Uranio impoverito, «morti sconvolgenti tra i militari». E ora litigano tutti
Perché tutti quei morti di cancro
tra i militari ma anche civili dentro o in prossimità di basi delle Forze
Armate? Perché quei 1.101 tra morti e malati nella sola Marina Militare? E’ una
relazione finale sconvolgente, quella dalla Commissione parlamentare che ha
indagato sull’uso di uranio impoverito e di amianto nelle operazioni della
Difesa. «Sconvolgente», è anche la parola usata dalla stessa commissione per
definire le «criticità», l’approssimazione e le coperture delle autorità
militari e di governo nel gestire una situazione che si è protratta troppo a
lungo, quasi che vi fosse una presunzione di «impunità» da parte degli apparati
militari. La relazione finale, passata con 10 voti a favore e 2 contro (quelli
di Elio Vito e di Mauro Pili), è stata presentata oggi alla Camera dal
presidente della Commissione, Gian Piero Scanu (Pd), che ha annunciato la
trasmissione del documento (248 pagine) alla procura di Roma perché valuti
eventuali ipotesi di reato.
Una relazione che diventa un atto
di accusa pesantissimo, ma che ora fa litigare tutti. Litigano i politici,
perché il centrodestra difende i capi delle Forze armate e definisce
«antimilitarista» la relazione. Litigano i vertici della Difesa, infuriati e
sdegnati per la relazione. Litigano persino gli scienziati, in maggioranza
convinti che l’uranio sia un fattore cancerogeno, mentre altri (una
minoranza) lo negano e addirittura uno degli esperti ascoltati dalla
commissione nega di averlo detto.
La relazione:
«Mai più militari morti e
ammalati senza sapere perché. Mai più una `penisola interdetta´, come quella
Delta del Poligono di Capo Teulada. Mai più una gestione del territorio
affidata in via esclusiva all’autorità militare, senza interlocuzioni con
l’amministrazione dell’ambiente, con la Regione e con le Autonomie locali: ecco
gli obiettivi perseguiti dalla quarta Commissione parlamentare d’inchiesta
sull’uranio impoverito». È quanto si legge nella relazione finale sull’attività
svolta dalla Commissione. «Garantire al meglio la sicurezza e la salute dei
militari non è un sogno, ed è un atto dovuto alle nostre Forze armate per
l’impegno e lo spirito di sacrificio dimostrati ogni giorno al servizio del
Paese», si legge ancora. La commissione spiega: «La Penisola Delta del Poligono
di Capo Teulada è diventata il simbolo della maledizione che per troppi decenni
ha pesato sull’universo militare: utilizzata da oltre 50 anni come zona di
arrivo dei colpi, permanentemente interdetta al movimento di persone e mezzi.
Le immagini satellitari ritraggono una discarica non controllata: sulla
superficie tonnellate di residuati contenenti cospicue quantità di inquinanti
in grado di contaminare suolo, acqua, aria, vegetazione, animali. E l’uomo. Non
sorprendono, a questo punto, le indagini condotte dalla Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Cagliari per il delitto di disastro doloso.
L’omessa bonifica per ragioni di `convenienza´ economica e il prosieguo delle
esercitazioni sono scelte strategiche che stonano a fronte di un crescente e
assordante allarme prodotto dalla penisola interdetta tra cittadini e
istituzioni».
L’uranio, ma anche l’amianto ed i
poligoni sono stati usati usati come «discariche non controllate». Nel settore
della salute e della sicurezza sul lavoro delle forze armate sono state
scoperte «criticità sconvolgenti», che «in Italia e nelle missioni all’estero
hanno contribuito a seminare morti e malattie tra i militari», malgrado il
«negazionismo» dei vertici della Difesa e gli «assordanti silenzi generalmente mantenuti
dalle Autorità di Governo».
Lo sdegno delle autorità militari:
All’attacco frontale della
Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito replica con
altrettanta durezza lo Stato Maggiore della Difesa: «accuse inaccettabili, noi
tuteliamo la salute dei militari, adottando tutte le cautele e controlli
sanitari periodici».
«I vertici militari - è scritto
nel comunicato dello Stato Maggiore - sentono come prima responsabilità e
dovere quello di preservare e difendere la salute del proprio personale in ogni
circostanza». Lo Stato Maggiore ribadisce che le «Forze armate italiane mai
hanno acquistato o impiegato munizionamento contenente uranio impoverito» e ciò
è stato confermato «anche dalle commissioni tecnico-scientifiche ingaggiate dalle
4 Commissioni parlamentari che dal 2005 ad oggi hanno indagato su tale aspetto.
Centinaia di ispezioni in siti militari, aree addestrative, poligoni con decine
e decine di analisi di suoli e acque hanno concordemente escluso presenza di
uranio impoverito da munizionamento e spiace che tale dato oggettivo e
inoppugnabile sia stato omesso nelle dichiarazioni pubbliche della
Commissione».
