IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

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Con questo libro Marco La Rosa ha vinto il
PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO
ALTIPIANI DI ARCINAZZO 2014
* MISTERI DELLA STORIA *

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LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

lunedì 14 dicembre 2020

OSSIGENO: ELISIR DI ETERNA GIOVINEZZA?

 

"Andiamo indietro nel tempo", così un team di ricercatori israeliani combatte l'invecchiamento

                                                        credit: Shamir Medical Center

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Aging, sessioni di ossigenazione iperbarica riducono il numero di cellule senescenti, ossia "anziane", legate anche all'insorgere di malattie come il cancro o l'Alzheimer

"Stiamo andando indietro con il tempo": a qualcuno potrebbe suonare come un'affermazione reazionaria. Non quando si tratta dei nostri meccanismi biologici. È così che il professor Shai Efrati dell'Università di Tel Aviv ha sintetizzato il risultato senza precedenti della sua ricerca: la possibilità di invertire il processo di invecchiamento biologico dell'essere umano, utilizzando solamente l'ossigeno. Nello studio pubblicato a novembre sulla rivista Aging, condotto da Efrati, neuroscienziato, insieme al dott. Amir Hadanny dello Shamir Medical Center, ospedale nel centro d'Israele, viene dimostrato come sessioni di ossigenazione iperbarica abbiano portato a due risultati senza precedenti negli esseri umani finora: l'allungamento dei telomeri (la parte terminale dei cromosomi che contengono il nostro materiale genetico) e la riduzione di cellule senescenti, ovvero quelle cellule "vecchie" che nel tempo perdono la loro funzione fisiologica.

Man mano che gli esseri umani invecchiano, i telomeri si accorciano e si accumulano cellule senescenti, fenomeni che si reputa siano anche legati al rischio di sviluppare malattie come il cancro o l'Alzheimer. I ricercatori israeliani hanno dimostrato che il trattamento con ossigeno puro all'interno di una camera iperbarica può fermare o addirittura invertire questi processi di invecchiamento nel nostro organismo.

La ricerca ha coinvolto 35 volontari sani di età sopra i 64 anni che sono stati esposti a 60 sessioni iperbariche di un'ora e mezza l'una, cinque volte a settimana, per tre mesi. I risultati hanno indicato che i trattamenti hanno effettivamente invertito il processo di invecchiamento in due dei suoi principali aspetti: i telomeri non solo non si sono accorciati, ma si sono addirittura allungati tra il 20% e il 38% a seconda dei diversi tipi di cellule. Inoltre, la percentuale di cellule senescenti è risultata ridotta in modo significativo, tra l'11% e il 37% a seconda del tipo di tessuto. Si tratta della prima volta in cui risultati del genere vengono osservati sugli esseri umani.

Spiega il dottor Hadanny che studi precedenti hanno dimostrato che una corretta alimentazione ed esercizio fisico costante possono contribuire a preservare la lunghezza dei telomeri, ma finora non era mai stato trovato alcun modo per allungarli. "Oggi l'allungamento dei telomeri è considerato il 'Sacro Graal' della biologia dell'anti-aging", ha affermato il Prof. Efrati. "Per questo, i ricercatori di tutto il mondo stanno cercando di sviluppare interventi farmacologici che vadano verso questa direzione. Il nostro protocollo Hbot (acronimo di Hyperbaric Oxygen Therapy, ndr) è stato in grado di raggiungere questo obiettivo, dimostrando che il processo di invecchiamento può essere invertito a livello cellulare-molecolare".

In passato, le ricerche del team di Efrati e Hadanny sui risultati della terapia iperbarica - ovvero esposizione all'ossigeno ad alta pressione, a varie concentrazioni all'interno di una camera iperbarica - avevano già dimostrato il miglioramento delle funzioni cerebrali danneggiate da età, ictus o lesioni cerebrali. I risultati dell'ultima ricerca potrebbero avere ripercussioni pratiche sul miglioramento della concentrazione, sulla velocità di elaborazione delle informazioni e delle reazioni, che sono tra i primi sintomi dell'invecchiamento riportati dalle persone sopra i 60 anni. Secondo lo studio, i risultati ottenuti equivalgono, a livello delle cellule del sangue, a un "salto nel tempo" di ben 25 anni indietro.

