…NEL MONDO DELLA FORMULA 1
di: DOTT. GIUSEPPE COTELLESSA (ENEA)
La gestione delle
vetture di Formula 1 è molto complessa. L'invenzione del mio procedimento fisico-matematico può
contribuire a migliorare la gestione delle vetture soprattutto fuori gara per ottimizzarne
le prestazioni.
Le vetture di Formula
1 sono monoposto usate per correre nella massima formula dell'automobilismo
mondiale; nel corso del tempo hanno cambiato più volte il loro aspetto, anche
radicalmente, sia per effetto delle invenzioni ed intuizioni di progettisti e
costruttori, sia per rispettare i mutevoli parametri del regolamento, che più
volte è intervenuto a limitare gli eccessi di talune soluzioni, o a ridefinire
alcuni parametri (ad esempio, la cilindrata dei motori), spesso per ragioni di
sicurezza.
Aerodinamica e prestazioni velocistiche
La configurazione aerodinamica delle moderne auto di Formula
1 si è definita nelle sue grandi linee nel periodo 1968/1974; 6 anni durante i
quali fecero la loro comparsa gli alettoni (posteriori ed anteriori), le “pance”
laterali ed il “periscopio” centrale. Sono questi gli elementi che ancora oggi,
seppure con un’infinità di sviluppi ed affinamenti, caratterizzano queste
vetture, con l’aggiunta della raffinatissima (ma poco evidente dall’esterno)
struttura aerodinamica che caratterizza la parte inferiore del retrotreno;
nonché di una serie di variopinte appendici, giunte al loro massimo sviluppo
nel periodo 2005-2008, ma abolite per regolamento a partire dalla stagione
2009.
Contrariamente a quanto credono i “profani”, le
straordinarie prestazioni velocistiche delle auto di Formula 1 non dipendono
dalla velocità di punta, bensì dalla velocità di percorrenza in curva. La
velocità massima mai registrata durante un Gran Premio è stata quella di 369,9
km/h toccata da Antonio Pizzonia con la BMW a Monza, circuito dove l’abbondanza
di rettilinei consente di viaggiare con gli alettoni quasi scarichi.Infatti,
tutte le appendici aerodinamiche che consentono di accrescere la velocità in
curva hanno anche l’effetto di rallentare l’auto in rettilineo; da cui un
complicatissimo lavoro di bilanciamento che impegna piloti ed ingegneri per
adattare le auto alle caratteristiche di ciascun circuito. Monoposto in grado
di produrre un grande carico aerodinamico col semplice corpo vettura (diffusore
incluso) hanno potuto usare ali più scariche anche in condizioni che
richiedessero molto carico aerodinamico, diminuendo la resistenza (drag)
all'avanzamento e riuscendo quindi ad essere competitive in ogni circostanza
(sia in circuiti lenti dove il carico aerodinamico è fondamentale per garantire
trazione, sia nei rettilinei in cui è fondamentale non offrire resistenza
all'avanzamento). Altre monoposto, meno performanti in condizioni tipiche, in
certe situazioni particolari (come Monza ed il vecchio Hockhenheim,
soprattutto) grazie ad un grosso vantaggio in termini di potenza del motore
sono riuscite ad ottenere vittorie perché i cavalli in più hanno consentito
l'uso di ali più cariche delle altre monoposto (guadagnando il carico
aerodinamico, la stabilità e la trazione in curva in cui erano deficitarie,
compensando così l'inefficenza del pacchetto meccanico/aerodinamico) malgrado
la maggiore resistenza all'anvanzamento dovuta agli alettoni più carichi.
La velocità in curva di una macchina di Formula 1 è
determinata principalmente dalle forze aerodinamiche che spingono la vettura
verso il basso, aumentando così la tenuta delle gomme e l’aderenza al suolo. In
pratica: le auto sono leggerissime, ma gli alettoni con l'aumentare della
velocità conferiscono ad esse un peso aggiuntivo che però non ha inerzia, e che
cresce con l’aumentare della velocità, sfruttando il principio opposto a quello
che fa volare gli aerei (“schiacciando” così l’automobile al suolo: si veda il
Principio di Bernoulli, e si consideri che le ali di una monoposto sono
rovesciate rispetto a quelle di un aereo, schiacchiando la vettura al suolo a
tutto vantaggio della guidabilità). A 160 km/h, la forza generata verso il
basso è uguale al peso della vettura; ma quando si viaggia alla massima
velocità, essa può essere pari a 2,5 volte il peso della vettura. Inoltre, in
curva si genera una forza trasversale che può arrivare a 4,5 g (= 4 volte e
mezzo la forza di gravità; mentre in una normale vettura stradale essa è di
circa 0,85/1,00 g). Con queste forze laterali respirare diviene difficoltoso e
la guida si trasforma in una vera e propria attività atletica.
