Da:
Giuseppe
Sermonti è stato docente universitario di Genetica dal 1964, dapprima a
Camerino, poi a Palermo e infine a Perugia, dove, dal 1974 al 1986, ha diretto
l’Istituto di Genetica. È stato per tre anni presidente dell’Associazione
Genetica Italiana e vicepresidente del XIV Congresso Internazionale di Genetica
tenutosi a Mosca nel 1978. In questo periodo fu nominato direttore
dell’International School for General Genetics del Centro Ettore Majorana e
successivamente direttore responsabile dei corsi quadriennali di Microbial
Breeding, presso l’International School for General Genetics. Il professor
Sermonti è uno degli scienziati che ho citato nell’ultima presentazione del
libro L‘origine dell’uomo ibrido ad Andria, di cui vi propongo un estratto che
in rete sta accendendo un po’ di discussioni… Dopo l’uomo la scimmia, pubblicato sul sito Airesis, sito che
purtroppo non viene più aggiornato dal 2007 ma che possedeva un comitato
scientifico come questo.
Il cervello ha un grande volume nel feto, e si riduce,
in rapporto al corpo, con la crescita. Un grande cervello è un carattere
infantile. Nella foto, un feto umano di sette settimane.
La teoria
evoluzionista, che fa discendere l’uomo dalla scimmia, ha confinato nel regno
delle favole l’antropologia biblica, che vuole l’uomo creato ad immagine e
somiglianza di Dio. Eppure i dati delle più recenti ricerche della
paleontologia e della biologia molecolare sembrano indicare la grande antichità
dell’uomo e il carattere secondario e derivato degli scimmioni africani.
Riacquistano così significato le antiche mitologie, nelle quali l’animalesco
trae le sue origini dall’umano.
La
cultura occidentale si trova da oltre un secolo, di fronte ad una doppia
antropogonia. Nella tradizione biblica l’uomo è creato direttamente dal
Signore, a sua immagine e somiglianza. A questa antropogonia se ne sovrappone
un’altra, di origine scientifica, secondo la quale l’uomo emerge dalla
bestialità scimmiesca, per il gioco delle leggi di natura, senza bisogno del
Signore. Si tratta di un’interpretazione di tipo gnostico che vede la creazione
iniziale come l’atto malvagio di un demiurgo, e l’emergenza dell’uomo come un
processo di liberazione dal male attraverso la conoscenza. [E. Samek Ludovici,
La gnosi e la genesi delle forme, rivista di biologia 74 (1-2) pp. 55-86,
Perugia 1981]
L’interpretazione
biologica ha guadagnato sempre più credito e l’uomo moderno è invitato a
considerare l’antropogonia biblica come una favola, o come una metafora o come
un raccontino per l’ingenuità dei primitivi. Nello stesso momento, poiché
l’uomo ha bisogno di confortare con significati e valori la propria origine, si
è attuata una mitizzazione dell’origine bestiale dell’uomo, con la conseguente
riformulazione di tutte le nostre giustificazioni e speranze. [J. R. Durant, Il
mito dell’evoluzione umana, Rivista di Biologia, 74 (1-2-) pp. 125-151, Perugia
1981. A questo punto si deve dire che l’antropogonia biologica, lungi dall’essere
una realtà scientificamente comprovata, è uno dei capitoli più oscuri ed
equivoci della nostra scienza moderna, e che l’origine scimmiesca degli uomini
è stata sostenuta contro ogni prova neontologica e paleontologica. I risultati
più recenti concordano nell’escludere una derivazione dell’uomo dalle scimmie
ominidi attuali (scimpanzé, gorilla, orango) o passate, e presentano piuttosto
gli scimmioni come specie derivate, recenti e senza futuro biologico. [G.
Sermonti La luna nel bosco: saggio sull’origine della scimmia, Rusconi, Milano
1985].
Primitività
dell’uomo.
