di Giorgio Pattera
Una delle contestazioni più
frequenti che gli ultra-scettici rivolgono, non senza fondatezza, agli studiosi
di esobiologia è la mancanza, a parer loro, di “prove concrete” sull’effettiva
interazione fra presunte entità aliene ed il nostro pianeta. Questo perché (ed
“una tantum” siamo d’accordo) sia i resoconti dei testimoni, anche i più
attendibili, sia le immagini fissate da fotocamere o videocamere non possono
essere considerate conferme assolutamente probanti, anche se con gli attuali
software informatici è possibile verificare la genuinità o meno degli
avvistamenti. A questo proposito va
ricordato che sono numerosi a livello mondiale i rapporti di UFO-crashes, ma
veramente pochissimi risultano confortati da prove tangibili che, al di là
delle astronavi “viti & bulloni” tanto care alla science-fiction degli anni
’50, abbiano dimostrato l’inconfutabile presenza sul suolo terrestre di
elementi o materiali decisamente “alieni” (dove il termine alieno va
interpretato nella sua accezione originale latina: diverso da…). Prescindendo
dai frammenti del caso Roswell, sui quali l’intreccio “testimoni civili /
apparati militari e governativi di copertura” ha fatto scrivere tutto ed il
contrario di tutto, i più noti campioni metallici residuati da presunti impatti
UFO / suolo terrestre rimangono ancor oggi quelli relativi al caso di Ubatuba
(Brasile, 1957). Malauguratamente la solita banda del “buco nero” (nel senso
che i laboratori brasiliani e statunitensi incaricati delle analisi, pur
avendone accertata la composizione in magnesio puro quasi al 100 %, non li
hanno mai restituiti) li fece sparire, con la connivenza – si dice – dello
stesso Jacques Vallée, uno dei più seri e competenti ricercatori in campo
ufologico, che tuttavia negli ultimi tempi sembra aver compiuto, più o meno
spontaneamente, una clamorosa quanto inattesa inversione di marcia. Raramente,
dunque, i risultati delle analisi effettuate sui frammenti rinvenuti sui luoghi
dei presunti “incidenti UFO” sono stati resi noti all’opinione pubblica. Uniche
eccezioni sono quelle che andiamo ora ad elencare.
Dalnegorsk (a nord di
Vladivostok), costa russa del Pacifico, Mar del Giappone, 29 gennaio 1986, ore
19:55:
Citiamo testualmente dal rapporto
del Dr.Valery Dvuzhilny, responsabile della Commissione dell’Estremo Oriente
sui Fenomeni Anomali : «Gli abitanti della cittadina osservarono una sfera
arancio-rossastra, grande quanto una mezza luna, che volava parallela alla
superficie terrestre provenendo da sud-ovest, ad un’altitudine di 700-800
metri. L’oggetto procedeva, nel più assoluto silenzio, ad una velocità
(cronometrata) di 15 m/sec. e durante il percorso non cambiò mai direzione o
altitudine, né presentò alcuna angolazione di caduta. La strana sfera luminosa
sorvolò il monte Izvestkovaya (o Collina 611: nella cartografia russa le
colline e le montagne sono segnate in base all’altitudine), poi bruscamente
virò di 60-70 gradi in basso, verso la scogliera, ove precipitò e continuò a
bruciare per oltre un’ora». Nella sede dell’impatto, infatti, furono
riscontrati evidenti segni di combustione, causati da alte temperature, oltre a
numerosi frammenti di metallo. I reperti furono analizzati da diversi
laboratori dell’ex-URSS e da 11 Istituti di Ricerca della Federazione. I
risultati, resi pubblici sul quotidiano “Socialist Industry” (ora “Rabochaya
Tribuna”) grazie al clima sociologico-innovativo introdotto dalle riforme
politiche – Glasnost & Perestroika – volute da Gorbachev, furono unanimi:
si trattava di prodotti di alta tecnologia e non di elementi di origine naturale
o terrestre. Questo perché Petukhov e Faminskaya, membri del Council of
Scientific and Engineering Sciences Commission on Paranormal Events, isolarono
nelle lamine rinvenute nella sede dell’impatto quasi tutti gli elementi chimici
dell’intera tavola periodica del sistema di Mendeleev, in cui il silicio aveva
la parte preponderante (20%).
Kadima (Israele), settembre 1997:
Nella traccia al suolo lasciata
in seguito all’atterraggio d’un presunto oggetto volante non identificato,
vengono rinvenuti alcuni frammenti d’apparente consistenza metallica. Uno di
questi, nel corso del 13° Simposio Mondiale di S.Marino del marzo 2005, viene
consegnato al sottoscritto, Biologo e responsabile tecnico del Comitato
Scientifico del CUN, che provvede a sottoporlo alle opportune analisi. Ne
risulta che il frammento in questione è costituito da Silicio al 53.3 %, da
Ematite al 44 %, da Fluorite e Quarzo-al 1.3 %. Tuttavia nel grafico
difrattometrico c’è un picco (in corrispondenza dell’angolo 2 = 47.580) che
l’apparecchiatura (Philips Analytical X-Ray) non è riuscita ad identificare
(isotopo sconosciuto del silicio ?).
