IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

sabato 5 gennaio 2019

LE NUOVE FRONTIERE PER LA RICERCA DELLA VITA "ALIENA" ...ANCHE SULLA TERRA


        La posizione degli emimastigoti nell'albero della vita. (Lucy Reading-Ikkanda/Quanta Magazine


Un nuovo regno per l'albero della vita

Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa (ENEA)

La collocazione degli emimastigoti nel dominio degli eucarioti è sempre stato oggetto di polemiche. Una recente analisi del loro DNA mostra che si tratta di un nuovo supergruppo che si è separato da tutte le altre forme di vita eucariota oltre un miliardo di anni fa.

Uno strano microrganismo chiamato emimastigote non è un animale, né una pianta e nemmeno un fungo o un protozoo. Scoperto di recente, appartiene a un "supergruppo" della vita tutto suo e lascia presagire che le nuove tecnologie di sequenziamento ci mostreranno un'incredibile biodiversità ancora tutta da esplorare.

Micrografia di un particolare di Hemimastix kukwesjijk, l'emimastigote appena descritto. (Cortesia Yana Eglit)

L’albero della vita ha appena acquisito un altro ramo importante. Di recente, in un campione di suolo della Nuova Scozia, una provincia del Canada affacciata sull’Oceano Atlantico, alcuni ricercatori hanno trovato un singolare microrganismo, raro e misterioso, chiamato emimastigote (o hemimastigotes o anche emimastigofori). L’analisi del suo DNA ha rivelato che non si tratta né di un animale, né di una pianta o un fungo, e neppure di un qualsiasi tipo noto di protozoo; di fatto non rientra in alcuna delle grandi categorie note della classificazione delle forme di vita complesse (eucarioti). Questa bizzarria naturale dotata di flagelli è invece il primo membro di un proprio gruppo, un “super-gruppo”, che probabilmente si è staccato dagli altri grandi rami della vita almeno un miliardo di anni fa. “È il tipo di risultato che si spera di vedere una volta nella propria carriera”, ha detto Alastair Simpson, microbiologo alla Dalhousie University di Halifax, in Nuova Scozia, che ha effettuato lo studio. La scoperta degli emimastigoti è di per sè impressionante, ma quel che più conta è che si tratta solo dell’ultima (e più significativa) di un numero crescente di importanti aggiunte tassonomiche all’albero della vita. I ricercatori continuano a scoprire non solo nuove specie o classi, ma anche nuovi regni, e questo solleva interrogativi sulle ragioni per cui sono rimasti nascosti per così tanto tempo e su quanto siamo vicini a trovarli tutti. Yana Eglit è una specializzanda della Dalhousie University che si è dedicata alla scoperta dei nuovi lignaggi degli eucarioti unicellulari detti protisti. Un freddo giorno di primavera 2016, mentre camminava in una località della Nuova Scozia con alcuni amici, è rimasta indietro per raschiare qualche grammo di sporco in un tubo di plastica. Tornata in laboratorio, ha immerso il suo campione in acqua, e il mese successivo ha iniziato a controllare periodicamente il microscopio per rilevare eventuali segni di vita insolita. Una sera, qualcosa di strano nel campione ha attirato la sua attenzione. Una cellula allungata da cui s’irradiavano flagelli a forma di frusta “stava nuotando goffamente, come se non si rendesse conto che tutti quei flagelli avrebbero potuto aiutarla a muoversi”, ricorda Eglit. Aumentando l’ingrandimento, ha visto che corrispondeva alla descrizione di un emimastigote, un raro tipo di protista notoriamente difficile da tenere in coltura. La mattina seguente, il laboratorio era in fermento per l’opportunità di descrivere e sequenziare l’esemplare. “Abbiamo lasciato perdere tutto il resto”, ricorda. Gli emimastigoti sono uno dei pochi lignaggi di protisti “notoriamente sconosciuti”, gruppi di cui si ha una descrizione solo parziale, la cui posizione sull’albero della vita non è ben definita perché è difficile tenerli in coltura e, quindi, sequenziarne il genoma. Gli esperti di protisti hanno usato le peculiarità della struttura degli emimastigoti per ipotizzarne le parentele evolutive, ma le loro ipotesi erano state “impallinate” dai critici, come dice Simpson, ovunque le avessero filogeneticamente collocate. In assenza di dati molecolari, i lignaggi di organismi come gli emimastigoti erano rimasti privi di un’ascendenza conosciuta.  
Ma un nuovo metodo, la trascrittomica unicellulare, ha rivoluzionato questi studi. Esso consente ai ricercatori di sequenziare un gran numero di geni da una singola cellula. Gordon Lax, un altro specializzando nel laboratorio Simpson ed esperto di questo metodo, spiega che per gli organismi difficili da studiare come gli emimastigoti, la trascrittomica monocellulare può produrre fornire dati genetici di una qualità che prima era riservata a organismi per i quali si poteva disporre di molte cellule, rendendo finalmente possibili confronti genomici più accurati. Il gruppo ha sequenziato più di 300 geni e Laura Eme, ora ricercatrice post-dottorato all’Università di Uppsala, in Svezia, ha sviluppato un modello di come si sono evoluti questi geni per poi stabilire la classificazione degli emimastigoti. “Ci aspettavamo che rientrassero in uno dei supergruppi esistenti”, ha spiegato. I membri del laboratorio sono stati invece sorpresi nello scoprire che gli emimastigoti non si adattano ad alcuna parte dell’albero della vita. Essi rappresentano un lignaggio distinto dalla mezza dozzina di supergruppi noti. Per capire quanto sia evolutivamente distinto il lignaggio degli emimastigoti, immaginate l’albero degli eucarioti dispiegato davanti a voi come un insieme di stretti sentieri, che