SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE
COTELLESSA (ENEA)
Recenti ricerche su animali
sembrano dimostrare che anche lo stile di vita possa influire sulle
caratteristiche dei figli concepiti, come ad esempio in casi di obesità. Una
possibilità realistica anche per l'uomo?
C’è un’idea che da un po’ di
tempo sta stimolando la curiosità di molti genetisti, ovvero che un genitore
possa trasmettere al figlio, prodotto del concepimento, molto più di una
semplice quantità di patrimonio genetico. Qualcosa che stona con quelli che son
considerati cardini della genetica, ovvero che i geni di un individuo sono
immutabili, e che – per dire – il figlio di un genitore obeso non erediterà la
predisposizione all’obesità se tali geni non sono interessati. Eppure
esperimenti su animali sembrano da qualche tempo indicare il contrario: in uno
studio del 2010 furono confrontati i prodotti del concepimento di due gruppi di
ratti, uno in cui i padri erano stati nutriti con diete ad alto contenuto di
grassi. Ebbene, i figli del primo gruppo risultavano più propensi a sviluppare
aumento di peso e tessuto adiposo, così come disturbi del metabolismo
insulinico. Stessa cosa – sempre nei ratti – è stata dimostrata a proposito
dello stress: i figli di ratti sottoposti continuamente a stimoli stressogeni presentavano
già alla nascita un’alterata risposta allo stress. Per cercare di venire al
nodo della questione gli scienziati hanno iniziato a focalizzarsi sugli
spermatozoi, i cui geni sono comunque influenzati da una serie di fattori
definiti “epigenetici” (proprio perché derivanti dalle interazioni ambientali e
non correlati al patrimonio genetico immutabile). Proprio all’Università della
Pensilvania studi sugli spermatozoi di ratti esposti allo stress hanno
individuato all’interno di essi un elevatissimo numero di micro-RNA.
L’estrazione di questi micro-RNA e l’impianto in embrioni portava allo sviluppo
di topolini con alterata risposta agli stimoli stressogeni. Ovviamente la
trasposizione all’uomo di tali considerazioni è molto complessa. Eppure già nel
2013, in Belgio, l’analisi condotta da genetisti su 79 neonati aveva dimostrato
differenze epigenetiche tra bambini figli di padri obesi e padri normopeso.
L’analisi degli spermatozoi dimostrava evidenze significative nei meccanismi di
metilazione che avvenivano nei padri obesi, e non nell’altro gruppo. La cosa
entusiasmante è stata la successiva analisi di tali pattern in persone che
andavano incontro ad interventi di riduzione del peso (essenzialmente chirurgia
bariatrica): sono stati individuati oltre 3900 geni che presentavano differente
metilazione. Ovviamente l’esperimento condotto in Belgio non può considerarsi
già significativo, tanto che critiche sono sorte proprio nel mondo della
genetica, soprattutto in termini dei risultati ottenuti (da alcuni ritenuti
solo il frutto di una stratificazione random). Si contesta essenzialmente la
scarsità dei numeri, ma la prima frontiera nell’analisi sperimentale di questa
ipotesi è stata raggiunta. Futuri studi, magari condotti su coorti di individui
più ampie, permetteranno di scoprire se anche nell’uomo, effettivamente, i
padri trasmettono ai propri figli molto più del singolo DNA che essi stessi
ereditano alla nascita.
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