DA:

https://www.repubblica.it/esteri/2020/11/22/news/israele_ricerca_contro_invecchiamento_cellulare-275360515/

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LA VERA "GENESI" DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?

"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA"
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giovedì 10 dicembre 2020

LA RADIAZIONE COSMICA DI FONDO E... I MESSAGGI NASCOSTI

 

                                              Credito: ParallelVision, Pixabay, 5651984

Un astrofisico dell’Osservatorio Sonneberg in Germania che lavora anche nell’ambito dell’iniziativa Breakthrough Listen, ha tentato di trovare le tracce, nella radiazione cosmica di fondo, di un eventuale creatore dell’universo ma, nello studio presentato per ora solo su arXiv, dichiara di non aver trovato alcuna traccia che possa essere riconducibile ad una entità intelligente. Tutto è nato nel 2005, come spiega Science alert, quando due fisici proposero che, se l’universo fosse stato davvero creato da un’entità intelligente, forse si potrebbero intercettare le sue tracce nella radiazione di fondo dell’universo, tracce diffusesi nel cosmo insieme alla luce quando fu “liberata” per la prima volta.

Che cos’è la radiazione cosmica di fondo

La radiazione cosmica a microonde è considerata come una “reliquia” dell’universo primordiale: è sostanzialmente una radiazione elettromagnetica omogenea, che si dirama praticamente in ogni direzione del nostro universo, e il cui picco di emissione è intercettabile nel campo delle microonde. È considerata la traccia della prima luce rilevabile nell’universo, traccia rilevabile ancora oggi. Fu scoperta ha casualmente nel 1964 e la sua scoperta è considerata come una delle prove più schiaccianti della teoria del big bang.

Studio del 2006: potrebbe esserci un messaggio binario

Secondo i due fisici Anthony Zee dell’Università della California e Stephen Hsu dell’Università dell’Oregon, autori del lavoro del 2006, nelle variazioni di temperatura della radiazione di fondo potrebbe essere presente una sorta di messaggio binario codificato.

L’esistenza di un messaggio del genere sarebbe la prova dell’esistenza di un essere superiore al cosmo stesso, probabilmente creatore dell’intero universo. Vorrebbe, inoltre dire, che l’universo stesso sarebbe stato creato intenzionalmente.

Tale messaggio codificato delle variazioni di temperatura di questa debole radiazione onnipresente sarebbe identico per tutti gli osservatori dell’intero universo e per tutto il tempo di esistenza dello stesso, secondo i due ricercatori.

Nuovo studio: due obiezioni iniziali

Ora l’astrofisico Michael Hippke ha tentato proprio di trovare questo codice nascosto ma ha rilevato subito dei problemi. Innanzitutto la radiazione di fondo si sta raffreddando: iniziò a propagarsi con una temperatura di 3000° kelvin, oggi ha una temperatura di 2,7° kelvin. Ciò significa che tra qualche miliardo di anni (molti miliardi, circa 10 duodecilioni di anni, ossia 1040 anni, secondo Hippke) questa stessa radiazione praticamente non sarà più rilevabile. Inoltre è improbabile che questa radiazione di fondo appaia sempre allo stesso modo a osservatori diversi in luoghi diversi dell’universo. Ad esempio noi, dalla Terra, non possiamo analizzare del tutto questa intera reazione perché la via Lattea crea notevoli disturbi.

Fluttuazioni di temperatura trasformate in bit

Anche soprassedendo a questi fattori chiave, il ricercatore ha comunque analizzato le fluttuazioni di temperatura della radiazione cosmica di fondo trasformandole in flussi di bit. In pratica ha assegnato un “1” ai residui di temperatura positivi e uno “0” a quelli negativi. Ne è risultata una sequenza di “0” e di “1”, una di quelle sequenze che nell’informatica possono indicare, ad esempio, un testo o un’immagine oppure semplicemente nulla. Alla fine non trovava alcun messaggio significativo (anche intercambiando gli “0” con gli “1”) concludendo che non esiste un messaggio codificato sotto forma di bit nella radiazione cosmica di fondo.

