Da:
Il 20 settembre 2005 moriva,
ormai novantenne, il matematico ed etnologo russo Matest Agrest Mendelevitch,
conosciuto per il suo contributo alla teoria delle funzioni cilindriche
incomplete e ancor di più per l’ipotesi di paleocontatto espressa in tempi davvero non
sospetti. Infatti, al pari dell’archeologo francese Henri Lhote (che
individuò i dipinti e le incisioni del Tassili in Algeria), Agrest deve essere
ricordato per essere stato tra i primi scienziati a divulgare la tanto discussa
teoria degli antichi astronauti. Insomma, almeno un decennio prima che
identiche ipotesi fossero poi riprese, sviluppate e strumentalizzate anche da
scrittori senza scrupoli. Qualcuno di voi ricorderà che il nome di questo
sconosciuto Agrest compariva nei lavori di Peter Kolosimo ma non tutti
conoscono la vita di quest’accademico. Vale la pena porre rimedio, anche se in
forte ritardo.
Lo scienziato rabbino:
Nato da famiglia ebraica il 20
luglio 1915 a Mogilev, nel villaggio di Knyazhitsy, in Bielorussia, nel 1929
divenne rabbino e, mentre lavorava in fabbrica, riuscì a frequentare la scuola
secondaria, diplomandosi cinque anni dopo. S’iscrisse poi alla facoltà di
matematica e meccanica dell’Università di Leningrado. Laureatosi, entrò nella
Graduate School of Astronomical Institute di Mosca, dipartimento di meccanica
celeste. Qui incontrò e fece amicizia con l’astrofisico Joseph V. Sklovskij,
membro dell’Accademia delle Scienze. In questo frangente Agrest studiò le
caratteristiche meccaniche del movimento degli anelli di Saturno. Allo scoppio
della Seconda Guerra Mondiale si ritrovò mobilitato e di stanza a Gorky al
comando di un plotone di sbarramento. Durante un temporale un fulmine colpì la
mongolfiera ove si trovava e, a causa dell’incendio, Agrest rimase ferito:
questo gli permise di completare gli studi universitari. Lavorò quindi presso
l’Istituto di Chimica e Fisica, aggregato al progetto atomico del gruppo
Zel’dovich, ove fu incaricato di eseguire i calcoli dei processi esplosivi. Dal
1948 cominciò a lavorare al KB-11, nel villaggio che in seguito divenne noto
come Arzamas-16 ma nel 1951, convocato dai superiori, fu licenziato. Agrest non
volle mai parlare dei motivi dell’allontanamento, avvenuto probabilmente per
l’educazione religiosa ricevuta. All’epoca, avendo una famiglia numerosa e
versando in precarie condizioni economiche, gli vennero in soccorso alcuni
colleghi che avevano lavorato con lui al progetto dell’atomica, tra cui Andrei
Sacharov, che gli permise di occupare il suo appartamento a Mosca per circa sei
mesi. Mentre la famiglia si trasferiva in Abkhazia, Agrest lavorò (fino al
1960) presso l’istituto fisico/tecnologico di Sukhumi (SFTI), in un sobborgo di
Sinup, all’interno di un laboratorio ove un’equipe di scienziati russi e
tedeschi, praticamente segregati, portavano avanti sperimentazioni connesse
all’utilizzo militare dell’energia atomica. Balzò alle cronache nel 1959 quando
sostenne che i terrazzamenti di pietra del sito archeologico di Baalbek
potevano essere stati utilizzati per il lancio di navicelle spaziali,
aggiungendo che la distruzione delle bibliche città di Sodoma e Gomorra era da
attribuirsi a un’esplosione atomica provocata intenzionalmente da esseri
provenienti da un altro pianeta. Le sue teorie non ortodosse, che chiaramente
all’epoca scandalizzarono l’ambiente accademico occidentale, furono pubblicate
per la prima volta nel 1960 sulle pagine della rivista Literaturnaja Gazeta
(nr. 17, pag. 2, 9 febbraio 1960); quanto asserito da Agrest trovò ampio
risalto all’estero, anche grazie agli articoli pubblicati il giorno dopo sul
The New York Times e sul Los Angeles Times. Matest Agrest ci andò subito con il
piede pesante, sostenendo che alcuni episodi descritti nella Bibbia, secondo
lui, si riferivano a interventi di esseri extraterrestri; nelle sue asserzioni
anche Gesù Cristo divenne un alieno e la stella di Betlemme non era altro che
l’astronave del Salvatore. Non dobbiamo dimenticare che le dichiarazioni di
Matest Agrest, come quelle similari del popolare scrittore di fantascienza
Alexander Kazantsev, nascevano in un contesto anche strumentale in favore
dell’ateismo.
