di Marco La Rosa
«L’IMPORTANZA DI “UN’ALTRA EUROPA” NEL FUTURO DELL’UOMO»
“Cosa significa ESOBIOLOGIA ? Il
termine deriva dal greco: έξω (= fuori), βίος (= vita), λόγια (discorso)
quindi, letteralmente, «Discorso sulla Vita fuori…» ma fuori da cosa…?
E’ il ramo della Biologia che
indaga sulle possibilità di vita extraterrestre. Il termine fu introdotto da
J.Lederberg nella riunione del COSPAR (Committee on Space Research) tenutasi a
Nizza nel 1957. Scopi principali sono la ricerca di forme viventi che eventualmente
esistano fuori della Terra e lo studio della fisiologia dell’uomo o di altri
organismi portati nello spazio interplanetario, o approdati sul satellite Luna,
oppure su altri pianeti. Poiché per riconoscere la presenza delle condizioni
necessarie alla vita è assai utile la conoscenza dei primi stadi
dell'evoluzione biologica sulla Terra, le indagini su questo argomento vengono
considerate come parte imprescindibile dell‘Esobiologia.”
Inizia così il testo della conferenza che il Biologo Giorgio
Pattera ha portato al Convegno Mondiale di Esobiologia di San Marino del marzo 2014.
Il Dr. Giorgio Pattera studia e
divulga l’Esobiologia da oltre 35 anni ed è sicuramente uno dei pionieri in
questa disciplina scientifica, che ancora oggi, nonostante le continue scoperte
di eso-pianeti potenzialmente adatti ad ospitare la vita, viene ancora relegata
nell’ambito “filosofico” della Biologia.
Non a caso oggi voglio parlare di
Giorgio: è stato il mio Maestro e mi ha onorato scrivendo la prefazione dell’Uomo
Kosmico. Non poteva essere altrimenti.
Nonostante l’Esobiologia rimanga un
campo prevalentemente “speculativo” (?), ecco due notizie che invece dimostrano
il contrario:
MEDIA INAF, ISTITUTO NAZIONALE DI
ASTROFISICA:
IL LANCIO DI EUROPA
CLIPPER NEL 2025
La NASA punta a Europa
“La Casa Bianca ha sbloccato il capitolo di spesa dedicato alle spese
spaziali dell'Agenzia americana. In totale per il 2015 si parla di 17,5
miliardi dollari, di cui 15 milioni verranno utilizzati per la prima fase di
progettazione della sonda che raggiungerà l'orbita gioviana fra poco più di 10
anni. Sotto lo spesso strato di ghiaccio in superficie, Europa potrebbe
nascondere acqua allo stato liquido, "riscaldata" dall'interazione
con Giove.
Europa, il quarto satellite naturale di Giove e uno dei più grandi
dell’Intero Sistema solare (circa 4mila chilometri di superficie “abitabile”) è
sempre più vicina per la NASA. La luna di ghiaccio, infatti, è il prossimo
ambizioso obiettivo spaziale degli Stati Uniti, nonché uno dei satelliti più
amati dai ricercatori. L’agenzia spaziale americana comincerà a progettare una
missione per cercare vita aliena sulla luna di Giove nel 2015 (il lancio
dovrebbe avvenire nel 2025). Della missione si parla già dal 2013, ma solo in
questi giorni è stato definito il capitolo di spesa. Proprio ieri, infatti, è
stato pubblicato il budget della Casa Bianca per l’anno venturo e per le
missioni spaziali sono stati stanziati 17,5 miliardi di dollari, l’1% in meno
rispetto a quanto richiesto dalla NASA per l’anno in corso, ma 600 milioni di
dollari in più rispetto al 2013. Nel budget del 2015 figura finalmente la voce
della missione verso Europa, che costerà in totale 2 miliardi di dollari.
