Paleoastronautica - Archeologia misteriosa - Miti e Civiltà scomparse - Nuove frontiere della fisica della medicina e della ricerca scientifica - ATTUALITA' SCOMODE - NOETICA
Con questo libro Marco La Rosa ha vinto il
PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO
ALTIPIANI DI ARCINAZZO 2014
* MISTERI DELLA STORIA *
con il patrocinio di: • Associazione socio-culturale ITALIA MIA di Roma, • Regione Lazio, • Provincia di Roma, • Comune di Arcinazzo Romano, e in collaborazione con • Associazione Promedia • PerlawebTV, e con la partnership dei siti internet • www.luoghimisteriosi.it • www.ilpuntosulmistero.it
PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO
ALTIPIANI DI ARCINAZZO 2014
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LA NUOVA CONOSCENZA
martedì 30 agosto 2016
venerdì 26 agosto 2016
IL PRINCIPIO DELL'IMMORTALITA' : VIDEO
SE TI E' PIACIUTO QUESTO POST NON PUOI PERDERE:
LA VERA "GENESI" DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?
"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA"
" IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: LA VERA GENESI DELL'HOMO SAPIENS"
DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs
martedì 23 agosto 2016
MATEST AGREST: UNO SCIENZIATO ALLE ORIGINI DELLA PALEOASTRONAUTICA
Da:
Il 20 settembre 2005 moriva,
ormai novantenne, il matematico ed etnologo russo Matest Agrest Mendelevitch,
conosciuto per il suo contributo alla teoria delle funzioni cilindriche
incomplete e ancor di più per l’ipotesi di paleocontatto espressa in tempi davvero non
sospetti. Infatti, al pari dell’archeologo francese Henri Lhote (che
individuò i dipinti e le incisioni del Tassili in Algeria), Agrest deve essere
ricordato per essere stato tra i primi scienziati a divulgare la tanto discussa
teoria degli antichi astronauti. Insomma, almeno un decennio prima che
identiche ipotesi fossero poi riprese, sviluppate e strumentalizzate anche da
scrittori senza scrupoli. Qualcuno di voi ricorderà che il nome di questo
sconosciuto Agrest compariva nei lavori di Peter Kolosimo ma non tutti
conoscono la vita di quest’accademico. Vale la pena porre rimedio, anche se in
forte ritardo.
Lo scienziato rabbino:
Nato da famiglia ebraica il 20
luglio 1915 a Mogilev, nel villaggio di Knyazhitsy, in Bielorussia, nel 1929
divenne rabbino e, mentre lavorava in fabbrica, riuscì a frequentare la scuola
secondaria, diplomandosi cinque anni dopo. S’iscrisse poi alla facoltà di
matematica e meccanica dell’Università di Leningrado. Laureatosi, entrò nella
Graduate School of Astronomical Institute di Mosca, dipartimento di meccanica
celeste. Qui incontrò e fece amicizia con l’astrofisico Joseph V. Sklovskij,
membro dell’Accademia delle Scienze. In questo frangente Agrest studiò le
caratteristiche meccaniche del movimento degli anelli di Saturno. Allo scoppio
della Seconda Guerra Mondiale si ritrovò mobilitato e di stanza a Gorky al
comando di un plotone di sbarramento. Durante un temporale un fulmine colpì la
mongolfiera ove si trovava e, a causa dell’incendio, Agrest rimase ferito:
questo gli permise di completare gli studi universitari. Lavorò quindi presso
l’Istituto di Chimica e Fisica, aggregato al progetto atomico del gruppo
Zel’dovich, ove fu incaricato di eseguire i calcoli dei processi esplosivi. Dal
1948 cominciò a lavorare al KB-11, nel villaggio che in seguito divenne noto
come Arzamas-16 ma nel 1951, convocato dai superiori, fu licenziato. Agrest non
volle mai parlare dei motivi dell’allontanamento, avvenuto probabilmente per
l’educazione religiosa ricevuta. All’epoca, avendo una famiglia numerosa e
versando in precarie condizioni economiche, gli vennero in soccorso alcuni
colleghi che avevano lavorato con lui al progetto dell’atomica, tra cui Andrei
Sacharov, che gli permise di occupare il suo appartamento a Mosca per circa sei
mesi. Mentre la famiglia si trasferiva in Abkhazia, Agrest lavorò (fino al
1960) presso l’istituto fisico/tecnologico di Sukhumi (SFTI), in un sobborgo di
Sinup, all’interno di un laboratorio ove un’equipe di scienziati russi e
tedeschi, praticamente segregati, portavano avanti sperimentazioni connesse
all’utilizzo militare dell’energia atomica. Balzò alle cronache nel 1959 quando
sostenne che i terrazzamenti di pietra del sito archeologico di Baalbek
potevano essere stati utilizzati per il lancio di navicelle spaziali,
aggiungendo che la distruzione delle bibliche città di Sodoma e Gomorra era da
attribuirsi a un’esplosione atomica provocata intenzionalmente da esseri
provenienti da un altro pianeta. Le sue teorie non ortodosse, che chiaramente
all’epoca scandalizzarono l’ambiente accademico occidentale, furono pubblicate
per la prima volta nel 1960 sulle pagine della rivista Literaturnaja Gazeta
(nr. 17, pag. 2, 9 febbraio 1960); quanto asserito da Agrest trovò ampio
risalto all’estero, anche grazie agli articoli pubblicati il giorno dopo sul
The New York Times e sul Los Angeles Times. Matest Agrest ci andò subito con il
piede pesante, sostenendo che alcuni episodi descritti nella Bibbia, secondo
lui, si riferivano a interventi di esseri extraterrestri; nelle sue asserzioni
anche Gesù Cristo divenne un alieno e la stella di Betlemme non era altro che
l’astronave del Salvatore. Non dobbiamo dimenticare che le dichiarazioni di
Matest Agrest, come quelle similari del popolare scrittore di fantascienza
Alexander Kazantsev, nascevano in un contesto anche strumentale in favore
dell’ateismo.
