Una neuroprotesi impiantabile a
lungo termine
Morbido, flessibile e dotato di
proprietà meccaniche quasi identiche a quelle della dura madre che circonda
cervello e midollo spinale, il nuovo dispositivo si può integrare perfettamente
con il sistema nervoso centrale senza produrre lesioni o fenomeni di rigetto.
In un test su ratti paralizzati ha consentito di ripristinare le capacità
motorie con effetti collaterali molto minori rispetto ai trattamenti
tradizionali.
Verso l'integrazione totale delle
neuroprotesi
Un nuovo impianto neurale
morbido, studiato per rimanere in sede a lungo termine, è stato messo a punto
da ricercatori dell'Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna (EPFL) e della
Scuola Superiore Sant’Anna a Pisa. Progettato specificamente per l'impianto sulla
superficie del cervello o del midollo spinale, il dispositivo ha le stesse
proprietà meccaniche e della stessa flessibilità della dura madre (la membrana
protettiva che circonda cervello e midollo spinale) e per questo è stato
chiamato e-Dura (“dura madre elettronica).
Uno problemi dei più complessi
dei cosiddetti "impianti di superficie", posti a diretto contatto con
il cervello o con il midollo spinale è che quando questi ultimi si spostano
anche di poco, sfregano contro la struttura rigida degli impianti provocando
prima o poi un'infiammazione, la formazione di un tessuto cicatriziale e il
rigetto. L'elasticità e il potenziale di deformazione del nuovo dispositivo
sono invece quasi identici a quelli del tessuto vivente, riducendo quindi al
minimo l'attrito e l'infiammazione.
Una neuroprotesi impiantabile a
lungo termine L'impianto è stato testato su ratti paralizzati, che grazie a
esso hanno riacquistato la capacità di camminare e senza che, a due mesi di
distanza dall'operazione, si manifestasse alcun segno di danno al tessuto
nevoso. "Il nostro impianto e-Dura apre nuove possibilità terapeutiche per
i pazienti con traumi o disturbi neurologici, in particolare coloro che sono
rimasti paralizzati dopo un trauma del midollo spinale ", spiega Stéphanie
P. Lacour, che ha coordinato la ricerca insieme a Grégoire Courtine.
L'impianto può anche essere
utilizzato per monitorare in tempo reale e con perfetta efficienza la
produzione di impulsi elettrici nel cervello: in una serie di test su ratti i
ricercatori sono stati in grado di registrare con precisione gli impulsi
cerebrali che corrispondevano all'intenzione dell'animale di muoversi, prima
che fosse tradotta in movimento.
La struttura di e-Dura è
particolarmente innovativa dal punto di vista ingegneristico. Il substrato di
silicio, flessibile ed elastico come il tessuto vivente, ingloba elementi
elettronici che stimolano il midollo spinale nel punto della lesione, collegati
fra loro da sottilissima cavi in oro e connessi a elettrodi di contatto fatti di
un innovativo composto di silicio e microsfere di platino. Il tutto può essere
tirato e deformato in qualsiasi direzione senza che sia alterata la sua
conducibilità elettrica.
Due nuove neuroprotesi - una mano e un braccio
artificiali - impiantate per quasi due anni in pazienti amputati hanno
dimostrato di trasmettere un feedback sensoriale così efficiente da permettere
di svolgere tutte le attività quotidiane e addirittura di sentire la protesi
non come uno strumento esterno ma come parte del proprio corpo (red)
Il tocco delicato della mano
bionica
La speranza che braccia e mani
artificiali siano percepite come proprie dai pazienti su cui vengono impiantate
è rafforzata da due studi pubblicati su “Science Translational Medicine” che
presentano i risultati ottenuti su due persone a cui sono stati applicati una
mano e un avambraccio protesici.
