di Marco La Rosa
Parte Prima
Le due domande in effetti, potrebbero interscambiarsi, ma non cambierebbero affatto l’ “incongruita’ ” della situazione.
Anche il più semplice manufatto in granito o in diorite, rinvenuto negli scavi archeologici in terra d’Egitto, non ha a tutt’oggi trovato una sua precisa collocazione, poiché la raffinatezza e la precisione espresse dal “creatore” di tali opere, non solo “presuppone” ma “implica” necessariamente, l’utilizzo della tecnologia del “tornio” di tipo parallelo, oppure ancor più “audacemente” di una sorta di “trapano” multifunzioni ad “ULTRASUONI”.
Utensili questi, ben diversi e più sofisticati del tornio a pedana del vasaio, per altro ben conosciuto e documentato anche all’epoca pre-dinastica (3500 avanti l’era comune – a.e.c.). Gli inequivocabili segni di “contropunte” e “centratori”, visibili sul fondo di vasi e contenitori in diorite, dimostrano una conoscenza di lavorazione per tornitura e fresatura, possibile solamente (alla luce del nostro progresso tecnologico per pari lavorazioni), con macchinari dei quali non è rimasta traccia.
Quando parlo di tracce, non intendo solamente quelle “fisiche” (rottami o pezzi di macchinario), ma anche quelle “descrittive” o “pittografiche”, cosa estremamente inusuale per una cultura “meticolosa” come quella egizia nell’annotare ogni evento, situazione, conteggio, censimento ecc……
Tutto ciò, porta inevitabilmente a formulare ipotesi per cercare di “capire”, sempre naturalmente, alla luce della “nostra logica” materialista e inevitabilmente “galileiana”:
A) I manufatti in questione (l’implicazione si allargherebbe poi comunque anche alle costruzione come le Piramidi, la Sfinge ecc…), non provengono dalla cultura Egizia, come sostenuto dall’archeologia classica, ma sono stati “ritrovati” e “riutilizzati” dalla stessa !
Cio potrebbe anche spiegare i patetici tentativi di imitazione, attuati per i monumenti simili alle Piramidi di Giza e Dashur;
B) E’ esistita una “civiltà” molto progredita, in un periodo imprecisato (almeno 20.000 – 15.000 a.e.c.) che ha influenzato (protolingua), o addirittura dato origine, a tutte o quasi le civiltà “mondiali” successive; presumibilmente dopo un non ben chiaro cataclisma (diluvio ?), che né ha causato la “diaspora”.
Naturalmente il termine “progredita”, è per noi sempre “misurato” sulla nostra civiltà “tecnologica” e “materialista”, per niente etica e spiritualista.
Questa “misteriosa” civiltà, così ostinatamente negata dall’archeologia classica, potrebbe avere avuto un’evoluzione durata migliaia di anni, ma che invece di imboccare la strada del “materialismo tecnologico”, si è sviluppata sulla strada “etico-spiritualista” arrivando “ naturalmente ad un livello “evolutivo superiore” !
Resta comunque emblematica, la scomparsa “senza” traccia di tutta la tecnologia da loro utilizzata per le meraviglie lasciateci. Potrebbe essere stata una provocazione proprio per l’uomo del terzo millennio ? Perché l’uomo del terzo millennio deve per forza spiegare tutto “materialisticamente” o “empiricamente”?
C) La Terra è stata per migliaia o milioni di anni, la colonia di una civiltà “esogena” che circa 15.000 anni fa, ha lasciato “”forse” completamente il nostro pianeta, portandosi via tutta ciò che avrebbe potuto “aiutarci a capire”…. Ennesima provocazione ?
Ora proviamo ad analizzare in dettaglio i “manufatti”, che hanno dato origine a tutte le nostre domande, e a come noi oggi, senza la nostra tecnologia, saremmo in grado di riprodurre.
Innanzitutto, dovremmo partire con la costruzione del “tornio parallelo”, uno dei macchinari utilizzabili, a mio parere, per la realizzazione dei famosi vasetti in diorite.
Dovrà necessariamente essere composto da:
Due binari sui quali far scorrere la slitta del “mandrino” per foratura e contropunta, e la slitta della morsa con griffe per il bloccaggio del pezzo da lavorare; la torretta per la collocazione dell’utensile di lavorazione; due volani per la rotazione del gruppo morsa e del gruppo mandrino. (fig. 1).
Il difficile comunque deve ancora venire, in quanto non avendo a disposizione “metalli duri”, si può solo tentare di ricreare con legno ed eventualmente pietra, il “bloccaggio” del pezzo da lavorare (fig. 2). Ammesso che ciò possa fare al caso nostro, procediamo pure.
Dobbiamo ora creare un “porta utensile” efficace, utilizzando del robusto legno, in cui incastonare saldamente un diamante grezzo, unico “inserto”possibile per lavorare il granito (fig. 3). La lavorazione, deve comunque procedere sempre, con la costante lubrificazione tramite emulsione oleosa, per ridurre i forti attriti tra utensile e pezzo.
Come si pone l’archeologia ufficiale rispetto a tale problematica ? Naturalmente svicola, semplifica e banalizza….chiamando in causa i soliti artigiani e vasai che con improbabili utensili in rame e pietra riuscivano a creare splendidi e perfetti manufatti….magari impiegando più generazioni per portarli a termine ! ma questo è un aspetto trascurabile…tanto per loro il tempo non aveva significato !
Fine prima parte…
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