Tecnologie abolite
Una grande varietà di tecnologie sono state progressivamente
bandite dai regolamenti, fra queste:
•sospensioni attive;
•vari dispositivi per l'effetto suolo: divieto di parti a
contatto col terreno (prima solo le minigonne dalla stagione 1983, poi
generalizzato a tutta la vettura); proibito fondo vettura sagomato ad eccezione
di zone indicate nel regolamento; proibiti aspiratori motorizzati di aria al
posteriore; proibito il doppio diffusore dal 2011;
•appendici aerodinamiche mobili (divieto parzialmente
rimosso nella stagione 2009: ai piloti è stato consentito di regolare
dall'abitacolo l'incidenza dei flap anteriori di un massimo di 6 gradi, per 2
volte nell'arco di ogni giro). Nel 2011 è invece consentito di regolare
l'incidenza dell'ala posteriore, ma soltanto in un tratto di pista
predeterminato e solo al pilota che segue da vicino un avversario (sistema
DRS);
•sovralimentazione del motore (dalla stagione 1989); i
motori turbo verranno ripristinati, con nuove caratteristiche, dalla stagione
2014);
•zavorre mobili (come mass damper o doppi serbatoi);
dispositivo di stallo "F-Duct" (utilizzato solo nel 2010).
La Lotus 79 ad effetto suolo
Nel corso degli anni, la tecnica di guida ha conosciuto
costanti evoluzioni, ma l’obiettivo di tutti i piloti è sempre stato quello di
accelerare il più possibile ed il prima possibile durante i tratti curvilinei];
sicché il lavoro di telaisti, motoristi e gommisti è costantemente andato in
questa direzione. Particolarmente fantasiosa (ma anche pericolosa) fu la
soluzione adottata nel periodo 1977/1982 e basata sul cosiddetto "effetto
suolo", ottenuto sigillando il flusso d'aria tra monoposto e suolo mediante
delle bandelle laterali (le cosiddette minigonne, dapprima spazzole a diretto
contatto con l'asfalto, in seguito paratie con un'estremità resistente
all'abrasione e spinte al suolo da un sistema di molle) abbinate al disegno del
fondo vettura ad ala rovesciata. Esse furono poi vietate dopo i gravi incidenti
della stagione 1982 per motivi di sicurezza, onde diminuire la velocità in
curva delle auto, anche perché l'effetto suolo, schiacciando le vetture al
terreno, rendeva difficilissimi i cambi di direzione. Inoltre, se la
"minigonna" non si trovava più a perfetto contatto con il suolo
(cordoli, sollevamento di una ruota, incidenti), l'auto perdeva improvvisamente
aderenza e diventava ingovernabile, pericolosissima da guidare.
Ideazione di una vettura
Fino alla fine degli anni ’80, ogni auto di Formula 1 fu
principalmente il frutto del genio creativo del capo-progettista di ciascun
Team, nomi come Colin Chapman, Harvey Postlethwaite, Mauro Forghieri, John
Barnard, Gordon Murray o Patrick Head erano indissolubilmente legati alle
monoposto di cui curavano la nascita e lo sviluppo.
Negli ultimi 20 anni le cose sono molto cambiate ed ogni
auto è stata frutto di un lavoro collettivo, anche se alcuni nomi (come quelli
di Adrian Newey e Rory Byrne) ancora oggi si contraddistinguono per il loro
genio creativo.
Innovazioni tecniche e limitazioni regolamentari
Telaio
La McLaren MP4/1 fu la prima monoposto di Formula 1 con
telaio realizzato in fibra di carbonio
Fu il geniale Colin Chapman della Lotus a realizzare nel
1962 la prima monoposto dotata di telaio “monoscocca”]: non più una serie di
tubi orizzontali ai quali venivano ancorati i diversi componenti della vettura;
bensì una “vasca” in alluminio, nel quale veniva alloggiato il pilota ed alla
quale veniva agganciato il motore. Una soluzione che garantiva valori di
rigidità torsionale fino ad allora impensabili.