L’obiettivo non è da poco: gli astronomi scommettono di trovare forme
di vita microbiotica sotto lo spesso strato di ghiaccio superficiale, dove si
troverebbe un oceano di acqua allo stato liquido, riscaldata dall’interazione
con il pianeta Giove. “La missione su Europa è una vera e propria sfida perché
opereremo in un ambiente dalle alte radiazioni e i preparativi sono molti”, ha
detto Beth Robinson, a capo dell’ufficio finanziario della NASA. “So che molti
premevano per destinare tutto il budget della NASA alla missione su Europa”, ha
aggiunto, dicendo che si rivolgeranno all’intera comunità scientifica per
delineare la missione in futuro. Per la prima volta il satellite di Giove
Europa viene inserito nel budget federale tra le missioni e le spese della
NASA, che riceverà nel corso dei prossimi due anni altri 155 milioni di
dollari. E’ stato anche pensato a 886 milioni di dollari allocati per le
cosiddette “Opportunity, Growth and Security Initiative”. La fase iniziale di
progettazione costerà 15 milioni di dollari.
La missione si chiamerà Europa Clipper (dove clipper, in questo caso,
sta per taglia ghiaccio), in fase di ideazione ormai da anni. La sonda orbiterà
attorno a Giove, ma effettuerà 45 flyby attorno alla luna (a un’altezza che
varierà tra 2700 km e 25 km), usando diverse strumentazioni per studiare il
guscio di ghiaccio e l’oceano subsuperficiale. Europa Clipper potrebbe
viaggiare attraverso i pennacchi di vapore acqueo in eruzione dal polo sud
della luna – caratteristiche interessanti che sono state scoperte alla fine
dello scorso anno e hanno contribuito a dare nuovo slancio alla missione. Si
tratta di getti supersonici di 700m/s, quindi 2500 chilometri all’ora, in grado
di arrivare a 200 km di altezza. Questi geyser sarebbero generati dal potente
stress mareale esercitato sulla luna dall’enorme e vicino pianeta Giove.
Proprio questi pennacchi potranno offrire un modo di studiare più da vicino le
componenti chimiche dell’acqua: il lander dovrà raccogliere campioni di acqua
non ghiacciata ad almeno due profondità diverse (sotto i 2 centimetri e tra i 5
e i 10 centimetri) per studiare anche la salinità e la presenza di materiali
organici. L’eventuale carico di strumenti scientifici in esame comprenderà un
radar per penetrare la crosta congelata e determinare lo spessore del guscio di
ghiaccio, uno spettrometro a infrarosso per indagare la composizione dei
materiali, una fotocamera topografica per scattare immagini ad alta risoluzione
e un spettrometro di massa per ioni e atomi neutri per analizzare l’atmosfera
della luna durante i flyby.
Entro il 2030 l’orbita di Giove si riempirà di sonde, perché al Clipper
si aggiungerà JUICE dell’Agenzia Spaziale Europea (lancio previsto nel 2022),
dedicata a tutto il sistema gioviano e a forte partecipazione italiana, ASI e
INAF.”
…e poi …
MEDIA INAF, ISTITUTO NAZIONALE DI
ASTROFISICA
CELLULE PRIMORDIALI IN SORGENTI
IDROTERMALI
“La vita dal mare e non dal brodo primordiale…
Una recente ricerca della Nasa ribalta le teorie finora elaborate: i
primi organismi sulla Terra si sarebbero formati grazie all'interazione di
alcune sostanze chimiche con l'acqua alcalina proveniente da camini idrotermali
sul fondo degli antichi oceani. Brucato (dell'INAF - Osservatorio Astronomico
di Arcetri) ha detto: “confermato il ruolo che i minerali possono aver avuto
nelle prime fasi della comparsa della vita.”
Un camino idrotermale: questi ambienti hanno forse ospitato le prime
forme di vita.
Le prime cellule viventi si sarebbero formate nelle fredde profondità
oceaniche, sui fondali marini. Niente brodo primordiale però, come teorizzato
in passato, nessun effetto delle radiazioni, ma solo della semplice e tiepida
acqua alcalina. È questo quanto sostiene un gruppo di ricercatori del Jet
Propulsion Laboratory e dell’Astrobiology Institute della NASA, che ha
ridisegnato, in certo senso, la teoria sull’origine della vita sulla Terra. Più
di 4 miliardi di anni fa i primi microrganismi unicellulari si sono trovati
davanti un ambiente decisamente più umido e impervio rispetto a quello che conosciamo
noi oggi, continuamente bombardato da radiazioni ultraviolette. All’improvviso
tutto è cambiato ed è cominciata l’evoluzione: da batteri a muffe, da piccoli
organismi ai dinosauri, fino ad arrivare all’essere umano, a noi.
