I vari Tg nazionali, sia pubblici
che privati, hanno ricordato l’evento con “rapidi” servizi, liquidando così la
notizia con qualche minuto utile solo a risvegliare la memoria (per un attimo)
solo in coloro che allora (1986) erano in grado di comprenderne la portata. Niente
di più. Un flash !! Nessun aggiornamento sulla situazione. Nessun
approfondimento (alla faccia dell’informazione….)
E chi è nato più tardi, i nostri
giovani ? Cosa avranno elaborato da queste notizie?
Poco o Niente.
Sembrerebbe, quindi, che oggi sia
"tutto a posto", che di quell'episodio possa rimanere solo un
"ricordo", che piano piano svanirà nel tempo, neanche buono per farci
un film, meno interessante dell'affondamento del Titanic........ Ma l'OMS
(Organizzazione Mondiale della Sanità - WHO) cosa ci stà a fare? Perchè non
divulgano le informazioni che sono state raccolte in questi lunghi anni, i dati
epidemiologici relativi alle regioni contaminate? Che dipenda dall'accordo
(omertoso) che nel lontano 1959 ha sottoscritto con l'AIEA - Agenzia
Internazionale per l'Energia Atomica? Ma pensate davvero che sia finita?
Yury Bandazhevsky, 59 anni, è
stato il primo scienziato in Bielorussia a fondare un istituto per studiare
l’impatto di Chernobyl sulla salute umana, in particolare sui bambini, vicino
alla città di Gomel, a circa 200 chilometri dal confine con l'Ucraina. Venne
arrestato in Bielorussia nel 1999 e condannato ad otto anni di carcere con
l’accusa di aver preso tangenti da parte dei genitori degli alunni che
cercavano di fare in modo che i loro figli venissero ammessi all' Università
Statale di Medicina a Gomel. Ha sempre negato le accuse. L’ Accademia Nazionale
delle Scienze ed Amnesty International dicono che venne arrestato per aver
criticato apertamente le politiche bielorusse di sanità pubblica , conseguenti
al disastro nucleare. E’ stato rilasciato nel 2005 e gli è stata conferita la
cittadinanza francese, dopo che le associazioni per i diritti umani avevano
portato il suo caso all’attenzione dell' Unione Europea, Gran Bretagna, Francia
e Germania. Ora gestisce, fuori Kiev, un centro medico e di riabilitazione
dedicato allo studio ed all’assistenza delle vittime di Chernobyl. Bandazhevsky
non ha fatto più ritorno in Bielorussia per paura che la sua famiglia venisse
perseguitata o lui arrestato dalle autorità.
Ecco le sue parole, qui di
seguito riassunte:
KIEV – Ucraina. “Se siete
convinti di ciò che hanno causato le conseguenze di Chernobyl in Ucraina e
Bielorussia… bhè vi posso dire che vi state sbagliando. Come posso dire… è solo
dopo trent'anni che stiamo iniziando a vedere l’impatto reale dell’incidente. Possiamo
dire con certezza che la Bielorussia è stato il Paese più colpito, in quanto ha
subito il maggior fallout radioattivo. Le dosi di radioattività a cui la
popolazione è stata esposta erano enormi. Lo osservai già con i miei studenti e
colleghi quando sono arrivato a Gomel nel 1990 per organizzare l’Istituto
Medico (ora università). Per prima cosa studiavamo gli effetti delle grandi
dosi di radiazioni perché Gomel era situata nell’epicentro di questo elevato
livello di contaminazione. Poi abbiamo iniziato a guardare l’accumulo di
elementi radioattivi negli organi interni, a basse dosi, nei bambini in
particolare. Avevamo già scoperto una patologia complessa che colpiva il
sistema endocrino (che produce gli ormoni), il sistema cardiovascolare e quasi
tutti gli organi interni. Questo era un lavoro che non era mai stato fatto in
Bielorussia e non ne fu più realizzato uno simile da allora. Quando sono
arrivato in Ucraina, nel 2009, non ho trovato alcuna fonte oggettiva e seria di
informazioni sullo stato di salute dei bambini e delle persone che vivono
nelle regioni di Ivankov [Sede del Progetto Radinka di ProgettoHumus –
Mondo in Cammino] e di Polesskiy (due aree prossime alla zona di Chernobyl).
Non c’era alcun interesse. Ora abbiamo esaminato circa 4.000 bambini di seconda
generazione e la maggior parte di loro hanno seri problemi al sistema cardiovascolare.
Stavo iniziando a vedere la stessa cosa in Bielorussia, prima di partire. Sono
particolarmente sorpreso dalle patologie che vedo negli adolescenti, in
particolare nei maschi di età compresa tra i 12 e 17anni. Circa l’80% ha un livello troppo alto di un amminoacido
denominato omocisteina, che è un marker riconosciuto di malattie cardiache.
Abbiamo trovato gravi modifiche ai livelli ormonali nel 45% dei bambini. Alcuni
scienziati occidentali non sono d’accordo con queste ricerche perché, dicono, non
è vi alcun indicatore specifico che possa dimostrare la correlazione dei
risultati con l’impatto di Chernobyl. Eppure questi scienziati vengono qui, in
piccole spedizioni, ma non possono accedere a tutte le fonti di informazione.
Diversi milioni di persone in
Ucraina vivono su terreni contaminati da radiazioni, quindi abbiamo bisogno di
valutare un gran numero di soggetti. Ma non ci sono progetti che trattano
questo. Bisogna vivere tra la gente, qui, per capire veramente cosa sta
succedendo, perché il problema è molto complicato. Ho anche cercato di inviare
le persone interessate a questi problemi al cimitero di Ivankov in modo che
potessero vedere da sole come tante tombe ospitano morti in età molto giovane.
Niente di tutto questo è nelle statistiche ufficiali. Non ho alcuna
informazione obiettiva su quanto sta accadendo ora alla salute dei bambini in
Bielorussia. Tutto è chiuso. Il governo dice “tutto a posto, tutto a posto!”. Ma
ho ricevuto molte telefonate da parte di persone di Gomel che mi dicono che
alcuni dei bambini che curavo prima di partire sono morti. Erano di diverse
età: 6, 12, 14 anni.
Non dimenticherò mai quando appaii
in TV con l’attuale presidente, Lukashenko, e dissi che c’erano problemi molti
seri nei bambini a causa delle
radiazioni, mentre lui ribadiva: “tutto a posto, tutto a posto!”. Ma adesso non
posso tornare o lavorare lì. Per me, il problema di Chernobyl non è finito... è
appena iniziato. Ho molta paura che possa coinvolgere due generazioni a partire
da oggi, anche quando non ci saranno più i discendenti della popolazione
bielorussa o russa direttamente colpita dal disastro. Ho molta paura… non
voglio che i miei connazionali continuino a soffrire. E’ necessario l’aiuto
della Comunità Internazionale con la stessa urgenza con cui si è mobilitata
subito dopo l’incidente".
…CONTINUA A LEGGERE L’ARTICOLO
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