a partire da punti in cui si trovano tutti i diversi gruppi viventi di eucarioti convergono, in lontananza, verso un antenato comune. Partendo dal punto in cui ci troviamo noi mammiferi, percorriamo il sentiero e torniamo indietro nella storia, oltre il bivio in cui il nostro lignaggio si è separato da quello dei rettili e degli uccelli, oltre i punti di deviazione che portano ai pesci, alle stelle marine e agli insetti, e poi ancora più lontano, oltre il bivio che ci separa dai funghi. Se ci giriamo a guardare indietro, tutti i diversi organismi superati rientrano in uno solo dei sei supergruppi di eucarioti. Gli emimastigoti sono ancora più in là, in un supergruppo a sé stante, su un sentiero che non è stato percorso da alcun altro organismo. Fabien Burki, biologo dell’Università di Uppsala, che non è stato coinvolto in questo studio, si è detto felice del risultato, ma non del tutto sorpreso. “È un po’ come cercare la vita su altri pianeti”, ha osservato. “Quando finalmente la troveremo, non credo che saremo molto sorpresi, ma sarà una scoperta enorme”. Burki, Simpson, Eglit e molti altri pensano anche che ci sia molto altro da scoprire a proposito dell’albero della vita, in gran parte a causa della velocità con cui sta cambiando. “L’albero della vita viene rimodellato da nuovi dati. È davvero molto diverso anche da quello che era 15 o 20 anni fa”, ha detto Burki. “Stiamo vedendo un albero con molti più rami di quanto pensassimo”. Trovare un lignaggio così distinto come gli emimastigoti è ancora relativamente raro, ma se si scende di un livello o due della gerarchia, fino al semplice livello del regno - quello che comprende, per esempio, tutti gli animali - si scopre che spuntano nuovi grandi lignaggi al ritmo di uno all’anno. “Questo tasso non sta rallentando, e anzi potrebbe accelerare”, ha detto Simpson. La disponibilità di tecnologie di sequenziamento più potenti, come la trascrittomica a cellula singola, concorre a questa tendenza per gli eucarioti, soprattutto per gruppi “notoriamente sconosciuti”, permettendo ai ricercatori di ricavare DNA utilizzabile pure da singoli campioni. Ma Eme avverte che questi metodi richiedono ancora l’occhio attento degli esperti, come Eglit, “in modo da poter osservare proprio ciò che vogliamo guardare”. Un altro tipo di sequenziamento, chiamato metagenomica, potrebbe accelerare ulteriormente le scoperte. I ricercatori possono ora avventurarsi sul campo, prelevare un campione di sporco sul loro cammino o un biofilm da una fumarola nera in alto mare, e sequenziare tutto ciò che c’è nel campione. Il problema è che di solito si trova solo un frammento di un gene. Per batteri e archea (Archaea) - organismi in altri due domini della vita distinti da quello degli eucarioti - questo è di solito sufficiente: la metagenomica è stata alla base di recenti scoperte enormi, come quella degli Asgard archaea, un vastissimo phylum di archea sconosciuto alla scienza fino a circa tre anni fa.  
Ma per gli eucarioti, che tendono ad avere genomi più grandi e complessi, la metagenomica costituisce un metodo fastidiosamente problematico per studiare un campione. Rivela molti tipi di organismi che vivono in un ambiente, “ma a meno che non si abbia una sequenza di riferimento più ampia e conosciuta, è molto difficile inserire tutte queste cose diverse in un quadro evolutivo”, ha detto Burki. Ecco perché, secondo Simpson, la maggior parte delle linee eucariotiche recenti, molto profonde, sono state scoperte alla “vecchia maniera”, attraverso l’identificazione di un bizzarro protista in laboratorio e il suo sequenziamento. “Ma i due metodi sono complementari e danno informazioni l’uno all’altro”, ha detto Simpson. Per esempio, è ormai chiaro che gli emimastigoti erano presenti in banche date metagneomiche già pubblicate. Eppure “non avevamo modo di riconoscerli finché non abbiamo avuto a disposizione sequenze di emimastigote più lunghe con cui confrontarli”, ha detto. La metagenomica può indicare potenziali “punti caldi” di diversità sconosciuta, e una sequenziamento più approfondito può rendere i dati metagenomici più significativi. Il futuro è luminoso per i ricercatori che catalogano le diversità, sia in ambienti ordinari che straordinari. Gli strumenti metagenomici ci permettono di esplorare ambienti estremi - come i sedimenti vicino alle fumarole idrotermali dove sono stati trovati gli Asgard archea - i ricercatori però possono trovare nuovi lignaggi anche nei loro cortili. “Questo nuovo lignaggio è stato scoperto da una specializzanda durante un’escursione durante cui ha raccolto un po’ di sporcizia”, ha detto Burki. “Immaginate se potessimo analizzare ogni ambiente della Terra”. Mentre gli scienziati continuano a riempire l’albero, gli algoritmi usati per aggiungere rami diventeranno più efficienti, secondo Eme. Questo aiuterà i ricercatori a definire con maggiore risoluzione le divaricazioni più profonde e antiche nella storia della vita. “La nostra comprensione di come si è dispiegata la vita è ancora molto incompleta”, ha detto Burki. Domande relative al perché sono emersi gli eucarioti o come si è evoluta la fotosintesi rimangono senza risposta poiché “non abbiamo un albero abbastanza stabile e definito per individuare dove sono avvenuti questi eventi chiave”, ha detto Burki. Oltre a rispondere a queste domande fondamentali, la semplice gioia della scoperta motiva ricercatori come Burki e Eglit. “Il mondo dei microrganismi è una frontiera aperta”, ha detto Eglit. “È emozionante esplorare ciò che c’è là fuori”.

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