L’incontro con Stix e
un’enigmatica fotografia:
Nel luglio del 1960 riuscì
finalmente a confrontarsi con alcuni scienziati statunitensi facenti parte di
una delegazione estera giunta in Unione Sovietica per un seminario dedicato al
plasma e alla fusione. Tra questi Thomas Howard Stix, professore emerito di
Scienze astrofisiche all’Università di Princeton, un originale pensatore,
ricordato tra i più importanti sviluppatori nel settore della fisica del
plasma. Fu Stix a chiedere un incontro con Agrest poiché sapeva delle sue
convinzioni sul paleocontatto scaturite dallo studio sui testi originali della
Bibbia. Stix, che asseriva di conoscere anche l’ebraico, riferì che avrebbe dovuto
relazionare, di lì a poco, ad una conferenza presso l’Università di Bar-Ilan. I
due si trattennero a discutere per una notte intera. La conversazione avvenne
in inglese poiché, a quanto sembra, l’ebraico di Stix era assai stentato. Il
giorno seguente ci fu un trasferimento in pullman per una visita al lago Riza
nel Caucaso e i due stavano ancora discutendo tra loro, stavolta sotto lo
sguardo sospettoso dei colleghi e superiori di Agrest, che cercarono di
carpirne i discorsi. Prima di congedarsi, Stix regalò a Agrest una fotografia
in cui era ritratto nell’appartamento di Einstein. Agrest non seppe mai il
motivo di quel dono e nemmeno chi fossero le altre due persone immortalate
nella foto. L’incontro con lo studioso statunitense, dopo ben dodici anni di
completo isolamento, rimase indelebile in Agrest; due giorni dopo Agrest
dovette delle spiegazioni sul fatto di aver fornito il proprio indirizzo a Spix
e per questo fu accusato di violazioni di segreti. Per fortuna i suoi
accusatori, Hoof e Ogurtsov, furono licenziati poiché implicati in un giro di
tangenti e lo scienziato non subì ulteriori conseguenze.
Brillanti idee o voli di
fantasia? :
Si era in piena Guerra Fredda e
la maggior preoccupazione per l’URSS era quella di difendersi da attacchi con
missili nucleari. Agrest lesse un articolo in cui si proponeva di utilizzare
una barriera formata da miliardi di sottili aghi in orbita attorno alla Terra
che, similmente agli anelli di Saturno, avrebbero fatto esplodere i missili
nello spazio. Agrest si ricordò quindi dei suoi studi su Saturno, compiuti anni
prima per la tesi di dottorato, e ipotizzò che su Saturno potesse esserci vita
intelligente e che gli anelli avessero una funzione difensiva: in questo caso,
non si poteva escludere che in un lontano passato gli abitanti di questo
pianeta avessero visitato la Terra. Inevitabilmente, se c’era vita su Saturno
non si poteva escludere nemmeno, in linea di principio, che forme intelligenti
abitassero nella galassia di miliardi di stelle che, come il Sole, potevano
ospitare sistemi planetari. Per dimostrare questa teoria occorreva chiaramente
trovare le tracce del soggiorno terrestre di questi alieni. Secondo Agrest la
traduzione esatta dei giganti della Genesi che abitavano la Terra era caduti.
