di: Marco La Rosa
“Cercare informazioni in rete su
questo grande “scoglio”, più che vera e propria isola dell’arcipelago hawaiano,
è praticamente un’impresa. Per lo più, vi compaiono informazioni su un’omonima
isola caraibica paradiso di miliardari e, coincidenza curiosa (o forse no ?) ,
diverse informazioni sui siti megalo-preistorici della valle del fiume Neckar,
affluente della riva destra del Reno. La parola “Neckar” per alcuni deriva dal latino nectar (nettare)
e dal greco nèktar, da nèkros morte e da terèo proteggere, quindi proteggere
dalla morte; il nettare era anche definito bevanda divina. Ma forse più
precisamente da “nec carus” = “non tanto
caro” (non tanto apprezzato ?). Il nome quindi, fu probabilmente mutuato da
qualche erudito navigante europeo (forse di origini teutoniche e magari
proveniente dalla suddetta zona renana)
che tradusse al meglio l’idioma polinesiano con il quale veniva
chiamata, guarda caso, l’isoletta in questione. Era dunque il ricordo di un
fatto od un evento funesto (quindi non tanto caro) accaduto in un remoto
passato e del quale si era perpetuata la memoria attraverso il mito?
Ciò detto, vado a spiegare perché
parlo di mistero. Mistero fino ad oggi, nonostante questo grande scoglio sia
stato oggetto di studio ed anche menzionato da Hertha von Dechend nel “Mulino
di Amleto”, saggio sul mito e sulla struttura del tempo, scritto insieme al
grande Giorgio de Santillana…”
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