Connecticut (USA), agosto 1998:
Nel corso di un’intervista
rilasciata alla giornalista Paola Harris, il Dr.Michael Wolf (plurilaureato e
membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze) le consegna alcuni frammenti
apparentemente metallici (a suo dire d’origine extraterrestre) rinvenuti dopo
un UFO-crash e dallo stesso esaminati per conto della NSA (National Security
Agency), la cui fonte di provenienza tuttavia deve considerarsi riservata. Wolf
precisa inoltre che le analisi effettuate negli USA sugli stessi frammenti
hanno diagnosticato una purezza in Silicio del 99.99 %, con la presenza dello
0.01 % d’un isotopo non terrestre. Portati in Italia per le analisi, i
frammenti vengono consegnati a due laboratori: uno presso l’Università di Pisa,
l’altro ad un centro specializzato nella produzione di semiconduttori ad alta
tecnologia per impieghi militari (missilistica) dell’Aquila. Due i referti
stilati, ma entrambi concordano nel dichiarare “di non aver mai visto nulla di
simile”. In particolare, l’Ing.Luciano Pederzoli, dell’Università di Pisa,
nella sua perizia afferma che “si tratta indubbiamente di silicio, ma non si è
in presenza d’un superconduttore, in quanto gli atomi sono posti in modo
estremamente disordinato, come se fosse stato sottoposto ad altissime
temperature, che hanno portato il materiale ad una rapida ebollizione seguita
da un altrettanto rapido raffreddamento”. Se si considera che il silicio
raggiunge la temperatura d’ebollizione a 3.265 °C, non c’è da meravigliarsi che
lo stesso Pederzoli abbia rilevato nei frammenti alcuni micro-fori, del
diametro di frazioni di millimetro per qualche cm. di lunghezza, probabilmente
derivati dalla formazione di bolle di gas di silicio, espulse dalla massa
metallica a causa dell’elevatissimo shock termico subìto. Una specie di
“effetto-cometa”, per esemplificare. L’analista aggiunge che, oltre al Silicio,
i frammenti contengono anche un’esigua percentuale di altri elementi, in corso
d’identificazione.
SUL FRAMMENTO "WOLF" E' POSSIBILE CONSULTARE :
http://mauriziobaiata.net/2016/01/18/2736/
RILIEVI
C.E.V. (Campo Energetico Vibrazionale) –su un frammento di presunto impianto in
silicio relativo al “caso Wolf”. Test
eseguiti a Roma e Bologna - febbraio –
marzo 2015 - CTA (Consulente Tecnico Ambientale) DANIELE GULLÀ:
https://mauriziobaiatadotnet.files.wordpress.com/2015/06/gulla-rilievi-silicio-caso-wolf-1.pdf
Torre Pellice (TO), febbraio
2000:
In occasione del sopralluogo
condotto presso una famiglia della zona collinare torinese, allo scopo di
verificare la realtà di presunti contatti del 4° tipo sostenuti da un
componente del nucleo familiare stesso, ebbi modo di osservare un frammento di
minerale a me sconosciuto. Questo mostrava in apparenza caratteristiche metalliche, ma era
notevolmente più leggero (rispetto alla massa); inoltre la superficie, pur non
essendo perfettamente “piana”, appariva lucida e riflettente (tipo cromatura o
acciaio inossidabile), come quella dell’ematite levigata, ma molto più chiara.
Presentava anche numerosi micro-fori, sparsi qua e là senza un criterio di
disposizione, come i forellini di tarlo nei mobili antichi. Incuriosito dalla
visione di quello strano campione, chiesi al testimone la provenienza di quel
reperto e candidamente mi fu risposto che “gli era stato offerto dagli alieni
come prova concreta dell’avvenuto contatto fra
extraterrestri ed umani”.