Ora il problema di Agrest era sapere quando queste creature erano cadute e
partendo dal presupposto che questo fatto, secondo il testo sacro, era inserito
dopo l’enumerazione dei diretti discendenti di Adamo, l’attenzione dello
scienziato andò a Enoch, figlio di Jared. Nel Vecchio Testamento si dice che
ciascuno dei patriarchi (tranne Enoch) visse una lunga vita e morì in tarda
età. Enoch invece aveva camminato con Dio perché lo aveva preso con sé. Alcuni
degli eventi descritti nel Vecchio Testamento potevano in qualche modo essere
testimonianze scritte di visitatori extraterrestri. L’attenzione di Agrest andò
alla descrizione della distruzione delle città di Sodoma e Gomorra e, come
membro del progetto nucleare, conosceva bene le conseguenze di un’esplosione
atomica. Effettivamente nel Vecchio Testamento è scritto che le persone furono
accecate dalla luce e solo uno spesso strato di terra avrebbe potuto proteggere
dalle radiazioni ionizzanti. Da lì Agrest iniziò a ricercare altre località
della Terra che potessero aver ospitato gli alieni e non tardò ad arrivare a
Baalbek, ove esistono enormi lastre di pietra che non si sa bene come fossero
mosse dai nostri antenati. Agrest suggerì che la piattaforma di Baalbek fosse
stata costruita da astronauti caduti sul nostro pianeta, così rimasta a futura
memoria della loro permanenza. Lo scienziato scoprì alcune prove indiziarie in
cristalli fusi rinvenuti in quella zona, forse originati da esplosioni
nucleari, teorizzando che le astronavi fossero mosse da energia atomica. Agrest
scrisse quel che pensava in alcuni manoscritti e li trasmise, per la prevista
autorizzazione alla stampa, al Comitato Regionale del Partito Comunista della
Georgia, ben conscio che difficilmente sarebbero stati presi in considerazione.
Invece, il responsabile Hvartskiya giudicò interessante il lavoro e fornì il
permesso allo scienziato di relazionare a un seminario scientifico presso
l’istituto SFTI di Sukhumi. Agrest parlò per oltre un’ora e in sala vi era un
assoluto silenzio. Per paura di cadere nel ridicolo, parlò sorridendo spesso
poiché, in caso di reazioni negative, avrebbe potuto sostenere che si trattava
solamente di uno scherzo. Quando terminò la sua relazione dal pubblico giunse
uno scroscio di applausi. Agrest ricordò di aver reagito perdendo il controllo
e iniziando anche a tremare. Il famoso fisico sovietico Frank Kamenetskii
(calcolò esattamente le probabilità di annodamento del DNA) era propenso a far
pubblicare un articolo con le teorie di Agrest sulla rivista Nature ma il
comitato di redazione rifiutò il contributo, giudicandolo troppo pericoloso. Le
idee di Agrest avevano stuzzicato anche l’accademico Igor Kurchatov (il
fondatore dell’Istituto per l’Energia Atomica di Mosca) che gli suggerì di
scrivere una versione abbreviata dell’articolo per la pubblicazione negli Atti
dell’Accademia delle Scienze. Purtroppo nel febbraio 1960 Kurchatov morì senza
essere riuscito a far pubblicare il lavoro. Nonostante tutto, alcune fotocopie
del manoscritto erano state distribuite e da Mosca giunsero a Sukhumi i
giornalisti Michael Cernenko e Valentin Rich e il 9 febbraio l’articolo “Tracce
portate dallo spazio?” appariva sulle pagine della Gazzetta Letteraria. La
notizia fu trasmessa anche per radio e il giorno dopo, come già scritto,
ripresa con grande risalto dalla stampa occidentale. Un anno dopo fu pubblicato
un secondo articolo (“Gli astronauti dell’antichità”) ma a questo punto la
comunità scientifica sovietica intervenne pesantemente affermando che le idee
del giovane Agrest erano nocive e distraevano l’ambiente dai reali problemi
scientifici. Fu anche condannato l’uso di storie bibliche, arrivando a definire
pseudo-scienza le idee di paleocontatto. In verità, a parte queste critiche,
non fu mossa alcuna obiezione riguardo l’ipotesi avanzata dallo scienziato. In
fondo Agrest aveva sviluppato la sua idea con sobrietà, da scienziato,
proponendo la ricerca di prove per confutare la teoria. Inizialmente, tra i
sostenitori del paleocontatto ci fu Joseph Samuilovich Sklovskij che nel suo
libro “L’universo, la vita, la mente” citava l’idea del paleocontatto; in
seguito l’avrebbe contrastata asserendo che l’uomo era solo nell’universo: non
perché avesse trovato presupposti erronei alla teoria del paleocontatto bensì
sulla scorta delle sue osservazioni astronomiche. La possibilità di un contatto
con altre civiltà fece sorgere progetti SETI (Search for Extra-Terrestrial
Intelligence, Ricerca di Intelligenza Extraterrestre) dappertutto per captare
segnali artificiali provenienti dallo spazio. Paradossalmente, mentre in Unione
Sovietica l’idea del paleocontatto veniva giudicata non scientifica, in
Occidente andava riscuotendo grande popolarità soprattutto per l’interessamento
dell’astrofisico statunitense Carl Sagan (che nel 1966 con Shklovskij pubblicò
“Vita intelligente nell’universo”) che di fatto si appropriò dell’idea
originariamente di Agrest. Il sovietico, vivendo in una nazione
intellettualmente ancora isolata dal resto del mondo, non poteva certo
raggiungere la fama di Sagan, che pur mise a repentaglio la propria credibilità
scientifica pubblicando numerosi articoli su riviste scientifiche e arrivando a
dare alle stampe il romanzo di fantascienza “Contact”. Purtroppo anche Sagan,
con l’avvento degli scrittori da strapazzo, si allontanò dall’idea iniziale e
questo è stato certamente deleterio per la ricerca negli anni a venire.
