SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE
COTELLESSA (ENEA)
Addio chemioterapia, a curare il
cancro ci pensa il PLX472O. La scoperta italiana
L’ultima scoperta è tutta made in Italy. Un
team di scienziati italiani dell’Istituto di Candiolo, in provincia di Torino,
ha scoperto un nuovo farmaco, il PLX472O, che potrebbe rivoluzionare le cure
utilizzate contro il tumore.
Nuove importanti proprietà
antitumorali di un farmaco sperimentale sono state scoperte dalle equipe
guidate da due ricercatori dell'Istituto di Candiolo, Alberto Bardelli, direttore
del laboratorio di genetica molecolare e Federico Bussolino, direttore
scientifico della Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro. Lo studio,
condotto su modelli preclinici, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista
dell'Accademia delle scienze americana, PNAS. I ricercatori hanno dimostrato
che l'utilizzo di una terapia a bersaglio molecolare, già autorizzata negli
Stati Uniti ma non ancora disponibile in Europa e in Italia, è in grado di
intervenire non solo sulla cellula tumorale, ma indirettamente anche sul
microambiente che la circonda, generando pertanto una doppia modalità
terapeutica per inibirne la proliferazione. Oggetto dello studio sono la
mutazione dell'oncogene BRAF (gene responsabile della crescita incontrollata di
numerosi tipi di tumori) e il farmaco PLX472O, che nelle varie fasi di
sperimentazione in cui è stato utilizzato finora nella cura dei melanomi si è
dimostrato molto efficace nell'inibire l'oncogene mutato. La mutazione di BRAF
è importante non solo nei melanomi, ma anche nei tumori del colon, dell'ovaio e
della tiroide e spesso si correla a una cattiva prognosi della malattia. "Si
è accertato - spiegano Bardelli e Bussolino - che il PLX472O non solo agisce
sulla cellula tumorale bloccandone la crescita, ma ha anche un effetto inatteso
sul sistema vascolare del tumore". I ricercatori hanno infatti scoperto
che il PLX472O migliora la perfusione del sangue del tumore e l'ossigenazione
con due conseguenze: "può facilitare l'arrivo di altri farmaci al tumore,
consentendo di ridurre le dosi di chemioterapici utilizzati nel trattamento;
migliora l'ossigenazione del tessuto riducendo l'ipossia - la carenza di
ossigeno - solitamente causa della maggior aggressività e della comparsa di
metastasi". "Questa scoperta - sottolineano ancora Bardelli e
Bussolino - rivoluziona le prospettive delle attuali terapie antiangiogenetiche
(che ostacolano la formazione dei nuovi vasi sanguigni che portano nutrimento
al tumore), utilizzate ampiamente nel trattamento di molti tumori solidi,
dimostrando che è possibile intervenire sull'angiogenesi tumorale non solo
inibendola, ma anche cambiando e migliorando le caratteristiche funzionali del
sistema vascolare del tumore". "Questa - concludono Bardelli e
Bussolino - è un'ulteriore tappa nella lotta contro il cancro che allarga il
fronte, avendo compreso la necessità di studiare e colpire le vie di
comunicazione tra la cellula tumorale e il microambiente che la circonda.
Infatti la progressione di un tumore,o il suo permanere in stato di quiescenza,
dipendono e sia dalle caratteristiche genetiche della cellula neoplastica sia
dalle molecole e dei vasi sanguigni che la circondano".
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