IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

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Con questo libro Marco La Rosa ha vinto il
PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO
ALTIPIANI DI ARCINAZZO 2014
* MISTERI DELLA STORIA *

con il patrocinio di: • Associazione socio-culturale ITALIA MIA di Roma, • Regione Lazio, • Provincia di Roma, • Comune di Arcinazzo Romano, e in collaborazione con • Associazione Promedia • PerlawebTV, e con la partnership dei siti internet • www.luoghimisteriosi.it • www.ilpuntosulmistero.it

LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

giovedì 29 gennaio 2015

UOMINI E DINOSAURI : I FOSSILI DELLA DISCORDIA



Secondo la paleontologia ufficiale, i dinosauri si sono estinti 65 milioni di anni fa. Eppure, nel 2012 è stato recuperato il corno di un triceratopo, la cui datazione al radiocarbonio ha restituito un risultato di 33.500 anni, mettendo in crisi la cronologia ampiamente condivisa dagli scienziati. Una clamorosa svista o i libri di paleontologia sono da riscrivere?

uomini-e-dinosauri:


 Il corno di un triceratopo scoperto a Dawson County, Montana, nel 2012, sta mettendo in crisi l’opinione corrente secondo la quale i dinosauri si sono estinti circa 65 milioni di anni fa. La datazione al radiocarbonio del reperto, infatti, ha restituito un’età di 33.500 anni fa, il che significherebbe che uomini e dinosauri hanno camminato insieme sul nostro pianeta. Il reperto è conservato presso il Glendive Dinosaur and Fossil Museum, il quale ha richiesto la datazione di un frammento del corno alla Center for Applied Isotope Studies dell’Università della Georgia. Il campione è stato suddiviso in due parti, che sono state sottoposte a due tecniche di datazione differenti, così da valutare la coerenza dei risultati.



 I campioni hanno restituito rispettivamente una datazione di 33.570 (± 120) anni e di 41.010 (± 220 anni),  quindi abbastanza coerenti tra loro ma tali da far saltare i paleontologi sulla sedia. Il triceratopo (nome che significa “faccia con tre corna),  è un dinosauro erbivoro che secondo le conoscenze attuali è vissuto verso la fine del Maastrichtiano (tardo Cretaceo), circa 68 milioni di anni fa, in quello che è oggi il Nord America, estinguendosi circa 66 milioni di anni fa. Dunque, come ci è arrivato un triceratopo nel periodo in cui l’uomo moderno cominciava a muovere i primi passi? In realtà, secondo gli scienziati del Paleochronology Group, un gruppo di geologi, paleontologi, chimici e ingegneri che indaga su quelle che vengono definite “anomalie della scienza”, la datazione del triceratopo non sorprende affatto, ma conferma quello che si sospetta da tempo, e cioè che i dinosauri non si sono affatto estinti milioni e milioni di anni fa, ma ci sono prove sostanziali che essi sono vissuti fino a circa 23 mila anni fa! Su quale fondamento è possibile affermare una cosa del genere? Fino a poco tempo fa, la tecnica del carbonio-14 non si riteneva necessaria per datare le ossa di dinosauro, dato che il test è affidabile solo fino a 55 mila anni indietro nel tempo. Poichè i fossili di dinosauro vengono spesso trovati negli strati del terreno che corrispondono a milioni di anni fa, a cosa serve datarli? Gli scienziati infatti stabiliscono l’età di un fossile di dinosauro sulla base della misurazione radiometrica dei sedimenti vulcanici depositati sotto e sopra il reperto, un metodo che secondo il Paleochronology Group presenta “seri problemi e richiede la formulazione di troppe ipotesi”. «È diventato chiaro anni fa che i paleontologi non solo trascuravano di datare le ossa di dinosauro con il C-14, ma addirittura si rifiutavano», ha spiegato Hugh Miller, capo del Paleochronology Group. «Normalmente, un buon scienziato sarebbe curioso di confrontare i metodi di datazione». Secondo quanto dice Miller, i risultati della datazione del triceratopo non sono unici: numerosi test eseguiti su altre ossa di dinosauro hanno restituito  risultati che risalgono a migliaia di anni fa, piuttosto che a milioni di anni fa.


 Il fatto che i dinosauri possano essere più giovani di quanto si pensi è un’idea che numerosi ricercatori indipendenti sostengono da tempo, ritenendo che un tempo i grossi rettili e gli uomini abbiano camminato insieme sul nostro pianeta. Esistono, infatti, numerose opere d’arte antiche e manufatti che sembrano rappresentare proprio i dinosauri, realizzati migliaia di anni prima che la scienza scoprisse il primo fossile e ricostruisse il loro aspetto.


 Tra gli esempi più noti ci sono le controverse pietre di Ica, una collezione di pietre di andesite recanti una serie di incisioni superficiali, fra cui rappresentazioni di dinosauri e tecnologia avanzata. Sono state scoperte in una grotta vicino alla città di Ica, in Perù, e rese note dal medico peruviano Javier Cabrera Darquea. Meno controverso l’emblematico esempio offerto da un incisione in pietra posta sul tempio buddista di Ta Prohm, in Cambogia, divenuto noto come lo “Stegosauro di Ta Prohm”.