Shamir, il laser di Mosè:
Agrest, dal canto suo, tornò
nell’anonimato e dopo aver diretto, dal 1970 in poi, il laboratorio
dell’università di Leningrado, nel 1992 emigrò con la famiglia negli Stati
Uniti e visse a Charleston (South Carolina): qui poté finalmente confrontarsi
con i colleghi statunitensi, dopo decenni d’isolamento patito in patria. Fu
invitato a esporre le proprie convinzioni in una conferenza tenutasi a Las
Vegas dal 2 al 4 agosto 1993 ed era la prima volta che capitava dal lontano
1959. Durante quel convegno Agrest sostenne che almeno una volta astronauti
extraterrestri avevano visitato la Terra, aggiungendo che erano creature
antropomorfe e che nell’universo vi erano molti pianeti abitati da esseri
intelligenti. Nel 1995 pubblicò il volume “L’antico miracoloso meccanismo
Shamir”, in cui identificava lo Shamir come uno strumento utilizzato per il
taglio e l’incisione di pietre durissime. Lo Shamir era descritto nel Talmud
(uno dei testi sacri dell’Ebraismo) come un “verme tagliente” – “…la Shamir (un
verme che può perforare qualsiasi cosa difficile… usato per scolpire i nomi dei
Shevatim sulle pietre del Choshen”. Pesachim 54°) – e nello Zohar (altro libro
sacro degli Ebrei, importante per la tradizione cabalistica) un “tarlo
metallico divisore”. Nella Bibbia, Geremia 17/1, è descritto come un diamante: “Il
peccato di Giuda è scritto con uno stilo di ferro, con una punta di diamante è
inciso sulla tavola del loro cuore e sugli angoli dei loro altari…”; lo stilo
era la penna usata all’epoca per incidere sulle tavolette di cera: poteva
essere una specie di raggio laser ricavato appunto da un diamante. Questo
“verme di diamante”, adoperato per tagliare e forare, era considerato di natura
divina e per questo motivo raramente affidato agli esseri umani. Agrest precisò
che poteva essere stato descritto come un insetto a causa dell’errata
traduzione della parola latina “insectator” (tagliatore), quindi scambiato per
un “tarlo” perché praticava dei fori. Oggi, a sette anni [oggi undici, ndr
Nexus] dalla sua morte, a ricordarne l’opera pioneristica, quale fautore della
teoria degli antichi astronauti, è forse rimasto solo il figlio Mikhail,
insegnante di fisica e astronomia al College di Charleston. Mikhail, sulle orme
del padre, ha cercato di spiegare il fenomeno di Tunguska come l’esplosione di
una navicella aliena. La figura di Agrest, questo temerario scienziato
sovietico che cercò di squarciare il velo del silenzio, meriterebbe ben altra
considerazione, soprattutto da parte di chi si occupa tuttora di queste
problematiche.
Da:
Fonte:
simonebarcellipaginaweb.wordpress.com/
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DI MARCO LA ROSA
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sabato 20 agosto 2016
CHEMTRAILS: NUOVE ANALISI SUI CARBURANTI AVIO
SEGNALATO DAL DR. GIORGIO PATTERA
(BIOLOGO)
LA SCIENZIATA ULRIKE LOHMANN
CONFERMA: RILEVATI BARIO ED ALLUMINIO NEI CARBURANTI AVIO
“Ulrike Lohmann è una docente di
Fisica dell’atmosfera presso l’ETH di Zurigo ed è specializzata in nefologia.
Nel 2013 la professoressa Lohman eseguì delle analisi presso l’aeroporto di
Zurigo, insieme con l’Ufficio federale dell’aviazione. Gli esami erano
finalizzati a stabilire la composizione chimica dei gas di scarico delle
turbine. Fu reperita in primo luogo fuliggine che è essenzialmente carbonio,
come nel gas di scarico degli autoveicoli. Non solo, furono rilevati sedici
(16) diversi metalli tra cui bario ed alluminio, ma anche ferro, nickel,
piombo, rame oltre al calcio.