Contrariamente
a quanto Darwin affermava e a quanto comunemente si crede, l’uomo non si
distingue dalle altre specie di primati per essere particolarmente evoluto e
specializzato. All’opposto, così come i primati rappresentano un gruppo
primitivo tra i Mammiferi, l’uomo rappresenta una specie primitiva all’interno
dei Primati.
Confronto tra i crani fetali e adulti di
scimpanzé e di uomo.
Il cranio scimmiesco adulto è molto più
alterato nelle proporzioni di quello umano.
La
grandezza del cervello umano è stata presa a misura della evoluzione della
nostra specie. Il valore di questo dato ponderale è molto discutibile. Se fosse
il peso assoluto del cervello a segnare l’intelligenza, la balena e l’elefante
ci supererebbero di molto. Se, come pare più giusto, si dovesse valutare il
peso cerebrale in relazione al peso del corpo, lo scoiattolo saimiri, il
tursoide, il topolino e la tupaia avrebbero più intelligenza di noi. Nello
scoiattolo saimiri il cervello rappresenta l’8% del corpo, nell’uomo il 2%. Il
grosso cervello è carattere di tutti i primati e si trova in particolare in
quelli considerati più primitivi (tursiope, tupaia). [R. Holloway, I cervelli
degli ominidi fossili in Gli antenati dell’uomo, Le Scienze, quaderno 17
ottobre 1984.
Nel neonato umano il peso relativo del cervello è quasi il 10% del
peso corporeo e nel neonato di scimpanzé pressappoco lo stesso. Un valore
enorme rispetto al 2% che l’uomo raggiungerà nella maturità. Il grosso cervello
(per quel che conta) è un carattere primitivo e infantile, e non una
caratteristica tardiva e adulta. Quasi tutti gli altri caratteri umani hanno
una configurazione primitiva e originaria, sono cioè vicini alle conformazioni
tipiche dell’ordine e presenti nei più antichi Primati fossili. Il cranio
sferoidale, senza creste o arcate prominenti, è un tratto primitivo, così come
i piccoli denti bassi e regolari, senza canini emergenti, che si osservano nel
driopiteco (10 milioni di anni fa) e nel ramapiteco (15 milioni di anni fa).
La
mano umana ha l’architettura primitiva della mano dei tetrapodi. Le cinque
lunghe e dritte dita chiudono una serie magica, 1.2.3.4.5., ovvero, radio+ulna,
tre+quattro ossicini del metacarpo, cinque ossa del carpo che si continuano
nelle falangi. Il piede presenta la plantigrada tipica dei mammiferi più
primitivi, mettendo al suo servizio una perfetta integrità strutturale, con la
stessa serie 1.2.3.4.5. della mano. Il parallelismo delle falangi del piede è
presente nell’embrione di quasi tutti i primati, mentre il distacco dell’alluce
è carattere che interviene solo al termine dello sviluppo embrionale degli
scimmioni.
La
stazione eretta (cui la paleontologia assegna la venerabile età di 5-6 milioni
di anni) è anch’essa un tratto primitivo. Essa comporta una base del cranio
arrotondata e aperta in un forame occipitale centrale, articolato su un collo
verticale. Questa è la condizione che preserva più integro l’allineamento delle
vertebre e la sfericità del cranio, che sono caratteri embrionali. L’appoggio
sulle nocche degli scimmioni e la stazione quadrupede comportano la torsione
della nuca, l’arretramento del forame occipitale e la costrizione della base
cranica. Durante lo sviluppo embrionale dei Primati il forame occipitale,
inizialmente centrale, migra posteriormente. [M Westenhöfer, Die Grundlagen meiner Theorie von Eigenweg der Menschen,
Carl Winter, Heidelberg 1948]
Tutti
i caratteri che abbiamo menzionato collegano l’uomo all’embrione proprio e
degli altri Primati, e lo indicano come specie giovanile e primigenia,
spostandone la comparsa lontanissimo nel passato, oltre la testimonianza, pur
impressionante, dei reperti fossili portati alla luce negli ultimi venti anni.
