"l’ipocrisia si scioglie ed emerge la contrapposizione chiara tra posizioni antropologiche nettamente distinte, e cioè da una parte chi ritiene che la vita sia un bene indisponibile e quindi assolutamente illecita la sentenza dei tribunali inglesi, soprattutto contro il volere dei genitori, dall’altra chi dà alla vita un valore in termini di prestazioni ed efficienza, per cui essere gravemente disabile è già di per sé un valido motivo per eliminarla"
"Charlie sta rappresentando una vera benedizione per l’Europa: con la sua sola travagliata esistenza, sta costringendo la gente al dibattito, mobilitando esperti e persone semplici, tutti chiamati a riflettere, in profondità, sul valore della vita.
Dieci mesi soltanto, eppure è come un ciclone.
Ecco quanto vale una vita".
Charlie Gard, cos’è la sindrome
da deplezione del Dna mitocondriale e perché (per ora) non c’è cura.
Sono solo poche decine in tutto
il mondo i bambini come Charlie Gard, il piccolo paziente inglese di dieci
mesi, per il quale la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha dato il
via libera alla sospensione delle cure da parte dei medici del Great Ormond
Street Hospital britannico. Il piccolo Charlie ha una malattia genetica
considerata rara, o orfana, una di quelle patologie, cioè, così definite perché
colpiscono meno di una persona ogni 2000.
La malattia di Charlie Gard si
chiama sindrome da deplezione del Dna mitocondriale. È una patologia che si
manifesta precocemente, già nelle prime settimane o mesi di vita. Colpisce solo
gli individui in cui entrambe le copie dei geni interessati sono difettose. I
portatori, quindi, sono sani, non manifestano i sintomi della malattia. La
sindrome da deplezione del Dna mitocondriale appartiene a un gruppo di malattie
genetiche che porta alla riduzione della quantità di Dna contenuta nei
mitocondri, e quindi a un loro malfunzionamento. Queste strutture, delle dimensioni
di un batterio, sono le centrali energetiche delle cellule. Al loro interno è,
infatti, sintetizzata la molecola usata dal nostro organismo come moneta di
scambio per le attività più dispendiose. Per questo, un loro malfunzionamento
colpisce maggiormente organi come il cervello, i muscoli e il fegato, che
necessitano di un continuo apporto energetico per poter funzionare al meglio. I
mitocondri sono le uniche componenti di una cellula, oltre al nucleo, a
contenere un proprio Dna. Si pensa, infatti, che in passato queste strutture
cellulari fossero, in realtà, degli organismi primitivi. Dei batteri che
avevano imparato a utilizzare l’ossigeno, da poco comparso nell’atmosfera della
Terra primordiale, per produrre energia. E che nel tempo si sono evolute,
instaurando una sorta di patto di collaborazione con le primitive cellule, meno
efficienti dal punto di vista energetico. “Si conoscono tre forme principali di
sindrome da deplezione del Dna mitocondriale: la prima colpisce prevalentemente
la muscolatura scheletrica, la seconda interessa sia i muscoli che il sistema
nervoso e l’ultima, invece, il fegato e in alcuni casi il cervello. Tutte,
però, sono accomunate da difficoltà di alimentazione e di accrescimento nonchè
da debolezza muscolare. Come per le altre cosiddette malattie mitocondriali non
esiste, al momento, una cura, e si fa ricorso a trattamenti finalizzati solo ad
attenuarne i sintomi”. Come nel caso del piccolo Charlie, tenuto in vita dai
macchinari. Per il bimbo inglese, intanto, i medici che si occupano di malattie
rare all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma – che si è già detto pronto
ad accoglierlo -, secondo quanto riferisce la presidente Mariella Enoc, sono al
lavoro con altri esperti internazionali, tra cui alcuni studiosi statunitensi,
per mettere a punto un protocollo di trattamento sperimentale. Dal Regno Unito,
però, al momento sono arrivate solo risposte negative riguardo la possibilità
di un trasferimento del bambino in Italia.
