(foto Yale University)
da:
Un altro studioso sostiene di
esserci riuscito e sta ricevendo molte attenzioni dai giornali, ma storici e
linguisti dicono che è aria fritta e che il mistero rimane.
Molti giornali hanno pubblicato la notizia dell’avvenuta decifrazione del manoscritto Voynich, un
misterioso codice illustrato che si ritiene risalga al Quindicesimo secolo,
compilato con un sistema di scrittura che da decenni tiene impegnati storici,
linguisti e semplici appassionati. Anche i media italiani hanno ripreso la
notizia, dandole ampio spazio con titoli categorici come: “Decifrato il
manoscritto Voynich” (Repubblica), “Decifrato ‘Voynich’, il manoscritto più
misterioso” (HuffPost), “Manoscritto Voynich: svelato il codice più misterioso
della storia scritto da 400 monache” (Fanpage) e “Craccato il codice più
misterioso dei manoscritti” (ANSA). Il problema è che Gerard Cheshire –
l’autore della ricerche che sostiene di avere decifrato il manoscritto – è già
stato ampiamente criticato, con grandi dubbi circa le sue dichiarazioni e il
metodo stesso con cui ha svolto i suoi studi. Il codice, insomma, non è stato
“craccato” come si è letto in giro.
Il manoscritto, datato tra il
1404 e il 1438, fu acquistato nel 1912 da Wilfrid Voynich – un mercante di
libri rari inglese di origini polacche – dal Nobile collegio gesuita di Villa
Mondragone, un paese vicino a Frascati (Roma). Oltre a usare un sistema di
scrittura ignoto, il codice presenta numerose illustrazioni, con piante, strani
oggetti, donne nude e simboli dello zodiaco. Attualmente fa parte della
Beinecke Library dell’Università di Yale (Stati Uniti) e Giacomo Papi ne aveva
raccontato più estesamente la storia qui sul Post:
Un codice illustrato così
misterioso ha comprensibilmente attirato la curiosità e l’interesse di numerosi
studiosi nel corso degli anni. Le teorie su cosa sia e cosa racconti il
manoscritto Voynich sono ormai innumerevoli, e si va da chi sostiene che sia un
compendio sull’utilizzo di particolari erbe officinali a chi ritiene sia un
sistema per interpretare lo zodiaco. Non essendo stati ritrovati altri codici
scritti con lo stesso sistema, c’è anche chi ha messo in dubbio l’originalità
dell’opera, ipotizzando che possa essere un falso forse realizzato dallo stesso
Voynich. Una datazione al radiocarbonio sembra però avere escluso questa
eventualità, collocando l’origine del manoscritto ai primi decenni del
Quattrocento.
Cheshire, che lavora presso l’Università di Bristol (Regno
Unito), non è il primo a dichiarare di avere risolto il mistero del manoscritto
Voynich. Negli anni decine di ricercatori avevano annunciato risultati simili,
finendo poi per essere smentiti dai loro colleghi, con dimostrazioni circa la
fragilità delle loro affermazioni. Nel 2017, per esempio, lo storico e autore
televisivo Nicholas Gibbs pubblicò un articolo sulla rivista Times Literary
Supplement:
spiegando il modo in cui aveva decifrato il codice. Sostenne che il
manoscritto fosse una sorta di manuale per la salute delle donne, un elenco di
abbreviazioni di parole latine che identificavano piante officinali e ricette
per preparare medicamenti. Accompagnò le sue affermazioni con due righe di
testo per dimostrare di essere riuscito a tradurlo. Altri studiosi si
interessarono alle sue affermazioni, concludendo che non stessero in piedi:
Gibbs aveva semplicemente messo insieme informazioni già note sul manoscritto
Voynich, aggiungendo elementi nuovi non sostenuti da prove.
Lo scorso anno era
stato invece un ingegnere turco, Ahmet Ardiç, a sostenere di avere capito il
sistema di scrittura del manoscritto. Secondo lui, il testo sarebbe una
versione fonetica del turco antico. La spiegazione era plausibile e in parte
dimostrabile, ma non aveva comunque consentito di fare grandi progressi ed era
quindi rimasta un’ipotesi come altre.