Michael Russell e Laurie Barge, autori dello studio, hanno descritto
come l’energia elettrica prodotta naturalmente dalle differenti temperature che
si creano sul fondo degli oceani, grazie alle sorgenti idrotermali, potrebbe
aver contribuito all’origine dei primi organismi sulla Terra appena nata.
Russel lavora da anni a questa teoria e, secondo lui, le prime cellule si
sarebbero formate sulle pareti di camini idrotermali sottomarini, da cui escono
sorgenti di acqua alcalina ricca di sali minerali.
Un’idea simile fu proposta per la prima volta nel 1980 da altri
ricercatori, i quali studiarono alcuni condotti sul fondo dell’oceano a largo
di Cabo San Lucas, in Messico. In inglese vennero chiamati “black smokers”
(letteralmente fumarole nere), cioè sorgenti di getti d’acqua bollente e acida
dense di solfuro di ferro e solfuro di nichel.
Al contrario, 35 anni dopo, questo studio della NASA conferma ciò che
Russell scrisse nel 1989: getti di acqua meno violenti, più freddi e alcalini
hanno dato il via alla vita che oggi conosciamo. Mentre allora erano stati
descritti come un ambiente acido, i ricercatori della Nasa vedono adesso un
ambiente mite e ricco di sali, sul modello di un complesso imponente di camini
idrotermali alcalini trovato per puro caso nel 2000 nell’Oceano Atlantico del nord
e soprannominato “la città perduta”.
John Robert Brucato, astrobiologo dell’INAF – Osservatorio Astronomico
di Arcetri, ha detto a MEDIA Inaf che “i sistemi fisici che, grazie alla
presenza di gradienti di energia libera, si trovano lontani dall’equilibrio
subiscono trasformazioni verso strutture dinamiche macroscopiche ben
organizzate. Queste strutture permettono di accelerare il tasso con cui
l’energia è dissipata. Esempi di questo tipo sono comuni in natura ma in
particolare ci sono quelli che attraverso flussi dissipativi permettono alla
Terra di avere una geologia dinamica”.
Russell, nella sua ricerca pubblicata ad aprile sulla rivista
Astrobiology, ha detto che “la vita è nata in un momento di leggero squilibrio
sul nostro pianeta riportando, successivamente, l’equilibro”. Il team di
ricercatori ha rilevato, infatti, che i camini idrotermali mantenevano
inalterati una serie di squilibri chimici tra l’ambiente alcalino dei camini
idrotermali e il resto degli oceani che erano carichi di acqua acida. Per la
precisione questi squilibri erano due e avrebbero determinato, con i getti di
aria calda, le condizioni chimiche per innescare le reazioni indispensabili
alla comparsa della vita. Il primo è il gradiente protonico, per cui i protoni,
che sono ioni di idrogeno, erano concentrati all’esterno delle fumarole, che
sono state chiamate anche membrane minerali. Il gradiente protonico potrebbe
essere stato sfruttato per produrre energia: il processo è simile a quello che
si verifica in ogni organismo a livello delle strutture cellulari chiamate
mitocondri. Il secondo squilibrio riscontrato dai ricercatori riguarda il
gradiente elettrico tra i fluidi idrotermali e l’acqua dell’oceano circostante.
Miliardi di anni fa le acqua oceaniche, che ricoprivano tutta la Terra, erano
ricche di composti inorganici provenienti sempre da questi camini, come
anidride carbonica, idrogeno, cianuro e vari solfati. Quando l’anidride
carbonica dal mare e i combustibili provenienti dalle fumarole – cioè idrogeno
e metano – si incontravano nelle pareti dei condotti, gli elettroni potrebbero
essere stati trasferiti. Attraverso successive reazioni chimiche complesse
potrebbero essere state create molecole più grandi e infine i composti
organici.