 

Risultati non indicano che non esiste un creatore

Ciò non vuol dire che non esista un creatore, cosa difficilmente dimostrabile, e neanche che non esista un messaggio in questa radiazione in quanto potremmo ancora non riuscire a capirlo. E questi risultati non intaccano neanche la teoria secondo la quale viviamo in una simulazione, come spiega Hippke nelle conclusioni dello studio.

In ogni caso la radiazione cosmica di fondo resta una delle tracce più incredibili che abbiamo trovato dell’universo primordiale e probabilmente molte altre cose avrà da raccontarci in futuro.

DA:

https://notiziescientifiche.it/scienziato-cerca-prove-di-un-creatore-nella-radiazione-cosmica-di-fondo-ecco-cosa-ha-trovato/

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sabato 5 dicembre 2020

I MISTERI DEL MOTO PERPETUO: UTOPIA...OPPURE...

 


Alla ricerca del moto perpetuo: il Santo Graal per molti studiosi

Sin dai tempi antichi l’uomo subisce l’attrazione del moto perpetuo. Una macchina in grado di funzionare perfettamente, senza una fonte energetica, cambierebbe tutto. Ma è davvero possibile realizzare una macchina di questo genere? Secondo le leggi su cui si fonda la nostra realtà, no.

La realizzazione della macchina a moto perpetuo ha attirato la curiosità di molti studiosi, diventando un vero e proprio rompicapo. La tenacia e la creatività sono i motori principali che hanno spinto l’uomo a tentare di realizzare una macchina di questo tipo, nonostante i vari fallimenti ottenuti nel corso dei secoli. Infatti, le varie macchine costruite in grado di soddisfare le condizioni del moto perpetuo hanno determinato risultati fallimentari, seppur importanti, dimostrando che tale moto è soltanto un concetto puramente ideale e tale rimarrà. Uno degli esempi più lampanti è sicuramente Leonardo Da Vinci, che nel tentativo di progettare e costruire una macchina del genere, ne dimostrò l’impossibilità. Il genio del Da Vinci, infatti, concluse che è impossibile che il moto perpetuo possa esistere in natura, anticipando di quasi tre secoli la dimostrazione del principio data dagli studi sulla termodinamica di James Clerk Maxwell.

 

                                     Appunti e disegni di Leonardo da Vinci Credits: istock

 È chiaro il fatto che mantenere un oggetto in un movimento infinito è un concetto puramente astratto, in quanto esiste un fattore essenziale che determina la dissipazione di quell’energia che permette all’oggetto di muoversi, ovvero l’attrito. Dal punto di vista dell’affascinante mondo della termodinamica, a cui il moto perpetuo è strettamente legato, viene suddiviso in due tipologie: il moto perpetuo di prima e seconda specie che a loro volta sono legati al primo e al secondo principio della termodinamica.

Il moto perpetuo di prima specie:

Il moto perpetuo di prima specie implica la violazione del primo principio della termodinamica, che afferma che l’energia non può essere né creata né distrutta, e, in quanto tale, la somma della quantità di calore ceduta a un sistema e del lavoro eseguito deve corrispondere ad un aumento dell’energia interna del sistema stesso. In breve, si dovrebbe realizzare una macchina in grado di produrre una quantità di energia superiore a quella consumata, in modo tale da autoalimentarsi. Macchine che potrebbero funzionare mediante questa modalità, dovrebbero usare magneti come fonti di energia, ma, seppur siano in grado di mantenere un certo moto per tempi lunghi, sono comunque destinate a fermarsi perché non possono in alcun modo estrarre energia gratuita.


      Progettazione ad opera di Leonardo da Vinci della ruota a moto perpetuo Credits: Artslife

Il moto perpetuo di seconda specie

Il moto perpetuo di seconda specie, invece, implica la violazione del secondo principio della termodinamica la quale si fonda su due enunciati: è impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di assorbire calore da un’unica sorgente e di trasformarla completamento in lavoro (Lord Kelvin); è impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di far passare calore da un corpo freddo a uno caldo (R. Clausius). Entrambi gli enunciati negano la possibilità di realizzare una macchina a moto perpetuo, in quanto un sistema di questo genere implicherebbe il trasferimento di energia da un corpo freddo a un corpo caldo senza spendere lavoro. Una macchina avrebbe quindi un rendimento pari al 100%, considerato che dovrebbe convertire completamente l’energia termica, estratta da una determinata sorgente, in energia meccanica.