Perché una protesi non venga
sentita come qualcosa di estraneo è necessaria una perfetta integrazione
sensoriale-motoria fra la protesi e i muscoli al di sopra del punto di
amputazione, in modo che l'arto robotico riesca a decodificare le intenzioni
motorie dei muscoli, e i nervi del moncone siano in grado di ricevere un
feedback dall'arto artificiale. Il feedback sensoriale durante il movimento è
infatti essenziale perché è naturalmente integrato in ogni attività e la sua
assenza rende difficile svolgere non solo i compiti motori di precisione, ma
anche i più semplici.
I fili e gli elettrodi impiantati
sotto pelle per far azionare una mano neuroprotesica hanno consentito di
svolgere le normali attività quotidiane, comprese faticose attività all'aria
aperta. Inoltre, i ricercatori hanno sviluppato un metodo per migliorare la
percezione sensoriale nelle protesi, miglioramento che è apparso fondamentale
perché i pazienti percepissero la mano protesica come una naturale estensione
del corpo.
Dopo l'impianto, Tyler e colleghi
hanno collegato i soggetti a una macchina che inviava gli impulsi elettrici
attraverso la mano protesica, variandone l'intensità per eccitare neuroni
diversi che rispondono a schemi di stimolazione differenti. Dopo la
stimolazione, i pazienti riferivano la sensazione di afferrare gli oggetti con
la propria mano, e non di avere l'impressione di usare uno strumento esterno,
un passo avanti decisivo rispetto a quanto avviene con le protesi tradizionali.
Un paziente amputato al di sopra
del gomito ha riacquistato una libertà di movimento della protesi paragonabile
a quella dell'arto naturale grazie all'ancoraggio della protesi all'osso del
moncone invece che con i classici bracciali. Il paziente ha usato senza
problemi il braccio osteointegrato per le attività quotidiane, senza la
necessità di rimuovere la protesi neppure per dormire. Le protesi di tipo
classico, infatti, vengono solitamente rimosse quando la loro presenza può
rappresentare un problema, per esempio durante il sonno.
La protesi osteoimpiantata non
risente delle possibili interferenze elettromagnetiche dovute all'uso di
apparecchiature elettriche. (Cortesia Ortiz Catalan et al./Science
Translational Medicine, 2014)Inoltre, mentre nelle protesi tradizionali gli
elettrodi sul moncone si interfacciano solo con la muscolatura appena sotto
pelle e possono essere disturbati da condizioni ambientali sfavorevoli (come un
caldo o un freddo intenso), gli elettrodi del nuovo impianto si interfacciano
con il tessuto connettivo che circonda i muscoli, permettendo un feedback
sensoriale costante che aiuta a stimolare i nervi e a controllare meglio la
protesi.
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9 commenti:
DA DR. COTELLESSA
Dopo “Six Million Dollar Man” e “The Bionic Woman” e dopo l’intramontabileFrankenstein di Mary Shelley, in cui lo strampalato scienziato pazzo Victor Frankenstein è ossessionato dall’idea di assemblare un essere vivente da parti di cadaveri riesumati, è la volta del primo Uomo Bionico. Rex, è questo il suo nome, è costato complessivamente un milione di dollari, è alto due metri, composto da organi artificiali e arti prostetici, ha un sistema cardio-respiratorio costituito da cuore e polmoni funzionanti, del sangue sintetico pompato in circolo da una rete di arterie in polimero, una milza bionica per filtrare il sangue. Ha un pancreas bionico, inventato dalla professoressa Joan Taylor della De Montfort University, in involucro di gel solido che conserva una scorta di insulina da rilasciare e trattenere con un processo autoregolante, senza interventi volontari.
Il gel si scioglie se il livello di glucosio supera un certo livello e l’insulina viene rilasciata nel circolo sanguigno. Viceversa, se il livello di glucosio diminuisce, il gel si risolidifica. L’Uomo Bionico ha un rene bionico, creato da un gruppo di scienziati diretto dal professor Shuvo Roy’s dell’Università di San Francisco, in California, dotato di un sistema di filtraggio su monoscala, che funziona con la sola pressione sanguigna corporea e una cartuccia, che ospita le cellule tubulari renali viventi fornite da un donatore sano, attraverso le quali passa la sostanza filtrata da trasformare in urina. Rex ha un sistema di visione artificiale, mascherato dietro impavidi occhi castani, che gli consentono di scrutare il mondo, riconoscere oggetti ed evitare ostacoli.