Brucato ha aggiunto: “Mike Russell, 25 anni fa, è stato il fondatore
della teoria che identifica i camini idrotermali alcalini, presenti nelle
profondità oceaniche, come i luoghi nei quali la vita può aver avuto origine.
In questi ambienti, sono presenti sistemi che si comportano come delle membrane
ma di origine minerale. Ancora una volta, in questo lavoro viene posto
l’accento sul ruolo che i minerali possono aver avuto nelle prime fasi della
comparsa della vita, ovvero si sono comportati negli oceani, come un motore
chimico che ha permesso di avere energia a disposizione per sintetizzare tutte
le molecole biologiche necessarie a poter dare origine alla vita”.
I ricercatori sono convinti che alla luce della loro ipotesi sarebbe
possibile spiegare l’origine della vita anche in altri pianeti. La Barge ha
detto che la ricerca di Russell è cominciata negli anni ’90 e “nel corso degli
anni le missioni della NASA hanno portato le prove della presenza di fondali
marini su Europa ed Encelado”, le lune di Giove e Saturno. “Negli anni abbiamo
scoperto particolari sorprendenti sulla presenza, in passato, dell’acqua sul
pianeta Marte e presto scopriremo particolari simili su pianeti rocciosi
attorno a stelle lontane”. L’obiettivo dei ricercatori è testare la loro teoria
sull’origine della vita nei laboratori della NASA, per poi portare gli stessi
esperimenti nello spazio, all’interno del Sistema solare e oltre.”
“Nemo propheta in patria”,
così nessuno viene riconosciuto nella sua casa e tra chi lo conosce, né
tantomeno i suoi studi e le sue idee.
Ecco perché in tempi non sospetti
Giorgio ha scritto e divulgato ciò che oggi tutti i media riportano come idee e
scoperte nuove. Già alla fine degli anni ’90 il Dr. Pattera parlava
dell’importanza di “un’altra EUROPA” nel futuro dell’uomo : “Per raggiungere le stelle, occorre partire
con i piedi ben saldi sulla Terra…”
QUELLO CHE STATE PER LEGGERE E’
UN RACCONTO INEDITO, SCRITTO DA GIORGIO PATTERA NEI PRIMI ANNI DI QUESTO NUOVO
MILLENIO, UNA PSEUDO AUTO-BIOGRAFIA IRONICA (da sorridere, ma non troppo…),
IN CUI L’AUTORE PRONOSTICA (o forse profetizza esattamente ?)
QUELLO CHE STA ACCADENDO OGGI.
BUONA LETTURA.
MLR
L’ULTIMA DECISIONE
Giorgio Pattera
20 gennaio 2007
Eppure tutto era stato
previsto…Tutte le eventualità, anche le più remote, erano state accuratamente
prospettate, vagliate, discusse, analizzate; qualcuna addirittura era stata
“inventata”, anche per accontentare il Comandante della missione, estremamente
puntiglioso e fanatico della prevenzione. Poi tutte le soluzioni ai problemi
(possibili, probabili o presunti) erano state approntate: tanto che, per
assurdo, sarebbe stato un peccato se nessuno di essi si fosse presentato
durante il viaggio, in quanto non si sarebbe potuto dimostrare all’opinione
pubblica che la NASA meritava appieno la fiducia (e i finanziamenti) che il
Congresso le aveva riservato.
Ed ora lì, in quel maledetto
“punto neutro” fra l’orbita di Europa
e l’enorme attrazione gravitazionale di Giove, una banalissima, stupidissima,
maledettamente insignificante meteora, delle dimensioni di un mandarino (che
sulla Terra avrebbe procurato solo un lavoro extra ai carrozzieri per auto),
aveva messo in stallo il proseguimento della missione «EuroLife», tesa alla ricerca
di forme di vita negli oceani di uno dei maggiori satelliti galileiani.