Mentre nel 1960 si attribuiva al genere Homonon più di mezzo milione di anni,
nel 1980 le datazioni di fossili del nostro genere hanno raggiunto i quattro
milioni di anni.
Non
tenterò un esame, neppure sommario, dei fossili degli ominidi africani, se non
per ribadire che essi testimoniano la grande antichità della stazione eretta.
E’ mia convinzione, come quella di autorevoli paleoantropologi, che essi non
siano i nostri ascendenti, ma rami laterali di un cespuglio dalla base del
quale è emersa la nostra forma. [E. Genet-Varcin, Problèmes de Philogénie chez
les hominidés d’un point de vue morphologique , Ann. Paleont. Vértébrés, 61 (“)
pp. 211-233, 1975 e S. J Gould, Questa idea della vita, Editori Riuniti pp.
48-554, Roma 1984]
Fossili
di scimmioni del tipo dello scimpanzé, del gorilla e dell’orango, benché a
lungo cercati, non sono mai stati trovati. Queste forme sono, per quanto ne
sappiamo, molto più recenti della forma umana e attribuire il ruolo di nostri
ascendenti ad essi o a forme ad essi simili (come voleva Darwin) è trasformare
quello che fu un errore scientifico in un falso scientifico.
Molecole
e cromosomi
Lo
sviluppo della biologia molecolare a partire dagli anni sessanta ha consentito
il confronto biochimico tra le specie viventi.. Attraverso un criterio
obiettivo di valutazione è divenuto possibile definire la “vicinanza
biochimica” tra le specie. Specie giudicate lontane dai sistematici risultarono
biochimicamente lontane, specie vicine risultarono biochimicamente molto
simili. Confrontando i dati biochimici con quelli paleontologici fu anche
possibile trasformare le distanze molecolari in tempi storici.
La Forma umana è inscrivibile nel cerchio e
nel quadrato (Leonardo). Al confronto la povera forma scimmiesca appare
sproporzionata e deforme.
Si
postulò una costanza del ritmo di mutazione nel tempo, si calcolò (per varie
proteine) il tempo medio richiesto per una singola modificazione, e si
riuscirono così a calcolare, su base molecolare, i tempi di divergenza, cioè le
epoche in cui due specie in esame avevano cominciato a registrare nelle loro
molecole modifiche indipendenti, avevano cominciato a differenziarsi
biochimicamente. [R. E. Dickerson, Struttura e funzione di un ‘antica proteina,
Le Scienze, 47, Luglio 1972].
Una
delle più sconcertanti risultanze della comparazione molecolare fu la
incredibile vicinanza tra l’uomo e gli scimmioni africani. Tradotta in milioni
di anni, secondo i principi del cosiddetto “orologio molecolare”, la divergenza
tra uomini e scimpanzé risultò di 1,3 milioni di anni, [M. Goodman, in “Progr.
Biophys. Molec. Biol”, 38, pp. 105-164, 1981] una data che fu poi corretta a
4-5 milioni di anni. Si trattava, comunque, d’un epoca inferiore alle più
antiche documentazioni fossili relative ai primi ominidi (5-6 milioni di anni)
in contraddizione con l’idea che gli ominidi derivassero dagli scimmioni.
Un’analisi
più sottile delle modificazioni molecolari successive alla divergenza tra
uomini e scimmioni rivelò un’altra situazione inattesa. Le modifiche erano
state molto più numerose sulla linea scimmiesca che sulla linea umana. Ciò
corrispondeva alla constatazione che l’ascendente comune tra uomo e scimmioni
aveva una struttura molecolare molto vicina a quella dell’uomo moderno.