Ciò è possibile anche grazie al suo cervello digitale, che anima l’intelligenza artificiale che gli consente di comprendere quanto riferito da eventuali interlocutori e rispondere nella maniera più appropriata. Questo spettacolare cyborg è stato creato dalla DSP (Darlow Smithson Productions), con la collaborazione degli esperti di robotica della Shadow Robot Company. La DSP ha contattato il dr Bertold Meyer, un ricercatore dell’Università di Zurigo, invitandolo a ricostruirsi in forma bionica. Ma perchè proprio lui? Meyer è nato con la parte inferiore del braccio sinistro congenitamente mancante e ha portato la sua prima protesi a 3 anni. Tra i 14 e i 19 anni, ha indossato uncorpo alimentato da una serie di cavi collegati alla parte restante del suo braccio. Nel 99′ ha sperimentato il primo dispositivo protesico miolettrico, dal funzionamento molto semplice, anche se esso presentava degli inconvenienti, e non di poco conto! Avendo un solo tipo di presa a disposizione e non essendo dotato di un palmo, rendeva difficile afferrare oggetti come un cellulare.
SEGUE SECONDA PARTE
DA DR. COTELLESSA
SECONDA PARTE
Lo scienziato non riusciva a prendere un foglio di carta senza stropicciarlo, o a scrivere al pc. I dispositivi erano ingombranti, di scarsa qualità, si macchiavano facilmente in modo irreversibile. Alla fine del 2007, mentre navigava su Internet, rimase colpito dal Touch Bionics e il suo dispositivo protesico, lanciato di recente, lamano i-Limb, di cui è stato dotato nel 2009 e finalmente aveva un palmo per battere le mani. Nel 2010 Meyer è stato uno dei primi uomini al mondo a sperimentare la nuova versione della i-Limb, la i-Limb Pulse Touch Bionics, dotata di un telaio in alluminio per una maggiore durata, una maggiore forza di presa, un migliore design anatomico e un software Bluetooth per attivare una serie di gesti e caratteristiche automatizzate di aderenza.
Meyer ha dichiarato al Guardian che il suo obiettivo è dimostrare che le protesi possono trasmettere sensazioni positive e di stupore e non un senso di perdita e pietà. L’Uomo Bionico ha 200 processori, un milione di sensori e potrà presto, forse, passeggiare per le strade di Washington, al di fuori del National Air Space Museum, è controllato da computer e ha un collegamento Bluetooth per azionare gli arti. E’ dotato di mani bioniche, ideate dall’ingegnere David Gow. Le protesi si chiamano i-Limb e per renderle adattabili ai bambini, il motore centrale è stato sostituito da tanti piccoli motori integrati nei pollici delle mani, che si bloccano automaticamente quando i sensori indicano che è applicata una pressione sufficiente all’oggetto afferrato, proprio per non distruggerlo.
DA DR. COTELLESSA
L’UOMO BIONICO – DIVENTATO REALTA’ CAMMINA E RESPIRA CON ORGANI UMANI
L’UOMO BIONICO NON E’ PIU’ UN SOGNO ADESSO HA UN CUORE E IL 60% DELLE FUNZIONI UMANE.