 Gli archeologi ritengono che il tempio di Ta Prohm risalga a circa 800 anni fa. E, allora, come è possibile che gli antichi cambogiani conoscessero i dinosauri, dato che i primi fossili sono stati estratti solamente da qualche centinaio di anni? In una tomba scoperta nella regione di Nazca risalente a 1300 anni fa, furono ritrovati alcuni reperti ornamentali, tra cui ceramiche e tessuti, con la rappresentazione di quelli che sembrano autentici dinosauri. Sebbene il Paleochronology Group affermi di non appartenere a un credo specifico, alcuni critici contestano i risultati perchè sarebbero viziati dalla tendenza “creazionista” di alcuni suoi componenti. Tuttavia, il gruppo di ricercatori ha replicato invitando gli scettici ad eseguire rigorose datazioni C-14 sui campioni di dinosauro il loro possesso, così da poter confrontare i risultati. Sebbene la sfida sia stata lanciata, la comunità scientifica “ortodossa” ha incredibilmente rifiutato e i precedenti tentativi di pubblicare i risultati dei test sulle riviste d’élite sono stati ripetutamente bloccati. Inoltre, è stata anche impedita la presentazione dei dati grezzi, cioè senza interpretazione, in numerosi simposi scientifici: nel 2009 dal North American Paleontological Convention, nel 2011 e 2012 dall’American Geophysical Union e dalla Geological Society of America. “Il pubblico deve essere informato sul fatto che le datazioni dei reperti e le raffigurazioni antiche dei dinosauri rendono le attuali convinzioni obsolete”, ha detto Miller. “Il ruolo della scienza è quello di trovare prove, non di rimanere prigioniera delle proprie convinzioni, lasciandole cadere dove possibile”.



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lunedì 26 gennaio 2015

Papa Francesco: Gesù era un alieno (?)

Riporto questo articolo a  firma di  Marco Mazzarella del sito "ContattoAmico".
Le parole pronunciate ieri da Papa Francesco sono sicuramente forti ed incisive. La Parola "ALIENO", pronunciata in quel contesto, ha sicuramente un significato diversamente interpretabile a seconda del "punto di vista" infatti: "La parola alieno (dal latino alienus col vario significato di: «appartenente ad altri, altrui; straniero; estraneo; avverso») assume diversi significati in funzione del contesto di riferimento. In generale indica una qualunque cosa o soggetto estraneo all'ambiente di riferimento".
Ovviamente tutti gli "ortodossi" ben-pensanti diranno che il Papa sicuramente ha voluto utilizzare l'accezione del termine originale latino e non quella per "entità biologica extraterrestre".
Siamo però davvero sicuri che Papa Francesco ( "cane sciolto" della Chiesa Romana con estremo rispetto parlando) non abbia voluto innescare un'autentica provocazione nelle coscienze? 

RIFLETTIAMOCI !!!




"IL 25 ottobre nell’Aula Paolo VI, Papa Francesco incontra il Movimento Apostolico Schoenstatt , l’aula è gremita di fedeli, almeno 7.500 persone accorrono per salutare il Santo Padre.
In questo incontro Papa Francesco come sempre, invita i fedeli nel seguire il Vangelo, di edificare una vita basata sull’amore Cristico e sull’azione.
E aggiunge, il vero Cristiano deve essere da esempio per gli altri, deve essere testimone di un modo di vivere basato sulle opere e le azioni.
E proprio in questo discorso, Papa Francesco  fa una incredibile affermazione!

PAPA FRANCESCO

<< Noi non siamo salvatori di nessuno, siamo trasmettitori di un “alieno” che ci salvò tutti e questo possiamo trasmetterlo soltanto se assumiamo nella nostra vita, nella nostra carne e nella nostra storia la vita di questo “alieno” che si chiama Gesù >>.

Questa incredibile affermazione entrera’ nella storia , con la speranza che il Papa fornisca altri elementi, per la ricerca della Verita’ , che ci permetta di capire e dare risposte alle innumerevoli domande che ci poniamo da sempre…
Chi era Gesù ? Quale era la sua natura? Da dove veniva? Chi siamo noi? Da dove veniamo?
Un indizio lo possiamo trovare nel Vangelo, nel discorso tra Pilato e Gesù .
Alla domanda del Prefetto Pilato : “Dicono che tu sei il Re dei Giudei ?”…
Gesu’ risponde : “No…” e aggiunge , “SI SONO UN RE!… MA IL MIO REGNO NON E’ DI QUESTO MONDO…”
Forse Gesù voleva far capire 2000 anni fa, che la sua natura era Cosmica? che non apparteneva a questo pianeta? Oppure che non appartenesse a questa dimensione?
E che magari la sua natura Divina provenisse dal fatto che era un essere venuto dalle Stelle? Da una dimensione di pura luce Divina?
Papa Francesco :
“Testimonianza. Vivere in modo tale che altri abbiano voglia di vivere, come noi! Testimonianza, non c’è altro! Vivere in modo che altri si interessino a chiedere: “Perché”? E’ la testimonianza, il cammino della testimonianza non c’è nulla che lo supera… Testimonianza in tutto. Noi non siamo salvatori di nessuno, siamo trasmettitori di un “alieno” che ci salvò tutti e questo possiamo trasmetterlo soltanto se assumiamo nella nostra vita, nella nostra carne e nella nostra storia la vita di questo “alieno” che si chiama Gesù”.

e....il testo integrale pubblicato dal quotidiano cattolico "AVVENIRE":


Fonte:

PRECISAZIONE DEL 2 MARZO 2014 

Mi sento in dovere di precisare ai lettori e ai tanti amici che mi hanno scritto e telefonato in merito alla conferenza che terrò il 13 Marzo p.v.
Il titolo della conferenza è: “GESU’, MARIA MADDALENA ED IL CRISTIANESIMO ORIGINARIO”.
Nella locandina, volutamente con intento provocatorio (ma non assolutamente cattivo oppure irrispettoso), abbiamo scritto: Gesu’ era un E.T. ? e la ormai famosa frase del Papa su Gesù “alieno” che è stata tradotta malamente perché in realtà il pontefice dice: "alguien" = QUALCUNO e non  "alien" = ALIENO.
Chiarito questo punto voglio anticiparvi e stuzzicarvi perché, in relazione al Papa ma soprattutto alla figura di Gesù, vi svelerò una interessante questione che prende spunto proprio da questo “errore” di traduzione ed attraverso i testi gnostici di Nag Hammadi ci porta alla scoperta di un Gesù davvero…alieno.