Le rilevazioni della scienziata elvetica sono una
conferma che le analisi di combustibile Jet-A1, commissionate da Tanker enemy
ad un importante laboratorio francese, furono falsificate. Abbiamo ora le
dichiarazioni di un’esperta, Ulrike Lohmann. Ella dichiara di aver trovato
metalli nei gas combusti degli aviogetti, ma anche nel carburante aeronautico.
Tra questi metalli, ovviamente, si annoverano alluminio e bario. Che cosa
abbiamo sempre sostenuto? I negazionisti hanno senza sosta asserito che non è
possibile che i carburanti avio contengano bario ed alluminio; ora, di fronte
ad acquisizioni inconfutabili, con la solita improntitudine, affermano che le
concentrazioni di questi e di altri metalli non sono poi così elevate. Ammesso
e non concesso che ciò sia vero, come ignorare il problema dell’accumulo,
considerate le ingenti e quotidiane emissioni tossiche del traffico aereo? La
composizione chimica delle emissioni di particolato non volatile dei motori
aeronautici è stata studiata, usando la spettrometria di massa. I gas di
scarico provenienti da tre diversi motori di aerei sono stati campionati ed
analizzati. La stragrande maggioranza delle particelle analizzate ha mostrato
di contenere carbonio elementare (fuliggine, vedi anche gli studi di Marvin
Herndon). I composti metallici identificati erano tutti internamente mescolati
con le particelle di fuliggine. I metalli più abbondanti nel gas di scarico
erano Cromo, Ferro, Molibdeno, Vanadio, Alluminio, Bario, Rame, Piombo, Nickel,
Manganese, Titanio, Zirconio. Sono stati individuati pure Calcio, Sodio,
Silicio”.
By Tanker Enemy
Redazione Segnidalcielo
FONTE: OVERCAST PROF ULRIKE LOHMANN (ENGLISH) –
ALUMINIUM AND BARIUM IN THE JET FUEL,
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martedì 16 agosto 2016
ORIGINE DELLA VITA E MICRO ORGANISMI ESTREMOFILI
Immagine aerea del Grand Prismatic Spring, nel parco
nazionale di Yellowstone. La colorazione brillante è in parte dovuta alla
presenza di termofili.
SEGNALATO DAL DR. GIORGIO PATTERA
(BIOLOGO)
“Un estremofilo è un microrganismo che
sopravvive e prolifera in condizioni ambientali proibitive per gli esseri umani,
ad esempio in ambienti che presentano valori estremamente alti o bassi di
temperatura, pressione, pH o salinità”.
Da:
"Ecco Luca: è lui l'antenato
di tutti gli esseri viventi". Gli scienziati scoprono un organismo
unicellulare "chiave"
Potrebbe essere lui l'ultimo
antenato comune a tutti gli esseri viventi, colui che c'era ancor prima che le
specie si formassero e diversificassero. Si chiama LUCA o Last Universal Common Ancestor,
è un organismo unicellulare risalente a 4 miliardi di anni fa e, secondo gli
scienziati della Heinrich Heine University of Düsseldorf, riusciva a
sopravvivere in ambienti vulcanici, privi di ossigeno e ricchi di minerali, in
condizioni molto simili a quelle delle sorgenti idrotermali che ancora oggi
esistono in alcune zone del pianeta. Lo Smithsonian sintetizza così la
scoperta: "Ognuno di noi è evoluto a partire da un antenato unicellulare
vissuto 4 miliardi di anni fa quando la Terra era solo una bambina".
(Insomma deriveremmo tutti da un cosiddetto “estremofilo – alieno” – ndr MLR)
Scovarlo non è stato facile: i
biologi hanno cercato tra oltre 6 milioni di geni appartenenti ad altri
organismi unicellulari (Archaea e Bacteria), fino ad isolarne 355 che sarebbero
appartenuti a Luca. Dall'analisi dei geni, hanno ricostruito il suo metabolismo
e l'habitat in cui viveva. Un ambiente sicuramente inospitale per l'essere
umano, ma in cui Luca è riuscito a sopravvivere: in assenza di ossigeno e a
temperature relativamente elevate, questo organismo unicellulare si nutriva di
anidride carbonica, azoto e idrogeno, sfruttando anche metalli come il ferro e
altri elementi come il selenio. La notizia della scoperta, riportata sulla
rivista "Nature Microbiology", ha fatto il giro del mondo e ha acceso
un dibattito nell'ambiente scientifico. "Quando parliamo del metabolismo
di Luca - ha commentato James McInerney, biologo dell'Università di Manchester
- parliamo del metabolismo dominante e di maggior successo sul pianeta Terra
prima che gli esseri viventi si dividessero in batteri e archea. Questo nuovo
studio ci offre un'affascinante visione della vita risalente a quattro miliardi
di anni fa'". Alcuni ricercatori, però, hanno preferito frenare
l'entusiasmo e andare più cauti: "Il ritratto genetico di Luca è
interessantissimo, ma non ha nulla a che vedere con le reali origini della vita
sulla Terra", ha affermato John Sutherland, chimico alla University of
Cambridge. Insomma, la ricerca deve andare avanti, ma una cosa è certa:
"Stiamo vedendo qualcosa per il quale prima non c'era alcuna evidenza
scientifica - ha spiegato William Martin, autore dello studio -. Soltanto
ponendo la giusta domanda al genoma, siamo riusciti ad ottenere risposte molto
interessanti".