In conclusione

La ricerca di un moto perpetuo va sicuramente contro a uno dei due principi della termodinamica, e ciò dovrebbe già bastarci per affermare non possa esistere concretamente. Nulla nega però che le ricerche svolte dagli studiosi e dai costruttori siano stati fondamentali per giungere a tale conclusione. E se uno fra questi studiosi fosse riuscito in quest’ardua missione, avrebbe senza alcun dubbio cambiato molti aspetti della fisica classica e sicuramente la vita dell’uomo.


MA GLI STUDI SULLA ZPE (ENERGIA DEL PUNTO ZERO) A CHE PUNTO SONO?

FORSE E' PROPRIO IN QUESTA DIREZIONE CHE DOVREMMO CONCENTRARE GLI SFORZI PER UN VERO SALTO EVOLUTIVO. (NDR  M.L.R.)

DA:

https://sciencecue.it/ricerca-moto-perpetuo-da-vinci/23170/

https://www.needforscience.com/physics/vacuum-energy-special-case-of-zero-point-energy/


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giovedì 26 novembre 2020

LO SPAZIO PROFONDO E' PIU' DENSO DEL PREVISTO

 


Quanto è denso il vuoto dello Spazio?

Prosegue la manutenzione dell'unica antenna che può comunicare con la sonda Voyager 2, che intanto conferma che lo Spazio là fuori è più denso del previsto.  

Quando la sonda Voyager 2 è partita dalla Terra col suo messaggio per gli alieni era il 20 agosto del 1977: la TV era ancora in bianco e nero, il Presidente degli Stati Uniti era il magnate delle arachidi Jimmy Carter e buona parte della redazione di Focus andava ancora all'asilo. In tutti questi anni la sonda ha proseguito il suo viaggio e oggi si trova nello Spazio profondo, fuori dalla bolla del Sistema Solare, a 125 UA (unità astronomiche) dal nostro pianeta, cioè 125 volte la distanza tra la Terra e il Sole - che è di circa 150 milioni di chilometri.

LA LUNGA MARCIA

 Dopo aver superato Giove, Saturno e Urano, la Voyager 2 ha sorvolato Nettuno nell'agosto del 1989 (per la cronaca: il Presidente USA era il magnate del petrolio George W. Bush e noi della redazione andavamo al liceo). Una rapida puntata verso Tritone, una delle lune di Nettuno, e poi la sonda ha continuato il suo viaggio fino a uscire ufficialmente dal Sistema Solare. Oggi la sonda è così lontana dalla Terra che ogni segnale inviato o ricevuto ha un ritardo di oltre 17 ore. Che cosa usano i ricercatori per inviare segnali e istruzioni a un oggetto distante quasi 20 miliardi di km?

GRANDISSIME ANTENNE

Solo tre antenne sulla Terra sarebbero abbastanza grandi e potenti da poter consegnare e ricevere segnali dalla Voyager 2: sono dislocate in California, in Spagna e in Australia, e insieme formano il Deep Space Network (NASA). Ma per la posizione relativa della Terra e della sonda ormai solo una di queste antenne, quella di Canberra, in Australia, riesce a comunicare con la Voyager 2. Quella del Canberra Deep Space Communications Complex è un'antenna da oltre 70 metri di diametro: è però parte di un impianto vecchio di 50 anni attualmente in manutenzione. Il fermo, iniziato a marzo, dovrebbe terminare nel febbraio del 2021: in tutto questo tempo potremo ricevere segnali e dati scientifici, ma non inviare comandi o altre istruzioni (anche se un test dei nuovi trasmettitori è andato a buon fine).

DENSITÀ SPAZIALE

È di poche settimane fa l'ultima importante conferma che la sonda ha inviato a Terra: l'aumento della densità della materia interstellare al di fuori del Sistema Solare, già rilevato nel 2018 dalla sonda gemella Voyager 1. Questa della densità dello Spazio interstellare è stata una sorpresa: lo spazio, che contiene piccole quantità di protoni ed elettroni spinti dai venti stellari, dovrebbe essere sempre più "vuoto" a mano a mano che ci si allontana da una stella. Ma nel 2018 Voyager 1, dopo avere misurato 0,039 particelle per centimetro cubo quando si trovava ancora alla periferia del Sistema Solare, uscita definitivamente fuori dal dominio del Sole riportava una densità di circa 0,13 particelle per centimetro cubo. La variazione, confermata a fine ottobre dalle misure della Voyager 2, non ha al momento una spiegazione.