LONDRA: IMPOSSIBILE PORTARE
CHARLIE IN ITALIA; BORIS JOHNSON RISPONDE "NO GRAZIE"
Quaranta eurodeputati esprimono
in una lettera il loro fermo “appoggio alla famiglia di Charlie Gard“, il bimbo
inglese colpito da una rarissima malattia a cui i medici vogliono staccare la
spina contro la volontà dei genitori, esprimendo la loro preoccupazione al
riguardo. E il Bambino Gesù di Roma si offre di assisterlo. Ma la risposta di
Londra alla richiesta dell'Italia di ricoverare il piccolo a Roma per tenerlo
in vita è un fermo no. E' impossibile accogliere l'offerta di ricoverare il
piccolo all'ospedale Bambino Gesù di Roma, ha detto infatti il ministro degli
Esteri britannico Boris Johnson rispondendo al titolare della Farnesina
Angelino Alfano, in un colloquio telefonico. Johnson ha espresso gratitudine e
apprezzamento per l'offerta italiana ma ha spiegato che ragioni legali
impediscono alla Gran Bretagna di accoglierla.
La lettera degli eurodeputati:
Intanto, in una lettera al
Parlamento europeo, 40 eurodeputati hanno espresso “il nostro pieno appoggio
alla famiglia di Charlie Gard” esprimendo la loro preoccupazione “per il
risultato oltraggioso di un caso che infrange i valori fondamentali
dell'Europa, in particolare il diritto alla vita”. “L'amore per il proprio
bambino spesso conduce i genitori a superare quello che è normalmente
possibile; proprio come nel caso di Chris Gard e Connie Yates, che sono
riusciti a raccogliere 1,4 milioni di dollari” per finanziare “procedure
mediche innovative eticamente sostenibili”, continua il documento. “Hanno
trovato con successo un trattamento sperimentale negli Stati Uniti”. Poi un
interrogativo: “Come è possibile che anche oggi, nel ventunesimo secolo, in
tempi in cui noi stessi definiamo la nostra epoca come quella che rispetta i
valori fondamentali della vita e della dignità umana, il Regno Unito non agisca
nel migliore interesse dei suoi cittadini?”. La missiva si conclude così: “Noi,
sottoscrittori deputati del Parlamento europeo, intendiamo rispondere con un
chiaro 'no' e condanniamo fermamente la vergognosa condotta che minaccia questi
valori della nostra società civile”.
CHARLIE, ECCO QUANTO VALE UNA
VITA
Charlie è ancora vivo.
Ogni giorno è un’opportunità in
più che alimenta la speranza.
Dopo il tweet del Papa e quello
di Trump, pare essersi innescato un meccanismo a catena per cui tutti i media
mondiali sono stati costretti ad accendere i riflettori sulla vicenda (in modo
più o meno utile). Poche ore dopo il tweet di Trump, addirittura un ospedale
statunitense si è offerto di provare il trattamento su Charlie gratuitamente,
se ci sono le condizioni per permettergli la trasvolata atlantica (fonte il
Sun). L’ospedale Bambino Gesù di Roma aveva già manifestato due giorni fa la
sua disponibilità ad accogliere il piccolo malato, ma il ministro britannico
Boris Johnson aveva subito gelato gli entusiasmi comunicando al titolare della
Farnesina Angelino Alfano, nel corso di un colloquio telefonico, che ragioni
legali impedivano alla Gran Bretagna di accettare l’offerta. In compenso
manifestava la gratitudine di rito per l’interessamento. Il segretario di Stato
Vaticano, il cardinal Pietro Parolin ha anche aggiunto che la Santa Sede, “farà
il possibile per superare gli ostacoli legali che non consentono il
trasferimento del piccolo Charlie Gard al Bambino Gesù”. Intanto su
Quotidianosanità.it Alberto Gambino, giurista, ordinario di diritto privato
all’Università Europea di Roma e presidente di Scienza & Vita ha
dichiarato: “Non comprendo quali siano le
motivazioni legali addotte dal Great Ormond Street Hospital di Londra per non
trasportare il piccolo Charlie in Italia presso il Bambin Gesù. Agli atti