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venerdì 12 agosto 2016
UN BOSONE "ZOPPICANTE" E...UNA PARTICELLA CHE NON C'E'
Nessun nuovo bosone di Higgs, la particella fantasma non c'è
“I dati raccolti nel 2015
facevano ipotizzare l'esistenza di una particella ancora sconosciuta. Ora il
Cern la esclude. I ricercatori: ''Non siamo delusi, si è trattato di una
fluttuazione statistica''. Mentre il Large hadron collider, potenziato, ha
raggiunto risultati record per le accelerazioni di protoni, alla ricerca della
Nuova fisica…”
UNA STRADA GIUSTA? OPPURE UN
GRANDE SPRECO DI RISORSE PUBBLICHE? (NDR – MLR)
“NIENTE da fare, non c'è nessun
''nuovo bosone di Higgs''. Quella che poteva essere la nuova scoperta del
secolo nel campo delle particelle quantistiche e che avrebbe potuto aprire la
strada sperimentale a una ''nuova fisica'' si è rivelata una fluttuazione
statistica, praticamente una ''coincidenza''. Così improbabile da far pensare
agli scienziati del Cern di essere di fronte a una rivelazione tanto
inaspettata quanto rivoluzionaria. L'Istituto nazionale di fisica nucleare ha
reso noto i risultati della verifica sulle anomalie registrate nel 2015 in due
dei quattro esperimenti del Large hadron collider all'apertura dell'Ichep, la
conferenza internazionale di fisica delle alte energie di Chicago. Il possibile
segnale di nuova particella di massa 750 GeV (gigaelettronvolt) che decade in
due fotoni, era comparso negli esperimenti Cms e Atlas dell'acceleratore di
particelle più grande del mondo, quando è stato rilevato un picco nella
distribuzione della massa di due fotoni. L'ipotesi era che fosse il prodotto
del decadimento di una particella ancora sconosciuta: ''Prendiamo i dati che
vengono dalle collisioni che la macchina produce - spiega Leonardo Carminati,
ricercatore del progetto Atlas e responsabile dell'analisi dei dati - e
contiamo quanti sono gli eventi in cui si è prodotto uno stato finale, il
decadimento in due fotoni ad alta energia. Alla fine dello scorso anno abbiamo
osservato più eventi rispetto alle previsioni del Modello standard''. Un picco
che poteva essere interpretato come la produzione di una nuova particella. L'analogia
con la scoperta del bosone di Higgs, nel 2012, faceva ben sperare. Anche la
''particella di Dio'' fu individuata partendo da un eccesso di fotoni, per
questo si pensava che potesse trattarsi di un ''cugino'', più grande di circa
sei volte: 126 GeV il bosone di Higgs, la misteriosa apparizione ha registrato
750 GeV. Sarebbe stata, inoltre, la particella più massiccia mai osservata,
molto superiore ai 173GeV del quark top (partendo dalla misurazione
dell'energia, la massa si ottiene con la ben nota euqazione E=mc2 ). "La
differenza con l'Higgs - continua Carminati - è che quella volta sapevamo che
qualcosa avremmo trovato, c'era molta eccitazione. Questo caso era molto più
ambiguo perché il 'Modello standard', una volta scoperto il bosone di Higgs,
non prevede nient'altro e non ha crepe. Anche se spiega solo una minima parte
di quello che possiamo osservare nell'Universo''. Il lancio della moneta. Senza
essere stata confermata, la particella ''fantasm'' aveva già diversi nomi non
ufficiali: ''mister Ics, Digamma, 750 o, semplicemente ''la cosa''. Per capire
se si fosse trattato di una ''coincidenza'' statistica (''come lanciare per sei
volte una moneta e ottenere sempre testa'') o la prova di qualcosa di
eccezionale era necessario ripetere le osservazioni. Così la fantasia dei
fisici teorici si è scontrata, infine, con la realtà dei dati del 2016,
presentati alla conferenza di Chicago. ''Sapevamo che poteva essere così -
commenta Marina Cobal, responsabile nazionale Infn dell'esperimento Atlas - ci
tengo a precisare che non siamo delusi, anzi. Si è trattato di una fluttuazione
statistica, noi sperimentali sappiamo che ogni tanto esistono questi
''scherzi'' del caso. Noi non abbiamo mai parlato di una nuova scoperta, comunque
tutti gli studi che sono seguiti hanno il merito di aver elaborato idee nuove
sulle quali lavorare''. I ricercatori non hanno fatto altro che continuare a
lanciare quella monetina: con una statistica molto più ampia i risultati sono
tornati nella media prevista. Alla notizia della anomalia la comunità
scientifica si era subito scatenata: in pochi mesi sono centinaia gli studi già
prodotti per teorizzare la natura della particella fantasma, fino a ipotizzare
anche che potesse trattarsi del gravitone, il responsabile della forza di
gravità. Questo dimostra la portata della rivoluzione che ne sarebbe potuta
derivare, che avrebbe in qualche modo permesso di superare quel modello
standard che funziona benissimo nello spiegare le osservazioni di fisica subatomica
fatte finora, ma che non spiega la forza di gravità e non è compatibile con la
relatività generale di Einstein.