Attualmente un team di ingegneri ha messo a punto un robot utilizzando organi artificiali, membra e altre parti del corpo che si sono avvicinati in maniera sorprendente al vero “uomo bionico”. E questa volta per davvero. L’uomo artificiale è il soggetto di un documentario del Smithsonian Channel. Il titolo della serie, “L’incredibile Uomo Bionico”, racconterà in maniera cronachistica il lavoro degli ingegneri per assemblare un corpo funzionante utilizzando parti artificiali che spaziando da reni funzionante e un sistema circolatorio, arrivando al sistema cocleare e gli impianti retinici. Le parti provengono da 17 industrie sparse per il mondo. Questa è la prima volta in cui vengono assemblate insieme, afferma Richard Walker, direttore management della Shadow Robot Co. E capo della robotica all’interno del progetto. “SI tratta di un tentativo per rendere chiaro semplicemente quando la scienza medica si sia evoluta nel corso degli anni”, ha spiegato. Il robot in questione farà la sua comparsa negli Stati Uniti per la prima volta questa settimana. Dopo aver attraversato l’Atlantico all’interno di due contenitori di metalli, e dopo essere stato ricomposto, l’uomo bionico verrà esibito al New York Comic Con festival.
WALKER HA DETTO CHE IL ROBOT POSSIEDE CIRCA IL 60/70% DELLE FUNZIONI DI UN ESSERE UMANO può camminare, sedersi e stare in piedi con l’aiuto di una macchina Rex che normalmente viene utilizzata per le persone che hanno perso la capacità di camminare in seguito a danni riportati a livello spinale. E’ anche in possesso di un cuore funzionante che, servendosi di una pompa elettronica, batte e fa circolare sangue artificiale, il che trasporta ossigeno come per il sangue umano. Un rene artificiale e impiantabile invece, si occuperà di rimpiazzare la funzione attualmente svolta dall’unità di dialisi. Anche se le parti sono state utilizzate per il progetto del robot, molte di quelle sono ben lontane dal poter essere utilizzate per gli umani. Il rene, ad esempio, è solamente un prototipo. E ci sono ancora alcune parti chiave mancanti: non c’è alcun sistema digestivo, nessun fegato, o pelle. E, ovviamente, nessun cervello. L’uomo bionico è stato realizzato ispirandosi a Bertolt Meyer, uno psicologo sociale di 36 anni dell’Università di Zurigo che è nato senza la parte inferiore del braccio sinistro e indossa una prostata bionica. Il volto dell’uomo è stato creato basandosi sulla scansione in 3D del volto di Meyer.“Volevamo mostrare che la tecnologia può provvedere con protesi estetiche, pensate per le persone che hanno perso parti dei loro volti, ad esempio i loro nasi, a causa di un incidente, o ancora a causa di un cancro” ha rivelato Meyer. Lo stesso Meyer inizialmente ha confessato di aver provato un senso di inadeguatezza quando ha visto il robot per la prima volta. “Pensavo che fosse piuttosto rivoltante”, ha ammesso. “ Era piuttosto scioccante vedere su questa macchina una faccia che assomiglia da vicino alla stessa che vedo allo specchio ogni mattina ”. Da allora si è abituato a questa idea, specialmente dopo che il robot è stato dotato di alcuni vestiti da parte del noto magazzino inglese Harrods. Il costo? Per come stanno le cose, questo uomo bionico verrebbe a costare meno del suo parente da 6 milioni di dollari. Anche se le componenti utilizzate nell’esperimento sono state donate, il loro valore complessivo si stabilizza su 1 milione circa.
DA DR. COTELLESSA
I muscoli per creare l'uomo bionico
Ricordate l'«Uomo da sei milioni di dollari» e l’analoga femminile, la Donna bionica? Presto queste due serie tv Anni 80, i cui protagonisti erano dotati di arti robotici e capacità fuori dal comune, potrebbero rivelarsi di estrema attualità. Sta, infatti, per aprirsi una nuova era - in cui fiction e realtà sono destinate a confondersi - e tutto grazie alle possibilità delle tecnologie bio-ispirate, basate sui «materiali intelligenti».
Si tratta di polimeri elettroattivi, costituiti da gomma isolante (silicone, acrilico o poliuretano), a cui sono applicati due elettrodi deformabili. Cosa fanno? Una volta che gli elettrodi sono «accesi», il materiale, di per sé passivo, viene schiacciato e quindi si deforma e si contrae in maniera del tutto simile al muscolo umano. Rispetto al quale, però, i nuovi ritrovati offrono performances superiori in termini di resistenza, forza ed elasticità. Inoltre, i muscoli artificiali mostrano un'elevata velocità di reazione, sono leggeri, poco ingombranti e resistenti agli shock.
