza dell’Amore cosmico.


Inoltre il Mudra stesso controlla l’area del diaframma, usato nel canto e nella respirazione diaframmatica. Quello che ci ha particolarmente interessato è il fatto che anche nella danza si usano sia il Velo sia i Mudra. Non possiamo non collocare il Velo in un passato che si fa presente e giungono varie riflessioni. Noi, moderni occidentali, abbiamo un’idea del velo relegato a momenti religiosi. La convivenza con popoli che per motivi religiosi lo impongono, (anche se è meglio definirlo “capo coperto”), ci ha portato ad una riflessione sulla visione della donna e il suo ruolo all’interno della società. Il velo è per noi, poiché deriva da un’imposizione, un segno di sottomissione della donna, ma in antichità esso era un oggetto indossato da dee e donne elevate socialmente. Era quindi un segno di distinzione, tanto che nell’epoca greca e successivamente in quella romana, le nobildonne indossavano il velo per distinguersi dalle donne del popolo, mentre alle prostitute era addirittura vietato. È interessante quindi il cambiamento della valenza di questo oggetto nel corso dei secoli, al di là delle religioni. Le antiche dee velate, comuni a più tradizioni, rendevano evidente ma inafferrabile il mistero di cui erano portatrici. Dalla celtica Cailleach, il cui nome significa “velata”, a Iside, da Ishtar ad Afrodite e Armonia, il velo che le accomuna ci suggerisce che tutte loro rappresentavano il sacro Mistero della Vita, nei suoi momenti di Nascita, Morte, Rinnovamento. Ishtar scende negli Inferi per ritrovare il suo amato Tammuz e passa attraverso sette porte spogliandosi di abiti e gioielli. Alla settima porta rinuncia al suo velo e può entrare così al cospetto della Dea degli Inferi, sua sorella, e ritrovare Il suo sposo. Iside, nel noto “Inno”, si presenta con queste parole: “Io sono tutto ciò che è stato, che è, e che sarà; E finora nessun mortale ha mai sollevato il mio velo“. Queste parole suggeriscono al lettore rispetto per il Mistero sacro della Vita, nella manifestazione della divinità. Suggerisce inoltre il rispetto per la propria manifestazione vitale, sacra quanto quella della divinità. Il velo copre il grande mistero, e chi lo solleva deve andare oltre la sua individualità, annullare il proprio io e ri-connettersi alla Madre. Ma rappresenta anche le difficoltà a vedere oltre le illusioni delle nostre visioni. Chi riesce a sollevare il Velo di Maya, scorge la Realtà così com’è, ma non può più tornare indietro: la Natura si rivela nella sua verità. C’è un antico mito che narra di un luogo magico, l’isola di Avalon, ora un piccolo paese di nome Glastonbury, nella regione inglese del Sommerset. Si dice che questa terra una volta fosse un’isola abitata da alcune sacerdotesse devote ai culti della Dea Madre. La più famosa, la fata Morgana, era una di loro. L’isola era circondata da spesse Nebbie che la nascondevano e proteggevano da occhi indiscreti. Morgana, essendo un maga, aveva il potere di alzare o fare scendere queste Nebbie con un gesto. Queste Nebbie, erano come un Velo tra due mondi, in questo caso, uno in cui lo stile di vita era ordinario e l’altro, in cui il senso della vita era completamente legato al sacro. Di questa leggenda molto è stato scritto dalle scrittrici inglesi Marion Zimmer Bradley, nel suo famoso libro “Le nebbie di Avalon” e da Dion Fortune che a Glastonbury (Avalon) è vissuta e morta. Anche per i riti nel Giorno dei Morti, si parla di un Velo tra i mondi che si fa meno spesso fino a scomparire del tutto. Nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre, gli antenati incontrano i vivi e per un po’ il mondo dello Spirito e quello della Materia non sono così definitivamente divisi. Siamo nel periodo dello Scorpione (morte), in opposizione con il Toro (vita). Forse le immagini delle Madonne col velo, le statue velate, le nebbie e il mistero del velo che cela ma fa comunque intravedere qualcosa, come nel caso delle danzatrici, ci suggeriscono che sollevare e vedere oltre il velo è l’ultimo destino di noi comuni mortali? A noi suggerisce soprattutto il continuo passaggio fra sacro e profano, fra velare e svelare, fra Mistero, Vita e Morte.


(Il Bergognone; Madonna del Velo 1495/1515 circa Pinacoteca di Brera, Milano – Fonte Wikipedia).


per gentile concessione di: ilpuntosulmistero
http://www.ilpuntosulmistero.it/il-velo-misterioso-tra-i-mondi-dalle-madonne-del-velo-ad-avalon-di-daniela-fogar-e-francesca-rebbelato/


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