L’incontro con Stix e
un’enigmatica fotografia:
Nel luglio del 1960 riuscì
finalmente a confrontarsi con alcuni scienziati statunitensi facenti parte di
una delegazione estera giunta in Unione Sovietica per un seminario dedicato al
plasma e alla fusione. Tra questi Thomas Howard Stix, professore emerito di
Scienze astrofisiche all’Università di Princeton, un originale pensatore,
ricordato tra i più importanti sviluppatori nel settore della fisica del
plasma. Fu Stix a chiedere un incontro con Agrest poiché sapeva delle sue
convinzioni sul paleocontatto scaturite dallo studio sui testi originali della
Bibbia. Stix, che asseriva di conoscere anche l’ebraico, riferì che avrebbe dovuto
relazionare, di lì a poco, ad una conferenza presso l’Università di Bar-Ilan. I
due si trattennero a discutere per una notte intera. La conversazione avvenne
in inglese poiché, a quanto sembra, l’ebraico di Stix era assai stentato. Il
giorno seguente ci fu un trasferimento in pullman per una visita al lago Riza
nel Caucaso e i due stavano ancora discutendo tra loro, stavolta sotto lo
sguardo sospettoso dei colleghi e superiori di Agrest, che cercarono di
carpirne i discorsi. Prima di congedarsi, Stix regalò a Agrest una fotografia
in cui era ritratto nell’appartamento di Einstein. Agrest non seppe mai il
motivo di quel dono e nemmeno chi fossero le altre due persone immortalate
nella foto. L’incontro con lo studioso statunitense, dopo ben dodici anni di
completo isolamento, rimase indelebile in Agrest; due giorni dopo Agrest
dovette delle spiegazioni sul fatto di aver fornito il proprio indirizzo a Spix
e per questo fu accusato di violazioni di segreti. Per fortuna i suoi
accusatori, Hoof e Ogurtsov, furono licenziati poiché implicati in un giro di
tangenti e lo scienziato non subì ulteriori conseguenze.
Brillanti idee o voli di
fantasia? :
Si era in piena Guerra Fredda e
la maggior preoccupazione per l’URSS era quella di difendersi da attacchi con
missili nucleari. Agrest lesse un articolo in cui si proponeva di utilizzare
una barriera formata da miliardi di sottili aghi in orbita attorno alla Terra
che, similmente agli anelli di Saturno, avrebbero fatto esplodere i missili
nello spazio. Agrest si ricordò quindi dei suoi studi su Saturno, compiuti anni
prima per la tesi di dottorato, e ipotizzò che su Saturno potesse esserci vita
intelligente e che gli anelli avessero una funzione difensiva: in questo caso,
non si poteva escludere che in un lontano passato gli abitanti di questo
pianeta avessero visitato la Terra. Inevitabilmente, se c’era vita su Saturno
non si poteva escludere nemmeno, in linea di principio, che forme intelligenti
abitassero nella galassia di miliardi di stelle che, come il Sole, potevano
ospitare sistemi planetari. Per dimostrare questa teoria occorreva chiaramente
trovare le tracce del soggiorno terrestre di questi alieni. Secondo Agrest la
traduzione esatta dei giganti della Genesi che abitavano la Terra era caduti.