«Per queste loro caratteristiche - spiegano il dottor Federico Carpi e il professor Danilo De Rossi, del Centro di Ricerca “Enrico Piaggio” dell'Università di Pisa - i polimeri elettroattivi sono destinati ad aprire la strada a nuove generazioni di dispositivi: protesi e ortesi per sostituire o riabilitare muscoli danneggiati, apparecchi per trasformare movimenti in energia elettrica, sistemi ottici per fotocamere che funzionano come l'occhio umano e molto altro ancora». Dell'argomento - oggetto di un recente articolo dei due studiosi pubblicato su «Science» - si è parlato a Pisa, durante «EuroEAP 2011», il primo convegno internazionale interamente dedicato a questi materiali e alle loro applicazioni. All'evento hanno partecipato i maggiori esperti mondiali del settore, che hanno esplorato le magnifiche sorti e progressive della nuova tecnologia.
SEGUE SECONDA PARTE
DA DR. COTELLESSA
SECONDA PARTE
Le possibilità di impiego dei polimeri elettroattivi, infatti, sono ampie e, se la creazione di muscoli artificiali e dell'uomo bionico rappresenta un obiettivo di medio-lungo termine, più immediati sono altri tipi di applicazioni, che toccano il campo biomedico e l'elettronica di consumo. I ricercatori dell'Università di Pisa sono pionieri di questi studi: «Dagli Anni 80 l'équipe del professor De Rossi lavora su tali materiali - spiega Carpi, organizzatore del convegno insieme con il collega -. Oggi siamo a capo di un consorzio che riunisce 50 organizzazioni europee, tra istituti di ricerca e aziende. A Pisa, ad esempio, stiamo sviluppando una lente ottica deformabile che, nell'architettura e nel funzionamento, emula il cristallino dell'occhio umano». Insieme con la cornea, questa membrana mette a fuoco i raggi luminosi sulla retina e in più cambia la propria forma per adattarla alla distanza dell'oggetto da mettere a fuoco. «Il prototipo messo a punto nei nostri laboratori sfrutta le capacità deformanti dei polimeri - spiega Carpi -. Potrà essere usato per aiutare persone che hanno problemi alla vista oppure in sistemi di messa a fuoco adattiva per elettronica di consumo, ad esempio cellulari, fotocamere e via dicendo».
Il fatto che sia poco ingombrante e soprattutto poco costosa (i materiali utilizzati sono «poveri») rende questa tecnologia appetibile per le industrie dell'elettronica. Al convegno pisano, infatti, erano presenti aziende del calibro di Philips, Festo, Danfoss e Bayer, con quest'ultima che per l'occasione ha presentato un dispositivo vibro-tattile per iPod-touch di Apple. «Si tratta del primo prodotto commerciale basato su polimeri elettroattivi - spiega Carpi -. L'apparecchio permette di percepire vibrazioni o click in risposta ai propri comandi impartiti via display». E questo è solo il primo passo verso il miglioramento dei dispositivi touch-screen, che in futuro potrebbero essere utilizzati anche dai non vedenti. «Immaginate di avere un display - spiega Carpi - in cui le informazioni visualizzate sulla pagina che si sta navigando vengano codificate in braille attraverso la formazione dinamica di punti in rilievo sulla superficie del dispositivo. Controllando elettricamente la posizione di queste “bollicine”, sarebbe possibile per i non vedenti “leggere” un testo e, se la risoluzione è elevata, anche un'immagine».
I polimeri elettroattivi consumano poco e possono essere usati per recuperare energia: «Basta sfruttare il principio di funzionamento in modo inverso - conclude Carpi -. Invece di fornire uno stimolo elettrico e avere come risultato una deformazione, partiamo dalla deformazione per ricavarne elettricità».