Non vi resta che venire a sentire di persona…l’ingresso è gratuito !

I "VIMANA" E LA SCIENZA


102° Indian Science Congress: “GLI ANTICHI INDIANI PRATICAVANO IL VOLO SPAZIALE MIGLIAIA DI ANNI FA”.

Secondo i testi religiosi indiani, i Vimāna erano macchine in grado di volare nell'aria, nello spazio e di immergersi sott'acqua. Si racconta del loro utilizzo anche nelle guerre mitologiche del Mahābhārata e del Ramayana. Solo racconti leggendari? In un documento presentato al 102° Indian Science Congress, l'esistenza dei vimāna viene presa molto seriamente.

“Un controverso documento è stato presentato nel corso della 102° edizione del prestigioso Indian Science Congress Association, nel quale si afferma che le antiche civiltà indiane praticavano il volo spaziale avanzato, migliaia di anni prima della scoperta del volo da parte dei fratello Wright nel 1903. Il documento è stato presentato dal capitano Anand Bodas e Ameya Jadhav all’interno di una sessione intitolata “Scienze Antiche in Sanscrito”, durante la quale sono stati presi in considerazione i testi vedici nei quali si parla di macchine volanti in grado di compiere manovre molto sofisticate, velivoli capaci di volare attraverso i continenti e persino nello spazio, tutto questo oltre 7 mila anni fa. “C’è una storia ufficiale e una storia non ufficiale”, ha detto il capitano Bodas al The National. “La storia ufficiale ha registrato solo il volo dei fratelli Wright nel 1903, ma il vero inventore del primo velivolo è stato un saggio di nome Bharadwaja, vissuto circa 7 mila anni fa”. Secondo il capitano, gli antichi indiani erano in possesso di tecnologia che poi è stata in qualche modo dimenticata, a causa del passare del tempo e dei saccheggi da parte delle dominazioni straniere. Forse tutto è andato perduto in qualche cataclisma globale avvenuto in epoca antica. Tuttavia, come riferisce The Times of India, nonostante tra i suoi sottoscrittori ci siano ben sei premi Nobel e altri accademici e scienziati decorati, il documento è stato accolto dai soliti con scetticismo e bollato come “pseudo-scienza”, in quanto si tratta di citazioni di testi religiosi e non di prove empiriche.  Quello delle macchine volanti, infatti, è un tema molto frequente nei testi religiosi indiani, una raccolta di antichissimi scritti sacri chiamati Veda. Essi costituiscono la più antica testimonianza di letteratura sanscrita e le più antiche scritture dell’induismo. Al loro interno è possibile leggere di favolose macchine volanti denominate Vimāna. Secondo le descrizioni di questi testi sacri, i vimāna sono in grado di volare nell’aria, nello spazio e di immergersi sott’acqua. Non sono state individuate, finora, prove fisiche dell’esistenza di tali oggetti, ma la loro descrizione è diffusa, e viene persino descritto il loro uso nelle guerre mitologiche del Mahābhārata e del Ramayana. Il Vaimanika Shastra è un vero e proprio manuale che descrive, non solo come pilotare un vimāna, ma anche le sue caratteristiche tecniche. Nei Veda, si menzionano diversi tipi di Vimāna, con diverse forme e dimensioni: il sole e carri volanti che ruotano tirati da animali, di solito cavalli; l’agnihotra-vimāna, con due motori (agnir in sanscrito significa “fuoco”), il gaja-vimāna, con più motori (gaja in sanscrito significa “elefante”). Il maggior detrattore del documento è stato lo scienziato della Nasa Ram Prasad Gandhiraman, il quale ritiene che certe convinzioni sono il frutto di un mix di scienza, mitologia e nazionalismo indù. Tuttavia, altri studiosi, come alcuni scienziati statunitensi di origini indiane, hanno trovato l’esame delle antiche testimonianze piuttosto convincente, affermando: “La conoscenza cresce sempre, il suo flusso non si ferma mai. Quindi, se tutta questa conoscenza era disponibile nei giorni antichi, dobbiamo capire dove si è fermata. Perchè non è giunta fino a noi? Cosa l’ha fermata? Non sono a conoscenza della cronologia degli eventi, ma sono assolutamente disposto a saperne e a capirne di più”. Questa sì che è una mentalità scientifica!”



Da:


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venerdì 23 gennaio 2015

... OLTRE LA TERRA


NEWS DI ASTRONOMIA


A cura del Dr. Miguel Lunetta (Astrofisico)

Osservato in diretta un Fast Radio Burst (FRB), il misterioso segnale dalla provenienza ignota.