Sempre più incuriosito, chiesi
allora il permesso di staccarne un frammento, per poterlo sottoporre ad
opportune indagini (è l’imperativo categorico di ogni uomo di scienza,
indipendentemente dalla giustificazione sulla provenienza del presunto metallo,
tutta da verificare…). Ottenuto un
tranquillo quanto inatteso assenso in merito, mi apprestai a frantumarne un
angolino, ma l’operazione si rivelò subito molto più difficoltosa del
prevedibile. Dopo ripetuti quanto inutili tentativi iniziali con un martello da
geologo, interponendo un panno per non inquinarne la superficie, dovetti
ricorrere ad uno scalpello d’acciaio; ma anche così la punta dell’attrezzo
“scivolava” sulla superficie liscia del campione, come un pneumatico su marmo
bagnato. Finalmente la punta dello scalpello riuscì ad incunearsi in una
nicchia corrispondente ad una linea di frattura e così potei staccarne un
frammento, che all’analisi difrattometrica eseguita presso un laboratorio del
CNR si rivelò SILICIO PURO al 98.36 %, con tracce di Fluorite e Calcite in
ragione dello 0.81 % ciascuna.
Inutile ricordare che in natura non esiste il
Silicio allo stato quasi puro come quello in oggetto: nella crosta terrestre,
infatti, il silicio non si trova mai allo stato elementare, ma sempre combinato
sotto forma di sìlice e di silicati. Quando diciamo “in natura”, comprendiamo
anche le meteoriti, che fanno parte del Sistema Solare come la nostra Terra. Il
silicio, in lega col ferro a formare i siliciuri, è il costituente di
particolari meteoriti, le olosideriti : in una delle più notevoli (del tipo
nelsonite), scoperta nel 1847 a Seeläsgen, venne riscontrata una percentuale di
silicio del 1.16 %. Non entro nel
merito se possa corrispondere a verità o meno quanto riferito dal testimone,
circa la “consegna” del frammento da parte di presunte entità aliene. Come uomo
di scienza, già il dato di fatto che mi si presentava, vale a dire l’estrema
purezza del campione, era più che sufficiente per stimolarmi ad effettuare
ulteriori indagini, ad esempio quelle sulla conducibilità elettrica. Da questa
è emerso, fra l’altro, che applicando in due zone qualsiasi (e sempre
differenti) i puntali d’un tester posizionato sulla scala degli (misura della
resistenza), i valori sul display cambiano continuamente, senza mai assumere il
segno negativo, oscillando fra lo zero e misure notevolmente elevate
(anisotropia). () Questo concorderebbe con le risultanze delle indagini
condotte all’Università di Pisa, secondo le quali il frammento analizzato
dall’Ing.Pederzoli, macroscopicamente simile al nostro, si era rivelato un
cattivo conduttore d’elettricità. Prerogativa, questa, derivata forse dal fatto
che le alte temperature cui era stato sottoposto ne avevano “scompaginato” la
struttura microcristallina, per cui l’impulso elettrico applicato alle
estremità è ancora in grado di fluire, ma con difficoltà, come se procedesse
“disorientato”: un po’ come un “boys-scout” privo di bussola… In casi come
questo, mai è esagerata la prudenza con cui lo scienziato, quello serio, deve muoversi;
e deve possedere anche un’altra laurea, che gli consenta di interpretare, come
sempre, il non facile ruolo dell’avvocato del diavolo.
E se si trattasse di silicio
sintetico, industriale, made in “Silicon Valley”, tanto per intenderci ?
Ipotesi tutt’altro che da
scartare, vista l’estrema velocità con cui la tecnologia dell’elettronica
procede incessantemente; ipotesi già formulata (ed altrettanto velocemente
accantonata) anche dagli analisti toscani. Tuttavia l’arte di “toccare con
mano” va sempre esercitata e così ci siamo procurati alcune lamine di silicio
sintetico, realizzate nei laboratori di ricerca del CNR. Queste, una volta
polverizzate, all’analisi difrattometrica risultano composte da Silicio in
ragione del 40 % e di Fluorite per il 60 %.
Queste percentuali, pur
considerando una tolleranza del 10 %, sono ben lontane dai valori osservati
nei campioni precedenti, ma il dato più importante è nascosto fra le righe,
pardon, fra i raggi X : il silicio di cui sono composte le lamine artificiali,
a differenza di quello presente nei reperti “alieni”, non è orientato, come
specifica la nota tecnica in calce al referto. Ciò significa che il metalloide,
in seguito alle procedure di sintesi, ha perduto la struttura cristallina,
diventando amorfo. Da qui la supposizione (e la conferma) di un’altra
differenza, a carico della conducibilità elettrica: sottoponendo la lamina
sintetica all’esperimento col tester sopra citato, lo strumento non rileva
alcun passaggio di corrente. Era lecito, d’altronde, attendersi che i due tipi
di campione fossero fondamentalmente differenti, in quanto già all’esame
obiettivo la lamina presenta una superficie completamente liscia, ma opaca
(color grigio scuro), che solo alla sezione trasversale lascia intravedere un
riflesso, anche se attenuato, simile a quello del reperto fornito dal presunto
“contattato”.
