L'acceleratore del Fermilab
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L'anomalia del muone: l'esperimento che suggerisce
l'esistenza di nuove forze della natura
L'acceleratore di particelle del Fermilab, a Chicago, ha misurato un'anomalia nel valore del momento magnetico del muone. Sembrerebbe un dettaglio riservato agli appassionati di fisica. Invece è una notizia che apre la porta alla presenza di nuove particelle. Perfino di un secondo bosone di Higgs
Procede a piccoli passi la
conoscenza di come funziona la materia e gli ultimi risultati, comunicati dal
Fermilab, il principale laboratorio statunitense che interroga le particelle
elementari, sembrano indicare solo una direzione: quella di una nuova fisica.
Necessaria a interpretare le evidenze ottenute dall'esperimento Muon g-2, i cui
risultati non sono previsti dal Modello Standard, finora la teoria fisica considerata
la migliore spiegazione di ciò che avviene nell'infinitamente piccolo. Perciò
era tantissima la fibrillazione della comunità scientifica per la divulgazione
dei calcoli avvenuta al Fermi national accelerator laboratory (FermiLab) di
Batavia, vicino a Chicago. Dietro a questa rivelazione potrebbero nascondersi
nuove particelle o nuove forze, in grado di cambiare o completare la
comprensione della natura. Tra questi, anche un secondo "Bosone di
Higgs" che tolga il velo sulla materia oscura.
L'anomalia del muone
Piccoli passi, si diceva, perché
questo è un grosso punto interrogativo appeso sulla testa degli scienziati da
almeno 20 anni. Era il 2001, infatti, quando al Brookhaven National Laboratory,
vicino a New York, si concluse il primo esperimento studiato per calcolare il
cosiddetto "momento magnetico anomalo del muone", condotto a partire
dagli anni '90. Da quello si rilevarono le prime discrepanze, che però
attendevano nuove e più precise misurazioni. Si arriva così al FermiLab di
Chicago, oggi. Il magnete usato per l'esperimento Muon g-2 (15 metri di
diametro) è stato trasportato fino in Illinois per sfruttare la potenza
dell'acceleratore di particelle del FermiLab. A quanto pare i risultati,
pubblicati in quattro articoli sulla rivista Physical Review Letters non hanno
deluso le aspettative.
Come funziona il Muon g-2
Semplificando succede questo:
l'acceleratore di particelle del FermiLab produce un fascio di protoni che
viene diretto verso un bersaglio. Le collisioni (parliamo di migliaia di
miliardi di particelle prodotte ogni secondo) creano dai protoni altre
particelle: neutrini (che non interagiscono quasi per nulla con la materia) e
pioni. Questi ultimi decadono molto velocemente in muoni. Il fascio di muoni
viene quindi diretto verso il magnete dell'esperimento Muon g-2. Al suo interno,
trovano un campo magnetico ben definito e, in base a come si comportano, gli
scienziati inferiscono il loro momento magnetico.
Vent'anni fa, le prime sorprese.
I muoni (particelle con una massa pari a 200 volte quella di un elettrone)
hanno all'interno quello che possiamo immaginare come un piccolo magnete, in
virtù di questo, possiedono un campo magnetico simile a quello dell'ago di una
bussola, e un "momento magnetico" per via della loro rotazione.
Immersi un altro campo magnetico (quello dell'esperimento), la loro rotazione
genera una "precessione", che è un movimento simile a quello che
osserviamo nel "polo nord e polo sud" di una trottola (oppure della
Terra, il che dà origine, appunto, alla precessione degli equinozi).
L'esperimento, spiegano dall'Infn in una nota, misura con altissima precisione
la frequenza di questo moto di precessione dei muoni. È qui che arriva il
contributo italiano.