Sono uno degli eventi più enigmatici dell’universo, si chiamano Fast Radio Burst. Durano qualche millesimo di secondo, non si sa da dove provengano e come si originino e da qualche tempo stanno dando filo da torcere agli astronomi. Nessuno infatti può prevedere quando apparirà il prossimo lampo radio o in quale costellazione. Gli scienziati pensano si tratti di fenomeni naturali, ma non erano mai riusciti a intercettarne uno in diretta. Ora per la prima volta un gruppo internazionale di scienziati coordinato dal Consiglio Nazionale delle ricerche australiano (Csiro), con la collaborazione dell’italiano Andrea Possenti, direttore dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) l’ha individuato nel momento stesso della sua emissione. Pubblicata sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, la scoperta è stata possibile grazie al radiotelescopio australiano Parkes, dello Csiro. Dalla loro scoperta avvenuta nel 2007, spiega l’Inaf, nessuno aveva mai osservato un lampo radio veloce ‘in diretta’, ovvero nel momento in cui si manifesta. Questi eventi infatti non sono solo brevissimi ma possono presentarsi senza preavviso in qualunque punto della volta celeste. Grazie a questa osservazione, fatta appena pochi secondi dopo l’evento, avvenuto il 14 maggio 2014, sono stati subito attivati altri strumenti. In tutto sono stati puntati verso il lampo 12 telescopi, in Australia, California, Isole Canarie, Germania e Hawaii per cercare di indagare l’origine dell’evento, indicato con la sigla FRB140514. Tuttavia, non è stata rivelata alcuna controparte nella banda della luce visibile e nemmeno nel vicino infrarosso, nel vicino ultravioletto e nei raggi X. ”La mancata osservazione di un segnale in altre bande elettromagnetiche non ci permette di dire quale sia la natura degli Frb – spiega Possenti – ma ci permette di cominciare a escludere qualche ipotesi, come quella che essi siano associati a normali eventi di supernova che hanno luogo  nell’universo vicino a noi”. Dai dati si stima inoltre, spiega Daniele Malesani, dell’università di Copenaghen, che in pochi millesimi di secondo la sorgente abbia liberato tanta energia quanta quella che il Sole irraggia in un giorno intero.
Origine misteriosa:
Partiamo dal presupposto che gli extraterrestri non c’entrano nulla con i FRB. Pur essendo molto strani, secondo gli astronomi questi segnali non hanno origine artificiale ma sono prodotti da fenomeni astrofisici, anche se non si sa ancora quali. Studiando in dettaglio i pochi fenomeni conosciuti nel corso degli anni, gli astronomi hanno potuto stabilire che i lampi studiati fin’ora provenivano da una regione esterna alla Via Lattea, la Galassia in cui viviamo. Per stabilirlo, gli scienziati hanno sfruttato un fenomeno, detto dispersione, legato alla propagazione delle onde radio nello spazio. Incontrando gli elettroni presenti nel mezzo interstellare, le onde radio sono rallentate in maniera più o meno grande in base alla loro frequenza. I segnali di bassa frequenza tendono ad avere velocità inferiore rispetto a quelle di alta frequenza. Osservando i lampi radio, i ricercatori hanno notato un effetto di dispersione molto pronunciato, più di tre volte quello atteso nel caso di una sorgente nella nostra Galassia. Per spiegare una dispersione così intensa, bisogna quindi concludere che questi lampi abbiano origine extragalattica. Pur sapendo che questi lampi provengono da altre galassie, continuiamo a ignorare la loro vera natura. Potrebbe trattarsi di fenomeni legati all’evaporazione di buchi neri, fusione di stelle di neutroni oppure a brillamenti di magnetar, un tipo di stelle di neutroni con altissimi campi magnetici. Un’altra possibilità è che siano lampi molto più brillanti degli impulsi giganti osservati in alcune pulsar.
L’osservazione diretta dell’ultimo FRB:
“La mancata osservazione di un segnale in altre bande elettromagnetiche non ci permette di dire quale sia la natura degli FRB – spiega Andrea Possenti, direttore dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Cagliari – ma ci permette di cominciare a escludere qualche ipotesi, come quella che essi siano associati a normali eventi di Supernova che hanno luogo nell’Universo vicino a noi». Altrettanto difficile da calcolare è pure la distanza percorsa da questi segnali. L’analisi delle proprietà di quello osservato ‘in diretta’, basata sulla registrazione di tempi di arrivo leggermente diversi al variare della lunghezza d’onda di osservazione, indica che la sorgente doveva trovarsi fino a 5,5 miliardi di anni luce da noi. Dai calcoli si può stimare che in pochi millesimi di secondo quella sorgente ha liberato tanta energia quanta quella che in nostro sole irraggia in un giorno intero. Il team è poi riuscito a misurare per la prima volta un’altra caratteristica del FRB: la polarizzazione del segnale radio del Lampo. La polarizzazione può essere pensata come la direzione in cui le onde elettromagnetiche ‘vibrano’ mentre si propagano nello spazio ed è di tipo lineare o circolare. Ora gli scienziati sperano di riuscire a migliorare le ricerche, e magari intercettare e cogliere in flagrante un altro lampo radio, per poter confrontare e affidare le ricerche. Intanto la loro origine rimane tutt’ora un enigma.

VERSIONE INGLESE:

