SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE
COTELLESSA (ENEA)
D-Wave, il computer quantistico
di Google
SI CHIAMA D-Wave, appartiene a
Google ed è ospitato allo Ames Research Center, di proprietà della Nasa. È uno
degli oggetti più esclusivi, misteriosi e controversi al mondo. Si tratta -
almeno a quanto sostiene l'omonima azienda che lo produce - di un computer
quantistico, ovvero un dispositivo informatico che sfrutta i principi e le
proprietà della meccanica quantistica, la branca della fisica moderna che
descrive il comportamento di particelle microscopiche come fotoni, elettroni e
quark. Dopo due anni di ricerca - Big G ha acquistato D-Wave nel 2013 e la sua
versione aggiornata, D-Wave 2X, qualche mese fa - il colosso di Mountain View
ha appena annunciato, in due articoli pubblicati sul Google Research Blog e su
ArXiv (l'archivio online per bozze definitive, "pre-prints", di
articoli scientifici in fisica, matematica, informatica, finanza quantitativa e
biologia), che il proprio computer quantistico avrebbe risolto un problema
matematico "100 milioni di volte più velocemente rispetto a quanto farebbe
un computer 'tradizionale'". Un risultato niente male.
Dall'abaco al qubit: la storia
dell'informatica per immagini
Il condizionale, in realtà, è
d'obbligo. Anzitutto, perché i lavori pubblicati su ArXiv non sono sottoposti
al processo di peer review, cioè di analisi e revisione da parte di esperti
indipendenti, e dunque, in attesa di ulteriori valutazioni, vanno presi con le
pinze. Ma anche, e soprattutto, perché la natura e le prestazioni di D-Wave
sono da lungo tempo oggetto di dibattito all'interno della comunità
scientifica. Per comprendere la natura della controversia, è bene fare un passo
indietro. I processori tradizionali, basati sull'elettronica e sui
semiconduttori (quelli presenti nei nostri laptop, smartphone e tablet, per
intenderci), memorizzano ed elaborano i dati sotto forma di bit, unità minime
di informazione che possono assumere i valori 0 e 1 e che codificano,
rispettivamente, il passaggio o l'interruzione di corrente elettrica. I
computer quantistici, invece, fanno uso dei cosiddetti "qubit"
(ovvero bit quantistici, per l'appunto), che codificano lo stato quantistico di
una particella e permettono di memorizzare molte più informazioni rispetto alle
uniche due possibilità dei bit tradizionali. È per questo motivo che, almeno in
linea di principio, i computer quantistici hanno profondità e velocità di
calcolo molto maggiori rispetto a quelli basati sull'elettronica.
Computer quantistico di Google Vs
computer tradizionale: il confronto
Per misurare le prestazioni di un
processore, gli informatici lo mettono alla prova con un problema numerico la
cui soluzione richiede, tipicamente, un gran numero di calcoli. In particolare,
il supercomputer di Google si è misurato con il cosiddetto simulated annealing,
un problema di ottimizzazione in cui il processore deve esaminare una sorta di
"paesaggio numerico" complesso, fatto di montagne, colline, vallate e
depressioni, e ricercarne il punto più basso. Mentre un dispositivo
tradizionale viaggia "a caso" nel paesaggio, scalando e discendendo
le colline fino alla scoperta della valle più profonda, un computer quantistico
sfrutta il cosiddetto effetto tunnel, un principio che permette di
"passare attraverso le colline anziché scalarle, un processo detto quantum
annealing", come ha spiegato nel 2013 David Lidar, della University of
Southern California, autore di una ricerca per scoprire, per l'appunto, se
D-Wave fosse un "vero" computer quantistico. Arriviamo così
finalmente al presente: Google ha dichiarato che il suo gioiellino è riuscito a
eseguire calcoli secondo la tecnica del quantum annealing fino a 100 milioni di
volte più veloce rispetto a un computer tradizionale.
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