SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE
COTELLESSA (ENEA)
L’allattamento materno nei primi
giorni di vita è fondamentale per la costituzione del microbiota e la
formazione delle difese immunitarie del neonato. Lo confermano i risultati di
uno studio condotto in laboratorio dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico
Bambino Gesù, pubblicato sulla rivista Frontiers in Microbiology del gruppo
Nature.
Attraverso l’impiego di
piattaforme avanzate di spettrometria di massa è stato possibile elaborare
enormi volumi di dati, che hanno aiutato i ricercatori a comprendere molti
aspetti non ancora noti della genesi e della maturazione del microbiota
intestinale nelle primissime fasi della vita, come l’effetto dell’allattamento
materno, la formazione del sistema immunitario, la risposta alle infezioni, i
rapporti tra madre e figlio, i meccanismi di insorgenza di una serie di
malattie che colpiscono l’età pediatrica.
IL MICROBIOTA:
Circa un chilo e mezzo del nostro
peso è dovuto ai microrganismi. Una presenza “ingombrante”, quasi tutta
localizzata nell’intestino (il microbiota) e strettamente associata a diverse
attività fisiologiche e a condizioni patologiche. Questa popolazione di trilioni
di batteri svolge infatti la funzione di “centrale biochimica” dell’intestino,
dove trasforma il cibo ingerito, produce energia, regola l’immunità della
mucosa intestinale e l’equilibrio delle popolazioni microbiche che fungono da
barriera contro gli agenti patogeni.
GENETICA E ALLATTAMENTO:
La ricerca del Bambino Gesù ha
disegnato in un “modello murino”
(Per
modello murino,dal latino mus, topo, si intende un topo di laboratorio il cui
studio consente di chiarire i meccansmi patogenetici alla base di malattie
umane in quanto le sviluppa esso stesso, talvolta con un elevato grado di
somiglianza con la patologia umana. Ne esistono numerose linee inbred, alune
sono state selezionate per mostrate particolari tratti, come il peso corporeo,
la muscolatura, l’obesità. Attualmente la maggior parte dei modelli murini
viene prodotta artificialmente in laboratorio mediante manipolazione genetica),
cioè nelle cavie da laboratorio, l’evoluzione del microbiota nei primi giorni
di vita, tenendo conto di due principali variabili in grado di modificarlo:
l’allattamento e il patrimonio genetico materno. Per comprendere l’interazione
tra questi elementi i topi appena nati sono stati divisi in gruppi e sono stati
nutriti con 3 diverse tipologie di latte: quello delle madri naturali, quello
di altre madri adottive, quello privato di immunoglobuline A (o IgA, un tipo di
anticorpo coinvolto nella risposta immunitaria dell’organismo). È stato così
dimostrato che le comunità microbiche dei neonati nutriti con il latte delle
proprie madri, contenente immunoglobulina A, sono ricche di lattobacilli, cioè
batteri “amici”, mentre i batteri patogeni opportunisti o “nemici” sono assenti
o scarsamente rappresentati. Il profilo del loro microbiota, inoltre, risulta
simile a quello delle madri. Di contro, i topi neonati allattati con latte
privo di IgA, presentavano un aumento delle popolazioni batteriche patogene
opportuniste. “È la dimostrazione – spiega la dottoressa Lorenza Putignani,
responsabile di parassitologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – che il latte
materno fornisce ai neonati nei primissimi giorni di vita una sorta di coperta
di batteri ‘amici’, che funge da barriera contro l’insediamento dei batteri
patogeni e protegge potenzialmente i piccoli dall’insorgenza di una serie di
malattie”. Interessanti i risultati anche del terzo gruppo di topi. Scambiando
le madri subito dopo il parto, infatti, il microbiota e il rispettivo proteoma
(l’insieme cioè delle proteine prodotte dal genoma di un organismo) dei neonati
presentavano comunque profili correlati alle caratteristiche del microbiota
delle mamme naturali, oltre che al tipo di latte ricevuto dalle mamme adottive.
“Questo risultato – aggiunge la dott.ssa Putignani – ha confermato il ruolo
dell’inoculo del microbiota della mamma durante il parto, già anticipato da
altri studi dei ricercatori del Bambino Gesù”.
“Più in generale – conclude la
responsabile di Parassitologia dell’Ospedale Pediatrico di Roma – con questa
ricerca siamo riusciti a caratterizzare l’intero profilo delle proteine
presenti nel microbiota intestinale, il cosiddetto “proteoma”, fornendo una
sorta di ‘carta d’identità’ dei batteri responsabili delle diverse attività
metaboliche. Si tratta di un risultato del tutto originale, in quanto questi
dati non sono più solo descrittivi, come quelli ottenuti in precedenza con le
tecniche di sequenziamento genetico di seconda generazione, ma funzionali, in
grado cioè di caratterizzare le diverse categorie di batteri in termini di ‘chi
fa che cosa'”.
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