Ma quale stimolo meccanico si può usare? «Ce ne sono tanti, dal vento al moto ondoso, fino ai nostri stessi movimenti. La natura, infatti, dissipa energia meccanica che potrebbe essere riutilizzata per produrre elettricità da sorgenti rinnovabili. Occorrono dei sistemi per raccoglierla e i polimeri elettroattivi sono una tecnologia promettente».
DA DR. COTELLESSA
Robots in pursuit of power
There’s something slightly terrifying about the phrase “Google’s humanoid robot”. The technology company this week announced that Atlas, the device being used as a testbed in the US government’s robotic search and rescue competition, had been given an upgrade to enable it to work without a power cord.
The new version Atlas, developed by the MIT spinout firm Boston Dynamics that was bought by Google in 2013, has had 75 per cent of its design upgraded so that only the lower legs and feet remain from the previous iteration.
The new improved Atlas
As well as a 3.7-kilowatt-hour lithium-ion battery pack to provide power for an hour of use, the new model features repositioned shoulders, electrically actuated lower arms and greater freedom of movement in the wrists, giving the robot greater strength and dexterity – it can apparently now open a doorknob, so there really will be no stopping it.
Other upgrades include three onboard perception computers for perception and task planning, a new pump to make it much quieter and – thankfully - a wireless emergency stop fumction.
But the idea of a Google-made robot that can move around unimpeded sounds a lot more scary than the actual thing. You’d expect a robot ostensibly designed for search and rescue to seem relatively non-threatening and, for all Atlas’s strength, it looks like a well-placed push from behind would send the machine toppling over.
However, the key upgrade is what really highlights why we’ve no reason to fear a robot takeover just yet. Even if Atlas were to go haywire and begin a violent rampage, within an hour it would have used up its battery power.
We often think about the limits of battery technology being the one of the main constraints on the development of things like smartphones and electric vehicles. But it will also be a vital consideration if we want to imagine a future where mobile robots are commonplace.
Without a step-change improvement in battery energy density, robots would need an alternative internal fuel source, such as a miniature nuclear reactor, or to be able to harvest energy from their surroundings, perhaps with advanced solar panels.
RRRAAAGGGHHH! Just kidding; I’m here to rescue you.
None of these solutions would be easy to achieve or come without serious trade-offs, however. Perhaps a compromise would be to create semi-mobile robots that are charged inductively through special panels or paths in the floor, much like electric vehicles may one day be charged.
In fact, that’s similar to the way the Daleks in Dr Who originally operated, although that probably wouldn’t be the best way to sell the idea to the public.
The upgraded Atlas may be an important step on the route to truly autonomous machines, but it’s also an early one. Until we have much better batteries, those afraid of robotic world domination have little to worry about. Super-intelligent and malevolent AI, however, is another matter.
DA DR. COTELLESSA
Occhiali speciali per non vedenti, entro il 2020 partiranno 30 satelliti
Il sistema operativo satellitare Galileo assolverà anche al compito di dare autonomia a non vedenti ed ipovedenti grazie ad un sistema satellitare collegato ad occhiali speciali.
A guidare non vedenti ed ipovedenti per le nostre città saranno le stelle o, almeno, trenta satelliti che orbiteranno intorno alla Terra entro il 2020. E’ questa la novità del sistema operativo satellitare Galileo che trasmetterà il segnale Gps agli occhiali indossati dagli ipovedenti e dotati di antenna con segnale satellitare. Spiega Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea, che “Grazie al segnale di Galileo si potranno realizzare degli occhiali che ipovedenti e non vedenti potranno utilizzare senza essere accompagnati in giro per la città e senza il bisogno di un sostegno di un’altra persona, di un cane o di un bastone”. Il sistema è stato peraltro già testato a Londra, città che per ampiezza e densità poteva presentare dei problemi. Invece i risultati hanno confermato le attese positive. Ma, ha spiegato ancora Tajani alla presentazione dell’European Space Expo, “anche il test fatto al Fucino ha dimostrato che il segnale è molto più preciso del Gps americano e questo ci incoraggia ad andare avanti, anche come Unione Europea, nella politica spaziale”.
