Anche i fotoni potrebbero avere massa a riposo?
I fotoni sono i quanti di radiazione elettromagnetica. Una convinzione
comune è che non abbiano massa a riposo ma ciò non basta ad escludere che
possano, prima o poi, decadere in altri tipi di particelle. Infatti, se i
fotoni avessero una massa a riposo, allora potrebbero decadere, in media, dopo
un miliardo di miliardi di anni. Questo spiegherebbe perché anche nella CMB (la
radiazione cosmica di fondo), che risale a circa 13,8 miliardi di anni fa, si
trovano solo debolissimi indizi a sostegno di un possibile decadimento. Massa e
decadimento sono, in certo modo, concetti complementari. Detto in modo banale,
se una particella non ha massa non c’è nulla di più leggero in cui possa
decadere. Per quanto riguarda il fotone, la teoria in realtà non esclude la
possibilità che abbia una massa a riposo, anche se una serie di prove
sperimentali esclude che abbia una massa superiore a 10 alla -18 elettronvolt,
o a 10 alla -54 chilogrammi. Uno studio effettuato da Julian Heeck del
Max-Planck-Institut per la fisica nucleare a Heidelberg, che in un articolo
pubblicato questa estate sulla rivista
Physical Review Letters spiega in che modo i fotoni abbiano massa e, di
conseguenza, prima o poi decadano in particelle più leggere – come i neutrini e
gli antineutrini. C’è però un problema: se questo è vero, è anche possibile che
i fotoni decadano in particelle in grado di andare più veloci della luce.
L’ipotesi che i fotoni abbiano una massa e una vita limitata non è
stata mai approfondita almeno per un motivo: gli astronomi osservano quanti di
radiazione elettromagnetica provenienti da oggetti cosmici distanti miliardi di
anni di anni luce senza mai aver rilevato nulla che possa far supporre ad un
simile evento. Per cercare indizi di questo possibile decadimento, Julian Heek
ha esaminato i dati relativi alla radiazione cosmica di fondo a microonde, un
residuo del Big Bang che risale a quando l’Universo era molto giovane e aveva
appena 380.000 anni. Gli indizi di possibili decadimenti sono davvero pochi. D’altronde
è risaputo: i fotoni sono stati al centro di gradi rivoluzioni in fisica ma le
loro caratteristiche sono ancora un puzzle in parte irrisolto. Basandosi sul
Modello Standard delle particelle elementari, Julian Heeck ha calcolato i
limiti teorici di durata del fotone: il limite inferiore della sua vita deve
essere di almeno tre anni. Un valore estremamente ridotto; c’è da dire che, se
i fotoni avessero una massa, dovremmo essere circondati da fenomeni che
suggeriscono il loro decadimento. Ma non è così. Come mai? Perché quei tre anni
sono calcolati nel sistema di riferimento del fotone, che viaggia a velocità
relativistiche, ovvero a quelle della luce, appunto. I fotoni dovrebbero
decadere in particelle più leggere e più veloci: “c’è una sola particella
sappiamo dal Modello Standard della fisica delle particelle che potrebbero
essere ancora più leggeri; il più leggero dei tre tipi di neutrini”, ha detto
Julian Heeck. L’idea che alcuni neutrini possano viaggiare più veloce della
luce sembra violare una requisito base della Relatività. Ma se si accetta che
il fotone ha quasi massa nulla, questa ipotesi è compatibile con la Relatività
che afferma che nessuna particella avente massa può viaggiare più veloce di una
particella a massa nulla. Per la teoria della Relatività questo significa che
l’orologio di quel fotone scorre molto più lentamente degli orologi di altri
sistemi di riferimento: a quei tre anni del sistema di riferimento del fotone
corrispondo infatti circa un miliardo di miliardi di anni (10 alla 18 anni) nel
nostro sistema di riferimento. Considerato che l’universo ha 13,8 miliardi di
anni, non stupisce che gli indizi del possibile decadimento dei fotoni siano
così rari. Sarebbe una bella fortuna trovare un decadimento attribuibile ad un
fotone; ciò potrebbe accadere solo perché, nel numero incredibilmente alto di
fotoni che viaggiano nell’universo, a uno di quelli relegati agli estremi della
coda statistica dei tempi medi di decadimento può capitare di avere una vita
tanto più breve della media. La questione della possibile massa e del decadimento
del fotone resta ancora aperta.
Commento del Dott. Giuseppe Cotellessa (ENEA)
L'ipotesi di esistenza in natura
di particelle con sole cariche elettriche senza massa potrebbe essere
verificata nel fotone, considerandolo come una struttura complessa come
l'atomo. Sappiamo che la propagazione della luce è possibile grazie alla
propagazione di un'onda elettromagnetica, Quindi è possibile che particelle
cariche solo elettricamente senza massa possano generare il campo
elettromagnetico oscillante. E' noto che il valore della massa di un corpo
dipende dalla velocità del corpo e che la massa è una forma di energia. Il
valore della carica elettrica non dipende dalla velocità ed il valore della
carica elettrica non è una forma di energia. Nel caso del fotone è noto che
oltre all'energia possiede anche una quantità di moto. Questa circostanza
potrebbe indurre ad assegnare alla carica elettrica in movimento una quantità
di moto definita come qv. Dato che
esistono fenomeni di conversione reciproca tra materia ed onda elettromagnetica
si potrebbe ipotizzare una conversione reversibile tra particelle con carica
elettrica e massa in particelle con sola carica elettrica senza massa e quindi viceversa. L'esistenza di queste particelle con sola carica elettrica senza
massa sono attualmente difficili da rilevare con strumenti anche se c'è
l'indizio della loro esistenza grazie alla rilevazione del campo
elettromagnetico. Per il momento non vado oltre questo semplice accenno su una
delle principali problematiche fondamentali della fisica.
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DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs
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