A MENO DI NON IPOTIZZARE QUALCOSA DI INVISIBILE…NON RILEVABILE, APPENA FUORI DAL SISTEMA SOLARE…(NDR MLR)…(?)

Da:

https://www.focus.it/scienza/spazio/voyager-spazio-profondo-materia-interstellare

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sabato 21 novembre 2020

IL MISTERO DI STEVE : Strong thermal emission velocity enhancemen

          La Nasa: Steve non è una aurora, il mistero continua

                                         Credit immagine: Krista Trinder e NASA.

Un nastro di luce color malva bordato di verde: così si presenta Steve (Strong thermal emission velocity enhancemen), un fenomeno ottico atmosferico scoperto dagli astronomi nel 2018, e prima ancora dai citizen scientist, con numerose osservazioni amatoriali e foto che hanno fatto il giro del mondo a partire dal 2015. Per colori, localizzazione e durata si distingue nettamente dalle aurore, tipiche delle latitudini più estreme. E ora uno studio della Nasa, intitolato “The Mysterious Green Streaks Below Steve” – “Le misteriose strisce verdi al di sotto di Steve”, esclude che possa trattarsi di un airglow, un fenomeno di luminescenza atmosferica. Ma allora di cosa si tratta?

Ci sono le aurore, le airglow e poi c’è Steve

Le aurore – ad esempio l’aurora boreale che si può ammirare nei cieli dei paesi nordici – è un fenomeno dovuto all’interazione fra particelle cariche provenienti dal sole e il campo magnetico terrestre che si manifesta in prossimità dei poli magnetici. Al contrario, le luminescenze atmosferiche o airglow sono causate da particolari fenomeni chimici (la chemiluminescenza) e sono presenti a tutte le latitudini. Le aurore, inoltre, sono caratterizzate da un numero ridotto di lampi di colore molto rapidi, mentre le airglow sono bagliori piuttosto costanti. “Steve non sembra uniformarsi a nessuna di queste due tipologie di fenomeni”, dice Joshua Semeter, docente alla Boston University e prima firma dello studio, che include anche quelle di Neil Zeller, fotografo professionista autore delle foto di Steve esaminate, Michael Hunnekuhl, un citizen scientist che si è occupato di mantenere il database di Steve e ha contribuito a notare alcuni elementi dello strano fenomeno.

L’identikit di Steve

Steve è visibile a latitudini molto più meridionali rispetto alle aurore, dalle quali si distingue anche per una colorazione prevalentemente rosa malva e per una minore durata, circa venti minuti. Un anno fa uno studio aveva scoperto che non si tratta di atomi eccitati da elettroni provenienti dalla magnetosfera, come nel caso delle aurore, ma di particelle estremamente calde legate a un qualche fenomeno ancora sconosciuto che interessa l’alta atmosfera terrestre.

                                                STEVE May 7th 2016 350 2258:31 hrs

        Un fenomeno STEVE fotografato il 7 maggio 2016. Foto di Rocky Raybel.

“Le emissioni – ammette Semeter – sono dovute a meccanismi che ancora non abbiamo compreso appieno”. Quelle di colore violaceo, spiega lo scienziato della Nasa, sono probabilmente il risultato di ioni che si muovono a velocità supersonica. Mentre le striature verdi sembrano collegate a movimenti che ricordano vortici o gorghi, come quelli dei fiumi o di altri corsi d’acqua. Inoltre gli elementi verdi si muovono più lentamente di quelli viola e potrebbero essere dovuti a turbolenze nello spazio – un miscuglio fra particelle e campo magnetico, chiamato plasma. Lo studio stabilisce anche l’altezza delle “misteriose strisce verdi” fissata fra i 100 e i 110 km dal suolo terrestre. Ma il mistero rimane.

Da:

https://www.galileonet.it/steve-aurora-luminescenza-fenomeno-nasa/

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sabato 7 novembre 2020

VOYAGER 2 AND DEEP SPACE...