Tutti i costruttori si dotarono progressivamente di telai
monoscocca, che vennero realizzati in metallo leggero (in particolare con uso
di pannelli di alluminio a struttura di alveare, il cosiddetto “honeycomb”),
finché nel 1981 venne realizzata la McLaren MP4/1 con telaio in fibra di
carbonio.
Tale soluzione risultò subito così superiore alle tecniche
precedenti (anche sotto l’aspetto della sicurezza per il pilota) che nel giro
di due anni venne adottata da tutti gli altri costruttori
Alettoni ed altri elementi aerodinamici
La prima Formula 1 dotata di alettone posteriore fu la Ferrari 312 F1 del 1968, con cui Jacky
Ickx vinse il G.P. di Francia.
Alla fine di quell’anno, era già stata copiata
da tutte le altre squadre.
La Ferrari 312 F1 era in origine una classica vettura anni
'60 con forma affusolata; solo a metà del 1968 le fu aggiunto un alettone
posteriore.
L'incidenza (cioè l'angolo di inclinazione) dei primi
alettoni era variabile in ragione della velocità e dell'accelerazione
dell'auto; e, con essa, anche il carico aerodinamico che veniva generato.
Inoltre, essi erano collocati molto in alto rispetto al corpo-vettura, su
tralicci in metallo assai brutti a vedersi, ed anche pericolosi. La Federazione
li vietò dopo i gravi incidenti registratisi nel Gran Premio di Spagna del
1969; e nel successivo G.P. di Monaco le auto corsero senza alettoni, che però
vennero riammessi dal G.P. di Olanda, ma con incidenza fissa (cosiddetto
"divieto di appendici aerodinamiche mobili") e con regolamentazione
della loro altezza massima dal suolo. Da allora, nessuna vettura di Formula 1
ne è stata priva e la Federazione è intervenuta più volte per stabilire la loro
larghezza, altezza e sporgenza.
Parallelamente, vennero adottati i cosiddetti “baffi” (o
"flap") anteriori, per bilanciare meglio la vettura (ma nel periodo
1971-73 la Tyrrell li sostituì con un profilo avvolgente, che ricordava quelli
della Bugatti 251 e delle Ferrari 555 "squalo" del 1955; e che fino
al 1977 venne adottato anche da altre vetture). In alcune gare, le vetture ad
effetto-suolo dei primi anni ottanta ne furono privi, perché l'effetto
deportante garantito dalle "minigonne" li rendeva superflui.
Anche in questo campo non sono mancati gli esperimenti: la
Mclaren M26 nel 1978 utilizzò un doppio alettone anteriore; la Lotus
"JPS9" (che corse solo le prime gare del 1974) utilizzò invece un
doppio alettone posteriore. All'inizio del 1977, prima dell'inizio del
campionato, la Ferrari 312 T2 si presentò con un alettone anteriore munito di
parafanghi che vennero definiti irregolari in quanto definitiappendici aerodinamiche
mobili.
La Benetton fu la prima auto che innalzò il muso anteriore
della vettura
Un residuo effetto-suolo (progressivamente divenuto,
comunque, molto rilevante) è stato garantito dagli "scivoli" (o
"profili estrattori") introdotti per prima sulla Renault RE40 del
1983 e collocati oltre l'asse delle ruote posteriori. Dapprima molto semplici,
essi hanno conosciuto una grandissima evoluzione nel corso degli anni, venendo
più volte regolamentati, soprattutto per quanto riguarda la loro sagomatura
interna.
In tal modo è stato in parte vanificato l'obiettivo di
ridurre le prestazioni aerodinamiche, che la Federazione aveva perseguito con
una drastica riduzione delle dimensioni dell'alettone posteriore, bilanciata
dall'ampliamento di quelle dei flap anteriori. Tale soluzione avrebbe dovuto
diminuire la sensibilità delle vetture (soprattutto nelle curve veloci) alle
turbolenze generate dalle altre auto, rendendo più agevoli i sorpassi.
Tuttavia, all'atto pratico non si è assistito ad un'apprezzabile incremento dei
duelli ravvicinati ed in più di un caso gli inseguitori hanno dovuto
interrompere le loro rimonte per l'impossibilità di avvicinarsi a stretto
contatto con le vetture che li precedevano.