Ora il problema di Agrest era sapere quando queste creature erano cadute e
partendo dal presupposto che questo fatto, secondo il testo sacro, era inserito
dopo l’enumerazione dei diretti discendenti di Adamo, l’attenzione dello
scienziato andò a Enoch, figlio di Jared. Nel Vecchio Testamento si dice che
ciascuno dei patriarchi (tranne Enoch) visse una lunga vita e morì in tarda
età. Enoch invece aveva camminato con Dio perché lo aveva preso con sé. Alcuni
degli eventi descritti nel Vecchio Testamento potevano in qualche modo essere
testimonianze scritte di visitatori extraterrestri. L’attenzione di Agrest andò
alla descrizione della distruzione delle città di Sodoma e Gomorra e, come
membro del progetto nucleare, conosceva bene le conseguenze di un’esplosione
atomica. Effettivamente nel Vecchio Testamento è scritto che le persone furono
accecate dalla luce e solo uno spesso strato di terra avrebbe potuto proteggere
dalle radiazioni ionizzanti. Da lì Agrest iniziò a ricercare altre località
della Terra che potessero aver ospitato gli alieni e non tardò ad arrivare a
Baalbek, ove esistono enormi lastre di pietra che non si sa bene come fossero
mosse dai nostri antenati. Agrest suggerì che la piattaforma di Baalbek fosse
stata costruita da astronauti caduti sul nostro pianeta, così rimasta a futura
memoria della loro permanenza. Lo scienziato scoprì alcune prove indiziarie in
cristalli fusi rinvenuti in quella zona, forse originati da esplosioni
nucleari, teorizzando che le astronavi fossero mosse da energia atomica. Agrest
scrisse quel che pensava in alcuni manoscritti e li trasmise, per la prevista
autorizzazione alla stampa, al Comitato Regionale del Partito Comunista della
Georgia, ben conscio che difficilmente sarebbero stati presi in considerazione.
Invece, il responsabile Hvartskiya giudicò interessante il lavoro e fornì il
permesso allo scienziato di relazionare a un seminario scientifico presso
l’istituto SFTI di Sukhumi. Agrest parlò per oltre un’ora e in sala vi era un
assoluto silenzio. Per paura di cadere nel ridicolo, parlò sorridendo spesso
poiché, in caso di reazioni negative, avrebbe potuto sostenere che si trattava
solamente di uno scherzo. Quando terminò la sua relazione dal pubblico giunse
uno scroscio di applausi. Agrest ricordò di aver reagito perdendo il controllo
e iniziando anche a tremare. Il famoso fisico sovietico Frank Kamenetskii
(calcolò esattamente le probabilità di annodamento del DNA) era propenso a far
pubblicare un articolo con le teorie di Agrest sulla rivista Nature ma il
comitato di redazione rifiutò il contributo, giudicandolo troppo pericoloso. Le
idee di Agrest avevano stuzzicato anche l’accademico Igor Kurchatov (il
fondatore dell’Istituto per l’Energia Atomica di Mosca) che gli suggerì di
scrivere una versione abbreviata dell’articolo per la pubblicazione negli Atti
dell’Accademia delle Scienze. Purtroppo nel febbraio 1960 Kurchatov morì senza
essere riuscito a far pubblicare il lavoro. Nonostante tutto, alcune fotocopie
del manoscritto erano state distribuite e da Mosca giunsero a Sukhumi i
giornalisti Michael Cernenko e Valentin Rich e il 9 febbraio l’articolo “Tracce
portate dallo spazio?” appariva sulle pagine della Gazzetta Letteraria. La
notizia fu trasmessa anche per radio e il giorno dopo, come già scritto,
ripresa con grande risalto dalla stampa occidentale. Un anno dopo fu pubblicato
un secondo articolo (“Gli astronauti dell’antichità”) ma a questo punto la
comunità scientifica sovietica intervenne pesantemente affermando che le idee
del giovane Agrest erano nocive e distraevano l’ambiente dai reali problemi
scientifici. Fu anche condannato l’uso di storie bibliche, arrivando a definire
pseudo-scienza le idee di paleocontatto. In verità, a parte queste critiche,
non fu mossa alcuna obiezione riguardo l’ipotesi avanzata dallo scienziato. In
fondo Agrest aveva sviluppato la sua idea con sobrietà, da scienziato,
proponendo la ricerca di prove per confutare la teoria. Inizialmente, tra i
sostenitori del paleocontatto ci fu Joseph Samuilovich Sklovskij che nel suo