Mysterious radio waves emitted from nearby galaxy

•             13:13 14 April 2010 by Stephen Battersby, Glasgow
Update on 13 December 2010: The object is still a puzzle, says co-discoverer Tom Muxlow. "It was still there the last time we looked, so its lifetime is now well over a year," he says. "We are continuing to monitor this object."
There is something strange in the cosmic neighbourhood. An unknown object in the nearby galaxy M82 has started sending out radio waves, and the emission does not look like anything seen anywhere in the universe before.
"We don't know what it is," says co-discoverer Tom Muxlow of Jodrell Bank Centre for Astrophysics near Macclesfield, UK.
The thing appeared in May last year, while Muxlow and his colleagues were monitoring an unrelated stellar explosion in M82 using the MERLIN network of radio telescopes in the UK. A bright spot of radio emission emerged over only a few days, quite rapidly in astronomical terms. Since then it has done very little except baffle astrophysicists.
It certainly does not fit the pattern of radio emissions from supernovae: they usually get brighter over a few weeks and then fade away over months, with the spectrum of the radiation changing all the while. The new source has hardly changed in brightness over the course of a year, and its spectrum is steady.
Warp speed
Yet it does seem to be moving – and fast: its apparent sideways velocity is four times the speed of light. Such apparent "superluminal" motion has been seen before in high-speed jets of material squirted out by some black holes. The stuff in these jets is moving towards us at a slight angle and travelling at a fair fraction of the speed of light, and the effects of relativity produce a kind of optical illusion that makes the motion appear superluminal.
Could the object be a black hole? It is not quite in the middle of M82, where astronomers would expect to find the kind of supermassive central black hole that most other galaxies have. Which leaves the possibility that it could be a smaller-scale "microquasar".
A microquasar is formed after a very massive star explodes, leaving behind a black hole around 10 to 20 times the mass of the sun, which then starts feeding on gas from a surviving companion star. Microquasars do emit radio waves – but none seen in our galaxy is as bright as the new source in M82. Microquasars also produce plenty of X-rays, whereas no X-rays have been seen from the mystery object. "So that's not right either", Muxlow told New Scientist.
His best guess is still that the radio source is some kind of dense object accreting surrounding material, perhaps a large black hole or a black hole in an unusual environment. Perhaps the phenomenon also happens occasionally in our galaxy, but is more common in M82 because it is a "starburst" galaxy – a cosmic cauldron where massive stars are forming and exploding at a much higher rate than in the Milky Way, creating a lot of new black holes.
Muxlow will report the discovery at the Royal Astronomical Society National Astronomy Meeting in Glasgow, UK, today.
2. ARE THESE MYSTERY RADIO BURSTS MESSAGE FROM ALIENS?
By Jonathan O’Callaghan, 16 May 20141Updated: 07:36 GMT, 30 May 2014
In 1967 British astronomer Jocelyn Bell Burnell was left stunned by mysterious pulsing signals she detected coming from outside the solar system.
For months she suggested the signals could be of an extraterrestrial intelligent origin, but they were later proven to be rapidly spinning stars known as pulsars.
However, a new series of mysterious signals, known as Fast Radio Bursts (FRBs), has again got astronomers scratching their heads and wondering if, maybe, we’re picking up alien messages.
In 2007 a radio burst was picked up by astronomer Duncan Lorimer and his team. The origin of the signal could be colliding neutron stars or possibly an alien message. This image shows the dispersed signal from the original millisecond radio burst that suggests it must have originated billions of light-years away.
FRBs are radio emission that appear temporarily and randomly, making them not only hard to find, but also hard to study.
WHAT ELSE COULD THE SIGNAL BE?
Flaring star
Some stars are known to suddenly flare up on occasion. It’s possible that this event could send light through the thick ejecyed layers of a star’s atmosphere in bursts, but if this were the cause we would expect to find FRBs towards variable stars (ones with fluctuating brightness) in our galaxy, which is not the case.
White dwarf merger
When two white dwarfs merge its possible they can combine into a larger, rapidly spinning white dwarf. This event could emit radiation from the poles consistent with FRBs and supernovae.
Neutron star collision
Ultra-dense stellar known as neutron stars could collide and release huge bursts of radiation before they merge-this event is already thought to be a cause of high-energy bursts known as Gamma Ray Bursts(GRBs), and could also to be the cause of FRBs.
Blitzar
Some neutron stars are

Fonti:
(Cornell University Library)

8 NEW PLANETS FOUND IN GOLDILOCKS ZONE

By Miguel Lunetta

Universidade Federal da Paraíba (UFPB)- Titular Professor-retired

e-mail address: mikelunetta@gmail.com

ABSTRACT:
By NASA Kepler’s Hall of Fame(1) on January 6, 2015: Small Habitable Zone Planets, eight are less than twice Earth-size and in their star’s habitable zone. All eight orbit stars cooler and smaller than our sun.
By David Dickinson(2) on January 6, 2015: 8 New Worlds discovered in the Habitable Zone. “Most of these planets have a good chance of being rocky, like Earth,” said Guillermo Torres(1) in a recent press release.
By Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics(4) on January 6, 2015. Astronomers announced today that they have found eight new planets in the Goldilocks’ zone of their stars, orbiting at a distance where liquid water can exist on the planet surface.
By Joseph Stromberg(5) on January 6, 2015, 2:10 p.m., distant exoplasnets are being found faster and faster all the time.
KEYWORDS: exoplanet discovery, goldilacks zone, blender program, milky way, extrasolar planets, planetary habitability.

Altri due pianeti nel nostro Sistema Solare

La notizia, se confermata da ulteriori dati sperimentali e oggettivi, potrebbe avere ripercussioni senza precedenti nel mondo scientifico. Secondo dei calcoli effettuati dagli scienziati della UCM (Complutense University of Madrid) e della Università di Cambridge, non solo uno, ma almeno due pianeti (ma forse anche di più) sarebbero presenti nel nostro Sistema Solare. Questo potrebbe spiegare il comportamento degli oggetti trans-nettuniani estremi (ETNO in acronimo). La teoria proposta afferma che questi oggetti – che si muoverebbero oltre il pianeta Nettuno – devono essere distribuiti in modo casuale, e per uno sbieco osservazionale, la loro orbita deve osservare una serie di caratteristiche: avere un semiasse maggiore con un valore di circa 150 UA (Unità Astronomiche o volte la distanza tra la Terra e il Sole), una inclinazione di 0 gradi o un argomento o angolo del perielio (punto della orbita prossima alla nostra stella) anche vicino a 0 gradi o a 180 gradi. Ma ciò che si osserva in una dozzina di questi corpi è molto differente: i valori del semiasse maggiore sono abbastanza sparsi (tra 150 UA e 525 UA), l’inclinazione media dell’orbita ruota sui 20 gradi e la loro inclinazione di perielio è di circa – 31 gradi, senza apparire in un solo caso vicino ai 180 gradi. Carlos de la Fuente Marcos, scienziato della UCM e uno dei coautori dello studio, afferma che “questo eccesso di oggetti con parametri orbitali distinti a quello previsto ci fa pensare che alcune forze invisibili stanno alterando la distribuzione degli elementi orbitali degli ETNO, e crediamo che la spiegazione più probabile sia quella che esistano pianeti sconosciuti al di là di Nettuno e Plutone. Il numero esatto è incerto, in quanto i dati che abbiamo sono limitati, ma i nostri calcoli suggeriscono che almeno due pianeti, e probabilmente più di due, sono presenti all’interno dei confini del nostro Sistema Solare“.

