IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

sabato 14 luglio 2018

LA FOTOSINTESI "ALIENA"



Scoperto un nuovo tipo di fotosintesi

Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa (ENEA)

Un nuovo tipo di clorofilla, scoperto recentemente, permetterebbe agli organismi acquatici che vivono nelle zone più profonde degli oceani di completare la fotosintesi anche quando le lunghezze d’onda della luce solitamente utilizzate per questo processo non sono a disposizione.

Le piante e i cianobatteri (organismi simili alle alghe) solitamente utilizzano la clorofilla, un pigmento, per trasformare la luce in energia chimica durante il processo che prende il nome di fotosintesi. Esistono vari tipi di clorofilla, che hanno compiti diversi e che assorbono tipi di luce differenti, ma in generale la maggior parte degli organismi che vive sulla superficie della terra utilizza per questo processo la clorofilla “a”, che assorbe luce rossa, con lunghezze d’onda comprese tra i 680 e i 700 nanometri, e riflette luce verde, blu e viola. Ma come fanno gli organismi che vivono nelle zone più profonde degli oceani, dove la luce di queste lunghezze d’onda non arriva se non in piccolissime quantità? E’ quello che si sono chiesti i ricercatori dell’Imperial College London in uno studio pubblicato su Science. Durante la ricerca, hanno infatti scoperto una specie di cianobatteri in grado di utilizzare luce con lunghezze d’onda inferiori a quelle assorbite da piante e batteri sulla superficie, in un nuovo tipo di fotosintesi che utilizza una speciale clorofilla. Questa specie, che prende il nome di Chroococcidiopsis thermalis, è in grado di utilizzare luce con lunghezza d’onda di 727 nanometri per la fotosintesi. Questo avviene grazie a pigmenti già utilizzati da altri cianobatteri in superficie, clorofilla “a” e clorofilla “d”; un ruolo fondamentale è tuttavia giocato anche dalla clorofilla “f”, recentemente scoperta e ritenuta, fino ad ora, non importante per la conversione da luce ad energia. E tuttavia, in questa specie, è proprio la clorofilla “f” a permettere a questi batteri di generare energia quando scarseggia la luce rossa solitamente assorbita in superficie. Secondo i ricercatori, questa scoperta potrebbe essere utilizzate in futuro per creare piante più resistenti ed in grado di adattarsi a condizioni di luce variabili. Ma le possibili applicazioni non sono limitate al nostro pianeta. Grazie alla sua incredibile resistenza a condizioni ambientali estreme, Chroococcidiopsis è considerato uno dei pochi organismi che potrebbe essere in grado di sopravvivere su Marte – e gli scienziati hanno già ipotizzato un suo possibile ruolo nella formazione di un ambiente aerobico sul pianeta rosso. Chroococcidiopsis potrebbe infatti aiutare a produrre ossigeno e fornire materiale organico in grado di originare, potenzialmente, del terreno fertile che potrebbe essere utilizzato per crescere cibo su Marte.

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DI MARCO LA ROSA
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