Sia
anatomicamente che molecolarmente l’uomo risultava il Peter Pan tra i Primati,
cioè la specie che non si trasformava nel tempo, il bambino che non voleva
crescere. [A. R. Templeton
Phylogenetic inference from restriction endonuclease cleavage site maps… in
Evolution 37, pp. 221-244, 1983]
I
citologi, cioè gli studiosi dei cromosomi, comparando le mappe cromosomiche di
uomo, scimpanzé e gorilla raggiunsero, indipendentemente, la stessa
conclusione. L’ascendente comune di uomini e scimmioni aveva cromosomi
virtualmente uguali a quelli dell’uomo moderno. Anche i citologi raggiunsero la
conclusione che uomini e scimmie erano derivati da un proto-uomo, il che
significava, in parole semplici, che la figura umana aveva preceduto quella
scimmiesca. [J. J. Junis, O.
Prakash, The origin of man: a chromosomal pictorial legacy, Science, 215, pp.
1525-30, 1982]
I
dati molecolari e citologici hanno sostanziato dunque quello che i dati
anatomici e paleontologici avevano indicato. La grande antichità dell’uomo, il
carattere primario della nostra specie rispetto al carattere secondario e
derivato degli scimmioni africani.
Pan e
Satana
La
caduta dell’umano nell’animalesco è un avvenimento di così grande drammaticità
che ci dobbiamo attendere di trovarne una traccia nelle categorie del nostro
spirito, una menzione nelle nostre mitologie. Un esame della mitologia greca e
della storia sacra cristiana ci confronta subito con la narrazione della caduta
in varie versioni, di cui mi limiterò a citare le due più importanti, che
rappresentano due momenti cruciali nella religione olimpica e nelle religioni
monoteistiche derivate dall’ebraismo.
Il
cranio di un giovane gorilla tra i crani di quattro adulti. Si noti l’aspetto
“umano” del cranio infantile. Da questo confronto si sviluppò negli anni Venti
l’ipotesi che l’uomo fosse una forma giovanile-generalizzata-originaria e gli
scimmioni fossero forme senili- specializzate- derivate. (Museo di Storia
Naturale di Salisburgo)
Un
mito narra dell’unione del Dio Hermes, l’angelo dei greci, con una ninfa figlia
di Driope. Dall’unione nasce un bambino-animale, un essere mezzo uomo e mezzo
capro, che il padre porterà in Olimpo, dove sarà assunto alla divinità col nome
di Pan. [K. Kereny, Dei ed Eroi della Grecia, vol.1 pp. 162-164, Garzanti,
Milano 1976] Pan è il dio dei boschi e delle balze montane, inseguitore di
ninfe, suonatore di flauto, custode del riposo meridiano, generatore della
follia, dell’incubo, del panico. Questo dio-satiro assunse un ruolo centrale
nell’Olimpo ellenico, e rappresenta il lato oscuro, selvaggio, passionale
dell’uomo, una condizione estrema del dionisismo, all’opposto della distaccata
purezza di Apollo. Nella storia sacra cristiana incontriamo una figura
iconograficamente identica al Pan greco: Satana, il diavolo.
Questo
satiro, che nella nostra religione non ha nessuna delle qualità gioiose e
divine di Pan, è pura malvagità, è la raffigurazione del male assoluto.
Anch’esso ha origine da una figura umana, da un a arcangelo arrogante che è
punito da Dio e precipitato nel basso e nell’animalesco con tutta la sua razza.