Ma se una rondine non fa
primavera, può darsi che due facciano il nido ed allora, per onestà
intellettuale e per incrociare i dati, ho chiesto ed ottenuto di far analizzare
il reperto anche da un secondo Laboratorio, specializzato in Metallurgia:
quello dell’Università di Roma “Tor Vergata”, dal quale è pervenuto un referto
praticamente sovrapponibile al precedente.
In aggiunta, sono state scattate
diverse immagini al microscopio elettronico, che rivelano un’insolita ed
enigmatica struttura interna del metalloide: ad alta risoluzione, il blocco di
silicio appare attraversato da più “fasce” parallele (tipo costolature), in cui
sono inserite delle non meglio definibili forme discoidali, disposte “a tazzine
impilate”, sul cui significato ovviamente nessuno osa pronunciarsi.
Come si
vede, dunque, il silicio sembra essere costantemente coinvolto nei casi in cui
presunti oggetti volanti non identificati interagiscono con la superficie
terrestre, lasciando evidenti residui.
Foto dischi impilati
Ma perché tanto interesse per
questo elemento che, a conti fatti, è il più diffuso nella crosta terrestre
dopo l’ossigeno? Tutto dipende dalla somiglianza strutturale fra silicio e
carbonio (entrambi fanno parte dello stesso gruppo, il 4°) e la conseguente
facilità di instaurare legami con gli atomi d’altri elementi. In effetti la
ripetitività del “legame a quattro” che compare nelle strutture viventi sulla
Terra ha fatto ipotizzare agli scienziati, in alternativa alla chimica del
Carbonio su cui si fonda la “nostra” vita, l’impiego del Silicio, l’unico
elemento in grado di supportare, per l’appunto, “legami a quattro” (ovviamente
con tutte le limitazioni che ne deriverebbero, perlomeno sul nostro pianeta…).
Il Silicio tuttavia non ha le grandi possibilità del Carbonio, in quanto non
forma le lunghe catene tipiche della chimica organica: infatti il legame
Silicio–Silicio possiede un’energia troppo bassa, che non permette una grande
stabilità. Per questo motivo gli atomi di Silicio sulla Terra tendono a legarsi
con l’Ossigeno atmosferico, formando catene Si-O-Si-O-…. in cui ogni atomo di
Silicio si lega a 4 atomi di Ossigeno. A conclusione di tutto il discorso, va
citata una curiosità: sul n.° 21 di «Dossier Alieni» del nov./dic.1999, nella
rubrica «Lettere alla Redazione», un lettore (che si firma Iztok Kocjancic)
afferma di «possedere un sasso identico a quello del Dr.Wolf», illustrato su
UFO Network nel numero di luglio/agosto dello stesso anno. L’autore della
corrispondenza aggiunge che lo strano ciottolo era appartenuto in origine al
suo bisnonno, che poi gliel’aveva lasciato “in eredità”. Il bisnonno gli aveva
anche confidato di «averlo ricevuto da un folletto o qualcosa del genere»: e
qui la storia si ripete… Se fosse accertata, a suon d’analisi difrattometriche,
l’identità fra i due reperti, considerando che ai tempi del bisnonno di Iztok
sicuramente la tecnologia “terrestre”
non era in grado di ottenere silicio con un tal grado di purezza (e questo ci
sentiamo di sottoscriverlo), tutta la casistica inerente gli strani incontri
con entità del “piccolo popolo” meriterebbe una rilettura, nell’ottica
opportunamente adeguata all’attuale livello socio-culturale delle masse. In
fondo, presunti alieni e folletti, secondo le testimonianze, hanno una
caratteristica in comune: la bassa statura…
BIBLIOGRAFIA
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– Bocca, Torino / 1906
A.Ferrari - CHIMICA GENERALE E
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Mario Nardelli - INTRODUZIONE
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G.Russo – CHIMICA ORGANICA –
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Moruzzi / Rossi / Rabbi – PRINCIPI
di CHIMICA BIOLOGICA – Università di Bologna, 1983
GALILEO – ENCICLOPEDIA delle
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Vallardi, Milano / 1995
GRANDE ENCICLOPEDIA della SCIENZA
e della TECNOLOGIA – De Agostini, Novara / 1997
ENCICLOPEDIA della CHIMICA –
Garzanti, Milano / 1998
P.Bianucci – LE METEORITI – De
Agostini, Novara / 1999
J.Vallée – CRONIQUES DES APPARITIONS EXTRA
-TERRESTRES – Denoël, 1972
AA.VV. – UFO DOSSIER X – Fabbri
Editori, Milano
C.U.N. - Dossier Alieni
C.U.N. - UFO Network
rif. per caso Wolf:
https://mauriziobaiatadotnet.files.wordpress.com/2015/06/gulla-rilievi-silicio-caso-wolf-1.pdf
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