Le piante sono intelligenti? ‘Sì,
e imitarle ci permetterà di esplorare altri pianeti’
Qualche giorno fa un gruppo di
scienziati svedesi ha pubblicato un nuovo studio su Plus One, nel quale si
faceva luce su alcuni meccanismi messi a punto dalle piante che vivono in un
ambiente “affollato” da specie vegetali. Le piante secernono in questi contesti
particolari sostanze chimiche, che spingono i vicini vegetali a crescere in
modo più “aggressivo”, con l’obiettivo (presunto) di non essere lasciate
nell’ombra. Ci sono infatti piante che, in ambienti ricchi di vita vegetale,
rallentano i propri ritmi di crescita e altre che mettono in atto un approccio
più dinamico. Da oltre dieci anni si discute di intelligenza vegetale, ma a
oggi il mondo accademico è diviso: c’è chi parla della forte capacità di
interazione che le piante hanno col proprio ambiente e chi, invece, riconosce
agli organismi vegetali una vera e propria intelligenza. Abbiamo incontrato
Camilla Pandolfi, ricercatrice del LINV(Laboratorio Internazionale di
Neurobiologia Vegetale) dell’Università di Firenze, per chiarire alcuni punti
del dibattito. Camilla Pandolfi, ricercatrice del LINV(Laboratorio
Internazionale di Neurobiologia Vegetale) dell’Università di Firenze
Cosa intendiamo per intelligenza
vegetale?
Il concetto di intelligenza è
legato alla capacità di risolvere determinati problemi. Nel caso delle piante,
i problemi sono legati all’ambiente. Possiamo affermare quindi che ogni
organismo è intelligente nella misura in cui esso si è adattato per risolvere i
problemi legati alla sopravvivenza, rispondendo al sopraggiungere di situazioni
avverse, come un evento ambientale avverso o un attacco di predatori (ad
esempio insetti erbivori). Gli aspetti dell’intelligenza che indaghiamo
all’interno del nostro laboratorio sono legati alla capacità delle piante di
percepire e utilizzare segnali provenienti da altre specie vegetali per
aumentare la capacità di sopravvivenza (plant communication). Recentemente,
abbiamo pubblicato un articolo dimostrando come una pianta sottoposta a uno
stress ambientale (nell’esperimento condotto, il terreno nel quale si trovava
il vegetale aveva una concerntrazione salina molto alta) riuscisse ad allertare
tramite l’emissione di composti volatili, le piante vicine. Le piante cresciute
in prossimità di piante stressate infatti, mettono in atto una serie di
modifiche fisiologiche del proprio metabolismo, che le prepara qualora quello
specifico stress ambientale dovesse espandersi fino alla parte di terreno ove
esse si trovano. Alcuni ricercatori sono scettici rispetto al termine
intelligenza utilizzato nei confronti del mondo vegetale, assumendo che questo
dovrebbe essere utilizzato solo in riferimento all’uomo e agli animali. Come
commenta questa posizione? Dobbiamo distinguere tra intelligenza e coscienza.
Uno dei preconcetti principali è dato dal fatto che le piante non abbiano un
sistema nervoso centrale, ma esse mettono in campo una serie di strategie di
adattamento che non possono essere ignorate. Diversi studi, ad esempio, sono
riusciti a dimostrare la capacità delle piante di memorizzare degli stimoli,
riconoscendo quelli non dannosi. In particolare le piante di Mimosa pudica, una
pianta che risponde al tatto chiudendo istantaneamente le proprie foglioline,
sottoposte ogni giorno ad uno stimolo tattile, imparano dopo qualche settimana
che tale stimolo non necessita una repentina chiusura. Sottoponendole ad uno
stimolo non noto invece, ripristinano il comportamento della chiusura veloce
delle foglie.
Foglie di Mimosa pudica prima e
dopo essere state toccate. Agf/Veo
Questo semplice ma fondamentale
esperimento dimostra che un organismo privo di sistema nervoso centrale è in
grado di capire quando vale la pena investire le proprie energie per mettere in
atto dei meccanismi di difesa, e quando invece questo non è necessario.
Quali saranno le principali linee
di ricerca per il futuro, in questo ambito?
Ci sono studi che stanno cercando
di capire come poter prendere ispirazione da questi comportamenti intelligenti.
Le piante devono spesso risolvere compiti complessi, mettendo in atto strategie
di funzionamento semplici. Lo studio sulla dispersione dei semi, ad esempio, ha
aiutato gli scienziati a progettare i primi alianti. Noi stiamo studiando una
particolare tipologia di dispersione di semi messa in atto da alcune specie
vegetali: questi semi sono in grado di sotterrarsi in maniera totalmente
passiva, sfruttando i cambiamenti di umidità presenti in atmosfera e senza
alcun bisogno di energia. Questo grazie a fibre idroscopiche, che cambiano la
propria forma a seconda dell’idratazione presente nell’ambiente esterno. Stiamo
provando a mimare questa particolare capacità dei semi, nell’ambito di uno
studio condotto con l’Agenzia spaziale europea e volto allo sviluppo di
tecnologie utili all’esplorazione di altri pianeti.
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DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs
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