Già la denominazione della mission,
al Comandante, era andata per traverso; forse per la cacofonica assonanza con
un arcaico sistema di vendita-intrugli all’americana, specializzato
nell’alleggerire…solo il portafogli di chi, come lui, non sapeva resistere alla
buona cucina. O forse perché le sue reminiscenze di studi classici avrebbero
preferito un’etichetta più filosofica: «ELPIDIA», ad esempio, che in
greco antico vuol dire “speranza”… Speranza che ora era divenuta certezza, alla
faccia dei suoi detrattori o, quanto meno, di tutti gli scettici che avevano
snobbato, per non dire osteggiato (in assenza di certezze sul rientro…
economico), quella missione. Missione che gli stava preparando, contro ogni
previsione, un ritorno da trionfatore: la vita su Europa c’era, anche se
relegata nei fondali oceanici, conservata da una spessa coltre di ghiaccio alla
costante temperatura di +4°C e sotto forma di esseri unicellulari, quegli
stessi che diedero origine all’evoluzione delle specie sulla Terra.
Proprio
nel momento in cui il Comandante poteva chiudere la sua modesta ma indòmita
carriera, coronando con dati scientifici inoppugnabili quello che NON ERA STATO IL SOGNO DI TUTTA
UN’ESISTENZA, ma una certezza istintiva ed inspiegabile (= la Vita è
un evento naturale, normale, addirittura inevitabile, che presto o tardi inizia
su ogni pianeta atto ad ospitarla), un minuscolo corpo celeste, ubbidiente alle
medesime leggi di fisica astronomica che gli avevano permesso di compiere
indenne un viaggio di quasi 1 miliardo di km., vanificava tutta la fase di
rientro a Terra. O, perlomeno, avrebbe potuto…
«Porcaccia troia, ma non è possibile !», scattò esasperato,
non prima di aver disconnesso la comunicazione con il centro di controllo, onde
evitare la solita lagna: «Qui Houston, avete un problema ?». «Me lo sentivo, io,
che “EuroLife” portava sfiga !».
Il
Comandante della missione non era stato scelto a caso. Intendiamoci, nessun
Comandante era mai stato scelto a caso, per carità: vengono valutati infiniti
parametri, quali la famiglia di provenienza, il peso socio-politico (ed
economico) del gruppo d’appartenenza, le amicizie e le conoscenze influenti tra
le alte sfere del Congresso e così via; tutti requisiti, com’è evidente,
assolutamente indispensabili alla buona riuscita di una missione spaziale...
Stavolta,
però, la situazione si presentava diversa: questo Comandante, al termine di una
troppo onesta e per nulla chiacchierata carriera, ne aveva visti (oh, sì !) di
colleghi che lo avevano preceduto con sfavillante carriera. Sfavillante come
una “lacrima di S.Lorenzo”: una stella cadente, insomma, nel senso letterale
del termine; in quanto avevano fatto un gran clamore nel contesto delle
“fanfare americane”, ma erano spariti dal firmamento USAF (e dal libro paga
della NASA) altrettanto rapidamente. Questa, l’ultima delle missioni
tradizionali con equipaggio umano a bordo, era troppo rischiosa e nessuno era
stato in grado di garantire agli aspiranti cosmonauti il rientro a Terra, in
tempo utile per partecipare alle Presidenziali americane, né per assistere allo
spareggio del campionato di baseball; per non parlare dei cicli di “fitness”
saltati e non rimborsabili…
E lui se n’era rimasto
silenzioso, in disparte, come sempre. Tanto sapeva che, al termine della
riunione decisiva, si sarebbe levata la solita voce altisonante che, dopo una
sonora quanto costruita schiarita di voce (negli USA l’importazione di Golia
era stata cautelativamente sospesa, per misure sanitarie…), avrebbe proferito
la frase di circostanza (mentre il cerimoniere cercava disperatamente di porre,
come sottofondo, l’Inno Nazionale al posto di “Madonna”…). «Signori, la missione
è delicata (e gli sponsor inferiori all’attesa); la madre è certa, non
altrettanto il padre; ahem, scusate, no, questo non c’entra niente. Dicevo:
propongo di affidarla ad un Comandante d’indiscusso valore, il Colonnello
Rep..., Tar…, (come cacchio si chiama, questo…?); ahem, dunque, sì; ah, ecco,
il Col.Rapetta, Joe Rapetta (che Dio lo assista…). Ed ora, Signori, dopo questa
decisione di vitale importanza per il prestigio e la sicurezza nazionale
(destra sul cuore, pausa obbligata di finta commozione, per osservare
l’orologio), propongo a tutti di continuare la discussione presso il Mc.Donald
all’angolo: fanno certi hamburger che se li sognano, in… Europa !» (risata generale,
non tanto per il gradimento della battuta, ma per la soddisfazione di aver
rifilato la gatta da pelare al solito “bamba” d’origine italiana).