Nei bestiari proto-cristiani l’animalesco non è rappresentato dal capro, ma
dalla scimmia, e precisamente dalla scimmia umanoide, priva della coda. Scrive
il Physiologus (II-IV sec.) “…la scimmia è un immagine del demonio: essa ha
infatti un principio, ma non una fine, cioè una coda, così come il demonio in
principio era uno degli arcangeli, ma la sua fine non si è trovata”. [Il Fisiologo, trad. it,
Adelphi, Milano 1975]
I
primi bestiari cristiani sono probabilmente di origine africana (egiziana) e si
deve pensare che portino testimonianza di una tradizione primordiale, nella
quale la scimmia derivata dall’umano appare come un simbolo fondamentale della
storia sacra. L’origine dell’uomo dalla scimmia asserita da Darwin, oltre a
contraddire una serie di prove naturalistiche, ribalta il fondamento della
nostra sacralità, ponendo il male, sotto forma di scimmia, all’origine, e il
bene come emancipazione dalla creazione primigenia. L’uomo razionale si salva da
un cattivo demiurgo creatore.
Nella
nostra tradizione, al contrario, è l’uomo che introduce il male nel creato, e
la sua redenzione, ad opera del Dio fatto uomo, rappresenta un ritorno alla
purezza originaria.
ALCUNI
COMMENTI RIGUARDO LA TEORIA:
Anche
se scimmia e uomo hanno comune radice…questa è però…non la forma scimmiesca ma
quella umana. L’espressione volgare, se si devono usare queste formule,
dovrebbe suonare così: “la scimmia deriva dall’uomo”…
Max Westenöfer (1926) Heidelberg 1948
Gli
ominidi non discendono dalle scimmie antropoidi, piuttosto gli scimmioni
possono essere derivati dagli Ominidi…
Bjorn Kurtén, Einaudi 1972
Il
venerabile antenato aveva si un cervello piccolo e una faccia grande, ma
camminava in posizione eretta e le sue membra avevano le proporzioni a noi note
nell’uomo.
André Leroi-Gourhan (1964) Einaudi 1977
Quale
fanciullo di primati viventi è più simile, nella forma, agli stadi giovanili
dei nostri antenati? La risposta deve essere: la nostra stessa forma infantile
Stephen Jay Gould, Cambridge Mass. 1977
Noi
pensiamo che la derivazione degli Ominidi dal ceppo comune a tutti i Primati ha
più probabilità di essere vera della filiazione dalla linea scimmiesca.
Pierre-P. Grassé, Adelphi 1979
Che
tra i discendenti più elevati e lontani da un presunto modello umano originario
possa trovarsi anche una scimmia antropomorfa è idea che non può sorprendere
chi come me aderisce alle vedute di un’antropologia tradizionale
Emilio Servadio “Il Tempo” 1983
Sarei
fiero di essere un antenato dello scimmione che a differenza di certi esseri
umani è nobile e dignitoso.
Alberto Bevilacqua “Il Tempo” 1983
E’
giusto e logico che da un essere perfetto come l’uomo…possa scaturire uno
scimpanzé…Non mi disturba affatto essere l’antenato di uno scimpanzé, mi
disturberebbe invece esserne un discendente.
Pietro Chiara “Il Tempo ” 1983
Altri
specialisti…si son detti: se a detta della paleontologia gli ominidi risalgono
a ben cinque milioni di anni, allora per spiegare la nostra stretta parentela
con lo scimpanzé o rivediamo la classificazione dei fossili smembrando la
famiglia degli Ominidi, o facciamo derivare lo scimpanzé (per il quale mancano
fossili) da questa famiglia…Io preferisco la buona biologia che offre poche
certezze e tanti dubbi
Pietro Omodeo “L’Espresso” 1983
Potremmo
anche formulare la nostra ipotesi dicendo che le scimmie derivano dall’uomo…
J. Gribbin, J. Charfas, Mondadori 1984
L’assenza
di fossili di gorilla e scimpanzé conferma la probabilità di una loro
derivazione molto recente in seno alla linea Ominide (bipede).
Francesco
Fedele, Le Scienze, Quaderni 1984
Le
prove cariologiche indicano che tra gli scimmioni africani viventi e gli uomini
il miglior modello cromosomico per la condizione protoominide è Homo Sapiens
R.
Stanyon, B. Chiarelli, K. Gottlieb, W. H. Patton, 1985
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