Scienziato sviluppa nuovo modello
statistico per capire possibilità di recepire segnali di vita aliena.
Vista schematica della Via Lattea
che mostra sei processi di emissione isotropiche extraterrestri che formano
gusci sferici riempiti da segnali radio. I raggi esterni dei gusci sferici sono
proporzionali al momento in cui i segnali sono stati emessi per la prima volta,
mentre gli spessori sono proporzionali alla durata delle emissioni. In questo
esempio, la Terra è illuminata da uno di questi segnali (Credito: Claudio
Grimaldi, EPFL).
Un nuovo metodo di calcolo per
comprendere in maniera più effettiva la possibilità di scoprire la vita aliena
è stato creato dal ricercatore Claudio Grimaldi della Scuola politecnica
federale di Losanna (EPFL) in collaborazione con l’Università di Berkeley. Si
tratta di un nuovo modello statistico che potrebbe essere d’aiuto anche per
nuovi strumenti di ricerca, in particolare quelli che cercano segnali emessi da
civiltà extraterrestri evolute. L’idea, in voga da più di cinquant’anni, è
quella in base alla quale possiamo ricevere segnali elettromagnetici emessi,
intenzionalmente o meno, da civiltà avanzate su un altro pianeta. Per captare
questi segnali si utilizzano perlopiù radiotelescopi ad alte prestazioni. Tuttavia,
nonostante l’aumento esponenziale del livello tecnologico nonché della potenza
di calcolo, nessuno di questi progetti ha avuto, per ora, buon esito.Il
progetto SETI, per esempio, non ha visto ancora il risultato dei propri sforzi
ma non per questo sembra voler rinunciare nella ricerca dopo le scoperte degli
ultimi anni relative ai tantissimi esopianeti, molti dei quali anche simili
alla Terra. Progetti del genere sono comunque diversi. Ad essi per esempio si
può aggiungere il progetto dell’imprenditore russo Yuri Milner che mira ad
analizzare una porzione di cielo 10 volte più ampia rispetto alle porzioni analizzate
dalle ricerche precedenti. Secondo Grimaldi “espandere la ricerca a queste
grandezze aumenta solo le nostre possibilità di trovare qualcosa di molto
piccolo e se non rileviamo ancora alcun segnale, non possiamo necessariamente
concludere che non c’è vita là fuori”. Il modello statistico di Grimaldi usa il
teorema di Bayes per calcolare la probabilità residua di rilevare un segnale
all’interno di un dato raggio attorno al nostro pianeta. Per esempio se non
viene ricevuto alcun segnale in un raggio di 1000 anni luce (con la Terra al
centro) allora c’è ancora un 10% di possibilità che la Terra si trovi entro un
raggio con centinaia di segnali di civiltà provenienti da altre parti della
galassia, segnali che i nostri telescopi non possono per il momento ancora
ricevere. Nel caso venisse rilevato anche un solo segnale entro il raggio di
1000 anni luce, potremmo essere quasi sicuri che la nostra galassia pulluli di
vita aliena. Secondo l’approccio bayesiano Grimaldi le probabilità di rilevare
segnali alieni diventano davvero molto scarse solo quando il raggio di analisi
copre 40.000 anni luce: se anche a questa distanza non vengono rilevati segnali
alieni, si può ragionevolmente concludere che nella nostra galassia non è presente
alcuna civiltà con uno sviluppo del livello tecnologico simile o superiore al
nostro. Attualmente gli esseri umani sono in grado di cercare segnali solo
entro un raggio di appena 40 anni luce.
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