Così
lui aveva accettato; anzi non aspettava altro momento, da tempo immemorabile,
se non quello di applicare la metafora evangelica “scuoti la polvere dai
calzari e poi togli il disturbo”. Ora, di polvere (alias prove di vita), ne
aveva milioni di megabyte, immagazzinati nella memoria del computer di bordo,
da trasferire negli hard-disk della NASA, anche se sapeva benissimo che
sarebbero finiti negli archivi “eyes only”, in attesa d’ulteriori conferme
(leggi: ritorno commerciale); e non resi patrimonio culturale universale, come
esigerebbe la Statua della Libertà (a proposito, qualcuno ha notato che quando
la CIA imbosca le informazioni, le si spegne la fiaccola ?).
La
rabbia impulsiva, che sempre l’aveva accompagnato, gli aveva fatto ricordare in
un attimo tutta la sua vita; ma ora, lenta ed inesorabile com’era stata ogni
sua decisione, lasciava il passo alla razionalità più responsabile, che mai
progettista aerospaziale ebbe a disposizione; con la trascurabile differenza
che doveva decidere nell’arco di una manciata di secondi, quei secondi che il
teorema di Lagrange gli concedeva.
Cos’era
successo ? L’unica cosa, forse, che non poteva essere prevista e cioè:
l’imprevedibile; ma il gioco (e non solo di parole) valeva la candela ? Quel
maledetto pezzo di nichel, probabilmente lanciato da Satana, al colmo dell’ira
per esser stato sconfitto ancora una volta (la Vita è la sua…morte !), se
avesse colpito qualsiasi parte dello scafo, lo avrebbe solo fatto risuonare,
come una castagna autunnale che cade sul tetto dell’auto.
E invece proprio lì doveva
colpire, nel dispositivo d’aggancio del modulo-laboratorio sottomarino alla
nave-madre, mentre lo stava recuperando dalle profondità oceaniche di Europa,
nelle quali aveva lavorato con ottimi risultati per quasi sei mesi. E lo aveva
fatto saltare. Conseguenza: la sonda contenente il laboratorio-sommergibile era
ricaduta sui ghiacci di Europa, frantumandosi. «Tutto qui, il disastro ?» potrebbero commentare i soliti, tranquilli benpensanti: «Ah, quel ragazzo, non
è cambiato; se l’è sempre presa per poco o nulla, illudendosi di risolvere
tutti i problemi DEGLI ALTRI !». Anche la voce di
sua madre, inopportuna come sempre, riuscì a farsi udire dalla vicina
dimensione: «Fa’ finta di niente: ne hanno, loro, di soldi…!», subito bilanciata
dalla saggezza paterna: «Lo sai da solo, cosa devi fare…». Persino Roberto
Vecchioni, un paleo-cantautore di cui erano riaffiorate tracce musicali proprio
di recente, aggiunse la sua: «Se hai le mani sporche, tienile chiuse: nessuno se ne
accorgerà !».
Già, nessuno avrebbe avuto
il coraggio di recriminare la perdita di (pochi, si fa per dire) miliardi di
dollari per il mancato rientro del laboratorio spaziale, a fronte di
un’impresa, data da tutti come perdente in partenza, dalle implicazioni
biologiche e cosmologiche così clamorose… Già, nessuno… ma lui, il Colonnello
pensionando, con le leggi biologiche nel cervello e l’amore per la Vita nel
sangue, lui sì: lui sapeva…
«E’ sempre stato così, voleva sempre sapere tutto…». E, come si dice,
“chi sa è pericoloso”… Sapeva che il modulo, disintegrandosi sui ghiacci, aveva
liberato la capsula contenente plutonio arricchito, che era servito per fornire
energia alle apparecchiature di laboratorio. Sapeva che il materiale
radioattivo, prima o poi (la Natura non ha fretta), avrebbe perforato la
distesa di ghiaccio e inquinato le acque sottostanti: avrebbe avuto tempo fino
a 24.000 anni… e intanto la Vita subacquea ne avrebbe senza dubbio risentito,
annientandosi o creando esseri mostruosi… Sì, sapeva cosa doveva fare e sapeva
anche che doveva farlo subito, prima di oltrepassare quel maledetto punto
lagrangiano: doveva scendere sulla superficie ghiacciata del satellite,
recuperare la capsula di plutonio e rinchiuderla nel compartimento stagno della
navicella.