libro “L’universo, la vita, la mente” citava l’idea del paleocontatto; in
seguito l’avrebbe contrastata asserendo che l’uomo era solo nell’universo: non
perché avesse trovato presupposti erronei alla teoria del paleocontatto bensì
sulla scorta delle sue osservazioni astronomiche. La possibilità di un contatto
con altre civiltà fece sorgere progetti SETI (Search for Extra-Terrestrial
Intelligence, Ricerca di Intelligenza Extraterrestre) dappertutto per captare
segnali artificiali provenienti dallo spazio. Paradossalmente, mentre in Unione
Sovietica l’idea del paleocontatto veniva giudicata non scientifica, in
Occidente andava riscuotendo grande popolarità soprattutto per l’interessamento
dell’astrofisico statunitense Carl Sagan (che nel 1966 con Shklovskij pubblicò
“Vita intelligente nell’universo”) che di fatto si appropriò dell’idea
originariamente di Agrest. Il sovietico, vivendo in una nazione
intellettualmente ancora isolata dal resto del mondo, non poteva certo
raggiungere la fama di Sagan, che pur mise a repentaglio la propria credibilità
scientifica pubblicando numerosi articoli su riviste scientifiche e arrivando a
dare alle stampe il romanzo di fantascienza “Contact”. Purtroppo anche Sagan,
con l’avvento degli scrittori da strapazzo, si allontanò dall’idea iniziale e
questo è stato certamente deleterio per la ricerca negli anni a venire.
Shamir, il laser di Mosè:
Agrest, dal canto suo, tornò
nell’anonimato e dopo aver diretto, dal 1970 in poi, il laboratorio
dell’università di Leningrado, nel 1992 emigrò con la famiglia negli Stati
Uniti e visse a Charleston (South Carolina): qui poté finalmente confrontarsi
con i colleghi statunitensi, dopo decenni d’isolamento patito in patria. Fu
invitato a esporre le proprie convinzioni in una conferenza tenutasi a Las
Vegas dal 2 al 4 agosto 1993 ed era la prima volta che capitava dal lontano
1959. Durante quel convegno Agrest sostenne che almeno una volta astronauti
extraterrestri avevano visitato la Terra, aggiungendo che erano creature
antropomorfe e che nell’universo vi erano molti pianeti abitati da esseri
intelligenti. Nel 1995 pubblicò il volume “L’antico miracoloso meccanismo
Shamir”, in cui identificava lo Shamir come uno strumento utilizzato per il
taglio e l’incisione di pietre durissime. Lo Shamir era descritto nel Talmud
(uno dei testi sacri dell’Ebraismo) come un “verme tagliente” – “…la Shamir (un
verme che può perforare qualsiasi cosa difficile… usato per scolpire i nomi dei
Shevatim sulle pietre del Choshen”. Pesachim 54°) – e nello Zohar (altro libro
sacro degli Ebrei, importante per la tradizione cabalistica) un “tarlo
metallico divisore”. Nella Bibbia, Geremia 17/1, è descritto come un diamante: “Il
peccato di Giuda è scritto con uno stilo di ferro, con una punta di diamante è
inciso sulla tavola del loro cuore e sugli angoli dei loro altari…”; lo stilo
era la penna usata all’epoca per incidere sulle tavolette di cera: poteva
essere una specie di raggio laser ricavato appunto da un diamante. Questo
“verme di diamante”, adoperato per tagliare e forare, era considerato di natura
divina e per questo motivo raramente affidato agli esseri umani. Agrest precisò
che poteva essere stato descritto come un insetto a causa dell’errata
traduzione della parola latina “insectator” (tagliatore), quindi scambiato per
un “tarlo” perché praticava dei fori. Oggi, a sette anni [oggi undici, ndr
Nexus] dalla sua morte, a ricordarne l’opera pioneristica, quale fautore della
teoria degli antichi astronauti, è forse rimasto solo il figlio Mikhail,
insegnante di fisica e astronomia al College di Charleston. Mikhail, sulle orme
del padre, ha cercato di spiegare il fenomeno di Tunguska come l’esplosione di
una navicella aliena. La figura di Agrest, questo temerario scienziato
sovietico che cercò di squarciare il velo del silenzio, meriterebbe ben altra
considerazione, soprattutto da parte di chi si occupa tuttora di queste
problematiche.
Da:
Fonte:
simonebarcellipaginaweb.wordpress.com/
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