PER RICREARE L'IMMAGINE DELLA SINDONE CI VUOLE L'ENERGIA DI
50 FULMINI
di: Roberto Brumat
Uno scienziato padovano espone i suoi ultimi esperimenti. I risultati escono ora negli Stati Uniti.
Giulio Fanti: il lenzuolo impresso da un'enorme
energia
Per spiegare il segreto della Sindone servirebbero molti
fulmini, forse cinquanta. Questo stando alle ricerche che alcuni ingegneri
dell'Università di Padova conducono da sette anni per capire come si è formata
la misteriosa immagine conservata nel duomo di Torino e venerata come corpo di
Cristo dal 1147, quando Luigi VII re di Francia la vide la prima volta nella
cappella del palazzo imperiale di Costantinopoli. Le ricerche continuano
nonostante i tre esami al Carbonio 14 eseguiti in Arizona, a Oxford e a Zurigo,
abbiano datato la Sindone tra il 1260 e il 1390. Non potendo disporre di 50
milioni di Volt - tanti dice l'ingegnere americano Igor Bensen servirebbero per
riprodurre su un tessuto di lino (stando al metodo degli ingegneri padovani)
un'immagine come quella della Sindone - il professor Giulio Fanti docente di
Misure meccaniche e termiche al Dipartimento di Ingegneria Meccanica
dell'Università di Padova, nel laboratorio Alte Tensioni diretto dal professor
Giancarlo Pesavento usa un generatore che arriva a 500.000 Volt: metà
dell'energia scaricata da un fulmine.
Il professor Fanti, già fondatore del Centro
Interdipartimentale Studi e Attività Spaziali "CISAS G. Colombo",
membro di gruppi internazionali per missioni spaziali e autore di tre libri
sugli studi eseguiti per la Sindone, illustra gli oltre cento esperimenti che
ha ideato: "Usiamo un tessuto simil sindonico prodotto dall'azienda
torinese Liotex; lino con identico numero di fili e tramatura a spina di pesce
della Sindone. Spalmato di olio, lo adagiamo sotto e sopra un manichino in
scala 1:2 rivestito di vernice conduttrice a base di rame. Col manichino al
centro di un campo elettrico attiviamo tante micro scariche: si determina così
una luminescenza che genera sul tessuto macchie simili a quelle presenti sulla
Sindone; solo che le nostre si concentrano in porzioni di 15 centimetri di lino
in corrispondenza della testa e delle braccia. Per "impressionare"
l'intero manichino alto un metro, la potenza andrebbe centuplicata".
L'impronta della Sindone, secondo Giulio Fanti, sarebbe l'effetto di una fortissima
energia sprigionatasi per brevi istanti, come dimostra quella riprodotta in
scala nel laboratorio padovano. "Credo che sia il prodotto
dell'"effetto corona", qualcosa di simile alla scarica elettrica che
genera ozono, un riscaldamento di circa 10 gradi, una luminescenza e un effetto
acustico".
Così come sul sacro lenzuolo, anche su quello usato a
Padova, le macchie formatesi non sono superficiali, ma interne al tessuto. Per
il docente, nel caso della Sindone la radiazione è stata perpendicolare al
corpo. Appaiono più scure solo le fibrille di lino a contatto col corpo per uno
spessore di 200 nanometri (una misura infinitesimale), come se l'energia fosse
venuta dall'interno di quel corpo: ciò dimostra anche che non si tratta di un
falso. In questi giorni lo studio Fanti è stato pubblicato sulla rivista
scientifica americana Journal of Imaging Science and Technology: ma è solo il
primo atto, dice lo scienziato, dopo tanti anni di ricerche che il mondo
accademico internazionale ha trascurato preferendo attestarsi sulle posizioni
dei risultati del Carbonio 14. "A proposito della datazione
di frammenti della Sindone - conclude - ho condotto uno studio statistico con i
professori Fabio Crosilla dell'Università di Udine, Marco Riani dell'Università
di Parma e Atkinsons di Londra, dimostrando che i dati ottenuti sui frammenti
di Sindone trattati col Carbonio 14 non sono attendibili e in alcuni casi
riportano anche errori di trascrizione".
Roberto Brumathttp://corrieredelveneto.corriere.it
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