E poi ? Il resto sarebbe
stato come il mare d’inverno, “un film in bianco e nero visto alla TV” : la
manovra di discesa avrebbe consumato grande quantità di propellente. Non ne
sarebbe rimasto a sufficienza per ritornare nell’orbita di Europa e tantomeno
per vincere l’attrazione gravitazionale di Giove e tornare sulla Terra. Sarebbe
rimasto lì; e poco importava se nel frattempo si fosse contaminato col
plutonio: prima di concordare quale sigla avrebbe dovuto precedere le altre
sulla cosmonave da inviargli in soccorso, gli abitanti del suo stesso pianeta
avrebbero certamente dimezzato il rischio da raggi “gamma”, una volta sbarcati
su Europa…
Joe Rapetta ebbe un’ultima
esitazione: avrebbe potuto godersi tranquillamente la sua modesta
pensione (per gli immigrati d’origine italiana era prevista una ritenuta, da
versare alla madrepatria…), con un po’ di gloria che, ad una certa età, non
suona poi tanto male. Avrebbe continuato a tenere, a sue spese,
centinaia di conferenze, in cui spiegare come la diversa gravità di Europa e la
diversa distanza dal Sole rispetto alla Terra avrebbero potuto influire sullo
sviluppo della morfologia della Vita su quel corpo celeste; cosa che
naturalmente nessuno avrebbe tenuto in considerazione, essendo l’ex-Colonnello
stato “dismesso” dalla NASA («Poveretto, per trent’anni nel Cosmo, con tutte quelle
radiazioni…il cervello ne risente…»).
Di certo non lo avrebbe
fatto per i figli; non ne aveva e non ne avrebbe avuto mai («Sai, cara, come si fa
con uno come lui ? Non è mai a casa e, quando è libero, fotografa i fiori e i
tramonti… Pensa che una sera l’ho visto persino parlare col suo cane…; mah !»). Questo gli avrebbe
evitato l’eventuale rimorso per aver taciuto loro il dramma, silente ma
progressivo, che si andava consumando a 1 miliardo di km., là in fondo, nel
nostro sistema solare… All’improvviso gli si formò sulla retina, lievemente
appannata da qualcosa di non ben definibile, ma che assomigliava tanto ad una
lacrima, l’immagine di Amy, l’unica compagna fedele della sua vita;
quella cagnetta che, unica, aveva saputo condividere le (rare) soddisfazioni e
le (frequenti) incazzature del Colonnello.
Ma anche questo non bastò a
fermarlo…
E con un sorriso eloquente -
finalmente decido io ! - girò la chiave del comparto sicurezza della navetta,
sollevò il pannello di protezione e tese l’indice verso un grande pulsante,
illuminato in verde smeraldo (che strano: nei modelli precedenti era sempre
rosso; forse era stato assemblato in Italia, in un giorno di sciopero, e
avevano finito l’altro colore…), quello con la scritta:
«WARNING: ENGINE STOP
!»
E gli sembrò che suo padre, sorridendo, lo aiutasse a premerlo…
Bibliografia:
Giorgio Pattera – Esobiologia Perché – S. Marino 2014 – Ufo
International Magazine - n. 14, maggio 2014
…e finalmente (gli Italiani non sono secondi a nessuno)
facciamo sentire la nostra voce:
giorgio.pattera@alice.it
SE TI E' PIACIUTO QUESTO POST NON PUOI PERDERE:
LA VERA STORIA EVOLUTIVA DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?
"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA
DI MARCO LA ROSA
E' UN'EDIZIONE OMPHILABS
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