IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

venerdì 15 luglio 2016

CLONAZIONE E...FORSE CI SIAMO GIA' PASSATI ?


SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE COTELLESSA (ENEA)

Venti anni dopo la pecora Dolly, che fine ha fatto la clonazione?

Il 5 luglio 1996 nasceva la pecora Dolly, il primo mammifero concepito con una tecnica di clonazione a partire da cellule di ghiandola mammaria di un esemplare adulto. Vent'anni dopo, le applicazioni della tecnica sono ben lontane dalle previsioni di allora, e limitate agli animali di allevamento, mentre la clonazione di un essere umano è stata scongiurata più per motivi etici che per motivi tecnici. Dolly tuttavia dimostrò che anche le cellule di mammifero possono essere riprogrammate, aprendo la strada a importanti progressi nel campo della ricerca sulle cellule staminali. Era una bellissima giornata di 20 anni fa quando Ian Wilmut e Alan Trounson, scienziati, colleghi e vecchi amici, partirono per un'escursione sulle colline intorno a Edimburgo, in Scozia. Di fronte al panorama della città, Wilmut confidò di avere un segreto da rivelare. Nell'ambito di uno studio più ampio, lui e alcuni collaboratori erano riusciti a far nascere un agnello in laboratorio. Non da una cellula uovo e da uno spermatozoo, bensì dal DNA estratto dalla ghiandola mammaria di una pecora adulta: avevano clonato un mammifero. “Diamine, ero sbalordito”, racconta Trounson, che, oggi come allora, lavora sulle cellule staminali presso la Monash University di Melbourne, in Australia. Era una giornata calda, ma Trounson sentì ugualmente un brivido lungo la schiena quando si rese conto delle implicazioni del risultato. “Da allora tutto cambiò”. La clonazione di un mammifero sfidava il dogma scientifico imperante a quel tempo. Il successo portò a previsioni fosche e fantastiche: anche gli umani sarebbero stati clonati. Le malattie sarebbero state sconfitte. I bambini persi durante la gravidanza sarebbero rinati. Oggi, due decenni dopo la nascita di Dolly, avvenuta il 5 luglio del 1996, l'impatto della clonazione sulla scienza di base ha superato le aspettative, mentre la realtà di ciò che tecnicamente si chiama trasferimento nucleare, la forma di clonazione utilizzata per Dolly, è in gran parte scomparsa dalla scena pubblica.

Venti anni dopo la pecora Dolly, che fine ha fatto la clonazione?La pecora Dolly imbalsamata, esposta al National Museum of Scotland (Wikimdia Commons)

Nel 2016, la clonazione di una persona rimane irrealizzabile, priva di qualunque beneficio scientifico e gravata da un livello di rischio inaccettabile, dicono molti scienziati. Nessuno, a quanto pare, sta pensando di cimentarsi in questa impresa (? NDR). E la clonazione di animali rimane limitata, anche se probabilmente è in aumento. Alcune tecniche di clonazione agricola sono utilizzate negli Stati Uniti e in Cina per sfruttare i geni di alcuni esemplari straordinari, dicono gli scienziati, mentre il Parlamento europeo ha votato l'anno scorso il divieto di utilizzare la clonazione negli animali destinati all'alimentazione umana. Uno scienziato in Corea del Sud fa pagare 100.000 dollari per clonare un animale domestico, anche se non è chiaro quale sia il livello della domanda di questo servizio. Il maggiore impatto della clonazione, dicono diversi ricercatori, è visibile nei progressi ottenuti nel campo delle cellule staminali. Il biologo cellulare ed esperto di staminali Shinya Yamanaka ha spiegato che la clonazione di Dolly lo spinse a iniziare a sviluppare le cellule staminali derivate da cellule adulte, un risultato che gli valse il premio Nobel nel 2012. "La pecora Dolly mi fece capire che la riprogrammazione nucleare era possibile anche in cellule di mammiferi e m'incoraggiò a iniziare il mio progetto, ha scritto Yamanaka, che si divide tra l'Università della California a San Francisco, e il Center for iPS Cell Research and Application (CIRA) dell'Università di Kyoto, in Giappone, di cui è direttore. Yamanaka usò cellule adulte di topo, anche se la tecnica è ora adatta anche alle cellule umane, per produrre staminali in grado di dare vita a una vasta gamma di altre cellule, essenzialmente riportando indietro i loro “orologi cellulari” fino all'infanzia in  modo che potessero maturare in diversi tipi di cellule adulte.

