Due scienziati della Royal
Astronomical Society hanno catturato un'"immagine" della materia
oscura, simile a un collante che tiene unite due galassie. Per 'vederla' hanno
sfruttato una lente non ottica ma gravitazionale
Come un ponte fra due galassie:
così viene definita la materia
oscura, la cui "immagine" è stata catturata da un team di ricerca
dell'Università di Waterloo in Canada. Lo studio è stato pubblicato su Monthly
Notices of the Royal Astronomical Society. La materia oscura, come si evince
già dal suo nome, non emette alcun tipo di radiazione e pertanto non è
visibile. Ma oggi, gli scienziati sono riusciti a riprodurne un'''immagine''
attraverso un processo di ricostruzione basato su un complesso fenomeno fisico.
Si tratta della prima immagine della materia oscura, riportano gli scienziati
in un comunicato della Royal Astronomical Society (RAS).
Gli indizi della materia oscura:
la materia visibile, che
comprende tutti gli oggetti che conosciamo, compone soltanto il 4% di tutta la
materia esistente nell’universo, mentre la materia oscura e l'energia oscura
costituiscono la restante parte della composizione dell'universo. Misteriosa e
sfuggente, la materia oscura può essere rintracciata mediante misurazioni degli
effetti gravitazionali che la sua massa genera sulla materia ordinaria, cioè
sui corpi celesti e sulla luce nello spazio: dunque solo attraverso questi
corpi è possibile rilevare tracce della sua presenza.
Secondo le teorie fisiche, la
materia oscura rappresenterebbe dunque una sorta di collante dell'universo,
tenendo insieme le galassie, che altrimenti 'volerebbero' via. Di questa somiglianza con una rete collante
dà prova anche lo studio odierno. Nella mappa dell’immagine ricostruita dagli
scienziati, infatti, si "vedono" due galassie molto luminose, di colore
bianco, e del materiale di colore rosso, appunto la materia oscura, che le
connette. Si trova riportato nella figura anche un parametro delle distanze, in
cui il segmento indica una lunghezza pari a ben 50 milioni di anni luce, dove
un anno luce è la distanza che la luce percorre in un anno solare (pari a
9,46x1015 metri, ovvero quasi 10mila miliardi di chilometri). Ecco come hanno
fatto a catturare l'immagine. L'autore Mike Hudson, professore di astronomia
presso l'Università di Waterloo, e il coautore Seth Epps, che al momento della
realizzazione della ricerca era studente della laurea di secondo livello
all’Università di Waterloo, hanno impiegato una complessa tecnica basata sul
“weak gravitational lensing”, il lensing gravitazionale debole. Questo fenomeno
fa sì che le "immagini" delle due galassie distanti risultino
leggermente deformate per effetto di una massa non visibile, che può essere un
pianeta, un buco nero o materia oscura, come in questo caso. In generale, tale
fenomeno si fonda su un effetto fisico, descritto dalla relatività generale di
Einstein, per il quale, osservando la luce proveniente da un corpo celeste a
grande distanza, tale luce viene deflessa dalla presenza di un altro oggetto di
grande massa posto fra l’osservatore e la galassia. Questo secondo corpo, che
si ‘intromette’ fra l’osservatore sulla Terra e la galassia nello spazio,
provocandone dunque la deformazione dell’immagine, può essere un pianeta oppure
materia oscura, come in questo caso. Il fenomeno è simile a quello che avviene
con una lente ottica, tuttavia, questa volta, a provocare la deflessione, non è
il vetro della lente ma la grande massa dei corpi che si frappongono tra
l’osservatore sulla Terra e le galassie che si desidera osservare. Grazie a
questa deformazione, combinando le immagini di oltre 23mila coppie di galassie
e mediante complesse elaborazioni, gli scienziati hanno potuto ottenere la
ricostruzione dell'"immagine" della rete di materia oscura fra le due
galassie considerate. Tale effetto è stato misurato dai ricercatori attraverso
un’osservazione pluriennale della volta celeste presso il Canada–France–Hawaii
Telescope.
Il commento degli autori:
"Per decenni, i ricercatori hanno
effettuato previsioni dell’esistenza fra le galassie di filamenti di materia
oscura che agiscono come una ‘superstruttura’, simile a una rete che collega le
galassie insieme" ha dichiarato il professor Hudson. "Questa immagine
ci fa andare oltre alle previsioni ottenendo qualcosa che possiamo vedere e
misurare". Nella pubblicazione gli autori parlano di un ponte di materia
oscura, che risulta il più solido in assoluto fra sistemi - le due galassie
appunto - posti fra loro a distanza minore di 40 milioni di anni luce, spiegano
gli autori. Mediante questa tecnica, "non solo siamo riusciti a vedere che
questi filamenti di materia oscura sono presenti nell’universo”, ha aggiunto il
coautore Seth Epps, “ma siamo riusciti ad osservare l’estensione di tali
filamenti che connettono le due galassie".
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