Nel frattempo, il Large hadron
collider del Cern ''accelera'': dopo il potenziamento che permette collisioni a
energie pari a 13TeV , ha raggiunto una ''luminosità'' superiore alle
previsioni con 2.000 pacchetti di protoni a ogni fascio e ottenendo più di un
miliardo di collisioni ogni secondo. È anche grazie alle nuove possibilità
dell'Lhc che sono stati verificati i dati del 2015 ma, cosa più importante,
continua a Ginevra la ricerca di fenomeni non previsti proprio dal Modello
standard delle particelle elementari: ''Non ho mai visto così tanti risultati
così velocemente, questa macchina ha battuto ogni record, in pochi mesi abbiamo
cinque volte i dati ottenuti in tutto il 2015 - sottolinea Cobal - alla
conferenza Chicago presenteremo più di 100 studi da Atlas e Cms grazie ai dati
ottenuti da fine aprile. Questo ci fa ben sperare per il futuro''.
Verso la ''Teoria del tutto''. I
dati raccolti a 13 TeV permettono di estendere la ricerca di Nuova Fisica
attraverso nuove particelle rilevate dai loro decadimenti in particelle
conosciute o in energia mancante, come quella prodotta da neutrini o
potenzialmente da materia oscura. ''Alla fine il sogno è quello di avvicinarsi
alla teoria che unifichi tutte le forze che conosciamo e che risponda a tutte
le domande alle quali Modello standard non riesce a rispondere - conclude Cobal
- per esempio, ora abbiamo abbastanza statistica per studiare a fondo il bosone
di Higgs perché potrebbe nascondere qualche segreto che non corrisponde al
Modello standard. Se c'è nuova fisica raggiungibile con queste energie, la
troveremo''.
SE TI E' PIACIUTO QUESTO POST NON PUOI PERDERE:
LA VERA "GENESI" DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?
"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA"
" IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: LA VERA GENESI DELL'HOMO SAPIENS"
DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs
lunedì 8 agosto 2016
VITA EXTRATERRESTRE: SCOPERTA GIA' DA ALMENO QUARANT' ANNI !
DEL DR. GIORGIO PATTERA (BIOLOGO)
Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi
vedrai passare il cadavere del tuo nemico...
Beh, in questo caso
non si tratta di un nemico vero e proprio, ma di un "cover-up", sì:
la NASA, tanto per cambiare...
Ci amareggia (da un
lato) e, nello stesso tempo, ci lusinga (da un altro) ricordare a chi ci
conosce, ci segue e ci apprezza dal 1998 che, durante il 1° (e finora unico...)
"Corso di Esobiologia" mai realizzato in Italia e tenuto dai
ricercatori di "GALILEOPARMA" nell'ormai lontano 2002, lo scrivente
aveva illustrato le prove bio-fisico-tecniche, ottenute dalla sonda Viking nel
1976, della presenza sul pianeta Marte, in un lontano passato, di Vita
"quale-noi-la-conosciamo", per lo meno a livello di forme batteriche.
Non solo: in seguito, le missioni spaziali Pathfinder (1997), Opportunity
(2004), Mars Express (2006) e Phoenix (2008), prima, e del rover Curiosity
(2012), poi, certificarono, sempre nel lontano passato del Pianeta Rosso, la
presenza di acqua allo stato liquido, elemento indispensabile, come la Biologia
insegna, alla comparsa, allo sviluppo ed alla permanenza di qualsiasi forma di
Vita.
Giorgio Pattera - Biologo
Vice-Presidente Centro Culturale di Ricerche Esobiologiche
"GALILEO" - Corcagnano (Parma)
Coordinamento Commissione Scientifica CUN.
