UNA DELLE CIVILTÀ AFRICANE PIÙ
AVANZATE DEL X SECOLO A.C.
Gli archeologi si sono imbattuti
in una serie di strumenti in pietra, pitture rupestri e attrezzi in ferro, tra
cui straordinarie punte di lancia, bracciali e piccoli coltelli. Ma l'aspetto
di gran lunga più intrigante ed enigmatico della cultura Nok è rappresentato
dalle loro statue di terracotta, descritte dagli esperti come straordinarie,
senza tempo e quasi “extraterrestri”.
Nok è il nome di un piccolo
villaggio al centro della Nigeria, dove nel 1928 un gruppo di minatori portò
alla luce una serie di reperti in terracotta, testimonianza di un’antica
civiltà perduta.
I numerosi scavi archeologici successivi alla scoperta hanno
rivelato che quella dei Nok potrebbe essere stata la prima civiltà complessa
comparsa in Africa occidentale, sorta almeno nel 900 a.C. e scomparsa
misteriosamente intorno al 200 d.C. I ritrovamenti hanno evidenziato una
società estremamente avanzata, con un sistema giudiziario tra i più complessi
del tempo, sorta in un periodo in cui le altre culture africane stavano
entrando nell’epoca neolitica. Gli archeologi si sono imbattuti in una serie di
strumenti in pietra, pitture rupestri e attrezzi in ferro, tra cui
straordinarie punte di lancia, bracciali e piccoli coltelli. Ma l’aspetto di
gran lunga più intrigante ed enigmatico della cultura Nok è rappresentato dalle
loro statue di terracotta, descritte dal sito Memoire d’Afrique, che ospita una
galleria fotografica delle statue, come straordinarie, senza tempo e quasi
“extraterrestri”.
Nonostante il notevole patrimonio culturale che i Nok si sono
lasciati alle spalle, ci sono ancora molte domande senza risposta.
Innanzitutto, non essendoci pervenute testimonianze scritte, il nome originale
di tale civiltà rimane ignoto. Inoltre, rimangono ignoti il motivo della loro
improvvisa scomparsa e il vero scopo delle misteriose statue in terracotta a
grandezza naturale. L’avanzamento tecnologico di tale civiltà è testimoniato
proprio dalle straordinarie opere d’arte prodotte dai Nok, manufatti che
esprimono una notevole padronanza del processo di produzione e di cottura
dell’argilla. Le statue antropomorfe si caratterizzano sempre per una cura
quasi maniacale dei dettagli, raffigurate con acconciature complesse, grandi
teste allungate, occhi a mandorla e labbra socchiuse. Queste caratteristiche
insolite sono particolarmente sconcertanti, se si considera il fatto che le
statue sono state realizzate a grandezza naturale e rispettando le proporzioni
tra la testa e il resto del corpo, portando alcuni ad usare il termine
“extraterrestre nell’aspetto” per descrivere le opere d’arte dei Nok. L’ispezione
microscopica dell’argilla utilizzata nell’area Nok mostra un’importante
uniformità di composizione, suggerendo che il materiale provenisse da un unico
giacimento non ancora scoperto. Non si sa molto circa il vero scopo delle
sculture, ma alcuni ricercatori hanno ipotizzato che le statue servissero da
amuleti per evitare il fallimento del raccolto, le malattie e la sterilità. Altri
studiosi, invece, credono che le figure rappresentino individui di status
elevato, oppure divinità ‘celesti’ celebrate ed adorate dal popolo. Tuttavia,
la realizzazione di statue a grandezza naturale non è l’unico indizio della
complessità della loro civilizzazione. Le ricerche hanno evidenziato che i Nok
svilupparono un sistema amministrativo e giudiziario molto avanzato, al fine di
garantire la giustizia sociale e l’ordine pubblico. In maniera molto simile
all’organizzazione moderna del potere giudiziario occidentale, i Nok crearono
due tipologie di tribunale: uno destinato a giudicare la cause civili, come
dispute familiari o false accuse, l’altro creato per accuse più gravi, quali il
furto, l’omicidio e l’adulterio. Inoltre, all’interno di un santuario chiuso al
pubblico esisteva un’alta corte che prendeva in esame i casi che non potevano
essere risolti dai tribunali. Il popolo credeva che ogni delitto attirasse una
maledizione in grado di distruggere tutta la famiglia e, pertanto, la colpa
doveva essere scoperta e punita, al fine di evitarne le conseguenze. Prima di
essere sottoposto al giudizio della corte, il sospettato veniva portato tra due
monoliti posti di fronte al sole, dove giurava solennemente davanti a Nom, la
suprema divinità dei Nok, di dire la verità. La corte era presieduta dal sommo
sacerdote e dai vari capi clan. A chiunque fosse stato trovato colpevole veniva
imposto un sacrificio agli dei in capre e dei, più una quantità di vino locale
al sommo sacerdote. Dopodiché, in città veniva dichiarato un giorno di festa,
per ringraziare gli dei per averli aiutati a risolvere il caso e per lo
scampato pericolo della maledizione.
Che fine hanno fatto?
Ad un certo punto, intorno al 200
d.C., la fiorente cultura Nok si eclissa tra le pieghe della storia, causando
perplessità e interrogativi tra gli studiosi sulla ragione della loro
scomparsa. Alcuni ricercatori hanno suggerito che l’eccessivo sfruttamento
delle risorse naturali e una forte dipendenza dal carbone, potrebbero aver
giocato un ruolo cruciale nella scomparsa dei Nok. Rispetto a questa, sono
state avanzate altre ipotesi: dai cambiamenti climatici alle invasioni, da
un’epidemia devastante alla migrazione in altre aree geografiche. Ma quello
della scomparsa non è l’unico enigma a rimanere senza risposta: quasi tutte le
statue in terracotta risultano rotte o gravemente danneggiate. Si tratta di
danni intenzionali, oppure il semplice effetto del naturale processo di
erosione? Dove sono finiti i torsi di buona parte delle statue? I ricercatori
ipotizzano che le parti mancanti potrebbero trovarsi nel sottosuolo
immediatamente fuori gli antichi centri urbani. I ricercatori sono intenzionati
a chiarire questo e altri aspetti ancora non risolti, confidando che una nuova
campagna di scavi potrebbe fornire nuove fonti per chiarire l’enigma dei Nok.
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