La polemica scientifica:
Il presidente della Commissione,
Scanu, ha definito «pietra miliare» un passo del documento che parla di «nesso
di causalità tra l’esposizione all’uranio impoverito e le patologie denunciate»
dal personale in divisa. Ma proprio su questo punto si è aperta una polemica
scientifica. La Relazione cita infatti l’audizione di Giorgio Trenta,
presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica, che
ha «riconosciuto la responsabilità dell’uranio impoverito nella generazione di
nanoparticelle e micropolveri, capaci di indurre i tumori che hanno colpito
anche i nostri militari inviati ad operare in zone in cui era stato fatto un
uso massiccio di proiettili all’uranio». Il professore parla però di
«parole travisate, non ho mai detto che l’uranio impoverito è responsabile dei
tumori riscontrati nei soldati». Scanu replica citando un passo di una perizia
firmata da Trenta dove ricorda la responsabilità dei proiettili all’uranio
impoverito «nel generare le nanopolveri, che sono, in effetti, la vera causa
dell’induzione di molte forme tumorali. In conclusione, si può
affermare, mutuando dalla criminologia, che l’uranio depleto è il mandante e
le nano-polveri l’esecutore». Sul tema interviene poi un altro esperto,
Carmine Pinto, past president dell’Associazione italiana di oncologia medica
(Aiom), secondo cui «potenzialmente l’esposizione continua ed a basse dosi all’uranio
impoverito, come quella che potrebbe essersi determinata a danno dei militari
in missioni ed esercitazioni, può essere cancerogena».
«Ci sono già 72 sentenze a favore
del nesso causa-effetto tra inquinamento bellico e patologie dei soldati e dei
cittadini che stanno attorno ai poligoni». Così interviene la fisica Antonietta
Gatti, esperta di nanopatologia e consulente di diverse commissioni
parlamentari sull’uranio impoverito e del Pm Domenico Fiordalisi, che in
Sardegna ha aperto il primo processo sui cosiddetti «veleni» di Quirra nel
poligono militare di Perdasdefogu. «A Quirra - spiega - oltre ai soldati ci
sono dei pastori e loro famiglie che si sono ammalati di tumore. Queste persone
hanno respirato le polveri delle esplosioni. Anni fa per il Pm Fiordalisi avevo
analizzato il cadavere di un pastore che il magistrato aveva fatto riesumare:
all’interno del canale midollare della tibia ho trovato la testimonianza
dell’inquinamento bellico che lui aveva respirato e mangiato nel corso della
sua vita».
Le accuse alla magistratura:
La Relazione mette nel mirino
anche la magistratura penale che non interviene sistematicamente a tutela della
sicurezza e della salute dei militari ed il risultato è «devastante»: nell’Amministrazione
della Difesa continua, infatti, «a diffondersi un senso d’impunità» mentre tra
le vittime e i loro parenti un dilaga «uno sconfortante senso di giustizia
negata». E non c’è solo l’uranio a minacciare la salute di donne e
uomini in divisa: l’amianto è presente in navi, aerei, elicotteri. Tanto che la
Commissione ha accertato che «solo nell’ambito della Marina Militare 1.101
persone sono decedute o si sono ammalate per patologie asbesto-correlate».
Criticità sono emerse nei poligoni (con Capo Teulada «simbolo della maledizione
che per troppi decenni ha pesato sull’universo militare») e desta poi «allarme»
la situazione missioni all’estero, con «l’esposizione a inquinanti ambientali
in più casi nemmeno monitorati».
APPROFONDIMENTO:
APPROFONDIMENTO:
L'uranio impoverito è lo scarto
del procedimento di arricchimento dell'uranio. La miscela di 235U e 238U, con
arricchimento maggiore in 235U della concentrazione naturale (0,7110%),
costituisce l'uranio arricchito utilizzato come combustibile nelle centrali
nucleari e come principale elemento detonante nelle armi nucleari. Il materiale
risultante consiste principalmente in 238U, che ha una minore attività
specifica dell'uranio naturale. Il termine è una traduzione dall'inglese
depleted uranium, che a volte viene tradotto gergalmente con il termine uranio
depleto.
