L'astrofisico Mayor: "Non
potremo mai vivere su un esopianeta", parola di Nobel
Michel Mayor ha appena vinto il
Nobel per la fisica per la scoperta di un pianeta che ruota attorno a una
stella simile al Sole. Ma, dice, l'idea di viverci è del tutto irrealizzabile
Cambiamenti climatici. Disastri
naturali. Guerre termonucleari. E ancora: carestie, siccità, epidemie. Le
ragioni per essere più che preoccupati, e pensare a un piano B qualora
dovessimo essere così scellerati da rendere questa nostra bella Terra
completamente inabitabile, ci sono tutte. E c’è chi pensa che l’uscita
d’emergenza punti allo spazio. Scandagliando i milioni di sistemi extrasolari
alla ricerca di pianeti con caratteristiche il più possibile simili al nostro,
dove eventualmente migrare in caso di catastrofe. Se c’è qualcuno che ne sa
qualcosa, questi non può essere altri che Michel Mayor, neo premio Nobel per la
fisica assieme al collega Didier Queloz per la scoperta di 51 Pegasi b, un
esopianeta orbitante attorno a una stella con caratteristiche analoghe a quelle
del Sole.
Le previsioni di Mayor, però,
sono tutt’altro che incoraggianti: l’astrofisico svizzero, in un’intervista
appena rilasciata a Afp (agenzia di stampa francese), ha detto chiaro e tondo
che non c'è alcuna possibilità per il genere umano di migrare su un esopianeta.
La ragione è semplice: siamo troppo lontani per sperare di raggiungerlo in un
tempo ragionevole.
"Migrare su altri mondi?
Troppo lontani"
"Va bene, parliamo di
esopianeti", ha detto Mayor, rispondendo a una domanda diretta sulla
questione, "e cerchiamo di essere chiari: non ci andremo. Si tratta di
pianeti troppo, troppo lontani. Anche nel caso più ottimistico, quello in cui
individuassimo un esopianeta con le giuste caratteristiche entro poche dozzine
di anni luce – una distanza non troppo grande su scala astronomica:
praticamente un nostro vicino di casa –, il tempo che impiegheremmo a
raggiungerlo sarebbe comunque esagerato. Dell’ordine di centinaia di migliaia
di anni, se non di più, usando i mezzi che abbiamo a disposizione oggi.
Pensiamo invece a prenderci cura del nostro pianeta, che è ancora bellissimo e
soprattutto vivibile". Una presa di posizione molto netta, dunque, che il
Nobel ha ritenuto di dover prendere per "mettere fine alle affermazioni
che sostengono che se un giorno la vita non sarà più possibile sulla Terra
potremmo sempre migrare altrove. È pura follia".
Distanza a parte, ci sono altre
considerazioni che dovrebbero dissuaderci dall’illusione che trovare (ancor
prima che raggiungere) una nuova "casa" sia così facile. Le
condizioni che un pianeta dovrebbe avere per essere abitabile dalla nostra
specie, infatti, sono estremamente stringenti: orbitare attorno a una stella
non troppo piccola né troppo grande (come il Sole, per l’appunto); trovarsi
alla giusta distanza da essa, in modo da non friggere né congelare; avere
un’atmosfera e un campo magnetico che lo schermi dalle radiazioni cosmiche;
ospitare (o per lo meno consentire la presenza di) acqua liquida sulla sua
superficie. Un mix di caratteristiche molto difficili da replicare. Vero è,
d’altra parte, che l’universo è sconfinato, e sconfinato è il numero di pianeti
che lo abitano. Ma per il momento forse faremmo meglio a dare retta al
consiglio di Mayor. E prenderci più cura della vecchia madre Terra.
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