 


La Nasa ristabilisce il contatto con Voyager 2, è a 20 miliardi di chilometri dalla Terra

Gli ingegneri dell'agenzia spaziale statunitense avevano perso il collegamento a marzo con la navicella a causa di riparazioni e aggiornamenti dell'antenna.

Dialogo ristabilito. La sonda Voyager 2 della Nasa risponde dallo spazio interstellare, oltre il nostro sistema solare: i responsabili della missione le hanno inviato un segnale e la sonda ha confermato di aver ricevuto la "chiamata" ed ha eseguito i comandi senza problemi.

                           

Lanciata nel 1977, la sonda due anni fa ha lasciato il Sistema Solare e ora è a più 18,8 miliardi di chilometri dalla Terra. E' stata contattata per testare i nuovi componenti recentemente installati sulla Deep Space Station 43, l'unica antenna al mondo in grado di inviarle comandi. L'antenna si trova a Canberra, in Australia, e fa parte del Deep Space Network (Dsn) della Nasa, una rete di antenne radio utilizzate per comunicare con veicoli spaziali che operano oltre la Luna.

Da marzo scorso l'antenna non era operativa per un aggiornamento tecnico che ha riguardato una serie di apparecchiature, compresi due nuovi trasmettitori radio. Uno di questi, che viene utilizzato per comunicare con Voyager 2, non era stato sostituito da oltre 47 anni. Il Deep Space Network è costituito da tre antenne radio che si trovano a Canberra; Goldstone in California, e Madrid in Spagna. La posizione delle tre antenne garantisce che quasi tutti i veicoli spaziali con una linea di vista verso la Terra possano comunicare con almeno una delle strutture in qualsiasi momento. Voyager 2 è la rara eccezione. Per fare un sorvolo ravvicinato della luna di Nettuno Tritone nel 1989, la sonda ha sorvolato il polo nord del pianeta. Quella traiettoria l'ha deviata verso sud rispetto al piano dei pianeti, e da allora si è diretta in quella direzione. Ora è così a sud che non ha una linea di vista con le antenne radio nell'emisfero settentrionale. L'antenna di Canberra è l'unica parabola nell'emisfero australe che ha un trasmettitore abbastanza potente e che trasmette la giusta frequenza per inviare comandi alla sonda lontana. L'aggiornamento tecnico, secondo la Nasa, andrà a beneficio anche di altre missioni, incluso il rover Mars Perseverance, che dovrebbe atterrare sul pianeta rosso il 18 febbraio 2021 e la missione Artemis della Nasa che intende riportare l'uomo sulla Luna.


"L'aspetto unico di questo progetto - commenta Brad Arnold, responsabile del progetto Deep Space Network (DSN) presso il Jet Propulsion Lab della Nasa - è che stiamo lavorando a tutti i livelli dell'antenna, dal piedistallo fino ai sistemi che si estendono sopra il bordo. La comunicazione di prova con la sonda suggerisce che le trasmissioni sono in linea con il nostro lavoro". I trasmettitori non sono stati sostituiti negli ultimi 47 anni, e dovrebbero tornare online a febbraio 2021. Gli ingegneri hanno aggiornato il riscaldamento e il raffreddamento della sonda, le apparecchiature di alimentazione e i componenti elettronici necessari al funzionamento dei trasmettitori.

"L'antenna DSS43 è un sistema altamente specializzato - aggiunge Philip Baldwin, responsabile delle operazioni per il programma SCaN (Space Communications and Navigation) della NASA - ci sono solo altre due antenne simili nel mondo. Abbiamo deciso di effettuare questi aggiornamenti per garantire che l'antenna possa continuare a essere utilizzata per le missioni attuali e future". Anche quella verso Marte.

Da:

https://www.repubblica.it/scienze/2020/11/05/news/la_nasa_ristabilisce_il_contatto_con_voyager_e_a_20_miliardi_di_chilometri_dalla_terra-273219390/

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domenica 1 novembre 2020

IL GIORNALE DEI MISTERI N. 552 BIMESTRALE NOVEMBRE DICEMBRE 2020

                                           IN EDICOLA IN LIBRERIA E ON LINE


I CELTI E GLI EXTRA-TERRESTRI - DI GIORGIO PATTERA DA PAG. 53

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