Pesce pagliaccio: ecco perché
Nemo vive fino a vent’anni
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa (ENEA)
I coloratissimi Amphiprion
ocellaris possono vivere in acquario per oltre venti anni. Come ci riescono? A
svelarlo il sequenziamento del genoma del pesce pagliaccio. Non solo
leggendario protagonista di Nemo per la Disney, il pesce pagliaccio appassiona
anche gli scienziati. Dopo aver svelato perché i questi animali hanno le
strisce (questione di relazioni sociali) oggi un nuovo studio risponde a
un’altra delle domande che da tempo stuzzicava i ricercatori: perché questi
pesci sono così longevi? I pesci pagliaccio, infatti, possono vivere in
acquario fino a vent’anni. Come ci riescono? Il segreto, si è scoperto, è
nascosto nei piccoli organelli delle loro cellule, come mitocondri e lisosomi.
A raccontarlo oggi è uno studio condotto da Alessandro Cellerino della Scuola
Normale di Pisa, in collaborazione con il Leibniz Institut on Aging di Jena, al
quale hanno preso parte vari istituti di ricerca tra cui la Stazione Zoologica
Anton Dohrn di Napoli(con Mirko Mutalipassi). Il lavoro è stato pubblicato
dalla rivista BMC Evolutionary Biology.
L’età dei Nemo d’Europa
Distribuendo un questionario a
tutti gli acquari pubblici europei, i ricercatori avevano scoperto che gli
esemplari più anziani di pesce pagliaccio (Amphiprion ocellaris) presenti nelle
vasche avevano oltre vent’anni. A questa età erano ancora in grado di
riprodursi regolarmente, suggerendo che fossero ancora lontani dal termine naturale
della loro vita. Proprio come avviene in natura, dove questi animali vivono in
simbiosi con diverse specie di anemone che possiedono tentacoli urticanti ai
quali i pesci pagliaccio sono immuni e che li proteggono dai predatori.
Nel DNA del pesce pagliaccio
A questo punto i ricercatori
hanno voluto identificare le basi genetiche della loro maggiore durata di vita.
Per farlo, hanno sequenziato parte del genoma dei pesci pagliaccio e lo hanno
confrontato con una specie ad essi molto affine, ma che non ha sviluppato
simbiosi con gli anemoni di mare: il pesce Chromis viridis (comunemente detto
“castagnola” o “damigella”). Comparando le sequenze delle due specie è emerso
che le proteine contenute nel mitocondrio (l’organello all’interno della
cellula che produce energia) e nel lisosoma (l’organello che si occupa di
distruggere le componenti danneggiate della cellula) si sono modificate in
maniera significativa durante l’evoluzione dei pesce pagliaccio. Questa
scoperta ha importanti implicazioni pratiche. I Matusalemme del mondo animale
noti sinora sono i pipistrelli, l’eterocefalo glabro (un roditore che vive
sottoterra), gli elefanti e le balene, lo studio dei quali è impossibile o
comunque molto complesso. Per contro, i pesci pagliaccio sono di piccole
dimensioni (8 cm circa), sono tra i pesci marini più semplici da mantenere in
acquario e vengono riprodotti regolarmente in cattività per rifornire il
mercato degli appassionati. Essi rappresentano dunque il primo modello animale
di longevità che può essere facilmente mantenuto ed osservato in laboratorio. Lo
studio apre la strada ad un approccio completamente nuovo per identificare i
meccanismi attraverso i quali il genoma determina la longevità.
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