Per realizzare il loro studio, pubblicato sulla rivista ‘Monthly Notices of the Royal Astronomical Society Letters‘ e che si può visualizzare su arXiv , i ricercatori hanno analizzato gli effetti del cosiddetto ‘Meccanismo Kozai‘, relativo al disturbo gravitazione che esercita un corpo grande sull’orbita di un altro più piccolo e lontano. Come riferimento i ricercatori hanno considerato come funziona questo meccanismo nel caso della cometa 96P/Machholz1 per l’influenza del pianeta Giove. Ci sono comunque due problemi da risolvere in merito. Infatti, nonostante i loro sorprendenti risultati, gli autori riconoscono che il loro approccio sia in contrasto con i modelli previsti attuali della formazione del Sistema Solare, i quali assicurano che non possano esistere pianeti che si muovono in orbite circolari molto al di là di Nettuno. Tuttavia, la recente scoperta effettuata dal radiotelescopio ALMA di un disco di formazione di pianeti a più di 100 UA dalla stella HL Tauri, più giovane e di massa maggiore quella del nostro Sole, suggerisce che si possano formare pianeti a varie centinaia di UA dal centro del Sistema. Inoltre, il team di ricercatori riconosce che la loro analisi si è basata su un campione con pochi oggetti (13, in particolare), ma nei prossimi mesi renderanno pubblici più risultati con un campione più ampio. “Se confermati, i nostri risultati potranno essere realmente rivoluzionari in astronomia“, annota De la Fuente Marcos. L’anno scorso due ricercatori statunitensi scoprirono un pianeta nano che fu chiamato 2012 VP113 nella nube di Oort, appena al di là del nostro Sistema Solare. Gli scopritori ritengono anche la sua orbita sia influenzata dalla possibile presenza di una ‘Super Terra’ scura e gelida, di dimensioni dieci volte quella del nostro pianeta.




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martedì 20 gennaio 2015

NEUROPROTESI: VERSO L'UOMO BIONICO

SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE COTELLESSA (ENEA)

Una neuroprotesi impiantabile a lungo termine


Morbido, flessibile e dotato di proprietà meccaniche quasi identiche a quelle della dura madre che circonda cervello e midollo spinale, il nuovo dispositivo si può integrare perfettamente con il sistema nervoso centrale senza produrre lesioni o fenomeni di rigetto. In un test su ratti paralizzati ha consentito di ripristinare le capacità motorie con effetti collaterali molto minori rispetto ai trattamenti tradizionali.

Verso l'integrazione totale delle neuroprotesi


Un nuovo impianto neurale morbido, studiato per rimanere in sede a lungo termine, è stato messo a punto da ricercatori dell'Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna (EPFL) e della Scuola Superiore Sant’Anna a Pisa. Progettato specificamente per l'impianto sulla superficie del cervello o del midollo spinale, il dispositivo ha le stesse proprietà meccaniche e della stessa flessibilità della dura madre (la membrana protettiva che circonda cervello e midollo spinale) e per questo è stato chiamato e-Dura (“dura madre elettronica).
Uno problemi dei più complessi dei cosiddetti "impianti di superficie", posti a diretto contatto con il cervello o con il midollo spinale è che quando questi ultimi si spostano anche di poco, sfregano contro la struttura rigida degli impianti provocando prima o poi un'infiammazione, la formazione di un tessuto cicatriziale e il rigetto. L'elasticità e il potenziale di deformazione del nuovo dispositivo sono invece quasi identici a quelli del tessuto vivente, riducendo quindi al minimo l'attrito e l'infiammazione.
Una neuroprotesi impiantabile a lungo termine L'impianto è stato testato su ratti paralizzati, che grazie a esso hanno riacquistato la capacità di camminare e senza che, a due mesi di distanza dall'operazione, si manifestasse alcun segno di danno al tessuto nevoso. "Il nostro impianto e-Dura apre nuove possibilità terapeutiche per i pazienti con traumi o disturbi neurologici, in particolare coloro che sono rimasti paralizzati dopo un trauma del midollo spinale ", spiega Stéphanie P. Lacour, che ha coordinato la ricerca insieme a Grégoire Courtine.
L'impianto può anche essere utilizzato per monitorare in tempo reale e con perfetta efficienza la produzione di impulsi elettrici nel cervello: in una serie di test su ratti i ricercatori sono stati in grado di registrare con precisione gli impulsi cerebrali che corrispondevano all'intenzione dell'animale di muoversi, prima che fosse tradotta in movimento.


La struttura di e-Dura è particolarmente innovativa dal punto di vista ingegneristico. Il substrato di silicio, flessibile ed elastico come il tessuto vivente, ingloba elementi elettronici che stimolano il midollo spinale nel punto della lesione, collegati fra loro da sottilissima cavi in oro e connessi a elettrodi di contatto fatti di un innovativo composto di silicio e microsfere di platino. Il tutto può essere tirato e deformato in qualsiasi direzione senza che sia alterata la sua conducibilità elettrica.
 Due nuove neuroprotesi - una mano e un braccio artificiali - impiantate per quasi due anni in pazienti amputati hanno dimostrato di trasmettere un feedback sensoriale così efficiente da permettere di svolgere tutte le attività quotidiane e addirittura di sentire la protesi non come uno strumento esterno ma come parte del proprio corpo (red)
Il tocco delicato della mano bionica




