SEGNALATO DAL DR. GIORGIO PATTERA (BIOLOGO)
I batteri che sopravvivono all'iper-gravita'.
I batteri continuano a
sorprenderci ogni volta che indaghiamo più a fondo sul loro microscopico mondo.
Dopo batteri indistruttibili e capaci di sopravvivere nello spazio, ecco ora
due specie di batteri comuni che si sono dimostrati in grado di sopravvivere ad
un'enorme accelerazione di gravità. Il biologo Shigeru Deguchi, della Japan
Agency for Marine-Earth Science and Technology, ha guidato il team di ricerca
allo scopo di scoprire i limiti gravitazionali ai quali un batterio può
sopravvivere. E i risultati del suo studio sono decisamente affascinanti.
Deguchi ha utilizzato un
macchinario chiamato "ultracentrifuga", che replica un ambiente ad
altissima gravità (ipergravità) simulando alcuni possibili ecosistemi presenti
su pianeti che ruotano attorno a stelle molto dense, o dotati di una gravità
estremamente elevata.
Quando si parla di ipergravità ci si riferisce
generalmente ad un'attrazione gravitazionale superiore di almeno un paio di
volte a quella terrestre. Per fare un esempio, la gravità di Giove è pari a 2,5
volte quella terrestre, una forza sufficiente ad influenzare l'intero sistema
solare. Un oggetto in caduta libera sulla Terra sperimentarebbe
un'accelerazione g pari a 9,8 m/s2, ma su Giove la sua accelerazione caduta
libera sarebbe pari a 26,7 m/s2. Ma l'ipergravità sperimentata dai batteri
utilizzati come cavie nell'esperimento di Deguchi è decisamente superiore a
quella gioviana. I batteri si sono infatti dimostrati in grado di resistere ad
un'accelerazione di gravità pari a 403.627 volte quella che possiamo
sperimentare sulla Terra. Giusto per farvi realizzare meglio quanto queste
forze in gioco siano potenti, basta pensare all'accelerazione sopportabile da
un essere umano. L'esperimento di Deguchi è infatti molto simile alle centrifughe
utilizzate dalla NASA per sottoporre gli astronauti ad elevate accelerazioni
gravitazionali.
Anche se non ho notato dettagli relativi alla durata
dell'esperimento, i batteri hanno resistito ben oltre la soglia di
sopportazione umana. Ad un'accelerazione costante di 16 g, in un solo minuto un
essere umano in forma può perdere la vita, ma ad un essere umano
"normale" occorrono solo 5 g di forza per perdere conoscenza. Se
pensate che un pilota di Formula Uno può arrivare a sperimentare circa 5 g di
forza nelle manovre più spinte che possiate immaginare, e solo per pochi
secondi, è chiaro quanto sia straordinaria la tolleranza di questi batteri. I
batteri coinvolti nella ricerca sono stati due specie molto comuni: il
Paracoccus dentrificans, un batterio del terreno, e l'Escherichia coli, oggetto
di numerosissime sperimentazioni scientifiche. Secondo i ricercatori, i batteri
sono capaci di resistere a queste forze di accelerazione gravitazionale grazie
alle loro dimensioni. Organismi così minuti sono fondamentalmente privi di
organelli, come mitocondri o nuclei cellulari, che tendono a comprimersi e a
smettere di funzionare se sottoposti ad elevata gravità. La cosa ancora poco
chiara è il perchè alcuni batteri siano più resistenti di altri all'attrazione gravitazionale.
Di certo, però, il fatto che alcuni organismi microscopici possano sopravvivere
a condizioni simili non fa altro che rafforzare l'ipotesi della panspermia. La
ricerca espande infatti la possibilità di trovare vita in luoghi dell'universo
in cui si è sempre pensato che nessun essere vivente potesse svilupparsi e
prosperare. Per esempio, la gravità di una nana bruna si aggira tra le 10 e le
100 volte la gravità terrestre, e fino ad ora era un concetto diffuso e
condiviso che nulla potesse sopravvivere a quella gravità. E' inoltre possibile
che degli ipotetici batteri a bordo di una cometa possano aver superato indenni
l'iperaccelerazione dovuta all'attrazione gravitazionale di un corpo di massa
notevole. Abbiamo osservato e quantificato una robusta crescita cellulare nelle
colture di questi batteri sotto una vasta gamma di iperaccelerazioni" dice
Deguchi. "In particolare, gli organismi P. denitrificans e E. coli sono
stati in grado di proliferare anche a 403.627 g. Le analisi mostrano che le
piccole dimensioni di queste cellule procariote sono essenziali per la loro
proliferazione in condizioni di iperaccelerazione. I nostri risultati indicano
che i microrganismi non solo possono sopravvivere durante l'iperaccelerazione,
ma possono mostrare questo comportamento in modo tale che la gravità non possa
rappresentare un limite all'abilità di ambienti extraterrestri".
da:
Fonte:
http://www.ditadifulmine.com
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DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs
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