Statua di Leif Eriksson a Qassarsuk in Groenlandia. – fonte Wikipedia
di Giancarlo Pavat
Dal Nord America sono spesso
arrivate (e continuano ad arrivare) notizie di clamorose scoperte che
costituirebbero la prova dell’arrivo sulle coste del continente americano di
diverse civiltà, popolazioni e culture, secoli (se non millenni) prima di Cristoforo
Colombo. Egizi, Fenici, Cartaginesi, Ebrei, neri dell’Africa Equatoriale,
Greci, Etruschi, Romani, monaci irlandesi, persino i Cavalieri Templari, tutti
avrebbero attraversato l’Oceano Atlantico. D’altronde risponde a verità
l’asserzione secondo cui le conoscenze nautiche dell’Antichità e del Medio Evo
fossero superiori a quello che normalmente si crede. Ma se in linea teorica,
arrivare in America, magari spinti da venti sfavorevoli oppure da qualche
fortunale, sarebbe stato possibile, nessuna delle cosiddette “prove” ha mai
retto ad una approfondita analisi critica. Anche recentemente si è parlato di
un gladio romano rinvenuto ad Oak Island. L’isoletta canadese ove si trova il
famigerato “Treasure’s Pit”, il profondissimo Pozzo in cui sarebbe nascosto il
tesoro dei pirati, dei Templari, dei Massoni o di chissà chi altro. Cercato
invano da oltre due secoli da legioni di avventurieri, archeologi della
domenica, miliardari, che spesso ci hanno lasciato le penne...
“venient annis specula
seris
quibus Oceanus vincula
rerum
laxet et ingens pateat
tellus
Tethysque novos
detegat orbes
nec sit terris ultima
Thule”
(Seneca, “Medea, vv. 375-379” – I sec d.C,)
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