processuali, infatti il 21° statement della decisione dell’High Court of
Justice statuisce espressamente che ‘Transporting Charlie to the USA would be
problematic, but possible’”. “Ciò indica inequivocabilmente – aggiunge Gambino
– come è tecnicamente possibile il trasferimento di Charlie negli Usa, così lo
può essere anche in Italia nella struttura ospedaliera Bambino Gesù”. “Sarebbe,
del resto, davvero in contrasto con lo spirito tipicamente liberale
anglosassone privare per motivi burocratici della libertà di circolazione e di
cura un essere umano malato e costringerlo a morire nel suo luogo di
residenza”. Una frase un po’ pilatesca, ma possibilista, che non spegne le
speranze. E così ieri mattina la mamma di Charlie ha parlato con i medici
dell’ospedale Bambino Gesù di Roma dopo il contatto del giorno prima con la
presidente Enoc, e si sono chiariti quali sarebbero questi impedimenti legali:
esiste una sentenza che va rispettata. “Se noi fossimo disposti a eseguire la
sentenza della Corte Suprema l’ospedale inglese potrebbe accettare il
trasferimento di Charlie a Roma. Ma l’ospedale Bambino Gesù non può considerare
questa opportunità”, ha riferito Mariella Enoc. In queste ore infatti sono
continuati i contatti fra la direzione dell’ospedale romano e le autorità
inglesi, così come con la famiglia del bambino. “Loro non possono trasportare
il bambino a meno che non applichiamo il protocollo indicato dalla Suprema
Corte, che prevede di non praticare nessuna cura al bambino e di staccare la
spina. È ovvio che abbiamo risposto di no”. Finalmente si è sentita una parola
anche da parte del governo inglese: Theresa May rispondendo durante il Question
Time alla Camera dei Comuni a una domanda sul caso del piccolo Charlie rivolta
dalla deputata laburista Seema Malhotra che chiedeva della possibilità di
trasferire il neonato ricoverato a Londra negli Usa per sottoporlo a una
terapia sperimentale, evitando quindi che gli venga staccata la spina come
invece hanno stabilito i medici e le autorità del Regno, ha risposto: “Sono
fiduciosa sul fatto che il Great Ormond Street Hospital stia valutando ogni
offerta su nuove informazioni” che gli arriva considerando “il benessere di un
bambino gravemente malato”. Su SIR l’altro ieri alle 10:03 è stata pubblicata
anche una lettera appello di 40 eurodeputati per la vita del piccolo inglese:
“Esprimiamo il nostro pieno appoggio a Charlie Gard, a Chris Gard e a Connie
Yates. Ci riteniamo obbligati ad esprimere le nostre preoccupazioni più
profonde riguardo al risultato oltraggioso del caso di Charlie, che infrange i
valori fondamentali dell’Europa, in particolare il diritto alla vita, il
diritto alla dignità umana e all’integrità personale”. “Charlie Gard è un
bambino di 10 mesi che soffre di una condizione medica rara e minacciosa per la
vita, attualmente dipendente dal supporto alla vita in uno degli ospedali di
Londra”, spiegano i deputati europei. “I suoi medici hanno concluso che egli
non ha più diritto di vivere in questo mondo e hanno chiesto l’approvazione dei
tribunali per interrompere la sua cura salvavita, inclusa la nutrizione e
l’idratazione. Purtroppo, sia i giudici nazionali che la Corte europea dei
diritti dell’uomo si sono identificati con il ragionamento dei medici e hanno
deciso di mettere fine alla vita di Charlie in assoluta contraddizione con la
volontà dei suoi genitori”. “Come è possibile che anche oggi, nel
ventunesimo secolo, in tempi in cui noi stessi definiamo la nostra epoca come
quella che rispetta i valori fondamentali della vita e della dignità umana, il
Regno Unito non agisca nel migliore interesse dei suoi cittadini?”.