Ora Gerard Cheshire sostiene di avere
capito tutto, tra lo scetticismo degli altri esperti. Secondo lui il manoscritto
Voynich fu scritto in una “lingua protoromanza” e messo insieme da una suora
domenicana, per conto di Maria di Castiglia, regina consorte di Aragona.
Cheshire sostiene di essere riuscito a decifrare il tutto in appena un paio di
settimane, trovando la giusta chiave di interpretazione cercata senza successo
per almeno un secolo da alcuni dei più capaci e dotti linguisti. Nel suo
studio, pubblicato sulla rivista Romance Studies:
Cheshire sostiene che non vi
siano altre tracce di questa oscura “lingua protoromanza” perché raramente
veniva utilizzata nei documenti ufficiali, per i quali veniva preferito il
latino. Questo vorrebbe quindi dire che il manoscritto Voynich è l’unica
testimonianza rimasta di quella lingua. Sono pochissimi gli studiosi che ritengono
sia esistito il “protoromanzo”, inteso come una sorta di lingua unitaria tra
latino e le successive lingue romanze, tanto da non avere mai avuto un
particolare seguito nella comunità scientifica. Cheshire spiega che
l’alfabeto in cui è scritto il codice illustrato è un insieme di simboli noti e
ignoti, senza punteggiatura autonoma, sostituita da alcuni simboli sulle
lettere per indicare accenti e organizzazione delle frasi. Secondo le sue
osservazioni, tutte le lettere sono minuscole e non ci sono casi di consonanti
doppie nelle parole. Talvolta, si trovano abbreviazioni in latino.
Il lavoro di
Cheshire ha lasciato molto scettici gli studiosi che si sono dedicati al
manoscritto Voynich o, più in generale, che studiano i documenti del Medioevo.
Tra i critici più severi c’è Lisa Fagin Davis, direttrice della Medieval
Academy of America:
la più grande organizzazione statunitense che si occupa di
promuovere gli studi sul Medioevo. Fagin Davis era già stata molto critica un
paio di anni fa con il lavoro di Gibbs, ma su quello di Cheshire è stata ancora
più severa, come dimostra questa spiegazione che ha fornito ad Ars Technica:
"Come
buona parte delle interpretazioni sul manoscritto Voynich, anche questa è
circolare e ambiziosa: [Cheshire] inizia teorizzando che cosa potrebbe
significare una particolare serie di segni, di solito per via della prossimità
di una parola con un’immagine che crede di potere interpretare. Poi consulta il
maggior numero possibile di dizionari medievali di lingue romanze fino a quando
trova una parola che sembra adattarsi alla sua teoria. In seguito sostiene che
la sua teoria è corretta, visto che ha trovato una parola in una lingua romanza
che ben si adatta alle sue ipotesi. Le sue “traduzioni” ". Le critiche di Fagin Davis hanno portato altri
studiosi a esprimere le loro perplessità e i loro forti dubbi circa le
dichiarazioni di Cheshire. È emerso che alcune valutazioni contenute nel suo
studio risalgono ad analisi precedenti, che avevano già evidenziato stranezze e
cose che non tornano nel manoscritto Voynich. I nomi che accompagnano le
illustrazioni dello zodiaco, per esempio, furono probabilmente aggiunti in un
secondo momento e non durante la prima stesura del codice illustrato. Insomma,
nonostante le dichiarazioni di Cheshire, quelle precedenti di Gibbs e i titoli
su molti giornali degli ultimi giorni, il manoscritto Voynich continua a
rimanere un mistero. In futuro ci saranno sicuramente altri studi sul documento
e probabilmente sarà nuovamente annunciata la sua decifrazione. Anche per
questo Fagin Davis ha consigliato in un tweet:
cinque criteri che le ricerche
sui documenti devono soddisfare, per non farsi ingannare:
1 1) nozioni
primitive solide,
2 2) riproducibilità
da parte di altri,
3 3) aderenza
alla realtà linguistica e codicologica,
4 4) testo
che abbia senso,
5 5) corrispondenza
logica tra testo e illustrazione.
“Nessuno ha ancora spuntato tutte
e cinque le caselle”.
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