"Gli alieni li scoprimmo 40 anni fa.."…
I marziani? L'uomo li ha scoperti
già 40 anni fa, pur senza accorgersene. E lo stesso uomo non ha voluto
accorgersi della strepitosa scoperta neppure a un successivo controllo delle
prove. È la teoria, suggestiva e intrigante, di Glibert Levin, convinto che i
microrganismi marziani, di fatto, ci stiano prendendo in giro ormai da 40 anni.
Il signore è altrettanto convinto che su Marte la vita ci sia, eccome. Ma chi
è, Gilbert Levin? Chi pensa che sia uno svitato si sbaglia di grosso: lui è
l'uomo che ha ideato gli esperimenti a bordo dei Viking, le sonde della Nasa
che proprio 40 anni fa, nell'estate del 1976, realizzarono una missione
storica, dalla quale discendono tutte quelle successive.
Un cervellone della
Nasa, dunque, il signor Levin, che oggi ha 92 anni e racconta la sua teoria a
La Stampa, in una lunga e strepitosa intervista: lui è l'ultimo sopravvissuto
di quella eroica generazione di ingegneri spaziali. Alla base della sua teoria,
il test Labeled Release: "L'esperimento Lr - spiega al quotidiano torinese
- era basato su un procedimento simile a quello usato per il controllo
dell'acqua potabile e al quale, credo si ricorre anche in Italia.
Un piccolo
campione d'acqua viene iniettato in una provetta di liquido nutriente: se ci
sono dei microrganismi, questi metabolizzano i nutrienti stessi e sprigionano
bolle di gas che rappresentano la prova della contaminazione microbica". Levin
spiega che "al terreno marziano (rispetto alla versione
"terrestre", ndr) ha aggiunto solo più nutrienti, nella speranza che
almeno uno di questi venisse metabolizzato, e li ha contrassegnati con il
carbonio radioattivo, così da rendere i gas liberati più facili da
individuare". E " quando a una minuscola porzione di terreno del
pianeta venne iniettata del nutriente radioattivo, si notò che subito venivano
emessi dei gas. Il processo - ricorda - si verificò con grande rapidità per i
primi tre giorni e poi, più lentamente, nel corso dei successivi quattro
dell'esperimento. Questo risultato, da solo, sarebbe considerato una prova
dell'esistenza di microrganismi viventi da parte di qualunque ente sanitario.
Tuttavia, volendo essere più cauti, aggiungemmo un ulteriore elemento di
controllo". Qui, se possibile, il discorso si fa ancora più complesso.
Questo elemento era "un trattamento approvato dalla Nasa in grado di
uccidere qualunque microrganismo presente, ma tale da non distruggere i
possibili agenti chimici alla base del responso positivo. Applicammo questo
controllo cruciale e risultò negativo, soddisfacendo così i criteri per
l'individuazione delle vita". Vita su Marte, dunque. Ma c'è un grosso
"però". Continua Levin: "Sebbene sul Viking ci fossero tre
apparati per la ricerca della vita, il test Lr è stato l'unico a dare una
risposta positiva dal punto di vista biologico. Nel selezionare i test,
tuttavia, la Nasa aveva spiegato che erano tutti diversi tra loro e che, se ci
fosse stata vita su Marte, sarebbe stato sufficiente l'esito favorevole di uno
solo. Mentre il nostro esperimento utilizzava l'acqua, gli altri non lo
prevedevano". Dunque, l'ingegnere aggiunge di aver compreso con esattezza
che su Marte erano presenti forme di vita soltanto dieci anni dopo. Poi, dopo
altri sette anni, "sono arrivato alla conclusione che il test Lr abbia
davvero individuato attività microbica sul suolo marziano". Poi, spiega
Levin, a sostegno del test sono arrivati i dati della sonda Phenix e del rover
Pathfinder e Curiosity. La disputa, negli anni, si è giocata dunque
sull'attendibilità del test Viking. Per dimostrarla, Levin sta lavorando a
stretto contatto con l'astrobiologo Barry Di Gregorio: insieme stanno
conducendo uno studio specifico su rocce marziani. "Sebbene la Nasa avesse
respinto in un primo tempo l'idea, lo studio è iniziato solo nel maggio 2016
(...). Al momento, però, la Nasa non ha reso noto alcun risultato". Dunque,
Levin conclude spiegando che è solo questione di tempo, poi arriverà l'annuncio
ufficiale. "Sono sicuro che ci sia vita su Marte. Deve essersi adattata
per colonizzare il pianeta, proprio come mi è avvenuto sulla Terra. Mi sorprendono
quegli scienziati che non credono che Darwin funzioni anche su Marte!".
DA:
http://www.liberoquotidiano.it/news/scienze---tech/11939135/marte-gilbert-levin-marziani-scoperti-40-anni-fa-viking.html?refresh_ce
LA VERA "GENESI" DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?
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