Matteo Zavattaro
Tra il 1961 e il 1965 si corre per la conquista dello spazio.
Gli uomini sono positivi, spirito audace, entusiasmo alle stelle.
“Il pericolo è il mio mestiere” si potrebbe dire in quegli anni, ma la voglia di ignoto e di superarsi come simbolo per tutta l’umanità inonda di magia ogni giornata . L’aria che si respira è frizzante, Tutti sono attaccati alle prime tv , ogni persona si identifica con l’astronauta che viene sparato nello spazio, ogni cosa è possibile, per tutti, per l’uomo.
“ Chissà cosa faremo ” “ chissà dove arriverà l’uomo “ “ chissà cosa farò io” - dove andrò- - chi sarò - - magari viaggerò in aereo - - magari viaggerò anch’io nello spazio - .
Tramite il lavoro degli astronauti , le missioni Gemini , tutta un’equipe si mette a disposizione per realizzare il più grande progetto mai pensato prima. Tutti gli uomini mettono in condivisione le loro conoscenze, il tecnico, l’ingegnere, il fisico, il biologo, il medico, l’astronomo, tutti sono al servizio di uno scopo : mandare lassù quei due uomini.
Ma questo non significa SOLO mandare lassù due uomini con nome e cognome, significa mandare lassù TUTTA L’UMANITA’ . Questo è il grande messaggio che era evidente per tutti.
Caliamoci nell’epoca tutti si sentono parte di una grande famiglia: si parla come se tuo fratello fosse andato sulla Luna, ieri, e il tuo panettiere gli ha fatto il panino al prosciutto da portarsi dietro.
Certo perché quell’uomo mangia come te a mezzogiorno, deve fare pipì come te dopo che ha bevuto, e gli viene pure il mal di stomaco, come a te, se l’astronave sballotta come l’autobus o la macchina su cui siedi in attesa dell’arrivo.
Un filo invisibile tocca tutti gli uomini nel momento in cui Ed White esce dalla navicella per passeggiare nello spazio.
Quando esce sa chi deve ringraziare, sta pregando, prega affinché la tuta inventata dai tecnici funzioni davvero: ci sono infatti nello spazio delle micro-particelle cosmiche che potrebbero bucare i tessuti. Certo, vanno solo a 28.000 km/h , cosa vuoi che sia, eppure l’uomo esce senza timori FIDANDOSI dei suoi tecnici e quindi di tutto l’apparato che ci sta dietro, del matematico, del saldatore, della cucitrice, dell’astronomo …
Il suo rimanere integro è una vittoria, ma è una vittoria di tutti, anche di chi gli ha preparato il panino, di chi lo ha accompagnato al vettore prima di partire, e infine di tutti noi che lo guardiamo.
I suoi occhi diventano i nostri occhi e le sue emozioni ci vengono rimandate , anche noi è come fossimo là…
In quel momento tutta l’umanità sta partecipando all’evento e rimanda speranza positiva all’omino lassù. Un filo invisibile lega tutti gli uomini in un sentimento di fratellanza e comunione, forse accade solo per un attimo, ma in quell’attimo tutti si sentono partecipi di una cosa che riguarda tutti.
Questo è lo spirito che in realtà l’uomo cerca e senza il quale
trasforma la vita in una esperienza triste anzichè STRAORDINARIA
Prima di lui Yuri Gagarin, Kosmonauta Russo, era stato il primo uomo arrivato sullo spazio rimanendo all’interno della navicella; l’americano John Glenn fu il secondo essere umano a toccare l’orbita .
Certamente durante la conquista dello spazio ci sono stati degli errori, errori pagati ad alto prezzo, ma il clima di euforia sulle possibilità e gli scenari che si aprivano all’essere umano non era un fattore trascurabile. Oltre al fatto in sé, infatti, l’umanità sembrava partecipare alle stesse sorti , come una grande famiglia, seppure talvolta a due colori.
E POI L’IDEA DI ANDARE SULLA LUNA .
Tutte le missioni erano in realtà in preparazione del salto più grande.
Quel giorno del 1969 non è sceso solo Neil Armstrong a toccare il satellite: come lui stesso ha detto “ un piccolo passo per un uomo , un grande balzo per l’umanità “, tutti noi siamo stati con lui sulla Luna quel giorno, di qualunque nazione e di qualunque estrazione.
Che lo vogliamo o no, tutti noi apparteniamo a una storia, che prima o poi confluisce nella stessa storia . Il nostro passato è un intaglio su di noi, ci dice chi siamo e cosa vorremmo essere.
Io penso che il nostro traguardo dovrebbe essere eticamente elevato, rinnovando emozioni positive e unite, poiché danno maggiore significato alla nostra esistenza.
Matteo Zavattaro
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