Nel 2010 è comparsa un'inedita soluzione sulle vetture
McLaren, il cosiddetto F-Duct: il sistema prevedeva una presa d'aria
indipendente, collegata ad un condotto che correva lungo tutta la vettura, fino
all'alettone posteriore. La canalizzazione era forata all'altezza del cockpit;
chiudendo il foro col braccio o col ginocchio, il pilota impediva al flusso
d'aria canalizzato di uscire e sfogarsi nell'abitacolo. A foro chiuso, il
flusso d'aria era forzato a percorrere il resto del condotto fino ad arrivare
all'alettone posteriore, mandandolo in stallo ed incrementando così la velocità
massima in rettilineo di circa 10 km/h. Il sistema del foro, essendo
completamente passivo e basandosi sull'azione del pilota, permetteva di
modificare il percorso di un flusso d'aria aggirando il divieto di parti
aerodinamiche mobili. A partire dai G.P. di Cina e di Spagna è stato copiato ed
utilizzato anche da altre scuderie, tra cui anche la Ferrari che ha
ridenominato il sistema "ala soffiata"
Tale dispositivo è stato proibito a fine stagione, con la
motivazione che distraesse il pilota, costringendolo a togliere le mani dal
volante; al suo posto è stata introdotta un'importante novità: il DRS. Esso
permette l'apertura dell'alettone posteriore in rettilineo, riducendo la
resistenza all'avanzamento con consistente incremento di velocità; l'utilizzo
del DRS è però limitato dalla federazione soltanto alla vettura che insegue un
avversario, in uno o due tratti predeterminati del circuito (le "DRS
Zone"), e solo se al momento del passaggio in una zona dotata di sensori
(il DRS Detection point) l'inseguitore abbia un distacco inferiore al secondo.
L'obiettivo è quello di agevolare i sorpassi, ed in effetti dalla sua
introduzione sono aumentati molto;
SospensioniDopo l’invenzione dei telai monoscocca, le molle degli ammortizzatori vennero alloggiate all’interno della carrozzeria (Lotus/Ferrari nel 1963). Ciò contribuì a migliorare la rigidità e l’aerodinamica delle vetture.
Le "sospensioni attive" vennero bandite a partire
dalla stagione 1994, perché intervenivano eccessivamente sulla qualità di
guida, rischiando di falsare il valore sportivo delle competizioni tra piloti,
tramutandole in una sfida tra ingegneri.
Nel 2009 sulla Red Bull RB5 viene reintrodotta una
sospensione posteriore "pull-rod", dotata di un tirante (una
soluzione vecchia di circa 20 anni), ottenendo buoni risultati. Questo
"passo indietro" tecnologico in realtà ha un senso: permette di
migliorare la qualità del flusso d'aria al retrotreno (meno disturbato dal
tirante rispetto al puntone diagonale), zona a cui il progettista Adrian Newey
ha sempre prestato la massima attenzione, ad esempio carenando i semiassi (sia
pur con un profilo neutro, obbligatorio per regolamento) per impedire che i
flussi fossero disturbati dalla loro rotazione.
Sistema d'accensione, controlli elettronici e telemetria
Sin da quando sono stati banditi i sistemi elettronici di
ausilio alla guida, ogni progettista ha cercato di reintrodurne delle parti in
via legale, o aggirando i regolamenti. Negli anni a venire destarono scalpore
gli sportellini del rifornimento, visti spesso aperti in curve a bassa
trazione: questi erano collegati al limitatore di giri (per assicurare che
nella pit lane, cioè in prossimità del rifornimento, il limitatore rendesse
impossibile il superamento della velocità massima in corsia box ed al contempo
aprisse lo sportellino). La loro apertura fuori dalle zone designate sembrò
testimoniare che i team usassero il limitatore di giri per evitare erogazioni
troppo brusche della potenza in uscita di curva; un traction control
mascherato.
A partire dal 2008 le vetture utilizzano solo una centralina
unica per tutti, fornita dalla McLaren e Microsoft, scelta che ha generato
scompiglio e polemiche, inoltre tale centralina ha destato sospetti, per via
anche dei suoi bug e della Spy Story del 2007.
Inoltre sempre a partire dal 2008 vi è l'abolizione dei
controlli elettronici di trazione, così come quelli meccanici, inoltre viene
abolito anche l'assistenza alla frenata.
La telemetria è fondamentale per conoscere i dati della
vettura, come la temperatura del motore e altri valori della vettura, nel 2002
debutta la telemetria bidirezionale, che oltre alla sola raccolta dati, permette
anche una modifica di alcuni parametri della vettura, senza passare per i box,
nel 2003 questa tecnologia viene abolita.
Biblio: Wikipedia