Utilizzi civili:
L'uranio impoverito viene
utilizzato in vari campi dell'industria civile. Questo utilizzo è favorito da
alcune caratteristiche:
la sua alta densità, che si
traduce in un elevatissimo peso specifico;
il basso costo;
la relativa abbondanza (dovuta al
fatto che da più di 40 anni si accumula nei depositi materiale di scarto
radioattivo);
duttilità;
capacità di assorbire le
radiazioni.
I suoi due usi civili più
importanti sono come materiale per la schermatura dalle radiazioni (anche in
campo medico) e come contrappeso in applicazioni aerospaziali, come per le
superfici di controllo degli aerei (alettoni e piani di coda), e navali. Nel
disastro aereo di un Boeing 747 ad Amsterdam, nel 1992, si accertò la mancanza
di circa 150 kg dell'uranio impoverito, su un totale di 282 kg[4][5]. Esso è
usato anche nei pozzi petroliferi come parte delle sinker bars, cioè pesi usati
per fare affondare strumentazioni nei pozzi pieni di fango. È usato anche nei
rotori giroscopici ad alte prestazioni, nei veicoli di rientro dei missili
balistici, negli yacht da competizione come componente della deriva, nelle
frecce per il tiro con l'arco e nelle mazze da golf.
Utilizzi militari:
Munizione APFSDS Americana M829;
la parte in bianco (a destra) è composta da una lega all'uranio impoverito
Oltre che in applicazioni civili,
l'uranio impoverito viene usato nelle munizioni anticarro e nelle corazzature
di alcuni sistemi d'arma. Se adeguatamente legato e trattato ad alte
temperature (ad esempio con 2% di molibdeno o 0,75% di titanio; temprato
rapidamente a 850 °C in olio o acqua, successivamente mantenuto a 450 °C per 5
ore), l'uranio impoverito diviene duro e resistente come l'acciaio temperato
(sollecitazione a rottura di ca. 1600 MPa). In combinazione con la sua elevata
densità, se usato come componente di munizioni anticarro esso risulta molto
efficace contro le corazzature, decisamente superiore al più costoso tungsteno
monocristallino, il suo principale concorrente. Per questo, ed essendo inoltre
estremamente denso e piroforico (capace di accendersi spontaneamente), negli
anni sessanta le forze armate statunitensi iniziarono ad interessarsi all'uso
dell'uranio impoverito. La tipica munizione all'uranio impoverito è costituita
da un rivestimento (sabot) che viene perduto in volo per effetto aerodinamico e
da un proiettile penetrante, chiamato "penetratore", che è la parte
che effettivamente penetra nella corazzatura, per il solo effetto dell'alta
densità unita alla grande energia cinetica dovuta all'alta velocità. Il
processo di penetrazione polverizza la maggior parte dell'uranio che esplode in
frammenti incandescenti (fino a 3 000 °C) quando colpisce l'aria dall'altra
parte della corazzatura perforata, aumentandone l'effetto distruttivo. Le
munizioni di questo tipo vengono chiamate nella terminologia militare API,
Armor Piercing Incendiary, ovvero munizioni perforanti incendiarie. Circa 300
tonnellate di uranio impoverito sono state esplose durante la prima guerra del
Golfo, principalmente dai cannoni GAU-8 Avenger da 30 mm degli Aerei da attacco
al suolo A-10 Thunderbolt, ogni proiettile dei quali conteneva 272 grammi di
uranio impoverito. L'uranio impoverito è stato usato anche nella guerra in
Bosnia ed Erzegovina, nella guerra del Kosovo e, in misura minore, nella
seconda guerra del Golfo.
Liceità dell'uso di uranio
impoverito come arma:
I punti rossi indicano le zone in
cui sono stati usati munizionamenti ad Uranio impoverito
Nel 2001 Carla del Ponte, allora
a capo del Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia affermò che
l'uso di armi all'uranio impoverito da parte della NATO avrebbe potuto essere
considerato un crimine di guerra. Tuttavia questo punto di vista non è però
generalmente accettato, dato che non esiste un trattato ufficiale sul bando
delle armi all'uranio impoverito, né leggi internazionali che le vietino
espressamente, come fu concluso poco dopo da uno studio commissionato dal
predecessore della del Ponte, Louise Arbour.
http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2018/02/07/ACfVQG4-militari_impoverito_sconvolgenti.shtml
https://it.wikipedia.org/wiki/Uranio_impoverito#/media/File:Kosovo_uranium_NATO_bombing1999.png
https://it.wikipedia.org/wiki/Uranio_impoverito#/media/File:Kosovo_uranium_NATO_bombing1999.png
SE TI E' PIACIUTO QUESTO POST NON PUOI PERDERE:
LA VERA "GENESI" DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?
"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA"
" IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: LA VERA GENESI DELL'HOMO SAPIENS"
DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs
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