La speranza che braccia e mani artificiali siano percepite come proprie dai pazienti su cui vengono impiantate è rafforzata da due studi pubblicati su “Science Translational Medicine” che presentano i risultati ottenuti su due persone a cui sono stati applicati una mano e un avambraccio protesici.
Perché una protesi non venga sentita come qualcosa di estraneo è necessaria una perfetta integrazione sensoriale-motoria fra la protesi e i muscoli al di sopra del punto di amputazione, in modo che l'arto robotico riesca a decodificare le intenzioni motorie dei muscoli, e i nervi del moncone siano in grado di ricevere un feedback dall'arto artificiale. Il feedback sensoriale durante il movimento è infatti essenziale perché è naturalmente integrato in ogni attività e la sua assenza rende difficile svolgere non solo i compiti motori di precisione, ma anche i più semplici.
I fili e gli elettrodi impiantati sotto pelle per far azionare una mano neuroprotesica hanno consentito di svolgere le normali attività quotidiane, comprese faticose attività all'aria aperta. Inoltre, i ricercatori hanno sviluppato un metodo per migliorare la percezione sensoriale nelle protesi, miglioramento che è apparso fondamentale perché i pazienti percepissero la mano protesica come una naturale estensione del corpo.
Dopo l'impianto, Tyler e colleghi hanno collegato i soggetti a una macchina che inviava gli impulsi elettrici attraverso la mano protesica, variandone l'intensità per eccitare neuroni diversi che rispondono a schemi di stimolazione differenti. Dopo la stimolazione, i pazienti riferivano la sensazione di afferrare gli oggetti con la propria mano, e non di avere l'impressione di usare uno strumento esterno, un passo avanti decisivo rispetto a quanto avviene con le protesi tradizionali.
Un paziente amputato al di sopra del gomito ha riacquistato una libertà di movimento della protesi paragonabile a quella dell'arto naturale grazie all'ancoraggio della protesi all'osso del moncone invece che con i classici bracciali. Il paziente ha usato senza problemi il braccio osteointegrato per le attività quotidiane, senza la necessità di rimuovere la protesi neppure per dormire. Le protesi di tipo classico, infatti, vengono solitamente rimosse quando la loro presenza può rappresentare un problema, per esempio durante il sonno.
La protesi osteoimpiantata non risente delle possibili interferenze elettromagnetiche dovute all'uso di apparecchiature elettriche. (Cortesia Ortiz Catalan et al./Science Translational Medicine, 2014)Inoltre, mentre nelle protesi tradizionali gli elettrodi sul moncone si interfacciano solo con la muscolatura appena sotto pelle e possono essere disturbati da condizioni ambientali sfavorevoli (come un caldo o un freddo intenso), gli elettrodi del nuovo impianto si interfacciano con il tessuto connettivo che circonda i muscoli, permettendo un feedback sensoriale costante che aiuta a stimolare i nervi e a controllare meglio la protesi.




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giovedì 15 gennaio 2015

EL GIZA: DAL SOTTOSUOLO ALLE STELLE


INTERVENTO DELL'EGITTOLOGO INDIPENDENTE DIEGO BARATONO AL XV SIMPOSIO INTERNAZIONALE DI ARCHEOLOGIA A SAN MARINO DEL NOVEMBRE 2014.

UNA TEORIA RIVOLUZIONARIA ED INTRIGANTE CHE MERITA DI ESSERE PRESA SERIAMENTE IN CONSIDERAZIONE CON UN APPROFONDITO STUDIO SCIENTIFICO INTERDISCIPLINARE.

FILMATO DI CLAUDIO BALELLA DIVISO IN TRE PARTI.

BUONA VISIONE.

PRIMA PARTE:

SECONDA PARTE:


TERZA PARTE:





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lunedì 12 gennaio 2015

L'ENIGMA DELLA CREAZIONE UMANA

Enigmi alieni - La creazione dell' uomo




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venerdì 9 gennaio 2015

IL GIORNALE DEI MISTERI N. 512 GENNAIO 2015

E' USCITO IL GIORNALE DEI MISTERI DI GENNAIO 2015.

FRA I TANTI ALTRI ARTICOLI, A PAGINA 4 IL RESOCONTO DELLA PREMIAZIONE DELLA RIVISTA ( LA PIU' LONGEVA NEL PANORAMA EDITORIALE ITALIANO DEL SETTORE) AL PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO 2014 ALTIPIANI DI ARCINAZZO.

PER ORDINARLO:

http://www.ilgiornaledeimisteri.it/


S O M M A R I O

GENNAIO 2015

 1 L’EDITORIALE

 2 LE VOSTRE LETTERE

4 Al Giornale dei Misteri il Premio Nazionale “Cronache del Mistero”
a cura di Marco La Rosa

Parapsicologia e medianità:

7 UNO SGUARDO SUL MONDO a cura di Giulio Caratelli
9 CERCHIO FIRENZE 77: ...DUE NUOVI AMICI di Enrico Ruggini (74)
15 IL MEDIUM ROMANO DEMOFILO FIDANI di Paola Giovetti
18 EVOLVENZA. Domande e risposte a cura di Vitaliano Bilotta
19 LA DERMOGRAFIA DI OLGA KAHL di Giulio Caratelli
22 MARCO, CLAUDIA E WALTER P. di Roberto Valentini
23 GIUSEPPE STOPPOLINI, PIONIERE DELLA METAFISICA
di Isidoro Sparnanzoni (1)

Scienza e Natura:

30 ANNO NUOVO, VITA NUOVA di Massimo Corbucci
36 IL DETECTIVE DELLA SCIENZA a cura di Massimo Valentini
38 BLOOP: L’ENIGMATICO SUONO DEGLI ABISSI di Massimo Valentini

Società:

41 INTELLIGENZA ARTIFICIALE E STUPIDITÀ NATURALE
di Luciano Gianfranceschi
43 L’ARTE DI SOGNARE POSITIVO di Elena Greggia
46 GABBAPENSIERI Rubrica sulla lingua italiana a cura di Alkano

Simboli e miti:

47 SOTTO UN CAVOLO di Massimo Centini
50 BLUE MOON. Simboli, misteri, leggende della Luna a cura di Stefano Mayorca
52 PROCESSI PER ASTROLOGIA E MAGIA NELLA ROMA DI URBANO VIII
di Franco Astolfi

56 LE STELLE NEL NOSTRO KARMA di Susanna Rinaldi

Ufologia:

58 FENOMENI INSPIEGABILI a cura di Solas Boncompagni
59 UFO NOTIZIE a cura di Autori Vari
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62 FRA GLI ALTRI LIBRI a cura di Autori Vari




lunedì 5 gennaio 2015

EVIDENZA DI GAS METANO SU MARTE: SEGNO DI VITA ALIENA ?


Le esalazioni scoperte da Curiosity potrebbero essere prodotte da un'attività geologica non prevista o persino da microrganismi. Il team di scienziati che segue Curiosity ha annunciato in un articolo pubblicato da Science che il rover della NASA ha rilevato una forte variabilità nella concentrazione di metano presente nell'atmosfera di Marte. Sulla Terra gran parte di questo gas è prodotto da microrganismi durante la digestione, quindi le esalazioni potrebbero essere un segnale della presenza di vita sul pianeta rosso: ma gli scienziati ci tengono a interpretare i dati con la massima cautela, affermando che il metano potrebbe anche avere origine geologica.  
"È un risultato che lascia molto, molto perplessi", dice Joel Levine, un planetologo che non fa parte del team di Curiosity. "O Marte ha un'attività geologica, il che sarebbe sorprendente, oppure ospita forme di vita, il che avrebbe implicazioni ancora più profonde". Le oscillazioni del tasso di metano nell'atmosfera di Marte incuriosiscono da decenni gli scienziati a caccia di vita sul pianeta rosso: così, quando nel novembre 2013 Curiosity ha rilevato un improvviso aumento di ben dieci volte, il team di Curiosity è entrato subito in agitazione. Durante le sue esplorazioni, il rover ha registrato quattro episodi di netto aumento delle concentrazioni di metano nell'aria del pianeta. I valori restavano alti solo per qualche settimana ed erano concentrati in un breve segmento - circa 800 metri - del tracciato seguito dal rover. Il dato, sostiene Sushil Atreya, uno degli studiosi del team, fa pensare che il metano venga da una sola fonte di emissioni, probabilmente situata a nord del punto in cui si trova Curiosity, nel cratere Gale.



 Gli scienziati avvertono che, oltre che dall'attività biologica, il metano può essere prodotto anche dall'interazione tra acqua e rocce o dagli effetti della luce solare su eventuali resti di meteorite caduti sulla superficie marziana. Ma l'ipotesi che sia originato da microbi non è affatto escluso. "Dai dati non siamo in grado di dire se sia di origine biologica o geologica", riassume Atreya.
I dati sono sorprendenti in ogni caso. Da stime precedenti, si pensava che il metano prodotto dall'impatto di meteoriti o comunque prodotto sulla superficie di Marte restasse nell'atmosfera per 300 anni. Quello rilevato da Curiosity, invece, spariva nel giro di qualche settimana. Inoltre, il tasso di metano "di fondo" presente comunque nella sottile aria marziana era la metà di quello previsto in base alle misurazioni effettuate in passato da telescopi e sonde orbitanti.
C'è vita (o c'era) su Marte?
Altri scienziati non condividono la cautela del team e si dicono più ottimisti sulla possibilità di trovare forme di vita su Marte. Vladimir Krasnopolsky, della Catholic University of America di Washington, fa notare che sul pianeta rosso l'attività vulcanica è assente da milioni di anni, quindi "la fonte più plausibile del metano marziani sono batteri metanogenici". Anche Levin scommetterebbe, seppur con moderazione, sull'esistenza dei microrganismi. Ma Atreya smorza gli entusiasmi eccessivi avvertendo che gli eventuali batteri metanogenici potrebbero anche non essere vivi in questo momento. Il gas potrebbe essere stato prodotto in passato - da attività biologica o geologica - e poi essere rimasto intrappolato sotto la superficie "anche per miliardi di anni" sotto forma di composti congelati, i clatrati, per poi ricomparire lentamente nell'atmosfera a causa dell'erosione.
Il viaggio continua
Da quando, nel 2012, fu depositato sulla superficie di Marte, Curiosity sta esplorando il cratere Gale, del diametro di 155 chilometri, per scoprire le tracce chimiche della presenza di vita - passata o presente - sul pianeta. Oltre ai picchi di metano, gli scienziati del team hanno trovato tracce di composti organici semplici - "mattoni" di molecole biologiche più complesse - in un campione di roccia argillosa prelevato dal rover. Gli studiosi aggiungono che Curiosity è attualmente in ottima salute e continuerà a scalare il monte Sharp - un'altura erosa al centro del cratere - per un periodo da uno a tre anni, cercando altre tracce organiche negli strati di roccia. Con un po' di fortuna, un'esalazione di metano abbastanza significativa potrebbero permettere agli strumenti del rover di stabilire se gli atomi di carbonio presenti nel gas recano una "firma chimica" simile a quella che si ritrova nei composti di origine biologica analizzati sulla Terra. Ma John Grotzinger, responsabile delle attività scientifiche del team, è ancora una volta cauto: date le difficoltà di effettuare misure scientifiche precise, avverte, con ogni probabilità le ricerche di Curiosity daranno sempre risultati ambigui. "Dovremo rispettare la possibilità che ci siano forme di vita", conclude lo scienziato, "e continuare a esplorare".




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