La missiva si conclude così:
“Noi, sottoscrittori deputati del
Parlamento europeo, intendiamo rispondere con un chiaro ‘no’ e condanniamo
fermamente la vergognosa condotta che minaccia questi valori della nostra società
civile”. Tra i firmatari figurano eurodeputati di diversi Paesi. Forse
c’è ancora speranza per questa Europa, se le coscienze si riaccendono. Sull’altro
fronte, la stampa americana parla di inutile accanimento, di follia dei
genitori che perseverano in un’illusione che prolunga inutilmente le sofferenze
del bambino. Sul Times è apparso un articolo, dopo il tweet di Trump, dai toni
assai acidi, che si conclude in modo inquietante: «Il professor Truog, della
Harvard Medical School, ha osservato che gli Stati Uniti sono generalmente più
individualisti della Gran Bretagna. Di conseguenza, le persone tendono ad
essere più aperte all’idea di accettare misure eroiche – e spesso piuttosto
costose – che rendono questi tipi di “dispute etiche” sul fine vita un aspetto
familiare della medicina negli Stati Uniti. “Una famiglia che non può accettare
i limiti della medicina – siano essi i genitori di un bambino piccolo o i
parenti di un paziente anziano – è la causa numero uno dei conflitti etici oggi
negli ospedali americani”, ha detto. “Vedo due o tre casi come questi nella mia
unità di terapia intensiva al mese. Ma di solito riusciamo a portare la
famiglia ad un punto in cui possono accettare l’inevitabile e ritenere la morte
meno negativa”.» Quindi il caso Charlie potrebbe riaccendere speranze in
migliaia di famiglie che ora si accontentano del primo parere di medici
preoccupati primariamente dei costi delle terapie, come dichiarato dal
professor Truog. Per questo è importante tacitarlo e soprattutto fare in modo
che la sentenza venga eseguita, che il bambino non mostri miglioramenti, per
non smentire platealmente il verdetto senza appello del GOSH. Praticamente si
gioca a carte scoperte, il che è in fondo già un passo avanti: l’ipocrisia
si scioglie ed emerge la contrapposizione chiara tra posizioni antropologiche
nettamente distinte, e cioè da una parte chi ritiene che la vita sia un bene
indisponibile e quindi assolutamente illecita la sentenza dei tribunali
inglesi, soprattutto contro il volere dei genitori, dall’altra chi dà alla vita
un valore in termini di prestazioni ed efficienza, per cui essere gravemente
disabile è già di per sé un valido motivo per eliminarla. In questa
partita ricoprono un ruolo fondamentale i cattolici, i quali dovrebbero essere
schierati in monoblocco dalla parte della vita e invece si scopre che si
lasciano ingannare ancora dalle chimere di chi parla di pietà e accanimento
terapeutico. I pro-life inglesi si trovano infatti in difficoltà proprio per la
secolarizzazione anche del tessuto cattolico locale, che si è lasciato permeare
da questo buonismo di facciata e che ama farsi rassicurare dall’idea che la
morte possa essere in effetti il bene per qualcuno. Questo evidenzia come il
sale abbia perso sapore in più luoghi del mondo, come i cattolici si siano
diluiti in società benestanti accettando passo dopo passo ogni deriva etica,
fino alle più estreme conseguenze che vediamo attuarsi oggi. Charlie sta rappresentando una vera
benedizione per l’Europa: con la sua sola travagliata esistenza, sta
costringendo la gente al dibattito, mobilitando esperti e persone semplici,
tutti chiamati a riflettere, in profondità, sul valore della vita.
Dieci mesi soltanto, eppure è come un ciclone.
Ecco quanto vale una vita.
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