Poiché sono create artificialmente e possono avere diversi destini, esse sono chiamate cellule staminali pluripotenti indotte o cellule iPS. Queste cellule iPS, sempre più facilmente disponibili, hanno ridotto la necessità di cellule staminali embrionali, il cui utilizzo ha sollevato molte questioni etiche, e attualmente costituiscono la base per la maggior parte della ricerca sulle staminali. La nascita di Dolly è stata foriera di grandi cambiamenti, perché ha dimostrato che il nucleo della cellula adulta ha tutto il DNA necessario per dare luogo a un altro animale, dice il biologo cellulare Robin Lovell-Badge, a capo della divisione di Biologia delle cellule staminali e di Genetica dello sviluppo presso il Francis Crick Institute di Londra. In precedenza, alcuni ricercatori avevano ottenuto rane adulte da cellule di rana embrionali o cellule di rana embrionali da rane adulte, arrivando a una fase di stallo. "Quello di Dolly è stato il primo caso in cui si è presa una cellula adulta per ottenere un individuo adulto", sottolinea Lovell-Badge. "Questo significava poter riprogrammare un nucleo di cellula adulta per tornare a uno stadio embrionale."

Venti anni dopo la pecora Dolly, che fine ha fatto la clonazione?Campioni di cellule iPS in laboratorio: lo sviluppo delle tecniche per ottenerle è uno degli effetti della clonazione della pecora Dolly (Credit: Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation, CSIRO)

Dolly morì il 14 febbraio del 2003, all'età di sei anni, per un'infezione polmonare comune tra gli animali che non hanno accesso all'aria aperta. Probabilmente la malattia non aveva niente a che fare con il fatto di essere un animale clonato, dice Wilmut, ora professore emerito presso il Roslin Institute dell'Università di Edimburgo.
La pecora, ottenuta da cellule della mammella, deve il nome alla famosa Dolly Parton, cantante americana nota per il suo prosperoso seno oltre che per la sua voce. "Non era nostra intenzione essere irrispettosi verso la signora in questione o le donne in generale", ha dichiarato Wilmut recentemente commentando il nome, che fu suggerito da un allevatore. Piuttosto, ha contribuito a umanizzare un progetto di ricerca che altrimenti sarebbe potuto sembrare distaccato dalla vita di tutti i giorni. “La scienza e la sua presentazione a volte possono sembrare terribilmente serie", ha detto. "Penso che sia stato un bene per noi: ci ha fatto apparire umani".
Wilmut ammette che la nascita di Dolly è stata un caso fortunato. Lui e i suoi colleghi stavano cercando di produrre cloni di cellule fetali e usavano quelle adulte come controlli sperimentali, senza aspettarsi la generazione di un embrione. "Non avevamo deciso di clonare cellule adulte, ma solo di lavorare idealmente con cellule staminali embrionali o cose del genere”, dice Wilmut. “Avere successo con le cellule adulte è stato un bonus inatteso e di grande valore. “L'obiettivo iniziale della ricerca di utilizzare il sistema di produzione di latte di un animale come una sorta di fabbrica per ottenere proteine utili al trattamento di malattie umane. Ma l'interesse per questa idea è diminuito con la produzione sempre più massiccia di sostanze chimiche di sintesi a basso costo.
Wilmut ritiene che clonare un essere umano sarebbe possibile, ma fortemente sconsigliato. La tecnica di clonazione utilizzata per Dolly ha dimostrato di non funzionare sui primati. Egli ritiene che potrebbe essere possibile utilizzando altre tecniche, ma si oppone con veemenza all'idea di clonare una persona. “Il solo fatto che ora la tecnica consenta di produrre una progenie non implica che dovremmo farlo”, dice. “È probabile che si otterrebbero aborti e malformazioni nei neonati".
Per esempio, uno degli agnelli clonato nel suo laboratorio subito dopo Dolly ha sviluppato problemi ai polmoni che si manifestavano con iperventilazione e continui svenimenti. “Già vederlo in un animale è stato piuttosto sconfortante", continua. “Non vorrei mai essere nei panni di una persona che si trova a guardare negli occhi un bambino per scusarsi”. Con i recenti progressi nella tecnologia di editing genetico, la necessità della clonazione per correggere gli errori genetici si ridurrà ancora di più", osserva Wilmut. "Ci sono ancora meno motivi per farlo rispetto a prima”.
Trounson ritiene che per gli embrioni di bestiame clonati vi sia un mercato enorme. “Può essere sorprendente, ma sono in molti a usarli, cercando di non farsi notare troppo”, spiega. “I vantaggi sono per l'eccellenza della produzione, e aumentare i parametri di produzione è una cosa molto positiva", aggiunge Trounson, che recentemente si è dimesso, dopo sei anni, dall'incarico di presidente del California Institute for Regenerative Medicine, un ente statale che fornisce prestiti e sovvenzioni per la ricerca sulle cellule staminali. "Questo è probabilmente il fattore decisivo che spinto molte aziende a restare negli Stati Uniti".
Nel 2008, il governo degli Stati Uniti ha stabilito che non vi fossero differenze distinguibili tra vacche, capre e maiali clonati e non clonati, e ha perciò consentito la produzione di questi animali, soprattutto per la produzione di mangimi piuttosto che di carne. In Cina una società chiamata Boyalife Group ha in programma di ottenere almeno 100.0000 bovini da carne clonati, che rappresentano solo una parte del totale di animali macellati ogni anno nel paese, come spiega un portavoce dell'azienda. "Potrebbe essere questo il momento migliore per far progressi nell'applicazione di questa tecnica da un punto di vista sia tecnologico sia commerciale".


