Verso le stelle col motore
elicoidale?
Per un ingegnere della NASA i
viaggi interstellari alla velocità della luce o quasi sono già realizzabili.
“velocita-superluminale”
Illustrazione - Un veicolo spaziale che viaggia inducendo un ponte di
Einstein-Rosen, liberamente basato sulla pubblicazione del 1994 di Miguel
Alcubierre sulla propulsione ultraluce.|NASA CD-98-76634 BY LES BOSSINAS, VIA
WIKIMEDIA
Di tanto in tanto sbucano fuori
nuove idee per tentare di accelerare i voli spaziali fino a velocità prossime a
quella della luce: questo perché siamo troppo lenti per poter raggiungere le
stelle in tempi umani. Purtroppo fino a oggi tutti i progetti sono finiti in
nulla o al più rimangono come possibilità remote - ma chi non si arrende
immagina anche motori di nuova concezione e che magari sfidano le leggi della
fisica. Recentemente si era parlato di nuovo dell’EM Drive, ma poi non ne è
venuto fuori niente - almeno per ora. Al momento non sembra esserci la
possibilità di sfuggire a quella semplice e banale legge della fisica che ci
racconta di azione e reazione: è così che ci solleviamo da terra, voliamo nel
cielo e viaggiamo nello Spazio - indirizzando una energia in una direzione per
muoverci nella direzione opposta. Ora però un ingegnere della NASA, David
Burns, del Marshall Space Flight Center, sostiene di aver messo a punto un
sistema che darebbe modo a un razzo di raggiungere e viaggiare nello Spazio
senza bisogno di carburante (la fonte di energia). E c'è di più: il suo motore
porterebbe un razzo a velocità vicine a quella della luce. Burns sostiene che
il suo motore elicoidale (così lo chiama) sfrutta gli effetti di
"alterazione di massa" che si verificano a velocità che rasentano
quella della luce.
Lo studio è online nella
biblioteca digitale della NASA. Sarebbe davvero strano se le idee di Burns
fossero abbracciate con entusiasmo dalla comunità scientifica, ma Burns
sostiene di non avere paura di confrontarsi con gli scienziati e, aggiunge
(bizzarramente), «se qualcuno dimostrerà che non funziona, sarò il primo a
riconoscerlo». Bizzarramente perché in effetti dovrebbe essere lui a dimostrare
che funziona, ma procediamo a piccoli passi.
COME FUNZIONA? Si immagini di
avere una scatola posta su una superficie senza attrito, per esempio nello
Spazio. Dentro la scatola vi è un’asta sulla quale può scorrere un anello. Se
si desse una spinta all’anello questi andrebbe in una direzione e la scatola
nell’altra (azione e reazione...). Arrivato a fine corsa l’anello rimbalzerebbe
indietro e la scatola si muoverebbe nell’altra direzione. Fin qui è tutto
normale. Ma se la massa dell’anello diventasse molto elevata quando scorre in
una direzione rispetto a quando scorre nell’altra, la scatola riceverebbe una
spinta maggiore a un’estremità e minore all’altra. Così la scatola si
sposterebbe "di più" in una direzione.
SI PUÒ CAMBIARE MASSA? Il trucco
di Burns è che vuole far cambiare massa a un oggetto: non è impossibile se,
come dice Einstein, si lancia un oggetto a velocità prossime a quella della
luce - in quanto guadagnerebbe massa. E dunque basterebbe, secondo Burns, sostituire
l’anello con un acceleratore di particelle dove gli ioni vengono rapidamente
accelerati in una direzione e velocemente rallentati nell’altra. Per ragioni
tecniche l’acceleratore dovrebbe essere costruito a forma di elica (ecco da
dove viene "motore elicoidale"). GRANDE QUANTO? Nel suo lavoro Burns
non si ferma alla teoria, ma dà anche valori concreti: un acceleratore grande
200 metri in lunghezza e 12 metri in diametro, con una richiesta di 165
megawatt di potenza (165.000 chilowatt) potrebbe generare solo 1 newton di
spinta, una forza simile a quella che si produce quando si tamburellano le dita
sul tavolo - in effetti un poco di più, ma poco.
Ma se il motore venisse azionato nello Spazio,
dove non c’è attrito, la continua accelerazione lo potrebbe portare a velocità
relativistiche. Ci sono dei limiti in quest'idea, è vero, ed è lo stesso Burns
ad affermare che realizzato così il motore elicoidale sarebbe poco efficiente,
ma, sottolinea, ancora una volta si dimostra che con ciò che sappiamo possiamo
già ottenere risultati inaspettati.
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