Si tratta di misure molto
sofisticate perché l'eroe di questa storia, il muone, muore prestissimo: un
paio di milionesimi di secondo dopo essersi formato. Ma lascia dopo di sé
qualcos'altro: neutrini (e abbiamo visto che sono poco utili) ed elettroni. Ad
attenderli ci sono dei calorimetri che calcolano energia e tempo di arrivo
degli elettroni di decadimento e da questi dati si estrae la frequenza di
precessione grazie a una tecnologia realizzata in Italia: un sistema di
calibrazione laser, in collaborazione con l'Istituto Nazionale di Ottica del
Cnr, e finanziato dall'Infn. "La misura di precisione richiede una
sofisticata, continua calibrazione dei calorimetri, ovvero l'iniezione di brevi
impulsi laser che ne garantiscano la stabilità della risposta, fino a 1 parte
su 10.000", spiega Michele Iacovacci, ricercatore della collaborazione
Muon g-2 e della sezione Infn di Napoli.
Una grande (quasi) scoperta
I nuovi calcoli mostrano un
effettiva discrepanza tra i valori attesi (quelli predetti dal Modello
Standard) e quelli effettivamente misurati. E confermano i risultati
dell'esperimento condotto a New York, 20 anni fa, con precisione maggiore. La
prima domanda da porsi è: possiamo parlare di nuova scoperta? Gli scienziati
hanno un numero anche per questo: σ (sigma). Un valore di 5σ è indice di
sicurezza che c'è qualcosa di nuovo. Combinando i risultati dei due
esperimenti, si arriva a 4.2.
Siamo quasi alla frontiera:
"Quello che stiamo osservando indica qualcosa di non compreso, nuove forze
e nuove particelle che non conosciamo e cominciamo a scoprire ora - spiega
Alberto Lusiani, fisico sperimentale della Scuola normale superiore e dell'Infn
di Pisa, che partecipa alla collaborazione Muon g-2 - 4.2σ è una deviazione
molto grande, è difficile che si tratti di un errore".
L'esperimento era così delicato
che i risultati sono stati criptati anche agli stessi ricercatori, un processo
simile alla sperimentazione "doppio cieco" sui vaccini, per evitare
qualsiasi condizionamento, anche involontario. E svelati a tutto il team (200
fisici in tutto il mondo, con il contributo principale da Usa, Italia e Regno Unito)
in un meeting online. La decrittazione è avvenuta proprio sul pc di Lusiani,
che ha condiviso lo schermo con tutti gli altri.
E ora che succede? Bisognerà
ripetere gli esperimenti fino a che non si arriverà a 5σ. E cominciare a
pensare a nuove spiegazioni. Le ipotesi che si affacciano sono quelle che
prevedono particelle o forme di energia sconosciute. La cosa entusiasmante, per
i fisici, è che nessuna di queste è prevista dal Modello Standard. Parliamo di
una nuova fisica, e chissà che non sia quella che, un giorno, potrà dare corpo
al sacro graal, la Teoria del tutto:
"Ci sono sostanzialmente due
possibilità - riprende Lusiani - quella di particelle molto massive, che l'Lhc
del Cern non ha ancora scoperto perché hanno massa oltre i limiti di energia
delle collisioni prodotte, oppure hanno effetti molto piccoli e quindi sfuggiti
finora ad ogni investigazione. Oppure una particella con massa piccola e che,
come i neutrini, interagisce poco con la materia e potrebbe anche essere la
particella della materia oscura: per esempio il dark photon, il fotone oscuro,
che però è stato cercato in altri esperimenti e non se ne è trovata traccia.
L'ipotesi che esista un secondo bosone di Higgs è anche una possibilità. Si
cercano continuamente ulteriori bosoni di Higgs, che in alcuni modelli
potrebbero anche spiegare la materia oscura. È una possibilità alla pari con
diverse altre".
Gli esperimenti, intanto, vanno
avanti: "Il progetto di ricerca è finanziato in misura tale da migliorare
la misura fino ad osservare una deviazione di 7 − 8σ, nel caso siano in azione
veramente nuove particelle o forze non previste dal Modello Standard - continua
il fisico - abbiamo già raccolto dati pari a circa 3 volte quelli finora
analizzati, e in tempi dell'ordine di un anno e mezzo possiamo completare una
seconda misura 2 volte più precisa di quella annunciata ora".
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