SEGNALATO DAL DR. GIORGIO PATTERA
(BIOLOGO)
Per la prima volta, Crispr ha
modificato il genoma nello Spazio
Un esperimento condotto alla Iss
ha utilizzato per la prima volta Crispr per modificare il genoma di un lievito
e osservare in che modo il danno al dna dovuto alle radiazioni cosmiche possa
essere riparato. Un'informazione preziosa per la salute degli astronauti che
dovranno intraprendere lunghi viaggi spaziali.
Crispr è andato per la prima
volta nello Spazio. O meglio è stato utilizzato a bordo della Stazione spaziale
internazionale (Iss) per modificare un genoma. Gli astronauti, infatti, si sono
serviti per la prima volta della tecnica di editing genetico, Crisp-Cas 9, per
modificare il dna del lievito di birra e cercare così di comprendere meglio
quali siano i meccanismi con cui il dna si ripara dai pericoli a cui viene
esposto nello Spazio. Per farlo, gli astronauti hanno “tagliato” in diversi
punti il codice genetico del lievito, simulando il danno provocato dalle
radiazioni cosmiche, una delle maggiori preoccupazioni per la salute degli
astronauti. Infatti, sebbene la Iss si trovi a circa 400 chilometri di
altitudine e sia quindi ancora protetta dal campo magnetico terrestre, è stato
calcolato che in soli sei mesi un astronauta venga sottoposto a circa 30 volte
la quantità di radiazioni che noi riceviamo sulla Terra in un anno. Inoltre,
alcuni recenti studi hanno dimostrato che le radiazioni cosmiche, soprattutto
durante lunghi viaggi spaziali, aumentano significativamente il rischio a lungo
termine di sviluppo di cancro, malattie degenerative e disturbi del sistema
nervoso centrale. “Volevamo capire se i meccanismi di riparazione del dna sono
diversi nello Spazio rispetto alla Terra”, ha commentato Emily Gleason della
MiniPcr Bio, la società che ha progettato il laboratorio di Dna a bordo della
Iss. Una domanda fondamentale a cui rispondere prima di poter intraprendere
lunghi viaggi nello Spazio: per una missione su Marte, per esempio, che sarebbe
molto più lunga di sei mesi e senza la protezione del campo magnetico della
Terra, il rischio per gli astronauti di esposizione alle radiazioni
aumenterebbe significativamente. E capire, quindi, in che modo il dna si ripara
da danni delle radiazioni cosmiche potrebbe essere fondamentale per proteggere
la salute dell’equipaggio. Per farlo, gli astronauti Christina Koch e Nick
Hague si sono serviti di Crispr-Cas9 per modificare il genoma del lievito
Saccharomyces cerevisiae, provocando piccoli tagli in entrambi i filamenti del
dna e imitando perciò un potenziale danno radioattivo. Precisiamo che, di
norma, le cellule riparano quasi immediatamente queste interruzioni, ma possono
commettere errori, inserendo o eliminando le basi azotate del dna (timina,
adenina, citosina e guanina) e generando così mutazioni genetiche. Una volta
che le cellule del lievito hanno riparato il danno, gli astronauti si sono
serviti del processo della Pcr, polymerase chain reaction, per copiare più e
più volte la sezione appena riparata e di un altro dispositivo speciale,
chiamato MinION, per sequenziare la sezione riparata di dna in queste copie. Il
sequenziamento, infatti, mostra l’ordine esatto delle basi azotate, rivelando
se il meccanismo di riparazione ha ripristinato il dna nell’ordine originale o
se ha apportato modifiche e possibili errori. L’indagine, precisano i
ricercatori del programma Genes in Space (di cui fa parte questo studio),
rappresenta una serie di record, tra cui il primo utilizzo dell’editing
genetico Crispr-Cas9 sulla Stazione spaziale internazionale e la prima volta che
gli scienziati valutano l’intero processo di danno e riparazione del dna nello
Spazio. E ora non ci rimane che aspettare i risultati finali. “Ci
aspettiamo che il lievito usi il metodo di riparazione senza commettere errori,
come avviene sulla Terra, ma non sappiamo con certezza se sarà effettivamente
così”, conclude Gleason. “In futuro, comunque vada, potremo usare
queste informazioni preziose per aiutare a proteggere gli astronauti dal danno
causato dalle radiazioni cosmiche durante i lunghi viaggi spaziali”.
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