Venti anni dopo la pecora Dolly, che fine ha fatto la clonazione?Rappresentazione artistica di un mammut: tra le tante applicazioni immaginate per la clonazione, vi è anche quella di riportare in vita specie estinte o in via di estinzione (Wikimedia commons)

In teoria, la clonazione potrebbe anche essere utilizzata per salvaguardare le specie in pericolo. Si è parlato di usarla per riportare in vita i mammut, i panda giganti e perfino l'Uomo di Neanderthal, ma si tratta di idee che Lovell-Badge liquida come "abbastanza stupide". Trounson sostiene di avere ancora una scorta di campioni di pelle di vombati, in pericolo critico di estinzione, conservati nell'azoto liquido, nel caso in cui qualcuno volesse mai tentare di ripristinare le popolazioni di questa specie. I cloni, tuttavia, sono creati prendendo una cellula adulta e fondendola con una cellula uovo ricevente. Produrre un clone richiede un nucleo intatto, che non sarebbe disponibile per la maggio parte delle specie estinte.
Diversi ricercatori stanno ora utilizzando tecniche di clonazione per produrre cellule staminali embrionali, evitando così la necessità di raccogliere nuovi embrioni. Il cosiddetto trasferimento nucleare da cellula somatica può aiutare i ricercatori a capire meglio le fasi precoci dell'embriogenesi umana e la biologia delle cellule staminali, secondo Paul Knoepfler, biologo dell'Università della California a Davis, che non era coinvolto direttamente nel lavoro. Knoepfler ha scritto via e-mail che non "vede alcun beneficio terapeutico imminente, ma le cose in futuro potrebbero cambiare".
L'idea di clonare un caro defunto, sia esso umano o animale, è invece caduta in disgrazia, in parte perché è difficile disconoscere l'influenza dell'ambiente sul comportamento. La componente genetica potrebbe essere la stessa, ma un clone sarebbe ancora lo stesso individuo che abbiamo amato? “Non sarà mai possibile riavere indietro il vostro Fufi, o qualunque altra cosa”, sottolinea Lovell-Badge, aggiungendo che l'idea di clonare un animale domestico “è stupida”. “L'unico caso a cui si potrebbe vagamente pensare”, conclude, “è quello di un cane particolarmente prezioso”, per esempio dotato di un super-olfatto: in questo caso gli scienziati potrebbero essere interessati a chiarire se si tratta di una qualità innata o appresa.

Lovell-Badge è ancora più sprezzante verso l'idea di clonare una persona. “Dovremmo conoscere molte più cose sulla riprogrammazione ed essere in grado di eseguirla con un'efficacia del 100 per cento”, spiega. “E non ho mai trovato una ragione sufficiente per clonare un essere umano."

Da:
http://www.lescienze.it/news/2016/07/07/news/clonazione_20_anni_dopo_pecora_dolly-3152306/


COMMENTO:

Ringrazio il sempre puntuale Dr. Cotellessa di ENEA, che ci stimola a riflettere su argomenti sempre attuali e molte volte "scomodi" alla nostra coscienza.
Non voglio aggiungere altro a questo interessante e circostanziato articolo sulla "clonazione", se non suggerire (per chi vuole) l'approfondimento con lo studio che ho da poco pubblicato insieme con il Dr. Giorgio Pattera e che ...riguarda proprio da vicino la "clonazione".

MLR 

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