DA DR. COTELLESSA
L'uomo bionico è realtà
Innestato per la prima volta nell'uomo un arto artificiale meccanizzato comandato direttamente dal pensiero
Zac Vawter è un trentunenne americano che ha perso una gamba, dal ginocchio in giù, in un incidente stradale mentre sfrecciava a bordo della sua motocicletta quattro anni fa. Ora può camminare, salire le scale, perfino fare qualche corsetta: grazie alla sua nuova gamba bionica che controlla direttamente e solamente con il pensiero.
È il primo uomo con un arto artificiale meccanizzato e comandato direttamente dal cervello.
La protesi, frutto della collaborazione tra ingegneri, chirurghi, e neuroscienziati, è stata creata ed innestata sul paziente al Rehabilitation Institute of Chicago . Gli scienziati hanno usato una tecnica innovativa che consente di muovere l’arto grazie a sensori posti sugli stessi nervi rimasti dopo l’amputazione e che sono stati rinvigoriti e “ricablati” chirurgicamente, come spiegato sull’ultimo numero del New England Journal of Medicine.
Così a Zac basta pensare di compiere un movimento per riprodurlo sulla protesi, proprio come se avesse ancora la gamba: la protesi bionica “legge” le contrazioni muscolari inviate alle terminazioni nervose, trasformandole in impulsi elettrici per i due motori che azionano l’arto artificiale, uno sulla caviglia e l’altro nel ginocchio.
La protesi, che pesa solo cinque chili, contiene anche accelerometri e giroscopi, in grado di rilevare automaticamente il movimento in tre dimensioni. Prima dell’impianto il paziente ha dovuto però passare ore ed ore con sensori collegati alla coscia, per “insegnare” all’arto robotico come interpretare gli impulsi neurali pensati nel suo cervello e convertirli in corrette stimolazioni motorie. Adesso Zac è finalmente in grado di muoversi con pochissimo margine di errore, grazie alla sua cyber-gamba, che gli consente anche di compiere azioni, come appunto salire le scale, impossibili per altre persone con protesi normali.
Se nella serie Tv “l’uomo da sei milioni di dollari” (la cui trama ricorda le vicende di Zac) l’esercito americano sborsava tale somma per sostituire con protesi bioniche all’avanguardia gli arti persi durante una missione al colonnello Steve Austin, nel caso di Zac Vawter, il costo dell’intero progetto è stato invece due milioni di dollari più caro. Anche in questo caso i fondi sono stati stanziati dall’esercito, per cercare di dare una speranza agli oltre milleduecento mutilati reduci dall’Irak e Afghanistan.
DA DR. COTELLESSA
L'uomo bionico... dimezzato
L'uomo bionico esiste e si sta preparando alla sua prima passeggiata all'aperto: realizzato da un team di ricercatori dell'Università di Zurigo con la collaborazione dei colleghi di altri atenei, ricostruisce più del 50% di un corpo umano impiegando protesi e organi artificiali tra i più avanzati costruiti nel mondo. Il tutto è stato poi assemblato in modo da poter funzionare senza il contributo di un vero corpo umano. Il robot non dispone però di un sistema nervoso, quindi tutti gli impulsi necessari al suo funzionamento sono gestiti da un computer.
Tra le protesi più evolute montate su Bionic Man ci sono le mani e le dita: ogni dito è mosso da un micromotore da 4 mm che si arresta quando la pressione esercitata è sufficiente per sostenere l'oggetto afferrato. In questo modo Bionic Man può manipolare anche cose delicate senza romperle.
Obiettivo di questo progetto è quello di dimostrare che in un futuro molto prossimo diverse parti del nostro corpo potranno essere sostituite da "pezzi di ricambio" meccanici o elettronici.
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